Il matrimonio
Quel sabato il cielo era terso. Il
sole brillava filtrando dalle serrande nella camera di Blaise e lui si
svegliò
passandosi una mano sul viso. I raggi del sole colpivano proprio il suo
cuscino.
Si ricordò di non aver tirato le cortine del letto la sera
prima. E poi si
ricordò perché.
Guardò verso l’altro lato del letto e
vide la figura di Pansy che dormiva sul fianco, la testa sul cuscino e
i
capelli sparpagliati, un braccio sul suo petto e la mano sul suo cuore.
Gliela
prese e le baciò le dita.
“Pansy…” la chiamò per
svegliarla. Ma
lei non si mosse neanche. Sapeva che era una dormigliona.
Scostò appena la
coperta. Era nuda. Si avvicinò a lei, per far aderire i loro
corpi. Lei
mugugnò.
Sorrise. Le sfiorò il fianco con le
dita, per farle il solletico. Lei aprì appena gli occhi e
poi li spalancò.
“Merlino, un altro sogno?” Si
inginocchiò coprendosi con la coperta. Lui si
stranì.
Pansy si agitò e si
tirò su mentre si
guardava intorno. No. Non era un sogno, stavolta. Ed era nella stanza
di
Blaise. Nuda, con lui. Anche lui sembrava nudo. Sorrise e
sospirò.
“No. Non è un sogno.”
“Un sogno?”
“Io ti ho sognato…” disse lei prima di
rendersene conto. Blaise ghignò.
“Davvero?” Alzò anche un sopracciglio.
“E dimmi: cosa hai sognato?” Si girò
sulla schiena, gongolando e le accarezzò
la pelle lasciata scoperta dal lenzuolo.
Un brivido la scosse e lui sorrise
sornione. Si avvicinò per baciarlo.
“Ho sognato che baciavi Draco.”
COSA? Blaise si tirò su
di colpo e sbatté
la testa contro la sua spalla. Lei ridacchiò e lo spinse
ancora sul materasso,
prima di mettersi a cavalcioni su di lui. Era calda. Era bella. Era
sua. SUA.
“A che ora siamo attesi da tua madre?”
MERLINO, LA MAMMA!
“È sabato?” Lei annuì
sorridendo.
“Quel sabato?” chiese ancora mentre lei faceva
cadere il lenzuolo, mostrandosi.
Gli si seccò la bocca, mentre lei annuiva
ancora e si chinava su di lui. Quando fu abbastanza vicina da baciarlo,
disse: “Dove
fai colazione di solito, il sabato mattina?” Poi la sua
espressione cambiò e si
ritirò su di colpo, ricoprendosi e imprecando.
“Merlino! Quante ne hai portate qui?”
Ma la domanda non era per lui. Non era per nessuno. Si
guardò intorno
velocemente e si passò una mano fra i capelli. Poi
guardò il lenzuolo e,
probabilmente, rendendosi conto che era quello del suo letto, lo
lasciò andare.
Scese giù dal materasso e cercò i suoi vestiti.
MERLINO! Pansy stava scappando.
Pansy non riusciva a capire dove
fossero i suoi vestiti. Dovevano essere lì. Per forza.
Girò intorno al letto,
ma non li vide.
“Pansy, Pansy. Aspetta, non scappare”.
Lei si voltò verso di lui. Era sceso dal letto anche Blaise,
adesso. Non riuscì
a non guardarlo. Le spalle, il petto. Merlino. Si impose di non lasciar
scendere lo sguardo più giù e si
voltò.
“Non sto scappando” mentì,
“voglio
solo andare a casa a prepararmi”.
“Aspetta.”
Le prese la mano e intrecciò le dita
con le sue. Lei guardò le loro mani, ma non
riuscì ad alzare lo sguardo sul suo
viso. “Nessuna è venuta qui. Te lo
giuro”.
“Non mi mentire. È peggio”. Voglio solo andare a casa a prepararmi.
Ma si rese conto di non essere riuscita a dirlo. Forse
perché non era vero. Il
ragazzo la strattonò finche non si voltò verso di
lui.
“Ti ho detto la verità. Nessuna”. Lei
annuì, abbassando gli occhi. “Adesso torna a letto
con me”.
Sembrava un ordine. Un ordine? Ehi!
Nessuno le dava ordini!
“Verrò a letto quando vorrò
io.”
Blaise sorrise e la tirò
verso di sé.
La baciò finché lei non si
tranquillizzò e l’accarezzò
finché non riuscì più a
reggersi sulle gambe. Fece appena un passo e lei cadde sulla coperta.
Pansy sbuffò
sorridendo.
“Hai vinto tu.”
Sì, sorrise anche lui, aveva vinto
davvero.
***
“Ah, mi sono scordato di
dirti una
cosa.”
Uh. Non era un buon inizio. Pansy
guardò Blaise mentre il portone di casa di sua madre si
apriva per farli
entrare.
“Mia madre conosce la tua”. Oh,
Merlino! Però non l’aveva invitata, giusto? Non
avrebbe dovuto passare il
pomeriggio con sua madre. Vero? VERO?
“Non è qui, vero?” Lui fece una faccia
strana.
“No. Perché dovrebbe?” Pansy scosse le
spalle.
“Non si sa mai.”
Blaise fece entrare Pansy nella
casa
in cui era cresciuto. Era la prima volta che lei ci metteva piede. La
vide
guardarsi intorno con curiosità. Dollylee li accolse sulla
porta. Salutò con un
inchino e grande referenza sia lui che la ragazza che aveva a fianco.
“Sua madre si sta preparando. Dice di
andare in giardino a prendere un bicchiere di vino.”
Si voltò in direzione del giardino e
mise una mano sulle reni di Pansy per accompagnarla.
“La signorina, invece, può salire
nella camera della signora”. Pansy lo guardò
alzando un sopracciglio.
Perché sua madre voleva che lei
andasse su da sola? Non prometteva niente di buono. Rafforzò
la stretta su di
lei e aprì la bocca: “Di’ a mia madre
che…”
“Che salgo subito. E intanto
ringraziala per l’invito, per cortesia”. Pansy si
staccò da lui. No. Cosa
faceva? Doveva rimanergli vicino. Dollylee si smaterializzò
per avvisare la
padrona.
“No.”
“Non c’è problema”.
Aspettarono che
l’elfa si materializzasse di nuovo e Pansy le disse:
“Fammi strada”.
Mentre seguiva l’elfa su
per le scale,
Pansy, si chiese cosa le avesse preso. Perché stava andando
dalla madre di
Blaise? Un passo dopo l’altro si ritrovò davanti a
una doppia porta bianca da
cui provenivano voci concitate e rumori vari. Sospirò.
L’elfa entrò e la sentì dire alla
‘signora’ che lei stava entrando. Non la
chiamò per nome. Effettivamente non si
era presentata. Avanzò oltre l’uscio e fece il suo
ingresso.
La stanza era enorme. Molto più grande
della stanza padronale a casa dei suoi genitori. Per un attimo si
impressionò.
“Buongiorno, l’elfa mi ha
detto…” Una
signora con un vestito color avorio era girata verso di lei e le
sorrideva
affettatamente. Meraviglioso, iniziamo
bene.
“Cara! Devi essere l’amichetta di
Blaise. Vieni entra pure. Fai come se fossi a casa tua!” Amichetta? Oh, Merlino!
Althea le andò incontro.
Blaise era
stato bravo. La ragazza era a modo e il suo vestito era appropriato.
Lei era
appropriata. Sperò solo che non parlasse troppo o facesse
cose strane.
Miranda, la figlia di Hector la
sgridò. “Althea! ‘Amichetta’?
Su, dai, non ha cinque anni. Vieni, cara, non
fare caso a questa sposa un po’ troppo
agitata…” Vide la strega andarle
incontro e la ragazza sorriderle.
“Sono Miranda la figlia di Hector, lo
sposo.”
“Piacere di conoscerti, io sono Pansy,
Pansy Par…”
Althea sbarrò gli occhi ed esclamò
prima di rendersene conto: “Pansy Parkinson?” La
ragazza la guardò come sotto
effetto di una confundus.
“Sì, signora…” Althea sorrise
davvero.
Oh, non vedeva l’ora di conoscerla e ora eccola
lì. Possibile che suo figlio
l’avesse fatto apposta? La osservò: non era
brutta. Blaise aveva ragione. Era
molto carina. Sorrise ancora.
Pansy continuò a
guardare la madre di
Blaise in maniera strana. Lui le aveva parlato di lei? E
perché la strega aveva
usato quel tono? Miranda le disse sottovoce: “Non fare caso a
lei. Oggi è un
po’ nervosa, giustamente. Vieni a prendere un bicchiere di
vino, tu che puoi…”
E con la mano si accarezzò la pancia.
Ma erano tutte incinte, negli ultimi
tempi? Annuì e si allungò a prendere un bicchiere
di vino. Miranda le fece
cenno di sedersi, mentre aiutava la sposa a sistemarsi. Non sapeva cosa
dire. O
cosa fare. Si guardò intorno: sulla cassettiera vide delle
foto incorniciate.
Invece di sedersi si avvicinò al comò.
Cercò di guardare le foto senza farsi
notare. Blaise. Blaise dappertutto. Da bambino. Da ragazzino. Da uomo.
Sorrise.
Non erano foto come quelle che sua madre esibiva in salotto. Le foto in
cui la
obbligavano a vestirsi bene e sorridere. (Ne aveva anche una in cui
l’avevano
obbligata a fare dei passi di danza!) Erano foto normali. Foto con la
madre. Forse
Miranda l’aveva chiamata Althea? Oh, com’era carino
Blaise! E una foto con
Narcissa e Draco. Altre foto, con Blaise un po’
più grande, e un’altra, durante
quello che sembrava l’ultimo anno di Hogwarts.
Sospirò e si voltò verso le streghe,
che la stavano guardando. Miranda le sorrise. Althea invece la guardava
pensierosa.
Bevve il vino tutto d’un sorso. Poi
sorrise.
Blaise era in giardino e guardava
la
finestra della camera di sua madre. Beveva vino e contemplava il vetro
della finestra.
Non si vedeva niente.
“Non la mangerà. Stamattina ha già
fatto colazione.”
Si voltò. Hector era una gran brava
persona. E poi sopportava sua madre. Aveva una pazienza infinita.
“Giuramelo”. Il mago sorrise e prese
un bicchiere di vino. Hector era rimasto vedovo anni prima. E a lui
faceva
veramente piacere che sposasse sua madre.
Finché lei non lo aveva obbligato a
portare una ragazza al matrimonio. Per fortuna era riuscito a
convincere Pansy.
Sarebbe andato tutto bene. Guardò ancora la finestra.
“Voleva solo essere sicura. Ci sono
parecchie tue zie, oggi. Ha paura di fare brutta figura”.
Alzò le spalle.
“Poteva evitare di obbligarmi a
portare qualcuno.”
“Non voleva che scappassi via al primo
E tu sei da solo? Niente ragazza?”
Sorrise. Le sue zie lo dicevano a ogni festività.
All’ultimo matrimonio zia Blanche gli
aveva chiesto: ‘E tu? Sarai il prossimo?’, con un
tono talmente derisorio che
lui le aveva detto che le avrebbe fatto la stessa domanda al funerale
successivo. Lei era andata via un po’ sostenuta, ma non gli
aveva più fatto
battutine.
Guardò ancora la finestra.
“Stanno arrivando!” Si girò di nuovo
verso Hector che si dileguava e andava a prendere posto lungo il
tappeto.
Guardò l’ingresso del giardino. Sua
madre stava arrivando.
***
“È stato
bello.”
“Grazie!” Blaise sorrise sornione.
Pansy rise e gli diede uno schiaffetto sul braccio.
“Troll, intendevo assistere alla
cerimonia.”
“Oh, deve ancora venire la parte
migliore”. Lei lo guardò stranita.
“Ossia?”
“Questo”, e con il braccio teso e la
mano aperta indicò i tavoli.
Pansy si guardò intorno. I parenti di
Hector, lo sposo, erano una manciata, mentre i parenti di Blaise erano
almeno
sette squadre di Quidditch.
Miranda la salutò dal suo posto,
vicino al marito. Ricambiò il saluto con un sorriso. Hector
non era male. Si
era presentato subito dopo la cerimonia e le aveva fatto qualche
complimento
d’altri tempi. Era un uomo delizioso. Lo osservò
prendere la mano della madre
di Blaise e baciarle il dorso con occhi affettuosi. Erano molto carini,
insieme.
Blaise osservò Pansy
guardarsi
intorno. Continuava a sorridere. Avrebbe dovuto trovare il modo per
tenere
lontano le sue zie. Soprattutto zia Blanche.
Appoggiò la mano
sullo schienale della sedia di
Pansy e si avvicinò un po’. “Dici che si
accorgeranno se sparissimo per un po’?”
Le appoggiò una mano sulla coscia e con il pollice le
accarezzò la pelle sotto
l’orlo della gonna. Lei si girò sorpresa.
“Penso proprio di sì, Blaise!” E gli
spostò la mano con un gesto fermo.
Sbuffò ridacchiando. “Ieri sera non
facevi così la preziosa…”
“IO la preziosa!” ridacchiò lei.
“E
poi ieri sera non eravamo in mezzo a tutta la tua famiglia.”
“Andiamo a casa dei tuoi?” Lei quasi
sputò il vino che stava bevendo.
“Dillo un’altra volta e ti lancio una
cruciatus!” Blaise rise.
Althea guardava i ragazzi da
lontano.
Blaise non aveva voluto sedersi al tavolo con loro. Né a
quello di Miranda. Ora
come avrebbe fatto a controllarli? A sentire quello che si dicevano?
Hector le prese la mano e la baciò. Si
girò verso di lui. Lui la guardava in quella maniera
così dolce.
“Lasciali stare.”
Sbuffò. Aveva capito subito. Lui la capiva
sempre subito.
***
La strega si alzò e
raggiunse il
tavolo dove era seduto Blaise.
“Sei da solo, tesoro?” Althea si
sedette vicino al figlio.
“Sì, mamma. Pansy è andata alla
toilette. O forse sta evitando zia Blanche.”
Althea sorrise.
Blanche Stuart era la sorella zitella
del suo terzo marito. Era insopportabile e maledettamente pettegola.
Aveva
avuto da dire con lei tante volte. Ma non aveva rifiutato
l’invito al
matrimonio. Nonostante Althea ci avesse sperato.
“È stato bello…” Il figlio le
strinse
la mano. Questo era il primo matrimonio a cui partecipava Blaise. Dopo
suo
padre, non si era più risposata. Sorrise pensando che
sarebbe stato l’ultimo.
“Così hai
portato Pansy Parkinson al mio matrimonio…”
“Mi hai obbligato a portare una
ragazza” rispose lui, alzando le spalle.
“Perché lei?”
“Perché no? È a posto. Non ti ha fatto
fare brutta figura”. La strega sbarrò gli occhi.
“Non è per questo che hai
voluto che salisse da te prima della cerimonia? Così potevi
valutare dove farla
sedere al banchetto?” Althea arrossì appena. Non
succedeva da quando Hector
l’aveva baciata per la prima volta.
Blaise aveva capito il giochetto di
sua madre quando li aveva invitati al tavolo degli sposi. Ma lui aveva
preferito sedersi da un’altra parte. Anche lontano dalla
figlia di Hector. Gli
aveva dato fastidio l’atteggiamento di sua madre e lei
dovette capirlo perché
annuì piano con il capo e gli lanciò
un’occhiata di scuse.
“Mi fa piacere che abbia passato il
tuo esame”. Sua madre sospirò.
“Però non mi avevi detto che avresti
portato lei.”
“Con tutto quello che pensavi di
sapere, avresti di sicuro fatto qualche sciocchezza.”
Non si parla così a un
genitore!
“E tu Blaise, hai fatto qualche
sciocchezza?” Lui la guardò negli occhi.
“Del tipo? Senti, mamma, non so perché
hai deciso che lei non ti piace…”
“Non ho detto che non mi piace!” lo
interruppe.
E scoprì che era vero. La ragazza le
piaceva. Era quello il problema. Aveva paura che lei li fregasse: tutti
e due.
“Tu stai solo attento.”
“È dieci anni che sto attento, mamma,
e guarda com’è andata!” Lui non la
guardò più e prese un altro pezzo di torta
dall’elfo che serviva. Sospirò e si
alzò.
Non voleva discutere con suo figlio. Anche
perché ‘qualche sciocchezza’
l’aveva fatta davvero. Tipo informarsi su Pansy. E
quello che aveva saputo…
Passò in mezzo ai tavoli e si fermò a
salutare tutti. Tutti davvero. Anche Blanche. Che malignamente le fece
notare
che la ragazza di Blaise era con i bambini. Lo disse con uno sguardo
disgustato. Già. Forse era una cosa sconveniente.
“I bambini?” Blanche, contenta di aver
ottenuto la sua attenzione, fece una strana smorfia con la bocca e
indicò il
giardino che dava sull’ala ovest della tenuta. Ma da
lì non si vedeva niente.
Avrebbe dovuto passare sul retro.
“Io andrei a controllare cosa combina
quella ragazza. Prima si era tolta le scarpe e correva con i bambini.
Oh, l’ho
vista solo io, per fortuna. Ma non è proprio una cosa da
fare!” Althea allargò
gli occhi sorpresa. Pansy correva scalza con i bambini? Blanche dovette
intuire
male la sua reazione perché ghignò crudelmente.
La odiò. Personalmente, non ci
vedeva nulla di male. E poi anche lei avrebbe gradito togliersi le
scarpe. Ma
non poteva farlo lì in mezzo al banchetto. Forse nel
giardino dell’ala ovest…
Le lanciò quello che sperò fosse uno
sguardo cattivo e si alzò dalla sedia vicino alla sua.
“Beh, sempre meglio così
che essere una chiacchierona che sa solo criticare quello che fanno gli
altri!”
“Ma… Althea…” Blanche
arrossì e
balbettò finché poi chiuse la bocca. E non le
aveva neanche detto tutto quello
che le andava detto! Non voleva rovinarsi il matrimonio. Si
alzò e andò verso
il giardino dell’ala ovest. Era comunque meglio dare
un’occhiata.
Quando girò l’angolo della casa vide
che i bambini invitati al matrimonio, una decina forse, fra nipoti e
pronipoti,
correvano sul prato. Ma non vide Pansy fra loro. Osservò
meglio e la vide
seduta su un plaid a gambe incrociate mentre toccava la testa di una
bambina.
Si avvicinò e capì che le stava pettinando i
capelli in due trecce. Muoveva le
mani in maniera esperta e veloce. Intrecciò nastri e fiori e
alla fine le disse:
“Ecco, vai pure”.
La bambina sorrise e ringraziò, poi
scappò via.
“Avresti potuto usare la magia.”
Quando Althea le rivolse la parola,
si
spaventò, perché non l’aveva vista
arrivare.
Pansy cercò di rialzarsi in piedi
velocemente ma la strega le fece cenno di rimanere seduta. Con sua
grande
sorpresa, si sedette vicino a lei. Era un po’ imbarazzata.
“Dicevo, che con la magia avresti
fatto prima”. Pansy sorrise.
“I bambini hanno bisogno di contatto fisico.
Li fa crescere più forti”. Lei alzò un
sopracciglio, incredula.
“Davvero? L’hai
notato nel tuo lavoro?”
Il sorriso della ragazza
sparì e
guardò da un’altra parte.
“Sì”.
Aveva toccato un brutto tasto. E lo
sapeva.
Si era informata su di lei. Doveva. E
sapeva che aveva un guaio al lavoro, anche se non era riuscita a sapere
bene
cosa fosse successo. Era una di quelle ragazze a cui i genitori hanno
comprato
un titolo di studio per tenerla impegnata fino a quando non si fosse
sposata?
Ancora non l’aveva inquadrata. Sperò che lo
scandalo non fosse troppo grande e
non tirasse in mezzo Blaise.
In quel momento si avvicinò una
bambina che le disse: “Pansy, la mia mamma vuole che
trasfiguri il nastro verde
acqua in uno rosa…”
Pansy la guardò stranita. “Hai detto
che il verde acqua è il tuo colore
preferito…” La piccola si morse il labbro e
si guardò il piede.
“La mamma vuole che si intoni con il
mio vestito…” La bambina era veramente triste,
probabilmente non voleva
cambiare il colore al nastro, che si accarezzava inconsapevolmente.
“Ho paura di non essere in grado di
farlo. Puoi andare a dire alla tua mamma che non sono capace di
cambiargli colore?”
La bambina sorrise. “Posso tenerlo
verde?”
Althea annuì le le disse: “Secondo me
è molto più bello verde”. La bambina si
girò verso di lei. “Di’ alla tua mamma
che ti ha detto la sposa che devi tenerlo verde!” La piccola
la guardò ancora,
dubbiosa, ma annuì e scappò via.
“Perché le hai detto di non essere
capace?” Non le sembrava totalmente inetta con la bacchetta.
“Così non la sgriderà.”
“Magari si arrabbierà con te”. La
ragazza alzò una spalla.
“Non la vedrò mai più, probabilmente.
Me ne farò una ragione. Lei, invece”
continuò indicando la bambina, “dovrà
conviverci un altro po’. Certe mamme fanno più
danni che…” Pansy parlò e poi si
zittì da sola con la mano sulla bocca. “Mi scusi,
io non…” Althea non poté fare
a meno di ridere.
“Tua madre è venuta a casa mia.”
Il suo viso si adombrò e sgranò gli
occhi, imprecando sottovoce.
Lei non lo sapeva. Ne fu contenta.
“Per Salazar, mi dica che
non le ha proposto
un fidanzamento!” Pansy non aveva capito che sua madre fosse
andata da Althea
davvero. Sperava che il tutto fosse solo nella sua mente.
Quando la strega annuì sospirò. “Oh,
mi dispiace. Davvero”, sospirò ancora. Ecco
perché aveva voluto vederla, prima.
“Deve aver pensato che fossi storpia o
qualcosa del genere…”
“Ho pensato che tu fossi incinta”.
MERLINO! Avrebbe dovuto iniziare a tenere rinchiusa sua madre. Scosse
la testa
sconsolata.
“Non ho intenzione di proporre a
Blaise un fidanzamento combinato. Non si preoccupi”.
Pensò di rassicurarla.
“Non vuoi perché è brutto?”
“Blaise non è brutto!” si
indignò. La
strega rise e la guardò beffarda. O Santo Salazar!
Sentì le guance andare a
fuoco. Sperava che sua madre non avesse tirato in ballo la storia del
‘lui è
discreto’. Si alzò in piedi.
“Quindi non sei interessata a un
fidanzamento con mio figlio?” Si alzò in piedi
anche la madre di Blaise. Era
una domanda tosta. Erano tre giorni che si frequentavano. Beh erano
più di
dieci anni, ma ora era diverso.
“Non posso ancora rispondere a questa
domanda.”
Althea annuì.
“Apprezzo la tua sincerità.
Posso essere sincera anch’io?” Le sorrise sperando
di riuscire a farle capire
il suo stato d’animo. La ragazza annuì senza dire
niente. “Preferirei che mio
figlio non fosse coinvolto con qualcuno che ha delle questioni
così importanti
in sospeso”.
Pansy sarebbe riuscita a reggere
quel
colpo benissimo. Benissimo se fosse stato una cruciatus. E invece era
stato peggio.
Annuì e basta. Lei sapeva della sospensione al San Mungo. Si
chinò a prendere
le scarpe. Era ora di andare a casa.
“Pansy!” Blaise
la chiamò appena la
vide. Era vicino a sua madre. E lei aveva una gran brutta faccia. Che
era
successo? Ma in quel momento non poteva chiedere.
“Pansy, devi venire subito!”
“Che succede, Blaise?” Sua madre
glielo chiese mentre Pansy rimase zitta.
“Pansy, devi venire in salotto. Ci
sono delle persone che vogliono vederti. È una cosa
importante. Riguarda… Il
San Mungo”. Cercò di spiegarle con lo sguardo
l’importanza della cosa, ma la
sua faccia era atterrita. Si avvicinò e le prese la mano.
“Vieni”.
Lei alzò gli occhi su di lui e disse:
“Ci vado da sola. Resta qui, tu”. Come? Lei
scrollò la sua mano e si incamminò
verso l’ingresso.
Blaise si voltò verso sua madre. Era
stata lei? Cosa le aveva detto? Perché Pansy, prima
sorridente e solare, adesso
aveva quella brutta faccia sconsolata?
“Cosa le hai detto?”
“Io?” Sua madre lo guardò stranita. Ma
non abbastanza. Doveva essersi resa conto di quello che aveva fatto.
“Sì, tu, cosa le hai detto? Merlino,
mamma, se mi lascia non te lo perdonerò mai!” Sua
madre strabuzzò gli occhi.
“Io non le ho detto niente. Ho solo
accennato al fatto che non mi farebbe piacere che tu rimanessi
coinvolto in uno
scandalo più grosso di te.”
“Scandalo?”
“Sì, ho preso informazioni. Non sai
cosa ha fatto quella ragazza.”
“Sì, che so cosa è successo. Pensi che
non me lo abbia raccontato?” Si avvicinò e le
disse sottovoce: “Lei è la donna
che porterò a cena”. Sperò che sua
madre capisse.
Lei annuì. “Allora dovresti
raggiungerla”. Blaise si voltò verso la casa e poi
tornò a guardare sua madre.
“Dovresti venire con me. Potresti
scoprire che in fin dei conti è una persona meravigliosa e
non quello che pensi
tu.”
Althea annuì gravemente.
Non si era
sentita una bella persona quando le aveva detto quella frase, ma lei
doveva
proteggere suo figlio. Però suo figlio voleva la ragazza,
scandalo o non
scandalo.
“Mamma non credere a ciò che si dice
in giro. Se avessi dovuto credere a tutto ciò che sentivo su
di te…” Lei annuì
ancora.
O Santo Salazar, aveva ragione. E suo
figlio era grande abbastanza da decidere cosa fare e con chi stare.
L’unica cosa che poteva fare lei era
dargli il suo appoggio o negarglielo.
“Andiamo.”
***
Hermione si guardava intorno in
quel
salotto. Ginny camminava avanti e indietro nervosamente. Non le faceva
bene.
Erano tre giorni che era in quello stato.
Ma la capiva. Si pentì di non averle
dato retta prima.
Sospirò e guardò verso la porta che si
stava aprendo: la Parkinson era arrivata.
Pansy avanzò cautamente
nella stanza.
Ci aveva messo un’eternità ad arrivare. Voleva
schiarirsi le idee prima di
affrontare chiunque si fosse trovato davanti. Pensava che il Ministero
fosse
arrivato per portarla via e non voleva che Blaise potesse subire lo
scandalo di
un arresto in casa sua. Non durante il matrimonio di sua madre.
Ma quando entrò si trovò di fronte la
Granger. E la Weasley.
Non erano venuti per arrestarla. E
allora perché loro erano lì?
Blaise e sua madre entrarono in
soggiorno proprio mentre la strega rossa alzava gli occhi su Pansy. Si
avvicinò
a lei a passo veloce e pesante e gridò qualcosa. Cosa stava
succedendo?
Althea guardò quella
strana situazione
con occhi estranei. Non sapeva chi fossero quelle ragazze.
Sì, beh, le aveva
viste, salvatrici del mondo magico anni prima, forse. Quando la ragazza
rossa
si avvicinò a Pansy con in mano una pergamena,
pensò che le saltasse addosso,
ma si fermò di fronte a lei.
E Pansy non si mosse di un millimetro.
Apprezzò tanto quell’atteggiamento.
“Parkinson, Santo
Merlino, ti decidi a
scrivermi e mandi il gufo a casa di mia madre?”
Oh. Aveva sbagliato a scrivere la
pergamena?
La sua faccia dovette parlare da sola
in quanto si avvicinò anche la Granger che le
spiegò: “Hai scritto il suo
cognome da nubile e il gufo l’ha portata alla Tana, a casa
dei suoi. Se avessi
scritto il cognome giusto, lo avrebbe ricevuto a
casa…”
Ma la Weasley, no, la Potter, la
interruppe: “Lo avrei ricevuto prima! Mia madre non aveva
capito quanto fosse
importante e non me l’ha data subito!” Sbuffava e
starnazzava.
“Mi spiace. Scusami. Volete… sedervi?”
Si voltò verso Blaise per cercare approvazione: non era casa
sua. Lui si
avvicinò e annuì.
”Sì certo, chiamo
l’elfo…” lo sguardo
della Granger lo zittì. La piccola rossa sbatté
il piede per terra.
“Porco Merlino! Ma quale elfo! Abbiamo
poco tempo. Mio marito sta morendo!”
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