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Autore: ONLYKORINE    01/04/2020    1 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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  Il matrimonio

 -

Quel sabato il cielo era terso. Il sole brillava filtrando dalle serrande nella camera di Blaise e lui si svegliò passandosi una mano sul viso. I raggi del sole colpivano proprio il suo cuscino. Si ricordò di non aver tirato le cortine del letto la sera prima. E poi si ricordò perché.
Guardò verso l’altro lato del letto e vide la figura di Pansy che dormiva sul fianco, la testa sul cuscino e i capelli sparpagliati, un braccio sul suo petto e la mano sul suo cuore. Gliela prese e le baciò le dita.
“Pansy…” la chiamò per svegliarla. Ma lei non si mosse neanche. Sapeva che era una dormigliona. Scostò appena la coperta. Era nuda. Si avvicinò a lei, per far aderire i loro corpi. Lei mugugnò.
Sorrise. Le sfiorò il fianco con le dita, per farle il solletico. Lei aprì appena gli occhi e poi li spalancò. “Merlino, un altro sogno?” Si inginocchiò coprendosi con la coperta. Lui si stranì.

 

Pansy si agitò e si tirò su mentre si guardava intorno. No. Non era un sogno, stavolta. Ed era nella stanza di Blaise. Nuda, con lui. Anche lui sembrava nudo. Sorrise e sospirò.
“No. Non è un sogno.”
“Un sogno?”
“Io ti ho sognato…” disse lei prima di rendersene conto. Blaise ghignò.
“Davvero?” Alzò anche un sopracciglio. “E dimmi: cosa hai sognato?” Si girò sulla schiena, gongolando e le accarezzò la pelle lasciata scoperta dal lenzuolo.
Un brivido la scosse e lui sorrise sornione. Si avvicinò per baciarlo.
“Ho sognato che baciavi Draco.”

 

COSA? Blaise si tirò su di colpo e sbatté la testa contro la sua spalla. Lei ridacchiò e lo spinse ancora sul materasso, prima di mettersi a cavalcioni su di lui. Era calda. Era bella. Era sua. SUA.
“A che ora siamo attesi da tua madre?” MERLINO, LA MAMMA!
“È sabato?” Lei annuì sorridendo. “Quel sabato?” chiese ancora mentre lei faceva cadere il lenzuolo, mostrandosi.
Gli si seccò la bocca, mentre lei annuiva ancora e si chinava su di lui. Quando fu abbastanza vicina da baciarlo, disse: “Dove fai colazione di solito, il sabato mattina?” Poi la sua espressione cambiò e si ritirò su di colpo, ricoprendosi e imprecando.
“Merlino! Quante ne hai portate qui?” Ma la domanda non era per lui. Non era per nessuno. Si guardò intorno velocemente e si passò una mano fra i capelli. Poi guardò il lenzuolo e, probabilmente, rendendosi conto che era quello del suo letto, lo lasciò andare. Scese giù dal materasso e cercò i suoi vestiti.
MERLINO! Pansy stava scappando.

 

Pansy non riusciva a capire dove fossero i suoi vestiti. Dovevano essere lì. Per forza. Girò intorno al letto, ma non li vide.
“Pansy, Pansy. Aspetta, non scappare”. Lei si voltò verso di lui. Era sceso dal letto anche Blaise, adesso. Non riuscì a non guardarlo. Le spalle, il petto. Merlino. Si impose di non lasciar scendere lo sguardo più giù e si voltò.
“Non sto scappando” mentì, “voglio solo andare a casa a prepararmi”.
“Aspetta.”
Le prese la mano e intrecciò le dita con le sue. Lei guardò le loro mani, ma non riuscì ad alzare lo sguardo sul suo viso. “Nessuna è venuta qui. Te lo giuro”.
“Non mi mentire. È peggio”. Voglio solo andare a casa a prepararmi. Ma si rese conto di non essere riuscita a dirlo. Forse perché non era vero. Il ragazzo la strattonò finche non si voltò verso di lui.
“Ti ho detto la verità. Nessuna”. Lei annuì, abbassando gli occhi. “Adesso torna a letto con me”.
Sembrava un ordine. Un ordine? Ehi! Nessuno le dava ordini!
“Verrò a letto quando vorrò io.”

 

Blaise sorrise e la tirò verso di sé. La baciò finché lei non si tranquillizzò e l’accarezzò finché non riuscì più a reggersi sulle gambe. Fece appena un passo e lei cadde sulla coperta. Pansy sbuffò sorridendo.
“Hai vinto tu.”
Sì, sorrise anche lui, aveva vinto davvero.

 

***

 

“Ah, mi sono scordato di dirti una cosa.”
Uh. Non era un buon inizio. Pansy guardò Blaise mentre il portone di casa di sua madre si apriva per farli entrare.
“Mia madre conosce la tua”. Oh, Merlino! Però non l’aveva invitata, giusto? Non avrebbe dovuto passare il pomeriggio con sua madre. Vero? VERO?
“Non è qui, vero?” Lui fece una faccia strana.
“No. Perché dovrebbe?” Pansy scosse le spalle.
“Non si sa mai.”

 

Blaise fece entrare Pansy nella casa in cui era cresciuto. Era la prima volta che lei ci metteva piede. La vide guardarsi intorno con curiosità. Dollylee li accolse sulla porta. Salutò con un inchino e grande referenza sia lui che la ragazza che aveva a fianco.
“Sua madre si sta preparando. Dice di andare in giardino a prendere un bicchiere di vino.”
Si voltò in direzione del giardino e mise una mano sulle reni di Pansy per accompagnarla.
“La signorina, invece, può salire nella camera della signora”. Pansy lo guardò alzando un sopracciglio.
Perché sua madre voleva che lei andasse su da sola? Non prometteva niente di buono. Rafforzò la stretta su di lei e aprì la bocca: “Di’ a mia madre che…”
“Che salgo subito. E intanto ringraziala per l’invito, per cortesia”. Pansy si staccò da lui. No. Cosa faceva? Doveva rimanergli vicino. Dollylee si smaterializzò per avvisare la padrona.
“No.”
“Non c’è problema”. Aspettarono che l’elfa si materializzasse di nuovo e Pansy le disse: “Fammi strada”.

 

Mentre seguiva l’elfa su per le scale, Pansy, si chiese cosa le avesse preso. Perché stava andando dalla madre di Blaise? Un passo dopo l’altro si ritrovò davanti a una doppia porta bianca da cui provenivano voci concitate e rumori vari. Sospirò.
L’elfa entrò e la sentì dire alla ‘signora’ che lei stava entrando. Non la chiamò per nome. Effettivamente non si era presentata. Avanzò oltre l’uscio e fece il suo ingresso.
La stanza era enorme. Molto più grande della stanza padronale a casa dei suoi genitori. Per un attimo si impressionò.
“Buongiorno, l’elfa mi ha detto…” Una signora con un vestito color avorio era girata verso di lei e le sorrideva affettatamente. Meraviglioso, iniziamo bene.
“Cara! Devi essere l’amichetta di Blaise. Vieni entra pure. Fai come se fossi a casa tua!” Amichetta? Oh, Merlino!

 

Althea le andò incontro. Blaise era stato bravo. La ragazza era a modo e il suo vestito era appropriato. Lei era appropriata. Sperò solo che non parlasse troppo o facesse cose strane.
Miranda, la figlia di Hector la sgridò. “Althea! ‘Amichetta’? Su, dai, non ha cinque anni. Vieni, cara, non fare caso a questa sposa un po’ troppo agitata…” Vide la strega andarle incontro e la ragazza sorriderle.
“Sono Miranda la figlia di Hector, lo sposo.”
“Piacere di conoscerti, io sono Pansy, Pansy Par…”
Althea sbarrò gli occhi ed esclamò prima di rendersene conto: “Pansy Parkinson?” La ragazza la guardò come sotto effetto di una confundus.
“Sì, signora…” Althea sorrise davvero. Oh, non vedeva l’ora di conoscerla e ora eccola lì. Possibile che suo figlio l’avesse fatto apposta? La osservò: non era brutta. Blaise aveva ragione. Era molto carina. Sorrise ancora.

 

Pansy continuò a guardare la madre di Blaise in maniera strana. Lui le aveva parlato di lei? E perché la strega aveva usato quel tono? Miranda le disse sottovoce: “Non fare caso a lei. Oggi è un po’ nervosa, giustamente. Vieni a prendere un bicchiere di vino, tu che puoi…” E con la mano si accarezzò la pancia.
Ma erano tutte incinte, negli ultimi tempi? Annuì e si allungò a prendere un bicchiere di vino. Miranda le fece cenno di sedersi, mentre aiutava la sposa a sistemarsi. Non sapeva cosa dire. O cosa fare. Si guardò intorno: sulla cassettiera vide delle foto incorniciate. Invece di sedersi si avvicinò al comò.
Cercò di guardare le foto senza farsi notare. Blaise. Blaise dappertutto. Da bambino. Da ragazzino. Da uomo. Sorrise. Non erano foto come quelle che sua madre esibiva in salotto. Le foto in cui la obbligavano a vestirsi bene e sorridere. (Ne aveva anche una in cui l’avevano obbligata a fare dei passi di danza!) Erano foto normali. Foto con la madre. Forse Miranda l’aveva chiamata Althea? Oh, com’era carino Blaise! E una foto con Narcissa e Draco. Altre foto, con Blaise un po’ più grande, e un’altra, durante quello che sembrava l’ultimo anno di Hogwarts.
Sospirò e si voltò verso le streghe, che la stavano guardando. Miranda le sorrise. Althea invece la guardava pensierosa.
Bevve il vino tutto d’un sorso. Poi sorrise.

 

Blaise era in giardino e guardava la finestra della camera di sua madre. Beveva vino e contemplava il vetro della finestra. Non si vedeva niente.
“Non la mangerà. Stamattina ha già fatto colazione.”
Si voltò. Hector era una gran brava persona. E poi sopportava sua madre. Aveva una pazienza infinita.
“Giuramelo”. Il mago sorrise e prese un bicchiere di vino. Hector era rimasto vedovo anni prima. E a lui faceva veramente piacere che sposasse sua madre.
Finché lei non lo aveva obbligato a portare una ragazza al matrimonio. Per fortuna era riuscito a convincere Pansy. Sarebbe andato tutto bene. Guardò ancora la finestra.
“Voleva solo essere sicura. Ci sono parecchie tue zie, oggi. Ha paura di fare brutta figura”. Alzò le spalle.
“Poteva evitare di obbligarmi a portare qualcuno.”
“Non voleva che scappassi via al primo E tu sei da solo? Niente ragazza?” Sorrise. Le sue zie lo dicevano a ogni festività.
All’ultimo matrimonio zia Blanche gli aveva chiesto: ‘E tu? Sarai il prossimo?’, con un tono talmente derisorio che lui le aveva detto che le avrebbe fatto la stessa domanda al funerale successivo. Lei era andata via un po’ sostenuta, ma non gli aveva più fatto battutine.
Guardò ancora la finestra.
“Stanno arrivando!” Si girò di nuovo verso Hector che si dileguava e andava a prendere posto lungo il tappeto.
Guardò l’ingresso del giardino. Sua madre stava arrivando.

 

***

 

“È stato bello.”
“Grazie!” Blaise sorrise sornione. Pansy rise e gli diede uno schiaffetto sul braccio.
“Troll, intendevo assistere alla cerimonia.”
“Oh, deve ancora venire la parte migliore”. Lei lo guardò stranita.
“Ossia?”
“Questo”, e con il braccio teso e la mano aperta indicò i tavoli.
Pansy si guardò intorno. I parenti di Hector, lo sposo, erano una manciata, mentre i parenti di Blaise erano almeno sette squadre di Quidditch.
Miranda la salutò dal suo posto, vicino al marito. Ricambiò il saluto con un sorriso. Hector non era male. Si era presentato subito dopo la cerimonia e le aveva fatto qualche complimento d’altri tempi. Era un uomo delizioso. Lo osservò prendere la mano della madre di Blaise e baciarle il dorso con occhi affettuosi. Erano molto carini, insieme.

 

Blaise osservò Pansy guardarsi intorno. Continuava a sorridere. Avrebbe dovuto trovare il modo per tenere lontano le sue zie. Soprattutto zia Blanche.
Appoggiò la mano sullo schienale della sedia di Pansy e si avvicinò un po’. “Dici che si accorgeranno se sparissimo per un po’?” Le appoggiò una mano sulla coscia e con il pollice le accarezzò la pelle sotto l’orlo della gonna. Lei si girò sorpresa.
“Penso proprio di sì, Blaise!” E gli spostò la mano con un gesto fermo.
Sbuffò ridacchiando. “Ieri sera non facevi così la preziosa…”
“IO la preziosa!” ridacchiò lei. “E poi ieri sera non eravamo in mezzo a tutta la tua famiglia.”
“Andiamo a casa dei tuoi?” Lei quasi sputò il vino che stava bevendo.
“Dillo un’altra volta e ti lancio una cruciatus!” Blaise rise.

 

Althea guardava i ragazzi da lontano. Blaise non aveva voluto sedersi al tavolo con loro. Né a quello di Miranda. Ora come avrebbe fatto a controllarli? A sentire quello che si dicevano?
Hector le prese la mano e la baciò. Si girò verso di lui. Lui la guardava in quella maniera così dolce.
“Lasciali stare.”
Sbuffò. Aveva capito subito. Lui la capiva sempre subito.

 

***

 

La strega si alzò e raggiunse il tavolo dove era seduto Blaise.
“Sei da solo, tesoro?” Althea si sedette vicino al figlio.
“Sì, mamma. Pansy è andata alla toilette. O forse sta evitando zia Blanche.”
Althea sorrise.
Blanche Stuart era la sorella zitella del suo terzo marito. Era insopportabile e maledettamente pettegola. Aveva avuto da dire con lei tante volte. Ma non aveva rifiutato l’invito al matrimonio. Nonostante Althea ci avesse sperato.
“È stato bello…” Il figlio le strinse la mano. Questo era il primo matrimonio a cui partecipava Blaise. Dopo suo padre, non si era più risposata. Sorrise pensando che sarebbe stato l’ultimo.
“Così hai portato Pansy Parkinson al mio matrimonio…”
“Mi hai obbligato a portare una ragazza” rispose lui, alzando le spalle.
“Perché lei?”
“Perché no? È a posto. Non ti ha fatto fare brutta figura”. La strega sbarrò gli occhi. “Non è per questo che hai voluto che salisse da te prima della cerimonia? Così potevi valutare dove farla sedere al banchetto?” Althea arrossì appena. Non succedeva da quando Hector l’aveva baciata per la prima volta.

 

Blaise aveva capito il giochetto di sua madre quando li aveva invitati al tavolo degli sposi. Ma lui aveva preferito sedersi da un’altra parte. Anche lontano dalla figlia di Hector. Gli aveva dato fastidio l’atteggiamento di sua madre e lei dovette capirlo perché annuì piano con il capo e gli lanciò un’occhiata di scuse.
“Mi fa piacere che abbia passato il tuo esame”. Sua madre sospirò.
“Però non mi avevi detto che avresti portato lei.”
“Con tutto quello che pensavi di sapere, avresti di sicuro fatto qualche sciocchezza.”

 

Non si parla così a un genitore!
“E tu Blaise, hai fatto qualche sciocchezza?” Lui la guardò negli occhi.
“Del tipo? Senti, mamma, non so perché hai deciso che lei non ti piace…”
“Non ho detto che non mi piace!” lo interruppe.
E scoprì che era vero. La ragazza le piaceva. Era quello il problema. Aveva paura che lei li fregasse: tutti e due.
“Tu stai solo attento.”
“È dieci anni che sto attento, mamma, e guarda com’è andata!” Lui non la guardò più e prese un altro pezzo di torta dall’elfo che serviva. Sospirò e si alzò.
Non voleva discutere con suo figlio. Anche perché ‘qualche sciocchezza’ l’aveva fatta davvero. Tipo informarsi su Pansy. E quello che aveva saputo…
Passò in mezzo ai tavoli e si fermò a salutare tutti. Tutti davvero. Anche Blanche. Che malignamente le fece notare che la ragazza di Blaise era con i bambini. Lo disse con uno sguardo disgustato. Già. Forse era una cosa sconveniente.
“I bambini?” Blanche, contenta di aver ottenuto la sua attenzione, fece una strana smorfia con la bocca e indicò il giardino che dava sull’ala ovest della tenuta. Ma da lì non si vedeva niente. Avrebbe dovuto passare sul retro.
“Io andrei a controllare cosa combina quella ragazza. Prima si era tolta le scarpe e correva con i bambini. Oh, l’ho vista solo io, per fortuna. Ma non è proprio una cosa da fare!” Althea allargò gli occhi sorpresa. Pansy correva scalza con i bambini? Blanche dovette intuire male la sua reazione perché ghignò crudelmente. La odiò. Personalmente, non ci vedeva nulla di male. E poi anche lei avrebbe gradito togliersi le scarpe. Ma non poteva farlo lì in mezzo al banchetto. Forse nel giardino dell’ala ovest…
Le lanciò quello che sperò fosse uno sguardo cattivo e si alzò dalla sedia vicino alla sua. “Beh, sempre meglio così che essere una chiacchierona che sa solo criticare quello che fanno gli altri!”
“Ma… Althea…” Blanche arrossì e balbettò finché poi chiuse la bocca. E non le aveva neanche detto tutto quello che le andava detto! Non voleva rovinarsi il matrimonio. Si alzò e andò verso il giardino dell’ala ovest. Era comunque meglio dare un’occhiata.
Quando girò l’angolo della casa vide che i bambini invitati al matrimonio, una decina forse, fra nipoti e pronipoti, correvano sul prato. Ma non vide Pansy fra loro. Osservò meglio e la vide seduta su un plaid a gambe incrociate mentre toccava la testa di una bambina. Si avvicinò e capì che le stava pettinando i capelli in due trecce. Muoveva le mani in maniera esperta e veloce. Intrecciò nastri e fiori e alla fine le disse: “Ecco, vai pure”.
La bambina sorrise e ringraziò, poi scappò via.
“Avresti potuto usare la magia.”

 

Quando Althea le rivolse la parola, si spaventò, perché non l’aveva vista arrivare.
Pansy cercò di rialzarsi in piedi velocemente ma la strega le fece cenno di rimanere seduta. Con sua grande sorpresa, si sedette vicino a lei. Era un po’ imbarazzata.
“Dicevo, che con la magia avresti fatto prima”. Pansy sorrise.
“I bambini hanno bisogno di contatto fisico. Li fa crescere più forti”. Lei alzò un sopracciglio, incredula.
“Davvero?  L’hai notato nel tuo lavoro?”

 

Il sorriso della ragazza sparì e guardò da un’altra parte. “Sì”.
Aveva toccato un brutto tasto. E lo sapeva.
Si era informata su di lei. Doveva. E sapeva che aveva un guaio al lavoro, anche se non era riuscita a sapere bene cosa fosse successo. Era una di quelle ragazze a cui i genitori hanno comprato un titolo di studio per tenerla impegnata fino a quando non si fosse sposata? Ancora non l’aveva inquadrata. Sperò che lo scandalo non fosse troppo grande e non tirasse in mezzo Blaise.
In quel momento si avvicinò una bambina che le disse: “Pansy, la mia mamma vuole che trasfiguri il nastro verde acqua in uno rosa…”
Pansy la guardò stranita. “Hai detto che il verde acqua è il tuo colore preferito…” La piccola si morse il labbro e si guardò il piede.
“La mamma vuole che si intoni con il mio vestito…” La bambina era veramente triste, probabilmente non voleva cambiare il colore al nastro, che si accarezzava inconsapevolmente.
“Ho paura di non essere in grado di farlo. Puoi andare a dire alla tua mamma che non sono capace di cambiargli colore?”
La bambina sorrise. “Posso tenerlo verde?”
Althea annuì le le disse: “Secondo me è molto più bello verde”. La bambina si girò verso di lei. “Di’ alla tua mamma che ti ha detto la sposa che devi tenerlo verde!” La piccola la guardò ancora, dubbiosa, ma annuì e scappò via.
“Perché le hai detto di non essere capace?” Non le sembrava totalmente inetta con la bacchetta.
“Così non la sgriderà.”
“Magari si arrabbierà con te”. La ragazza alzò una spalla.
“Non la vedrò mai più, probabilmente. Me ne farò una ragione. Lei, invece” continuò indicando la bambina, “dovrà conviverci un altro po’. Certe mamme fanno più danni che…” Pansy parlò e poi si zittì da sola con la mano sulla bocca. “Mi scusi, io non…” Althea non poté fare a meno di ridere.
“Tua madre è venuta a casa mia.”
Il suo viso si adombrò e sgranò gli occhi, imprecando sottovoce.
Lei non lo sapeva. Ne fu contenta.

 

“Per Salazar, mi dica che non le ha proposto un fidanzamento!” Pansy non aveva capito che sua madre fosse andata da Althea davvero. Sperava che il tutto fosse solo nella sua mente.
Quando la strega annuì sospirò. “Oh, mi dispiace. Davvero”, sospirò ancora. Ecco perché aveva voluto vederla, prima.
“Deve aver pensato che fossi storpia o qualcosa del genere…”
“Ho pensato che tu fossi incinta”. MERLINO! Avrebbe dovuto iniziare a tenere rinchiusa sua madre. Scosse la testa sconsolata.
“Non ho intenzione di proporre a Blaise un fidanzamento combinato. Non si preoccupi”. Pensò di rassicurarla.
“Non vuoi perché è brutto?”
“Blaise non è brutto!” si indignò. La strega rise e la guardò beffarda. O Santo Salazar! Sentì le guance andare a fuoco. Sperava che sua madre non avesse tirato in ballo la storia del ‘lui è discreto’. Si alzò in piedi.
“Quindi non sei interessata a un fidanzamento con mio figlio?” Si alzò in piedi anche la madre di Blaise. Era una domanda tosta. Erano tre giorni che si frequentavano. Beh erano più di dieci anni, ma ora era diverso.
“Non posso ancora rispondere a questa domanda.”

 

Althea annuì. “Apprezzo la tua sincerità. Posso essere sincera anch’io?” Le sorrise sperando di riuscire a farle capire il suo stato d’animo. La ragazza annuì senza dire niente. “Preferirei che mio figlio non fosse coinvolto con qualcuno che ha delle questioni così importanti in sospeso”.

 

Pansy sarebbe riuscita a reggere quel colpo benissimo. Benissimo se fosse stato una cruciatus. E invece era stato peggio. Annuì e basta. Lei sapeva della sospensione al San Mungo. Si chinò a prendere le scarpe. Era ora di andare a casa.

 

“Pansy!” Blaise la chiamò appena la vide. Era vicino a sua madre. E lei aveva una gran brutta faccia. Che era successo? Ma in quel momento non poteva chiedere.
“Pansy, devi venire subito!”
“Che succede, Blaise?” Sua madre glielo chiese mentre Pansy rimase zitta.
“Pansy, devi venire in salotto. Ci sono delle persone che vogliono vederti. È una cosa importante. Riguarda… Il San Mungo”. Cercò di spiegarle con lo sguardo l’importanza della cosa, ma la sua faccia era atterrita. Si avvicinò e le prese la mano.
“Vieni”.
Lei alzò gli occhi su di lui e disse: “Ci vado da sola. Resta qui, tu”. Come? Lei scrollò la sua mano e si incamminò verso l’ingresso.
Blaise si voltò verso sua madre. Era stata lei? Cosa le aveva detto? Perché Pansy, prima sorridente e solare, adesso aveva quella brutta faccia sconsolata?
“Cosa le hai detto?”
“Io?” Sua madre lo guardò stranita. Ma non abbastanza. Doveva essersi resa conto di quello che aveva fatto.
“Sì, tu, cosa le hai detto? Merlino, mamma, se mi lascia non te lo perdonerò mai!” Sua madre strabuzzò gli occhi.
“Io non le ho detto niente. Ho solo accennato al fatto che non mi farebbe piacere che tu rimanessi coinvolto in uno scandalo più grosso di te.”
“Scandalo?”
“Sì, ho preso informazioni. Non sai cosa ha fatto quella ragazza.”
“Sì, che so cosa è successo. Pensi che non me lo abbia raccontato?” Si avvicinò e le disse sottovoce: “Lei è la donna che porterò a cena”. Sperò che sua madre capisse.
Lei annuì. “Allora dovresti raggiungerla”. Blaise si voltò verso la casa e poi tornò a guardare sua madre.
“Dovresti venire con me. Potresti scoprire che in fin dei conti è una persona meravigliosa e non quello che pensi tu.”

 

Althea annuì gravemente. Non si era sentita una bella persona quando le aveva detto quella frase, ma lei doveva proteggere suo figlio. Però suo figlio voleva la ragazza, scandalo o non scandalo.
“Mamma non credere a ciò che si dice in giro. Se avessi dovuto credere a tutto ciò che sentivo su di te…” Lei annuì ancora.
O Santo Salazar, aveva ragione. E suo figlio era grande abbastanza da decidere cosa fare e con chi stare.
L’unica cosa che poteva fare lei era dargli il suo appoggio o negarglielo.
“Andiamo.”

 

***

 

Hermione si guardava intorno in quel salotto. Ginny camminava avanti e indietro nervosamente. Non le faceva bene. Erano tre giorni che era in quello stato.
Ma la capiva. Si pentì di non averle dato retta prima.
Sospirò e guardò verso la porta che si stava aprendo: la Parkinson era arrivata.

 

Pansy avanzò cautamente nella stanza. Ci aveva messo un’eternità ad arrivare. Voleva schiarirsi le idee prima di affrontare chiunque si fosse trovato davanti. Pensava che il Ministero fosse arrivato per portarla via e non voleva che Blaise potesse subire lo scandalo di un arresto in casa sua. Non durante il matrimonio di sua madre.
Ma quando entrò si trovò di fronte la Granger. E la Weasley.
Non erano venuti per arrestarla. E allora perché loro erano lì?

 

Blaise e sua madre entrarono in soggiorno proprio mentre la strega rossa alzava gli occhi su Pansy. Si avvicinò a lei a passo veloce e pesante e gridò qualcosa. Cosa stava succedendo?

 

Althea guardò quella strana situazione con occhi estranei. Non sapeva chi fossero quelle ragazze. Sì, beh, le aveva viste, salvatrici del mondo magico anni prima, forse. Quando la ragazza rossa si avvicinò a Pansy con in mano una pergamena, pensò che le saltasse addosso, ma si fermò di fronte a lei.
E Pansy non si mosse di un millimetro. Apprezzò tanto quell’atteggiamento.

 

“Parkinson, Santo Merlino, ti decidi a scrivermi e mandi il gufo a casa di mia madre?”
Oh. Aveva sbagliato a scrivere la pergamena?
La sua faccia dovette parlare da sola in quanto si avvicinò anche la Granger che le spiegò: “Hai scritto il suo cognome da nubile e il gufo l’ha portata alla Tana, a casa dei suoi. Se avessi scritto il cognome giusto, lo avrebbe ricevuto a casa…”
Ma la Weasley, no, la Potter, la interruppe: “Lo avrei ricevuto prima! Mia madre non aveva capito quanto fosse importante e non me l’ha data subito!” Sbuffava e starnazzava.
“Mi spiace. Scusami. Volete… sedervi?” Si voltò verso Blaise per cercare approvazione: non era casa sua. Lui si avvicinò e annuì.
”Sì certo, chiamo l’elfo…” lo sguardo della Granger lo zittì. La piccola rossa sbatté il piede per terra.
“Porco Merlino! Ma quale elfo! Abbiamo poco tempo. Mio marito sta morendo!”

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