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Autore: MackenziePhoenix94    02/04/2020    1 recensioni
“E adesso?”
“Adesso reggiti forte”
“Che vuoi fare?”
“Ti fidi di me?” le chiese di getto lui; le aveva già rivolto quella stessa domanda nel corso della notte trascorsa sopra il tetto di casa Anderson e, come in quella occasione, Ginger rispose senza esitare.
“Sono uscita di casa in piena notte di nascosto, ho preso un treno per Cambridge e ti ho appena aiutato a rubare una bici dalla casa di tua madre: pensi che avrei fatto tutte queste cose se non mi fidassi ciecamente di te, Syd Barrett?”.
Le labbra del ragazzo si dischiusero in un sorriso.
“Allora reggiti forte, perché stiamo per prendere il volo”.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Pronto?”

“Buongiorno, signora Anderson. Scusi se la disturbo, Ginger è in casa?”

“Sì, è fuori in giardino, vuoi che vada a chiamarla?”

“Gliene sarei grato, signora Anderson. Può dirle che si tratta di una emergenza?”

“Glielo riferisco subito, tesoro. Attendi in linea” Pamela posò la cornetta del telefono sul mobiletto, passò affianco a Jennifer che stava studiando, seduta sul divano, ed uscì di casa; trovò Ginger sotto il portico, semi sdraiata sul divanetto a dondolo ed intenta a leggere un libro di poesie “vai al telefono subito, c’è una persona per te”

“Chi?” domandò lei senza staccare gli occhi dal libro.

“Uno dei tuoi amici”

“Quale?”

“Non me lo ha detto, ma dalla voce credo che sia il ragazzo alto e magrissimo che se si mette di profilo scompare”.

La ragazza sollevò gli occhi scuri dalle pagine.

“Io e Roger Waters non siamo amici” precisò con freddezza “e credo proprio che mai lo saremo”

“Beh, ad ogni modo quel ragazzo è al telefono e ti sta aspettando per parlare”

“Riguardo cosa?”

“Non mi ha detto neppure questo, ma mi ha raccomandato di dirti che si tratta di un’emergenza”.

Pamela aveva lasciato la porta d’ingresso aperta e Jennifer, dal salotto, ascoltò in silenzio l’intera, breve, conversazione; e quando sentì il nome del bassista del gruppo, le sue labbra si socchiusero, il libro di scuola scivolò a terra e gli occhi si focalizzarono subito sulla cornetta posata sul mobiletto, affianco al supporto.

La ragazzina arrossì e deglutì a vuoto.

Finalmente aveva l’occasione di parlare con lui, proprio con lui: il ragazzo che aveva visto una sera di qualche mese prima in TV e che aveva catalizzato completamente la sua attenzione; l’amico di Rick che ancora non aveva conosciuto di persona, con cui non aveva scambiato una sola parola e che doveva accontentarsi di ammirare, sospirando, sulla copertina di cartone di un disco.

E ora…

Ora quello stesso ragazzo, più grande di lei di dieci anni, a cui pensava spesso, il cui nome era sparso qua e là sulle pagine dei sui quaderni e libri di scuola, era dall’altro capo della cornetta telefonica.

Era lì, proprio lì, a pochi passi di distanza da lei, anche se non fisicamente.

Doveva solo alzarsi dal divano, fare qualche passo, afferrare la cornetta, appoggiarla all’orecchio destro, schiudere le lab…

Ginger prese in mano la cornetta del telefono prima che potesse farlo Jennifer e la spinse bruscamente da parte.

“Non è per te la chiamata. Torna a fare i compiti” le disse in tono busco, con un’occhiataccia; Jen gonfiò le guance, buttò fuori l’aria in uno sbuffo e si risedette sul divano a braccia incrociate, frustrata “pronto?”

“Ginger, ti disturbo?”.

La giovane chiuse gli occhi per un breve istante.

Purtroppo Pamela non si era sbagliata: quello dall’altra parte del telefono era proprio Roger.

“Non lo so. Dimmelo tu se mi disturbi oppure no”

“Ti devo parlare”

“Riguardo cosa?”

“È abbastanza urgente, riguarda Syd”.

A quelle parole, l’atteggiamento di Ginger cambiò completamente.

“Aspetta un solo istante” disse posando di nuovo la cornetta sul mobiletto, per poi voltarsi a guardare la sorella minore “non toccarla assolutamente”.

Dopo quell’avvertimento non troppo velato, Ginger salì velocemente le scale e sparì dietro la porta della camera da letto.

Jen guardò in direzione del primo piano, e quando sentì il tonfo sordo della porta si precipitò subito ad afferrare la cornetta del telefono.



 
Ginger chiuse la porta, si sedette a gambe incrociate sul proprio letto e tirò su la cornetta del suo telefono personale.

“Eccomi” disse “adesso posso parlare in assoluta libertà, lontana da orecchie indiscrete. Di che emergenza si tratta? Che cosa è successo a Syd?”

“Prima di tutto… Come stai?”

“Mi stai davvero chiedendo come sto? Proprio tu?

“Entrambi sappiamo molto bene la gravità di quello che è successo a Formentera, ecco perché ti ho fatto questa domanda”

“Come sto io o come stai tu non ha alcuna importanza adesso, quello che conta davvero è come sta Syd. Perché hai detto a mommy che mi devi parlare con urgenza? Che cosa gli è successo? Quanto è grave la situazione?” chiese allarmata la giovane, pensando subito al peggio; già poteva vedere Syd ricoverato d’urgenza in ospedale a causa di gravi ferite auto inflitte, perché quando perdeva il controllo diventava un pericolo tanto per gli altri quanto per sé stesso.

Ginger temeva che prima o poi sarebbe arrivato a buttarsi giù da una finestra per scappare dai vermi o da chissà quali altre creature che solo lui era in grado di vedere.

“Per il momento nulla, ma per il resto non posso assicurartelo… Dipende tutto da come lui reagirà”

“Che vorresti dire?” Ginger corrucciò le sopracciglia “Roger, potresti essere più chiaro? Non ho capito nulla”

“Se tra poco passo a prenderti, vieni con me a parlare insieme a lui? Lungo il tragitto ti spiego tutto, adesso è troppo complicato farlo per telefono. Allora? Ci stai?”

“Sì, ma…”

“Ci vediamo tra dieci minuti. Puntuale. Non abbiamo molto tempo” Waters riagganciò senza salutare e senza dare ulteriori spiegazioni alla rossa, ed a lei non rimase altro che prendere una giacca, la borsa e scendere al piano inferiore in attesa dell’arrivo del bassista; ai piedi delle scale si ritrovò a fare i conti con Jennifer che le sbarrava fisicamente la strada.

“Ho sentito tutto quanto!” esclamò la ragazzina con un’espressione incredula e sconvolta “che cosa sta succedendo a Syd? Sta male? È per questo che non è più venuto qui? E che cosa è successo a Formentera?”

“Ma come ti sei permessa di origliare la mia conversazione telefonica?” gridò in risposta la più grande, avvampando dalla rabbia.

“Ragazze, che sta succedendo? Possibile che alla vostra età dobbiate ancora litigare a qualunque ora del giorno?” Pamela rientrò in casa attirata dalla discussione animata tra le due sorelle adottive, e Ginger non perse un solo istante di tempo per puntare il dito contro Jennifer.

“Ha origliato per tutto il tempo la mia chiamata, quando io le avevo espressamente detto di non farlo!”

“Ginger non vuole dire che cosa sta succedendo a Syd!” esclamò Jen, evitando per un soffio una ramanzina di Pamela “e non vuole neppure dire che cosa è successo quando era in vacanza a Formentera. L’ho sentita parlare al telefono con Roger e… E hanno parlato di Syd. E lui ha anche detto che tra poco passa a prenderla perché devono andare da lui”

“Zitta!” strillò inviperita Ginger, arrossendo ancora di più “non parlare di cose che non ti riguardano! Tu non sai assolutamente nulla di tutto questo! E Syd non sta assolutamente male!”

“Bugiarda! Bugiarda! Bugiarda!” gridò Jennifer pestando i piedi a terra “avere quattordici anni non significa essere stupide! So perfettamente quello che ho sentito al telefono, e voi due avete detto che…”

Basta!” urlò Pamela battendo le mani, zittendo all’istante le due ragazze “piantatela entrambe immediatamente o questa sera andrete a letto senza cena, sono stata abbastanza chiara? Jennifer, per nessuna ragione al mondo devi origliare le conversazioni di qualcun altro, hai capito? Non farlo mai più, altrimenti mi costringerai a punirti in modo molto severo. Chiedi scusa a tua sorella e poi vai di sopra in camera a continuare a studiare”

“Ma… Mommy…”

“Ho detto: chiedi scusa a tua sorella e poi vai di sopra in camera a continuare a studiare. Non farmelo ripetere una terza volta, Jennifer”.

Jennifer corrucciò le sopracciglia ed abbassò lo sguardo sulla moquette.

“Scusa, Ginger” borbottò prima di salire le scale imbronciata.

“Hai fatto bene ad ordinarle di andare in camera. Quella ragazzina diventa sempre più insolente e dispettosa ad ogni giorno che passa”

“Non ho finito con te”.

La rossa si bloccò con la mano destra appoggiata al pomello della porta d’ingresso e si voltò a guardare la madre adottiva fingendo un’espressione sorpresa.

“Che vuoi dire?”

“Non fare la finta tonta, Ginger. Jennifer avrà pure sbagliato, ma anche il tuo comportamento è da recriminare” disse la donna incrociando le braccia “di che cosa avete parlato tu e Roger al telefono?”

“Nulla d’importante”

“Nulla d’importante, dici? E perché lui aveva così fretta di parlare con te? Perché mi ha detto di dirti che si trattava di un’emergenza? Perché Jennifer lo ha sentito dire che tra poco passerà a prenderti? E cosa è successo a Formentera? Quando sei tornata a casa mi hai assicurato che era andato tutto bene”

“Infatti è andato tutto bene” confermò la rossa con un’espressione impassibile, nonostante avesse i palmi delle mani appiccicosi e sudaticci “sono stati dieci giorni stupendi e ci siamo tutti divertiti moltissimo”

“Se non vuoi dirmelo tu, allora lo chiederò a Roger non appena arriverà”

“Non farà altro che ripeterti le mie stesse parole”

“Ginger, ti ricordo che leggo anch’io i giornali” mormorò Pamela, facendo riferimento all’articolo che aveva mostrato alla figlia maggiore il giorno prima della sua partenza per Formentera “e se né tu né Roger volete raccontarmi come è la situazione in realtà, che cosa sta succedendo a Syd e cosa è successo a Formentera, allora chiamerò Richard e chiederò a lui di raccontarmi tutto. Come quando combinavate una marachella da ragazzini, ricordi?”.

Ginger ricordava, eccome.

Quando si cacciavano nei guai, Richard era sempre il primo a svuotare il sacco.

Non riusciva proprio a mentire, era più forte di lui, ce lo aveva impresso nel codice genetico.

Sentì il suono di un clacson, guardò in direzione di una finestra che si affacciava sulla strada e vide la macchina di Waters.

“Ora non posso dirti nulla, ma ti prometto che al mio ritorno ti racconterò tutto. Mi dispiace” mormorò la giovane, scuotendo la chioma fiammeggiante; uscì di casa e salì in macchina quasi correndo, in modo che Pamela non potesse bloccarla per avere le risposte che aspettava da troppo tempo.

Ginger si chiese se, per la prima volta nella sua vita, stesse deludendo la donna che l’amava più profondamente e teneramente di una madre, ma preferì non darsi una risposta; sistemò la borsa sui sedili posteriori ed emise un profondo respiro.

Forse anche i suoi nervi stavano iniziando a cedere.

“Ti avevo chiesto di uscire ed essere puntuale”

“Ti prego, non iniziare”

“Ti avevo…”

“Lo so cosa mi avevi chiesto. So benissimo cosa mi avevi chiesto, ma mia sorella ha avuto la brillante idea di ascoltare la nostra conversazione ed ha spifferato tutto a mommi… E adesso mommi pretende delle spiegazioni da parte mia, quindi potresti farmi il fottuto favore di spiegarmi che cosa sta accadendo adesso? Perché stiamo andando da Syd? Che cosa dobbiamo fare? Cosa gli è successo?”

“Vuoi davvero sapere che cosa è successo?”

“Sì, cazzo, credo di avere tutto il diritto di sapere che cosa sta succedendo” disse Ginger a denti stretti “voglio sapere che cosa mi state nascondendo da tempo, e non provare a dirmi ancora una volta che non è così perché ormai so per certo che c’è qualcosa che non volete assolutamente dirmi”.

Roger accostò la macchina vicino al marciapiede e si voltò a guardare la giovane negli occhi; aveva ancora un taglio in fase di guarigione sulla guancia destra.

“Vuoi che te lo dica nel modo più delicato possibile o vuoi che sia diretto?”

“Voglio che, per una buona volta, qualcuno mi dica le cose come stanno. Punto e basta”

“Syd ha il cervello completamente bruciato dall’LSD” tagliò corto il bassista senza tanti giri di parole, esponendo la realtà nuda e cruda per quello che era.

Ginger incassò il colpo deglutendo a vuoto e sbattendo più volte le palpebre.

Non era una stupida, non era un’ingenua, aveva capito da tempo che dietro i comportamenti scostanti e violenti di Syd doveva esserci per forza un abuso di sostanze stupefacenti, ma fino a quel momento tutto ciò era sempre stato solo una vaga idea alla quale non aveva mai voluto dare una forma concreta.

Sentirselo dire in faccia da un’altra persona era uno schiaffo che toglieva il respiro.

“Come…?” domandò senza terminare la frase, aveva la mente troppo offuscata per formulare una frase di senso compiuto.

Continuava a pensare che era impossibile, tutto quello era impossibile, perché strideva terribilmente con l’immagine che aveva in testa del ragazzo che aveva conosciuto un paio di mesi prima, con cui aveva trascorso una notte magica a Cambridge e con cui aveva fatto l’amore dopo tanto tempo dall’ultima volta; il giovane bellissimo, talentuoso, intelligente, dal sorriso contagioso e dagli occhi luminosi non poteva drogarsi.

Non aveva bisogno di assumere quel genere di schifezze.

“Non lo sappiamo, ma all’inizio la situazione era abbastanza gestibile. Ora non lo è più. Da quando siamo stati in America è stato un continuo sprofondare verso il basso e con la vacanza a Formentera credo che abbiamo toccato il fondo” spiegò Waters accendendosi una sigaretta; Ginger gliela strappò letteralmente dalle dita e la lanciò fuori dal finestrino.

“Puoi farmi il fottuto favore di non fumare mentre stiamo affrontando un discorso così serio e delicato? O proprio non riesci a stare senza una cicca in bocca per un lasso di tempo superiore ai venti secondi?” sbottò stizzita e incazzata; era stizzita con Waters a causa del suo vizio di fumare, ed era incazzata con lui perché le aveva taciuto una grave dipendenza per troppo tempo, e quel silenzio omertoso non aveva fatto altro che aggravarla ulteriormente “quindi avevo ragione a pensare che in America è successo qualcosa, e non siete tornati a Londra in anticipo per colpa di un esaurimento nervoso”

“Abbiamo perso Syd”

“Che vuol dire che lo avete perso?”

“Vuol dire che ha disertato una esibizione per saltare in macchina alla volta di chissà dove e lo abbiamo rintracciato dopo tre giorni, completamente andato. Un’altra volta l’ho trovato nelle stesse condizioni che era all’Alexandra Palace, con lo sguardo fisso nel vuoto e con una sigaretta consumata tra le dita”

“E mi stai dicendo tutto questo solo ora? Dopo mesi e mesi in cui Syd si comporta in questo modo? Quanta droga assume?”

“Non lo so, come posso saperlo io? Non poca e non di rado viste le condizioni in cui si trova”.

Ginger rivolse al giovane un’occhiata fredda e disgustata.

“Ti sembra il caso di fare una battuta simile?”

“La mia non era una battuta, ma la verità. Io sono amico di Syd, non il suo baby-sitter… E non guardarmi in quel modo, cazzo. Tutti fanno uso di qualcosa di tanto in tanto. Tutti si fanno almeno un paio di canne od assumono qualche pasticca, Ginger. Sei tu l’unica a vivere nel mondo delle fiabe” sbottò Roger accendendosi una seconda Marlboro ed assicurandosi di tenerla ben lontana dal raggio di azione della rossa; Ginger intuì che con quel tutti il bassista si stava riferendo in modo implicito anche al gruppo “con questo non sto giustificando la sua dipendenza. Sto solo dicendo che in un primo momento la situazione non ci è apparsa così grave, ma ora è tutta un’altra storia e dobbiamo intervenire in qualche modo”

“E come?” chiese la giovane stringendosi nelle spalle; desiderava ardentemente aiutare il ragazzo di cui si era innamorata, ma non aveva la più pallida idea di come fare e da dove iniziare “cosa possiamo fare a questo punto?”

“Mi sono messo in contatto con il fratello maggiore di Syd, Alan, gli ho spiegato come stanno le cose e l’ho fatto venire qui a Londra. Credevo di trovare un supporto in lui, invece se ne è tornato quasi subito a casa dicendo che Syd stava benissimo e che non aveva visto nulla di strano in lui. Ne ho parlato con il gruppo e con i nostri manager, ed uno di loro ha preso questo” Roger prese il portafoglio da una tasca interna della giacca e porse un bigliettino a Ginger: si trattava di un biglietto da visita su cui era riportata una data ed un orario.

La data corrispondeva proprio a quel giorno.

R.D Laing” lesse la rossa, per poi inarcare il sopracciglio destro “e chi è?”

“Uno psichiatra piuttosto bravo da quello che dicono. Ha lo Studio nella zona a nord di Londra. L’appuntamento è per Syd. Tra poco ha il consulto generale”

“E lui come l’ha presa?”

“È proprio questo il punto” disse Roger con una strana smorfia “lui non sa di avere un appuntamento con uno psichiatra… Tra un’ora e mezza”

“Non lo sa? E cosa aspetti a dirglielo?”

“Parli come se si trattasse di un compito semplice. Secondo te come potrebbe reagire?” domandò il bassista, seccato; fu il turno della giovane di piegare le labbra in una smorfia: Roger aveva ragione, con molta probabilità Syd non avrebbe reagito affatto bene “ecco perché ti ho chiamata, ecco perché ti ho chiesto se potevi venire con me. Forse insieme abbiamo più possibilità di convincerlo a venire volontariamente”

“Avremmo dovuto dirglielo prima, non adesso. Si sentirà un animale braccato in un angolo” commentò a bassa voce Ginger.

Waters aspirò un’ultima boccata di fumo e poi lanciò il mozzicone fuori dal finestrino alla sua destra.

“Ascolta” disse poi “tu non sopporti me, ed io non sopporto te: questo è un dato di fatto, lo sappiamo benissimo entrambi. Ma qui non si tratta di noi, giusto? Si tratta di Syd. E noi, al momento, siamo le persone più vicine a lui e, forse, anche le uniche due in grado di farlo ragionare un po’… Quindi, se vuoi accompagnarmi per fare un tentativo, devi dirmelo ora, in questo stesso momento. A te la scelta: o vieni con me o scendi da questa macchina, che fai?”

“Vengo” rispose Ginger senza la minima traccia di esitazione nella voce “ma non lo faccio per te… Lo faccio per Syd, ovviamente”.
   
 
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