18.
Puttana
Puttana
Lo straccio bagnato assorbe il colore degli insulti, ne distorce le linee sprezzanti fino a cancellarle, ridona forma al banco trasformato in tavolozza del disgusto.
Naruto accarezza il legno umido, l’acqua ha lavato via lo sporco, il segno di quelle matite sprezzanti, ma le macchie indelebili del suo cuore rimarranno dove sono.
Puttana.
Lo sente sussurrare nei corridoi al suo passaggio, è la parola legata al suo nome, come se d’un tratto avesse smesso di essere il compagno di classe rumoroso, il giocatore migliore della squadra di basket, il ragazzo con la passione per il giardinaggio e fosse diventato soltanto Narutolaputtana, il ladro di destini, quello che ha cercato di rubare l’anima gemella di qualcun altro perché possiede una bussola rotta.
Chissà chi sarà il prossimo.
Chissà con chi ci proverà adesso.
Maligne, instancabili, le voci girano, lo raggiungono e lo colpiscono.
E Kurama non è altro che la sua vittima, sedotto e poi gettato via perché non abbastanza o forse per semplice noia e voglia di passare a qualcun altro.
«La sua bussola funziona, perché avrebbe dovuto volerti?»
«Gli hai allargato le gambe finché non ha ceduto.»
Matatabi con i suoi occhi ciechi e le orecchie sorde. Non importa quante volte Kurama l’allontani o la insulti, lei non smetterà di sperare che un giorno le rivolga un sorriso, scaricando su di lui la colpa di ogni rifiuto.
«Sparisci! Devi sparire!»
Sparisci.
Sparisci.
Sparisci.
È quello che vorrebbe. Smettere di esistere per non sentire più quelle voci e il dolore che provocano.
«Ma farei male anche a te, non è vero?»
Naruto accarezza la cicatrice al braccio, sorride nel farlo, e poco dopo sente la sensazione familiare di lui che si muove sotto la sua pelle.
«Non lo farò» sussurra. «Non farò niente di stupido.»
Getta lo straccio sporco nel secchio e guarda il banco immacolato, domani ci saranno nuovi insulti, altri puttana scritti di fretta e con una grafia storta, ma ha promesso di aspettarlo e non si rimangerà la parola data.