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Autore: MadLucy    03/04/2020    0 recensioni
[what if where everything's the same but Harry meets young!Tom Riddle | slightly Tomarry]
A Hogwarts Harry incontra Tom, che non è altro che un bambino che gli assomiglia incredibilmente. Non è Voldemort.
Non ancora.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Secondo anno





Dopo un fortuito incontro sulla soglia della biblioteca, Draco Malfoy li stava deridendo per la scarsa qualità di ogni possedimento della famiglia Weasley, gufo compreso, quando Tom Riddle spuntò da dietro un angolo, calato in qualche pensiero serioso, sottobraccio un libro (era l'unica persona, oltre a Hermione, che Harry fosse abituato a vedere quasi esclusivamente con un libro al seguito). 
«Diglielo anche tu, Riddle, che hanno la sfiga addosso» rincarò Malfoy, con un sorriso complice che Tom non intercettò. Invece prese posto al tavolo della biblioteca, le sopracciglia scolpite in un'espressione di risoluta indifferenza, e aprì il libro mettendosi a studiare. Harry pensò che lo stava facendo perchè molti di quelli sberleffi avrebbero potuto essere rivolti a lui stesso senza problemi: indossava e possedeva solo roba usata, anche se in buone condizioni grazie all'ordine e alla scrupolosità che contraddistinguevano Riddle ben più di Ron, il che faceva pensare che non appartenesse ad una grande casata illustre. Ma Malfoy non se la prese per quella presa di posizione oppositiva, si limitò ad accentuare il sorriso con imbarazzo, disorientato, e uscire dopo aver esibito un ultimo ghigno all'indirizzo di Ron. Dopo che Hermione ebbe raccolto i libri che le servivano, Harry lasciò che gli amici lo precedessero nell'avviarsi alla Sala Comune, e si trattenne qualche minuto in più. 
«Grazie per non avergli dato corda» buttò lì semplicemente, in piedi accanto alla sedia dove Riddle sedeva. Non sapeva proprio perchè, ma sentiva il bisogno di gratificarlo. Forse perchè, nonostante sembrasse non solo accettare ma caldeggiare il proprio stato con stoicismo, era sempre solo. Era un Serpeverde atipico. Di solito erano i timidi Corvonero i lupi solitari: quelli della sua Casa prediligevano i branchi. Harry lo capì, dicendogli poche parole. A stargli accanto anche solo per un momento si percepiva qualcosa che teneva gli altri previdenzialmente a distanza. Dietro quello stoicismo risiedeva, profondo, un marchio di inoppugnabile, repulsiva scontentezza. Ma Harry conosceva troppo bene l'infelicità per averne paura come di una malattia contagiosa.
Come aveva fatto quella volta l'anno precedente, Riddle non alzò la testa dalle pagine. «So quello che dicono di me alle mie spalle» mormorò, quando Harry ormai aveva perso le speranze per una risposta. «Non lo fanno in faccia perchè hanno paura.»
«Pensavo ci andassi d'accordo» mentì Harry. In realtà, era alla ricerca di un perchè. 
«Sono dei deboli» sentenziò Riddle con leggerezza. «Se sei venuto per dire qualcosa, dilla.»
Harry improvvisò. Le parole gli uscirono quasi di bocca, senza che potesse riflettere su quanto Ron e Hermione potessero essere d'accordo. «Ti va di venire al parco con noi domani pomeriggio? Non facciamo niente di che, un giro al Lago, andiamo a trovare Hagrid.»
Si ritrovò a sperare sinceramente che Riddle acconsentisse, ma era un passo più lungo della gamba. Nonostante ciò, non fu nemmeno un'offesa abbastanza bruciante da spingerlo a distogliere lo sguardo dal libro. 
«Il fatto che non mi vada di accompagnarmi a Malfoy e i suoi non significa che voglia accompagnarmi a te e i tuoi, Potter. Adesso raccogli la tua pietà e vattene.» Harry rimase ad osservarlo ancora per qualche istante prima di obbedire. Le lampade ad olio della biblioteca gettavano un riverbero di rame sui suoi capelli bruno-nerastri, lucidi come l'ala di uno scarabeo. Pietà non era esatto: era tenerezza quella che lo invadeva. Gli sembrava di vedere una specie di sè, attanagliato dalle angherie di Dudley, senza Ron e Hermione, e in più con un brutto carattere da trascinarsi dietro come una zavorra. 
La volta seguente era stata in una delle serre non in uso per le lezioni. Harry era lì per recuperare un ingrediente per la Pozione Polisucco, quando scoprì che qualcuno aveva già avuto l'idea di praticare attività illegali nello stesso posto. Riddle era seduto su una cassa e teneva sulle ginocchia, arrotolato alle gambe e alle braccia, un grosso serpente. Era troppo tardi per arretrare: Tom alzò la testa e lo vide. Parve allarmato nel suo solito modo aggressivo, come un animale sulla difensiva. 
«Che cosa stai facendo?» chiese Harry. 
«Gli affari miei» replicò Riddle innervosito. Non sembrava qualcosa di cattivo: il serpente gli lambiva le dita facendo scattare la lingua. Il ragazzino ne carezzò la testa. «Mi appartiene. Si chiama Nagini. Devo tenerla nascosta, però lei vuole uscire ogni tanto.»
«Perchè non hai scelto un altro animale?»
«Non è una questione di scelta. Noi abbiamo un legame» precisò Riddle, stizzito. 
Harry sorrise nel ricordare qualcosa. «Anch'io ho parlato con un serpente, il giorno del compleanno di mio cugino. Era nato in cattività e-»
«Non mi interessa.» Però il viso di Riddle parve attraversato da un'ombra di sospetto e curiosità. «Vedi di non dirlo a nessuno, altrimenti so dove trovarti.» Anche Nagini lo spiava torva dal grembo del suo padrone. Harry mantenne il segreto, persino con Ron e Hermione. Gli piaceva l'idea di aver conquistato un frammento di confidenza e ci teneva a rispettarlo. 
Poi una sera, rincasando dalla sala comune, udì di nuovo la voce. Rincorrendola a ritroso nei corridoi, s'imbattè, guarda caso, in Riddle, che come lui aveva tutta l'aria di ripercorrere un filo d'Arianna, e lo fissò con lo stesso sbalordimento. 
«Lo senti anche tu?» si stupì Harry. 
Sembrò seccato dall'insinuazione. «Sì, non sono sordo.»
Fu un bel sollievo. «Oh, grazie al cielo! Pensavo di essere pazzo.»
«Non balbettare» lo apostrofò Riddle. Harry stava per precisare che non balbettava affatto. «Perchè tu lo senti? Non sei nemmeno un Serpeverde.» Il suo tono era accusatorio e diffidente. 
«Non lo so!» protestò Harry, che avrebbe di gran lunga preferito non sentirlo e non accettava di doversene fare una colpa. «Dovresti essermi grato, sono la prova che non sei pazzo nemmeno tu.»
Riddle bofonchiò qualcosa. Non sembrava aver mai preso in considerazione questa possibilità. Allora fu Harry a insospettirsi. 
«Non è che sei tu l'erede di Serpeverde e mi pietrificherai?»
Riddle gli dedicò un'occhiata di desolato disprezzo, per fargli capire appieno quanto fosse stupido ciò che aveva detto. «No, non sono io.» Si avvertiva una certa delusione nella sua voce. «O se lo sono, non si è manifestato nessun segno per dimostrarmelo.»
«Oh, che peccato. Tutti impazziscono all'idea di essere visitati dallo spirito del vecchio Salazar che fa di te il suo erede ammazza-nati-babbani» ironizzò Harry.
Riddle roteò gli occhi al soffitto, esasperato. «Come sempre non cogli il punto, Potter. Comunque mi sa che è ora di tornarsene a letto. Non voglio essere messo in punizione perchè bazzico con te come succede a tutti i tuoi tirapiedi.»
«Io non ho tirapiedi, ho solo amici!» puntualizzò Harry. 
«Chiamali come ti pare.» Per la prima volta vide il suo sorriso, che si sarebbe potuto anche definire ghigno: superbo, sdegnoso e pungente. Ma Harry preferì considerarlo un sorriso. 
L'ultima volta che Harry aveva visto Tom era stato al banchetto di fine anno. Lui mangiava sempre poco, con aria distratta e concentrata al comtempo, la mente di certo altrove. Questa volta fu Tom stesso a cercarlo.
«Incredibile ciò che hai fatto là sotto, Potter. Sconfiggere un Basilisco non è affare da tutti.» La sua voce era contegnosa, come se volesse in un certo senso trattenere o attenuare quel complimento. 
«Come facevi a sapere che era un Basilisco?» La notizia era rimasta perlopiù nascosta, per non alimentare la cattiva impressione di Hogwarts che le famiglie si erano fatte in quei mesi. 
«Non sono completamente ottuso come pensi» lo liquidò Tom. «Quel diario... era davvero legato a Voldemort?» C'era un che di avido nella sua voce.
«Sì» ammise Harry. «Ma ora è stato distrutto.»
«Doveva essere un oggetto di incredibile potere. Mi sarebbe piaciuto esaminarlo prima che ciò accadesse» deprecò. 
I pasti si avvicendavano sulle grandi tavolate, i bicchieri si riempivano senza sosta, le luci danzavano ovunque e il soffitto atmosferico mostrava la nottata più ricca di stelle che si fosse mai vista.
«La magia è meravigliosa» si lasciò sfuggire Harry, sospirando. Gli sarebbe mancato tutto ciò durante l'estate. 
«Non c'è niente di meglio della magia» lo corresse Tom, ma lo fece rabbiosamente, come se precisarlo lo facesse soffrire in qualche modo. 
«Non sei contento di tornare a casa, vero?» intuì Harry. 
«Non ho nessuna casa» lo contraddisse Tom con durezza. «Sono in un orfanotrofio.» La sua voce ambiva all'imperturbabilità, senza successo.
«Mi dispiace molto» si limitò a dire Harry, senza lasciar trapelare della pericolosa e offensiva compassione. Non era sorpreso nel sentirlo. «Ma anche le case non sono sempre bei posti.»
«So tutto di te, Potter» lo interruppe Tom. Lasciò trascorrere qualche istante di silenzio, in cui osservarono la Sala Grande insieme. «La strada più difficile sarà quello che ci renderà ciò che saremo» concluse. Difficile capire qual era il sentimento che lo dominava in quel momento. 
«Ma non dobbiamo farci condizionare per forza. Possiamo decidere chi diventare» gli fece notare Harry. Il mago che era a Hogwarts aveva dimenticato, o almeno archiviato, il passato di Privet Drive come qualcosa che non gli era mai appartenuto davvero, e che gli faceva solo apprezzare di più ciò che aveva ora. 
«Forse.» Un sorriso sibillino e quasi sognante aleggiava sulle labbra sottili e diafane di Tom. «Io credo di avere già le idee chiare.»








 
  
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