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Autore: NyxTNeko    05/04/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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24 aprile

Con il passare dei giorni i Buonaparte si erano resi conto che la loro posizione era diventata sempre più critica, avevano ricevuto numerose minacce di morte. I sostenitori erano pochissimi ormai, persino all'interno della Guardia Nazionale corsa, Napoleone non poteva contare su quel rispetto che aveva conquistato, con grande fatica e tempo e che, rapidamente, si era dissolto.

Al contempo Paoli stava guadagnando maggior terreno e sempre più famiglie volevano appoggiarlo, desiderose di ottenere approvazione e ricchezza. Soprattutto quei clan che erano vissuti all'ombra di altri dominanti, come i Buonaparte, appunto. La loro debolezza divenne la loro forza e  permise ad ognuno di ottenere quel prestigio a cui bramavano da generazioni. Gli inglesi, ovviamente, alimentarono queste guerriglie, in modo da potersi guadagnare la fiducia dei corsi e, di conseguenza, sostituirsi abilmente ai francesi, una volta cacciati.

Luciano, vedendo una simile situazione, decise di imbarcarsi per la Francia, in particolare nelle zone tra Marsiglia e Nizza, lì aveva coltivato molte conoscenze e avrebbe trovato ospitalità. Aveva proposto la fuga anche agli altri, ma sia Giuseppe, sia Napoleone avevano categoricamente rifiutato tale possibilità. Il capofamiglia perché voleva cercare di aggiustare la faccenda in maniera diplomatica, infatti si era messo in viaggio per Bastia, a parlare con i commissari, tra cui Saliceti, e successivamente avrebbe raggiunto Corte per discutere con Paoli in persona.

Il secondo, invece, ribadì il suo diniego per orgoglio, per una questione di onore. Non voleva passare per il codardo che non era, pur sapendo che un simile atteggiamento avrebbe coinvolto enormemente il resto della famiglia. A differenza sua, gli altri corsi conoscevano solamente la legge dell'isola, la vendetta, la distruzione, la faida. Erano rimasti fermi al Medioevo, mentre il mondo era andato avanti.

- A volte è più onorevole fuggire dignitosamente che farsi ammazzare come stupidi - gli disse Luciano qualche giorno prima della partenza, cercando di convincerlo, ciò che suscitò fu solo la rabbia del fratello.

- Ora mi fai anche la predica? - sbraitò ferocemente Napoleone, si sporse minacciosamente in avanti - Tu che hai provocato tutto questo, osi proporre a me di scappare come un vigliacco? Non lo farò, caro il mio Luciano! - Aveva tentato di nascondere il risentimento che provava per il fratello minore e per un po' di tempo era riuscito persino a perdonarlo. Quel tono altezzoso, però, quell'insinuazione, come se la causa di tutto fosse la sua, avevano fatto riemergere quel rancore assopito.

- Allora permetti che almeno i restanti componenti possano esprimere la loro decisione - sbottò Luciano, non meno caparbio di lui, guardandolo negli occhi  fiammeggianti, tipici di chi non è capace di ammettere un'opinione diversa dalla propria.

- I restanti componenti non si muoveranno di qui e non si discute! - sputò velenoso Napoleone, punzecchiato da l'aria di sfida di Luciano. Sbatté la mano sul tavolo di legno con una forza inaudita.

Il fratello comprese che stava nuovamente perdendo il controllo, eppure non riuscì a tenere a freno la lingua e gli rispose a tono, ricordando come destabilizzarlo - Tu non sei il capo! Non hai alcun diritto di decidere della vita degli altri!

Napoleone fu scosso da un fremito d'ira incontrollabile, il senso di inferiorità che provava nei confronti di Giuseppe era il suo tallone d'Achille. Ciò che lo fece inferocire maggiormente fu che Luciano lo sapeva benissimo, in quanto molte volte glielo aveva confessato. Nonostante ciò, non permise all'ira di fargli perdere totalmente la lucidità e replicò - Giuseppe la pensa come me, perciò non hai nient'altro a cui aggrapparti, fratello - Dopodiché si alzò bruscamente e andò nella sua stanza, dove si mise a controllare che le armi fossero a posto. Permise a Luciano di fare quello che voleva, purché non coinvolgesse il resto dei Buonaparte.

27 aprile

Giuseppe, dopo averci riflettuto nuovamente, comunicò di dover andare urgentemente a Bastia, Napoleone avrebbe voluto seguirlo, per poter parlare di persona con i diretti interessati e capire come agire. Per un istante fu tentato, per non dire consumato, dal desiderio di chiederglielo, il primogenito lo lesse nello sguardo, conoscendo la sua natura. Quando il minore gli ricordò che spettava a lui occuparsi della famiglia, durante la sua assenza, rimase particolarmente colpito, non si aspettò quella risposta. Napoleone riusciva sempre a stupirlo.

3 maggio

Napoleone, nei giorni che seguirono, era rimasto rintanato a casa, assieme agli altri, sempre accorto, le armi alla portata di mano, proprio per evitare che i paolisti potessero scagliarsi sui membri della famiglia più deboli. Il suo pensiero, però, era rivolto spesso a Giuseppe, si chiedeva come stesse, se fosse riuscito ad arrivare a Bastia senza alcun intoppo, non gli aveva ancora scritto, e se stesse parlando con i commissari. Moriva dalla voglia di stare al suo fianco, di poter ascoltare con le sue orecchie quei discorsi e di parteciparvi attivamente, dimostrando le sue abilità, tra lo stupore e l'ammirazione generale.

Invece era lì, ad Ajaccio, ancora una volta escluso da qualcosa, che fosse un evento importante o no. Il dover difendere la madre, le sorelle e l'ultimogenito Girolamo, non era di certo un lavoro ingrato, né una costrizione, anzi, era uno dei compiti fondamentali del capofamiglia proteggere il nucleo familiare. Ma non era nato per stare fermo tra quattro mura, lui aveva il fuoco dentro, inestinguibile,  doveva combattere, lottare e vivere sui campi di battaglia, come un leone.

Letizia aveva percepito l'insofferenza del figlio, seppur quest'ultimo si sforzasse di non mostrarla, a volte parlando e smorzando con ottimismo l'atmosfera lugubre, a volte chiudendosi nella sua stanza a leggere. Per questo decise che era arrivato il momento di parlare a quattr'occhi con lui, lo afferrò per il braccio e lo fece sedere sulla poltrona - È successo qualcosa? - domandò il ragazzo dopo essersi accomodato.

- Dovrei essere io a farti questa domanda, Nabulio - rispose la madre, piantò gli occhi chiari contro i suoi - È inutile che fingi, so benissimo che vorresti essere a Bastia con Giuseppe, ti conosco bene...

Napoleone spalancò leggermente gli occhi, sorpreso dalla sua perspicacia e scoppiò a ridere, dicendo tra sé che non avrebbe dovuto stupirsi di ciò, in quanto era sua madre - Non vi sfugge nulla, giusto? - ridacchiava ancora, si aggiustò alcuni ciuffi di capelli ribelli sulla fronte - Sì, mi piacerebbe molto, ma chi vi difenderebbe dai malintenzionati se io partissi? Girolamo è troppo piccolo e voi siete tutte donne - poggiò le braccia sulle gambe magre e sospirò - Se solo ci fosse Luigi...

- A quanto pare sottovaluti tua madre, Nabulio - sibilò la donna sorridendo furbetta - Non credevo avessi dimenticato del mio contributo alla battaglia del Ponte Nuovo, eppure eri assieme a me, in grembo, ma pur sempre con tua madre

- Non penso si possa dimenticare qualcosa di simile, ancora oggi ne parlano - bofonchiò Napoleone a denti stretti, i suoi occhi saettavano lungo la stanza, alla ricerca di un punto di cui focalizzare l'attenzione. Sua madre era davvero convinta di poter fermare un manipolo di uomini armati semplicemente ricordandogli questo? "No è assurdo" trattenne una risatina nell'immaginare la scena. "E se invece non lo fosse?" ipotizzò, involontariamente si morse l'unghia del pollice "Forse non è così assurdo come penso".

Letizia osservava le sue azioni e il continuo mutare delle espressioni sul viso del figlio, passava dalla velata contemplazione, all'illuminazione improvvisa, alla turbata indecisione. Il volto era lo specchio della sua mente. Restava in silenzio, preferiva non disturbare il flusso dei pensieri che attraversavano quella testa, al pari di un fiume. Il suo Nabulio era sempre stato riflessivo e metodico, anche quando sembrava agire d'istinto.

Lo vide incrociare le braccia e appoggiarsi sullo schienale - Quindi sareste in grado di resistere fino al nostro ritorno? - chiese Napoleone più per sicurezza che per dubbio. Sua madre aveva dimostrato di essere un osso duro, ricordava di come metteva in riga persino il marito, controllando che non avesse abusato troppo del denaro a disposizione.

Letizia annuì sicura - Per cui vai sereno a Bastia, Nabulio - affermò infine la donna, contemplando nuovamente il figlio dalla testa ai piedi, notando quanto fosse diventato affascinante senza rendersene conto, nemmeno l'aria trasandata, poco curata, riusciva a nascondere la finezza dei lineamenti e la delicatezza delle membra  - Non scordare, inoltre, che c'è mio fratello Giuseppe, vedrai che non accadrà nulla

Napoleone annuì a sua volta, si era completamente dimenticato dello zio, del suo maestro, come aveva potuto rimuoverlo dalla testa? Si diede un colpo in fronte, si alzò dalla poltrona e si diresse verso la cucina - Mi raccomando, se dovesse succedere qualcosa e lo zio non dovesse farcela a tenerli buoni, mandatemi una lettera ed io tornerò immediatamente indietro, devono solo permettersi di torcervi un capello e non avrò pietà, chiunque esso sia - mentre diceva ciò stringeva i pugni fino a far diventare bianche le nocche.

Prese il minimo indispensabile per il viaggio, si avviò alla piccola scuderia e preparò il cavallo. Teneva ben strette le sue armi, scrutando circospetto l'ampio spazio aperto, il cuore gli batteva all'impazzata, aveva paura, non per sé, quanto per la sua famiglia "E se avesse detto questo solo per accontentarmi?" Per un attimo sentì l'impulso di rinunciare alla meta e di restare lì a vegliare fino al ritorno del fratello maggiore. Non appena vide la madre dalla finestra incoraggiarlo nuovamente con la sua solidità d'animo, si fece forza, ingoiò la saliva, poggiò il piede sulla staffa e balzò sul suo destriero.

Si voltò all'indietro e si ritrovò le sorelline che lo salutavano e da Girolamo che, incuriosito dal cavallo, lo accarezzava sul muso - Fate i bravi - raccomandò con tono paterno - Altrimenti poi quando torno sarò costretto a mettervi in punizione e voi non volete giusto? - ammiccò complice, ripetendo la tipica frase della madre.

Quelli risero gioiosi - Tornerai presto, non è vero? - esordì dolcemente Elisa. Aveva compreso che la faccenda era più seria del previsto se persino lui doveva andarsene in fretta.

Napoleone la guardò e ciò le valse come risposta - Ci vediamo - diede un colpo di sperone al cavallo e si allontanò, sollevando della polvere da terra. Era pomeriggio e il sole stava calando lievemente sull'orizzonte.

Bocognano

Il giovane Buonaparte raggiunse la  piccola cittadina quando era calata la notte, era buio pesto, non si vedeva nemmeno la strada che stava percorrendo. Il cavallo schiumava leggermente, stanco della lunga e tortuosa cavalcata. Non appena erano usciti da Ajaccio, in effetti, avevano dovuto attraversare parte della lunga catena montuosa che collega l'isola da nord a sud, oltre alle fitte foreste. Anche lui era stranamente affaticato, ciò era dovuto probabilmente alla continua allerta, era a conoscenza dell'abilità delle bande paoliste di nascondersi nei posti più impensabili e aveva la netta sensazione di essere seguito.

Tuttavia non se la sentiva di proseguire ulteriormente il cammino senza riposare, per cui prese la decisione di fermarsi in quel villaggio. La sua famiglia aveva tenuto, molti anni addietro, una casa lì, perciò, pensò che i contadini che vi abitavano non gli avrebbero negato il brevissimo soggiorno.

Avvistò alcune luci provenienti dalle abitazioni e s'inoltrò per chiedere alloggio, quando venne assalito da un gruppo di paolisti, armati di torce con le quali spaventarono il cavallo, che nitrì. 
Circondarono Napoleone, il quale si sentì spaesato nel vedere tutte quelle lame luccicanti attorno. Quell'esitazione non lo aiutò: lo presero da dietro, per le spalle, impedendogli di difendersi con qualsiasi mezzo. Lo condussero in una squallida e spoglia casupola non molto lontana dal punto in cui era stato catturato e lo legarono alla sedia, dopo averlo calmato assestandogli alcuni calci allo stomaco.

- Un Buonaparte! - tuonò soddisfatto il capo della banda, un uomo mastodontico, che si era abbassato con la lanterna per vederlo meglio - E che Buonaparte, il militare! - ridacchiò quello - Credo che dovremmo dirgli un paio di cosette da parte del Patriota

- Sì e poi lo uccidiamo - emise un suo compare alla destra, per terrorizzarlo.

Napoleone lo fulminò con lo sguardo e provò a liberarsi dalla corda dimenandosi - Se solo non fossi legato in questo momento...

- Che cosa ci faresti? Sentiamo un po'? - lo schernì un altro, che stava testando la lama di un pugnale sul suo dito, e gliela puntò al collo - Non sei nelle condizioni di provocare nessuno...

Quell'arroganza, colma di strafottenza, gli fece rimembrare i terribili momenti passati all'accademia tra insulti, risatine e scherzi di pessimo gusto. Si rabbuiò improvvisamente - Non vi conviene provocarmi, se ci tenete ad uscire vivi da qui! - digrignò i denti furente.

- Ah sì? Vedremo - fece il capo banda che con un gesto della mano autorizzò il suo gruppo a picchiarlo per farlo tacere e ammansirlo. Non potendosi difendere a Napoleone non restò altro che incassare passivamente calci, pugni, sputi, uno di quelli, seduto sul tavolo di fianco alla sedia, lo fece addirittura cadere a terra con il piede, suscitando l'ilarità generale.

In cuor suo il giovane Buonaparte bolliva, si mordeva le labbra, celando le lacrime di rabbia, non poteva fare molto in quelle condizioni, senza contare la stanchezza che gli era penetrarta fin nelle ossa. Gli girava la testa, gli faceva male la guancia e parte della mascella a causa della botta. Tossì insistentemente, sputò a terra un misto tra saliva e sangue.

- Basta così - ordinò infine il capo banda - Penso che ne abbia avute abbastanza per il momento - ridacchiò questi. Lo prese da terra e lo risistemò, nonostante i colpi ricevuti non era così malridotto - Vedo che ti sei ammutolito

Napoleone alzò gli occhi glaciali e lo fissò ostile, in silenzio, il capobanda provò una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco, nell'incrociarlo, non capendo cosa di quel ragazzo lo spaventasse così tanto. Sicuramente erano le ombre sinistre che la luce della candela formava sul suo viso, rifletté. Distolse lo sguardo da lui e si rivolse ai suoi compagni - Non dobbiamo ucciderlo, anche se mi verrebbe voglia di farlo io stesso, ne va della nostra parola con Paoli e del nostro codice d'onore

- Avete anche un codice? Non fatemi ridere - sbeffeggiò Napoleone nell'udire quel discorso senza capo né coda, spostò le iridi da destra a sinistra - Se foste gente d'onore mi avreste affrontato lealmente, non di certo attaccato alle spalle tutti insieme, voi non sapete nemmeno cosa significhi la parola onore!

Un paolista alzò il pugno contro di essi - Taci traditore! - il capobanda lo fermò e lo invitò a fare silenzio. Aveva udito il vociare proveniente dall'esterno.

- Lo hanno portato sicuramente tra queste case abbandonate - Irruppe nel covo dei paolisti quasi mezzo paese e trovò il povero Napoleone legato alla sedia, ancora vivo, seppur ferito, assieme al gruppo di manigoldi - Eccolo, meno male!

Napoleone approfittò del caos generatosi per prendere un coltello dalla mano del paolista accanto a lui, era riuscito a liberare parte del braccio e tagliare accortamente la corda, senza cambiare espressione.

- Non vi avvicinate oppure è la fine per voi! - gridò il capobanda, sguainando la sciabola, i suoi compari, contemporaneamente, preparono le pistole - Buonaparte è nostro prigioniero, non sono affari che vi riguardano

Il contadino, per nulla intimidito, gli mostrò il fucile carico e glielo puntò - E invece sì, i Buonaparte avevano dei possedimenti qui e senza di loro non avremmo delle case dove vivere, né da mangiare, se non ve ne andate chiamiamo i gendarmi...

- Il mio pugnale! - urlò il paolista non appena si accorse di averlo perso. Napoleone tagliò l'ultimo pezzetto di corda e si liberò, balzò agilmente dalla sedia e gli mollò un sinistro al mento, ghignò compiaciuto.

- Brutto figlio di - emise quello barcollando all'indietro, si poggiò ad un compagno per non cadere. Stava per lanciarsi addosso quando il capobanda gridò - Andiamo via, sono troppi, non ce la facciamo, ma non finisce qui Buonaparte, sei stato solo fortunato ad avere tanti uomini al tuo fianco... - I contadini sbarrarono loro la strada, tuttavia questi si buttarono dalla finestra opposta, incuranti del vetro, e scapparono, nascondendosi tra i cespugli.

- Vi ringrazio - sussurrò Napoleone stanchissimo - Se non foste venuti, chissà che ne sarebbe stato di me - ridacchiò amareggiato.

Un altro contadino gli mostrò il cavallo - Lo abbiamo trovato davanti la vostra vecchia abitazione di famiglia, nonostante lo spavento non è scappato - gli riferì umilmente questi, porgendogli le briglie.

Napoleone le prese e accarezzò il manto del suo indomito destriero dolcemente - Potrei rifocillarmi nel vostro villaggio stasera? - chiese cordialmente - Va bene qualsiasi luogo, anche la stalla - precisò infine non volendo creare altri disturbi.

I contadini si mostrarono davvero cordiali e gentili con quel giovane ufficiale, non solo lo ospitarono, gli curarono perfino le ferite, gli diedero da mangiare, lo accudirono al pari di un figlio, essendo molto giovane. Per quella notte Napoleone poteva stare tranquillo, i paolisti non lo avrebbero disturbato e poteva contare sulla loro lealtà e il loro incredibile coraggio "Allora è rimasto qualche corso sano di mente" sbadigliò vinto dal sonno e, non appena si sdraiò sull'umile letto di paglia, crollò. 


 

 

   
 
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