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Autore: NyxTNeko    12/04/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Calvi, Maison de la Gendarmerie, 23 maggio

Napoleone era riuscito ad arrivare in una delle città apertamente schierate dalla parte di Saliceti, alcuni giorni dopo essere stato catturato da quei paolisti che lo avrebbero sicuramente ucciso, se non fossero interventi quei contadini rimasti fedeli alla famiglia Buonaparte. Il suo umore non era dei migliori, non era adirato, nemmeno nervoso, quanto meno deluso, amareggiato per la situazione che si stava andando a creare in Corsica.

Se c'era qualcuno realmente allarmato per le sorti dell'isola era sicuramente lui, non certamente Paoli, di cui importava solamente detenere il potere al pari di un sovrano assoluto. "Possibile che i corsi non capiscano? Forse sono davvero così ciechi da non vedere la morsa che li sta stritolando?" s'interrogò, mentre si massaggiava le tempie.

Ajaccio, 10 maggio

Subito dopo essere stato liberato Napoleone era tornato nelle vicinanze di Ajaccio, qui informò alcuni suoi alleati, i parenti, tra questi lo zio Giuseppe Fesch, di progettare la fuga per il resto della famiglia - Mi raccomando dovete essere discreti e silenziosi, nessuno deve accorgersi della vostra fuga

- E tu cosa farai nipote? - gli domandò lo zio attirandolo a sé, lo aveva visto arrivare dinnanzi ad una delle piccole chiesette fuori città, agitato e irriquieto come poche volte in vita sua. Era spaventato da qualcosa che solo lui riusciva a vedere. Indossava un lungo e pesante mantello fin sotto al naso, seppur facesse caldo, e il cappello, che gli nascondevano gran parte del viso.

- Io mi unirò alle bande di Saliceti a Calvi - bisbigliò abbassando leggermente il mantello dalla bocca, lo fissava in volto, con gli occhi spalancati e cerchiati di nero che si intravedeva tra l'ombra del bicorno - Da lì cercherò in tutti i modi di agevolare l'arrivo di mia madre e dei miei fratelli, possibilmente anche di Giuseppe, che sta rischiando molto a Bastia, da Paoli, oltre ad incoraggiare i veri sostenitori della Rivoluzione, chissà, potrei anche incontrare il famigerato Saliceti - ridacchiò leggermente per nascondere la paura e l'angoscia che lo attanagliava. Lo zio aveva percepito la grossa responsabilità che il giovane nipote Napoleone si era caricato sulle spalle, essendo a conoscenza del fatto che qualsiasi raccomandazione gli avesse dato, non l'avrebbe ascoltata.

Nonostante ciò, non era riuscito a fermare la mano che si era andata a posare sull'esile spalla del ragazzo e a frenare le parole che uscirono di getto - Fai attenzione, Napoleone, tu sei troppo importante per noi, non farti ammazzare - lo guardò paterno. Lo aveva visto crescere, apprendere, allontanarsi e poi ritornare, gli voleva bene come un figlio che non avrebbe mai potuto avere, poiché aveva scelto la strada della Chiesa, che, in quegli anni, stava vivendo un brutto periodo. 

Napoleone lo abbracciò, comprese il dolore dello zio, di quello zio che era stato per lui maestro e padre. Chissà quando e se si sarebbero rivisti un giorno. Chissà se avrebbero avuto il piacere di parlare nuovamente di arte e di bellezza, di riascoltare il suo tono saggio e gentile. Chissà se un giorno lo avrebbe riabbracciato nuovamente - Grazie per tutto quello che hai fatto e che farai, zio, non lo dimenticherò mai - riuscì a mormorare distintamente, trattenendo le lacrime di tristezza e rabbia. Non era il momento di piangere.

- Ora vai, Nabulio o nei dintorni cominceranno a sospettare della tua identità - lo avvertì premuroso Giuseppe Fesch, premendo leggermente sulla schiena, si staccò dal suo abbraccio e lo invitò ad andare via da un'altra uscita che lo avrebbe condotto al golfo.

Napoleone annuì, si ricoprì la parte inferiore del viso e salutò tutti, colmo di gratitudine e di rammarico - Ricorda il piano - gli rammendò. Si diresse al galoppo verso il porto, dove c'erano altri alleati che lo stavano aspettando, impazienti e sovrappensiero. Se si fosse diffusa in giro della loro collaborazione diretta con i Buonaparte avrebbero fatto la stessa fine, se non peggiore. Lo videro sopraggiungere taciturno e felpato, ben nascosto. Era ancora più sinistro di quanto potessero immaginare, conciato in quel modo - Possiamo salpare - fu la sola frase che sentirono dalla bocca di Napoleone, al momento della partenza.

Dopodiché si tolse il cappello e il mantello, che lo aveva fatto sudare, e, rimanendo vicino al bordo della nave, si mise ad osservare il familiare profilo della sua città natale che si distanziava sempre più. Le bianche casette, dominate dalle montagne alle loro spalle, quasi sempre innevate d'inverno, della sua Ajaccio, il paese che aveva ospitato la sua famiglia da quasi due secoli, dopo essere fuggiti dalla Toscana. La città che lo aveva dato alla luce e che lo aveva rinnegato, ripudiato, odiato, quasi non si distingueva più dal piatto orizzonte di quel mare cristallino e limpido, che lo aveva fatto sognare e fantasticare da bambino.

Sentì il cuore frantumarsi al pensiero di non poter mai più godere della pace di quella melodia potente, indomabile, che le onde gli avevano regalato da ragazzino, di non poter ripercorrere, correndo, quelle strade strette e tortuose, di non poter più sentire le grida dei suoi concittadini con la loro parlata particolare, le campane che suonavano a festa o scandivano la giornata, gli odori, i sapori inconfondibili, contemplarne i colori sgargianti.

Nascose il viso tra le mani e cominciò a piangere, provando a soffocare i sussulti e la voce roca - Che siate maledetto Paoli, voi la vostra famiglia e tutti coloro che vi appoggiano - inveì tra le lacrime irrefrenabili, colpendo ripetutamente il legno. Sperò che le sue parole giungessero davvero alle orecchie dell'ex idolo. I compagni e i marinai avevano udito il suo singhiozzare, la sua parlata pastosa, ma finsero di ignorarlo, per non ferirlo nell'orgoglio. Persino il suo proverbiale mal di mare pareva non disturbarlo durante lo sfogo.

Il suono delle onde sugli scogli delle isole Sanguinarie, sulla più estesa spiccava, in bella vista, l'immancabile faro rosso, che avevano appena oltrepassato, lo avevano ridestato e si ammutolì. Chiuse gli occhi e il mare riprese a raccontargli le storie incredibili degli eroi che gli avevano fatto compagnia. Ritornò quel bambino con la testa fra le nuvole, perso tra le pagine dei libri ingialliti, che era stato e che credeva di non essere più.

Poggiò la testa tra le mani e si lasciò cullare da quel vento e da quelle onde per l'ultima volta, scolpendo per sempre quel ricordo - Addio mia Ajaccio, addio luogo di diletto e di meraviglia, di desideri e di speranze, addio da parte di un figlio che non riuscirà mai a dimenticarti, addio, dunque, sapendo che sarai tu a dimenticarmi - sussurrò poi, con la mano sul petto, celando la sua frustrazione. Erano ormai in mare aperto e lasciò che il soffio della brezza marina trasportasse il suo addio.

Calvi, 23 maggio

Quei malinconici ricordi, che popolavano ripetutamente i suoi sogni, lo avevano fatto addormentare senza che lui potesse rendersene conto. Il bussare insistentemente della porta lo fece svegliare di soprassalto - Chi è? - chiese tranquillo, non traspariva alcun turbamento.

- Ci sono delle notizie per voi, cittadino Buonaparte - lo informò uno degli ufficiali incaricati di distribuire la posta e di divulgare le notizie riguardanti la politica dell'isola e della Francia.

Napoleone spostò timoroso le iridi grigie in direzione della porta, ingoiò la rumorosamente la saliva, strinse i pugni, si alzò bruscamente dalla sedia e avanzò verso la porta. L'aprì e si trovò davanti un uomo dall'aspetto curato, teneva tra le mani una lettera per lui e gliela stava porgendo. L'ufficiale l'afferrò tremolante, tradendo la calma che manifestava - Vi ringrazio - eseguì un breve inchino e chiuse la porta solo quando lo vide allontanarsi.

Poi si riaccomodò nuovamente, rimase a guardare la lettera per diversi minuti, in silenzio, nella sua mente si susseguirono scenari spaventosi che lo fecero impallidire e sudare. Aveva il terrore di aprire quella lettera, poteva essere portatrice di notizie nefaste. "Non fare lo stupido Napoleone" si rimproverò, colpendosi alla testa con un pugno "Che razza di uomo sei? Non sei mica diventato ufficiale per tremare come una donnicciola qualsiasi! Apri questa lettera!". Obbedì alla sua voce interiore, tolse bruscamente il sigillo, e, seppur stesse tremando ancora, la spiegò, leggendola.

Era di suo zio Giuseppe, gli diceva di aver fatto quanto dettato da lui: aveva svegliato la sorellastra e i nipoti nel cuore della notte, a mezzanotte, e li aveva fatti allontanare prima tra gli oliveti di Milelli, poi nella zona di Torre di Capitello sul golfo ed ora stavano continuando il viaggio per riunirsi a lui.
Gli riferì anche della situazione divenuta drastica, i paolisti avevano saccheggiato e bruciato le numerose case, gli orti, il mulino, la piantagione di gelsi, che possedevano nei dintorni di Ajaccio, per pura vendetta, e di come non si sarebbero risparmiati neppure con la loro.

Napoleone, colto da un fremito di rabbia, accartocciò furibondo la lettera ed emise tra i denti - Bastardi! Arriverà il giorno in cui avrò il potere necessario per restituirvi, con gli interessi, tutto il male, i torti, che avete rivolto a me e soprattutto alla mia famiglia! Sarò io a godere quel giorno! - La sua anima era a pezzi, colma di dolore e ira, era certo che la sua vendetta si sarebbe abbattuta, in futuro, sull'intera isola e nessuno l'avrebbe fermato. Tuttavia, dopo l'iniziale furore, si rabbonì, presto sua madre, Elisa, Paolina, Carolina e Girolamo sarebbero arrivati, così come Giuseppe e avrebbero seguito l'esempio di Luciano.

Bastia

Giuseppe, intanto, era ancora trattenuto al Parlamento corso per discutere, con entrambe le fazioni, circa le loro posizioni e il comportamento dei suoi fratelli minori. Nei giorni precedenti aveva tentato, con ogni mezzo, di difenderli, potendo contare  sull'appoggio di Saliceti, certo della tacita intesa coi Buonaparte.

Giuseppe aveva giustificato l'atteggiamento di Luciano e Napoleone, pur essendo a conoscenza della totale estraneità di quest'ultimo alla denuncia, con lo spirito d'iniziativa e il patriottismo. Erano stati in Francia per molti anni, specialmente nel periodo rivoluzionario, e si erano imbevuti di quegli ideali, ai loro occhi, giusti e validi - La tipica euforia dei giovani - concluse il suo discorso ai membri del parlamento, pregando che l'incubo finisse subito.

Pasquale Paoli rimase colpito dalla fine retorica, dall'arte diplomatica del ragazzo, aveva compiuto dei progressi sorprendenti, dimostrando una bravura addirittura superiore a quella del padre. "Se solo questi Buonaparte non mi avessero voltato le spalle, li avrei resi potenti, con simili capacità avrebbero scalato in pochissimo tempo le vette e ottenuto dei livelli incredibili" rifletté tra sé. Seppur colto alla sprovvista, Paoli ritorno ai suoi passi e, quando decise di prendere la parola, fu accolto da un applauso scrosciante.

- Non è buon segno - sospirò Saliceti, si girò e scrutò Giuseppe Buonaparte, come lui, era seriamente preoccupato per la loro famiglia e per la sua stessa sorte. Se i Paoli avessero vinto, persino per Saliceti e i francesi sarebbe stata la fine, gli inglesi si sarebbero impossessati della Corsica e avrebbero dominato il Mediterraneo, compromettendo il futuro della Rivoluzione in Europa.

- Avete ragione cittadino Saliceti - ammise Giuseppe sospirando a sua volta, il suo pensiero era fisso su Napoleone, il quale lo aveva tenuto informato sulla terribile evoluzione della loro situazione. Se persino suo fratello aveva progettato una fuga in Francia, ciò stava a significare che aveva abbandonato ogni speranza di salvezza e di ribellione contro Paoli. 

Il silenzio tombale che scese, di punto in bianco, tra i membri del parlamento fece gelare il sangue a Giuseppe "Fatti forza, se Napoleone fosse qui mostrerebbe una freddezza incrollabile" si diceva, mentre ascoltava imperturbabile il discorso del Patriota. Paoli aveva esordito complimentandosi con il giovane avvocato per l'eloquenza fresca e chiara con cui aveva esposto le sue ragioni.

- Tuttavia, queste giustificazioni, come le avete chiamate voi, cittadino Buonaparte, non fanno altro che compromettere la vostra posizione già precaria e instabile - puntò teatralmente il dito, focalizzando l'attenzione dell'intero parlamento su di lui. Il capofamiglia dei Buonaparte era rimasto immobile a guardarlo. Lo sguardo di sfida che incrociò ricordò a Pasquale quello di Napoleone - Osservate come osa guardare il Patriota, l'unico uomo in grado di salvare la Corsica, con quell'arroganza tipica della sua famiglia...

Un boato di disapprovazione si diffuse tra gli spalti, gridavano, come una sola voce - Ingrati! Traditori! Andate via, non vi vogliamo qui, siete degli sporchi francesi!

- Calmi, calmi, non ho ancora emesso la sentenza contro di loro! Volete per caso rovinargli la sorpresa? - agitò le braccia Paoli, sulle cui labbra si formò un ghigno soddisfatto, rideva sotto i baffi. Il Parlamento era sotto il suo totale controllo - La mia proposta di bandire ufficialmente la famiglia Buonaparte, ad esclusione dei loro cugini di qualsiasi grado, è stata votata all'unanimità, dichiaro, per giunta, a nome del parlamento corso, l'espulsione perpetua di questa famiglia nata nel fango del dispotismo, nutrita e allevata sotto gli occhi e a spese di un lascivo pascià, il defunto Marbeuf, di perpetua infamia, da ogni città e regione della Corsica - partì un altro fragoroso applauso seguito da una serie di ingiurie ai danni di Giuseppe e Saliceti.

Il commissario francese allungò il braccio verso Giuseppe, profondamente scosso e tramortito dalla notizia, e lo trascinò con forza, fuori dalla sede del parlamento, circondato dalla sua scorta di uomini armati. Molti parlamentari e paolisti erano pronti a colpirlo, avendo ormai ogni potere su di lui, Saliceti, però, si dimostrò più lesto di loro e riuscì a portarlo via, in una carrozza e a mettersi in viaggio verso Calvi. Lì sarebbero stati al sicuro e avrebbero potuto programmare qualsiasi piano a mente fredda.

 

 

   
 
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