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Autore: Eralery    05/04/2020    2 recensioni
Cap3:
« Sai, qualcuno qui ha un cervello… »
« Stai parlando di me, vero? » 
« Stiamo parlando di qualcuno che ha un cervello, non di qualcuno che ha le capacità intellettive di un asticello » rispose Lily, godendosi appieno la faccia scandalizzata che James mise su.
« Su, almeno di uno Snaso! » esclamò, punto nel vivo. « L’asticello può essere Sirius, al massimo! »

Cap8:
« Punto primo: io non sbavo dietro Lily Evans » precisò James, con aria truce. « Punto secondo: nessuno è immune al fattore Potter, figurati se può repellere qualcuno! Punto terzo: vaffanculo, Padfoot, okay? Vaffanculo ».
Cap18:
« Non pensare di poterti liberare così facilmente di me ».
Lily rimase in silenzio per qualche secondo, prima di sospirare e sciogliersi in un piccolo sorriso.
« Suona un po’ come una minaccia… » commentò a voce bassa, facendolo ridacchiare.
« Oh, è una minaccia bella e buona ».

Cap20:
Lily avvertì la mano di James stringersi intorno alla propria e le loro dita intrecciarsi, ma non c’era traccia di imbarazzo o di incertezza in tutto ciò. Non vi era abituata, ma quando James, sempre sorridente, si girò verso di lei per dirle qualcosa, Lily, in tutta quella situazione, non riuscì a trovarvi neanche un difetto.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Ordine della Fenice, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Under Their Scars'
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Capitolo 21
Tra scope, torri e mantelli

21-tra-scope-e-torri

 

Se c’era uno sport che a Lily era sempre piaciuto guardare, quello era il Quidditch. 

Le era piaciuto sin da subito, perché non aveva nulla a che vedere con ciò che suo padre era solito guardare alla televisione ogni domenica dopo pranzo. Calcio, rugby, tennis o golf: nessuno di questi poteva competere con il Quidditch per lei. 

Quando erano ancora amici Severus era solito ripeterle in continuazione che era uno sport stupido, troppo violento, e che solo un idiota pieno di boria come James Potter avrebbe potuto appassionarsene. Non volendo litigare con lui, Lily aveva sempre finto di essere d’accordo, ma se avesse mai dovuto definire il Quidditch con un aggettivo avrebbe usato esattamente quello, “appassionante”. Certo, a volte lo trovava eccessivamente cruento, con tutti quei feriti a causa di Bolidi lanciati troppo forte, ma le piaceva da morire guardare i giocatori sfrecciare nel cielo in sella alle loro scope volanti, così veloci che a volte stentava a riconoscerne i volti. 

Anche in quel momento, complice la pioggia che imperversava ormai da due giorni, faticava a distinguere i vari membri delle due squadre in campo. Davanti a lei era tutto un susseguirsi di rosso ed oro, di verde e argento, e poi di nuovo di rosso ed oro, verde e argento e di nuovo da capo. 

Di solito le piaceva tenere sott’occhio i Cercatori e il Boccino d’oro, ma quel giorno non riusciva a fare a meno di concentrarsi sulla Pluffa e sui vari Cacciatori che se la passavano. 

In particolare seguiva i movimenti di James con più attenzione di quella che dedicava a tutti gli altri giocatori. Non che fosse facile concentrarsi, con i Malandrini accanto a lei intenti ad urlare di continuo e Mary che ogni volta che poteva gridava ad un fantomatico fallo da parte della squadra avversaria. 

Tuttavia, oltre a ridacchiarci un po’ sotto i baffi, la cosa non la toccava più di tanto. James continuava a correre da una parte all’altra del campo, afferrava la Pluffa quando gli veniva passata e dopo aver evitato avversari o bolidi la ripassava o cercava di farla entrare in uno degli anelli di Serpeverde. 

Era bravo, ora poteva ammetterlo senza volersi dare qualche schiaffo da sola: sapeva sfruttare il vento a suo favore e  sapeva quanto inclinarsi lateralmente senza rischiare di cadere, era coordinato e pulito nei movimento, non tentennava mai. Quando era lì, sulla sua scopa, in quel campo, attirava gli sguardi su di sé come una calamita. O perlomeno attirava lo sguardo di Lily come una calamita. Fino a qualche anno prima lo avrebbe negato fino alla morte, ma era quasi affascinata dalla sua abilità. 

« Lo sai che ci sono quattordici persone in campo, vero? » 

La voce di Mary, insieme alla gomitata dritta nel costato, la riportarono con i piedi per terra e lei si girò verso l’amica.

« Eh? » fece, confusa. 

« Da quando è iniziato la partita non hai fatto altro che fissare James » le disse Mary, sorridendo sorniona, senza nemmeno girarsi verso di lei. « Fossi in te proverei ogni tanto a spostare lo sguardo. Sai, per non rendere la cosa più ovvia di quanto non sia già » aggiunse, voltandosi leggermente verso di lei per farle un veloce occhiolino e tornare a guardare la partita. 

« Non è assolutamente vero! » ribatté Lily, mentre avvertiva le proprie guance andare a fuoco dall’imbarazzo. 

« Fingerò di darti ragione solo perché stai diventando più rossa dei tuoi capelli » la prese ancora in giro Mary, ridendo in tutta tranquillità; tuttavia dopo pochi secondi smise all’improvviso e le diede la seconda gomitata della giornata prima di indicarle col dito un punto imprecisato del campo. « Oi, guarda! Zach e Regulus stanno correndo dietro al Boccino! »

Lily puntò subito lo sguardo sui due Cercatori, praticamente spalla a spalla, totalmente piegati in avanti sulle loro scope nel vano tentativo di accelerare il minimo necessario per superare l’avversario. Erano così vicini che era impossibile dire chi avesse più chance di afferrare per primo il Boccino, ma all’improvviso un Bolide colpì il braccio di Regulus, facendogli perdere il controllo della scopa giusto il tempo necessario affinché Zach potesse sporgersi un po’ di più in avanti e chiudere le dita attorno al Boccino d’Oro. 

« O’Flaherty prende il Boccino! » urlò la voce di Jeremy Cooper, il commentatore, mentre un boato si alzava negli spalti rosso ed oro. « Duecentosessanta a centotrenta! Grifondoro vince la partita! »

Prima che Lily potesse dire qualunque cosa, Sirius, che per tutta la partita era stato seduto dietro di loro con Remus e Peter, si slanciò in avanti e circondò con un braccio lei e con l’altro Mary mentre si aggiungeva immediatamente al coro entusiasta che era stato iniziato da alcuni ragazzi del sesto anno. Mary le lanciò un’occhiata in tralice e dopo neanche un secondo si erano aggiunte entrambe ai festeggiamenti.

« Sapete cosa significa questo? » chiese poi Sirius alle ragazze, quando la gente attorno a loro aveva smesso di esultare a gran voce. « Festa! »

« E quando pensi di trovare il tempo per organizzarla? » gli fece notare Remus, in piedi accanto a lui, guardandolo con le sopracciglia aggrottate. « Tra poco torneremo tutti in Sala Comune, non c’è niente! »

« Effettivamente ci sarà rimasta sì e no qualche Burrobirra dopo l’ultima volta… » convenne Peter, pensieroso. « E di sicuro non c’è il tempo di andare a Hogsmeade adesso ».

Sirius alzò gli occhi al cielo, sbuffando. 

« Sarà una festa senza alcol! » ribatté. « So che senza qualche bicchierino non ti sciogli, Moony, ma oggi dovrai provarci! Ci si può divertire anche senza dover bere per forza! » aggiunse poi, e a quelle parole Mary assunse immediatamente un’espressione scettica.

« Detta così sembro un alcolizzato » commentò Remus. « Cosa che ovviamente non sono » ci tenne inoltre a puntualizzare, mentre gli altri ridacchiavano.

« Ma no che non sei un alcolizzato » gli assicurò Sirius, annuendo con convinzione alle proprie parole. « Sei solo un grande amante del gin ».

« Veramente preferisco il whiskey » disse Remus, senza riflettere. 

« Mi scusi, signor Moony, mi ero scordato di star parlando con un grande alcolist… volevo dire, con un grande intenditore di alcolici  » lo prese in giro l’amico con un sogghigno. 

Remus rimase in silenzio un secondo, dopodiché fece rapidamente un passo verso l’amico, alzando la mano in segno di minaccia; in tutta risposta Sirius, sapendo che l’altro tirava degli scappellotti tremendi alle volte, si mise dietro Mary. Davanti alla ragazza, Remus ovviamente si fermò. 

« Fammi capire » fece lei, allibita. « Mi stai usando come scudo umano? » 

Nel dire ciò incrociò le braccia al petto e si girò verso Sirius, fulminandolo con lo sguardo.

« Ti amo? » provò lui, sfoggiando il sorriso più paravento del proprio repertorio. 

Mary non gli rispose nemmeno, limitandosi ad assottigliare pericolosamente gli occhi. Tempo un paio di secondi ed aveva già cominciato a tempestare il petto del proprio ragazzo di pugni. Il fatto che lui ridesse non faceva altro che stimolarla a continuare. 

« Tu sei un caso disperato! » esclamò Mary quando lui, continuando a ridere, iniziò a sgomitare tra la folla per poter scendere dagli spalti e seminarla. « È inutile che corri, eh! » aggiunse, andandogli dietro. 

« Dai, mi farò perdonare! » ribatté Sirius, di qualche persone avanti a lei, girandosi giusto il tempo di lanciarle un’occhiata carica di sottintesi. « Lo sai che mi faccio sempre perdonare ».

Lily, Remus e Peter non videro il continuo di quel teatrino, in quanto gli altri due avevano ormai cominciato a scendere dagli spalti, e sapevano bene che ormai era più probabile che li ritrovassero in Sala Comune. 

« Be’ » fece Lily, unendo le mani assieme e piegando le labbra in un sorriso sornione. « Visto che Black dice che tanto lui può divertirsi anche senza alcol, non penso si sentirà offeso se dovessi prendere la sua Burrobirra. No? »

« Questo non me l’aspettavo » commentò Peter, sorpreso. 

« Perfida » disse invece Remus, guardandola quasi ammirato. « Mi piace ». 

Chiacchierando del più e del meno, alla fine anche loro riuscirono a lasciare gli spalti e ad avviarsi verso il Castello. L’argomento principale fu Mary, siccome da poco più di una settimana aveva finalmente cominciato a riprendersi e andare avanti. Ogni tanto si distraeva e c’erano ancora dei momenti in cui voleva stare un po’ da sola, ma la differenza rispetto al mese precedente era notevole. Parlarono anche della nuova docente di Difesa Contro le Arti Oscure, che si concentrava sulla pratica più dell’insegnante che l’aveva preceduta e non aveva perso tempo, riprendendo, dopo un paio di lezioni di ripasso generale, il programma da dove il professor Lockwood si era interrotto.

« A me lei piace » disse Lily mentre passavano vicino al Lago Nero. « E sebbene mi piacesse come insegnava Lockwood, lei mi sembra quasi più brava ».

« È forte » convenne Peter. « Lockwood era bravo, sì, però era sempre così serio… Lei invece sorride sempre, e sebbene sappia tutto quello che sta succedendo ora non ce lo fa pesare ma si preoccupa solo di prepararci bene ».

« Lockwood era troppo teorico, mentre si vede che lei preferisce prepararci davvero a difenderci » commentò a sua volta Remus. « Però vorrei sapere che fine ha fatto… Purtroppo ultimamente ho sempre un brutto presentimento quando si parla di persone scomparse » aggiunse dopo, incupendosi un po’. 

Lily sospirò pesantemente, annuendo alle sue parole.

Da quando erano tornati ad Hogwarts erano scomparse altre persone, troppe per tenerne il conto, e si trattava solo di quelli segnalati perché chissà quante altre persone erano sparite nel buio senza che nessuno se ne accorgesse. 

Giusto qualche giorno prima si era imbattuta per caso in Maddison Forbes, Prefetto di Corvonero al quinto anno: era andata a riorganizzare i nuovi turni delle ronde nella Sala Prefetti, convinta di trovarla vuota, e alla fine aveva passato buona parte della serata a consolarla. La conosceva solo di nome, ma il fratello di quella ragazza era appena scomparso e lei, Lily, sapeva che l’unico aiuto che potesse dare per il momento era stare un po’ accanto a Maddison. 

« Non si tratta nemmeno più di brutto presentimento, ormai » disse Peter, rabbuiato, attraversando per primo il portone d’ingresso. « È la realtà ».

« Sì, lo so » ribatté Remus, entrando per ultimo. « Forse non mi ci sono ancora abituato del tutto, non saprei dirti. Però non ce la faccio a leggere di una persona scomparsa e pensare che basta, è così, è sparita e non tornerà più. Lo so che la guerra è anche questo, che rovina tutto, ma a volte voglio sperare che le persone che oggi scompaiono un giorno vengano ritrovate ».

« È una situazione di schifo » fu il semplice commento di Peter; fece per parlare di nuovo, ma si dovette interrompere perché Lily gli diede una gomitata di nascosto. 

Quando si girò verso di lei, la ragazza gli fece un rapido cenno con la testa; seguendo il suo sguardo Peter vide Emmeline avvicinarsi a loro, perciò annuì impercettibilmente e decise di non continuare a parlare. Nel frattempo, Remus sembrava così preso dai propri pensieri da non essersi accorto di nulla.

« Anche io non ci riesco ancora, Rem » gli assicurò Lily, posandogli una mano sul braccio per attirare nuovamente la sua attenzione. « E mi va bene così, perché se un giorno dovessi svegliarmi e non riuscissi più a trovare un lato positivo o una speranza… vorrebbe dire che non sarei più io. Se dovessimo mai arrivare a quel punto ci avranno davvero tolto ogni cosa » continuò, cercando di rincuorarlo con un sorriso affettuoso e ricordando il discorso che le aveva fatto James circa un mese prima. 

Remus non le rispose, ma si limitò ad annuire e a ricambiare il sorriso. Probabilmente fu in quel momento, quando si girò per guardarla in viso, che notò Emmeline ormai a pochi passi da loro.

In realtà era da prima delle vacanze di Natale che non passava del tempo con lei, fatta eccezione per un paio di ronde a gennaio. Emmeline era una ragazza adorabile, ma Remus aveva paura che lei non lo vedesse più come un amico e questo non era assolutamente ciò che voleva, non in quel momento. 

« Ciao, Emmeline » fece Lily non appena lei si fermò davanti a loro. 

« Ciao, Lily » la salutò di rimando, sorridendole. « Come stai? »

« Si tira avanti, diciamo » rispose, stringendosi nelle spalle. « Ora devo andare in Sala Comune prima che Black ne combini una delle sue per festeggiare la vittoria ».

« Be’, non so quanti casini possa fare » disse Emmeline, sorridendo divertita. « Mentre scendevo l’ho visto salire insieme a Mary, ma mi sembravano abbastanza impegnati già così, non penso stessero programmando qualche festa o un’altra delle loro ».

Non appena sentì ciò, Peter emise un lamento soffocato. 

« Ecco, fantastico » esclamò, rassegnato. « La camera sarà off limits per un po’. Che bello ».

A quelle parole sia Lily che Emmeline si misero a ridere, mentre Remus dava manforte a Peter. 

« Su, Pete! » fece Lily, raggiante. « Vorrà dire che mi aiuterai a controllare che gli altri del sesto anno non facciano le degne veci di Black! »

« Guarda, mi farebbe davvero piacere, ma mi sono appena ricordato che mi ero già messo d’accordo con Christine per quanto riguardava il dopo partita… » le disse Peter, un po’ allarmato all’idea proposta dalla ragazza. « Anzi! Sono anche in ritardo, devo proprio scappare! Ci vediamo dopo! Ciao, Emmeline! » aggiunse subito dopo, prima ancora di dare alla rossa l’opportunità di ribattere, incamminandosi immediatamente verso la scalinata principale. 

Lily, salutati velocemente sia Remus che Emmeline, gli corse subito dietro e pochi secondi dopo né lei né Peter furono più visibili ai due ragazzi. 

Rimasti soli i due si guardarono e alla fine, dopo qualche secondo di silenzio, fu Remus il primo a parlare. 

« Piaciuta la partita? » le chiese, non sapendo bene come rompere il ghiaccio. 

« Finché non siamo noi a perdere devo dire che mi diverto un po’ a tutte le partite di Quidditch » ammise lei con un sorriso, facendolo ridere.

« Giusto » convenne Remus, che ancora ridacchiava. « La competitività di voi Corvonero… sai, a volte me ne scordo ».

« Come se non valesse lo stesso per voi » lo riprese Emmeline, scherzosa. 

« Io fondamentalmente vado per fare il tipo per James » le disse, stringendosi nelle spalle. « Se non fosse stato per lui, molte partite non sarei neanche andato a vederle. Non sono esattamente un amante dello sport, se non si fosse capito » aggiunse, riferendosi al proprio fisico magro e non esattamente muscoloso.

Emmeline alzò gli occhi al cielo, ma rise allo stesso tempo, non riuscendo a trattenersi. 

« Meglio così » fece quindi. « Almeno so di potermi lamentare con qualcuno di quanto trovi inutile uno sport del genere. Per non parlare del fatto che è anche esageratamente pericoloso, a mio parere » gli disse, perdendosi un po’ nei propri pensieri. 

« E allora perché vai a ogni partita? » le domandò Remus, incuriosito. 

« Spirito di squadra, suppongo » rispose lei, dopo averci pensato su per qualche secondo. « Hai presente Dorcas, la nostra battitrice? È una delle mie migliori amiche, non me lo perdonerebbe mai se non andassi ».

« Dorcas… sarebbe Meadowes? » chiese lui, cercando di capire bene di chi stesse parlando Emmeline, che annuì. « Però perché vai anche a vedere quelle delle altre squadre? »

« Diciamo che Dorcas è un filino competitiva » ammise la ragazza, divertita, stringendosi nelle spalle. « Lei ci va per studiare meglio le mosse degli avversari e alla fine l’accompagno sempre. Anche perché tu non la conosci, ma fidati, non è una di quelle persone che ti vorresti mettere contro… »

Remus girò il viso per guardarla, sorpreso. Aveva visto Meadowes poche volte e non ci aveva mai parlato: certo, in campo si era spesso sorpreso di tutta la forza che metteva nel lanciare bolidi contro gli avversari, ma qualche volta l’aveva incrociata per il castello e gli aveva dato l’idea di una persona abbastanza tranquilla. 

« Ah, sì? » fece infatti, curioso. « E dire che mi è sembrata una ragazza tranquilla ».

Non appena lo disse, Emmeline scoppiò a ridere come se avesse detto la cosa più divertente di sempre. Nel vederlo sempre più confuso scosse la testa, come a scusarsi.

« Dorcas tranquilla? Si vede che non la conosci » disse, sempre ridacchiando. « Falle un torto e sei rovinato ».

« Be’, grazie per avermelo detto, allora » scherzò Remus. « Cercherò di ricordarmelo, prima di toglierle dei punti o fare qualunque altra cosa possa mettermela contro » aggiunse, facendola ridere.

« Ti conviene » gli assicurò la ragazza. 

I due continuarono a chiacchierare per un po’ nell’Ingresso, che in quel momento era ridotto ad un vero e proprio via vai di studenti che erano di ritorno dalla partita. A un certo punto Remus le chiese come stessero andando le lezioni di Difesa con la nuova professoressa; Emmeline aprì la bocca per rispondere, ma proprio in quel momento passò un suo compagno di casa che, quando la vide, si fermò per salutarla. 

« Ciao » fece poi a Remus, porgendogli la mano. « Adam Jones, piacere ».

Il Grifondoro gli strinse subito la mano, sorridendogli con educazione. 

« Remus Lupin, il piacere è mio ». 

« Sì, so chi sei » gli disse Adam con un sorriso. « Sei uno dei Malandrini. Sono poche le persone che non vi conoscono » scherzò. 

« Be’, in realtà di solito la gente conosce solo James e Sirius, non pensavo di essere conosciuto anche io » rispose Remus, da una parte piacevolmente sorpreso e dall’altra un po’ in imbarazzo. 

« Una volta a lezione la McGranitt ha parlato di voi, dicendo che uno di voi ancora si salvava. Visto che sei amico di Emmeline ho supposto fossi tu » gli spiegò, stringendosi nelle spalle. 

Remus rise sotto i baffi: se la McGranitt avesse saputo dietro quanti scherzi di Sirius e James ci fosse una sua idea, non avrebbe mai detto certe cose. Ne era sicuro. 

« Comunque io sto tornando in Sala Comune » continuò Adam, stavolta rivolgendosi ad Emmeline. « Se stavi tornando anche tu, possiamo andare insieme. In effetti ti volevo parlare… » aggiunse, improvvisamente molto più nervoso di prima, portandosi una mano alla nuca con fare imbarazzato. 

Emmeline tentennò un attimo, rivolgendo a Remus uno sguardo leggermente dispiaciuto. Lui le sorrise con gentilezza ed annuì, come a darle il suo consenso. Da come Adam la guardava era abbastanza ovvio che provasse qualcosa per lei, e lui non aveva alcuna intenzione di mettersi in mezzo. In più doveva andare a salvare Peter dalle manie di controllo di Lily. 

« Sì, va bene » acconsentì quindi la ragazza, sorridente. 

Il viso di Adam si sciolse immediatamente e le sue labbra si distesero in un sorriso a trentadue denti. 

« Oh, bene » rispose semplicemente, ricomponendosi. « Andiamo? » 

« Certo. Allora ci vediamo in giro, Remus » disse Emmeline, sorridendo anche a lui. 

Adam lo salutò a sua volta, dopodiché entrambi si allontanarono e s’incamminarono lungo la scalinata principale. Sparirono quasi subito dalla sua vista, ma Remus rimase ancora qualche secondo fermo prima di avviarsi verso la propria Sala Comune. 

Nonostante lui ed Emmeline avessero legato un po’ di più negli ultimi mesi, Remus non provava fastidio o rabbia nell’immaginarsela con un ragazzo come Jones. Non che lo conoscesse, ma gli era sembrato un bravo ragazzo. Era un ragazzo che poteva vedere accanto ad Emmeline. Più volte lei gli aveva lanciato qualche segnale, ma lui aveva sempre cercato di fingere di non averli colti; non perché non la trovasse carina o non gli piacesse, ma perché lui non avrebbe potuto mai darle ciò che voleva o meritava. 

Arrivò in Sala Comune prima del previsto e la trovò meno piena di quanto avesse immaginato. C’era un gruppo di ragazzi del sesto anno seduti davanti al camino che giocavano con una bottiglia di whiskey, ma lui si diresse subito verso una delle poltrone poste sotto la finestra, occupata da Lily. 

« Ehi » la salutò, non appena le fu abbastanza vicino, sedendosi sulla poltrona accanto. 

Lily lo guardò, sorpresa, e piegò leggermente la testa di lato.

« Ehi a te » ricambiò con un sorriso. « Non pensavo di rivederti così presto ».

« Sì, be’, dopo un po’ è arrivato un suo compagno di Corvonero e sono tornati insieme alla torre » le spiegò Remus facendo spallucce. « Cos’hai lì? » aggiunse poco dopo, adocchiando una bottiglia poggiata vicino ai piedi di Lily. 

« Oh, è Acquaviola! Ne vuoi un po’? » 

« Dove l’hai trovata l’Acquaviola? » le domandò, colpito. « Pensavo che fosse rimasta solo qualche bottiglia di burrobirra, o al massimo di Firewhiskey! »

Lily si guardò velocemente attorno con aria cospiratrice, poi si sporse in avanti in modo da essergli più vicina. 

« Diciamo che gli Elfi delle cucine mi hanno presa in simpatia, ecco » gli disse a voce bassa, come se si trattasse di chissà quale segreto. « Ho una mia piccola scorta segreta ».

Remus la guardò per qualche breve secondo con aria divertita e stupita; dopodiché scoppiò a ridere sguaiatamente sotto lo sguardo di Lily, che d’altro canto era molto soddisfatta di sé. 

« Non ti facevo un’amante dell’alcol » la prese bonariamente in giro tra una risata e l’altra. 

« Ehi, solo perché non mi bevo quello schifo di whiskey non vuol dire che non beva! » protestò lei, afferrando la bottiglia di Acquaviola e stringendosela al petto. « Questa è un’altra cosa. È dolce, ma allo stesso tempo alla fine ti lascia quel retrogusto un po’ amaro… poi è delicata, scende giù che è una meraviglia, ti sembra quasi di bere acqua, solo che è più buona ».

« Ti rendi conto che stai parlando di una bottiglia di alcol, vero? » ridacchiò Remus, scuotendo la testa. « Dal tuo tono sognante sembra che tu stia parlando dell’amore della tua vita ».

Lily si finse sdegnata, lanciandogli addirittura un’occhiata di finta superiorità. 

« In effetti ci va vicina » ammise, un po’ scherzando e un po’ dicendo la verità: adorava quella bevanda. « E comunque è inutile che mi prendi tanto in giro, ti ho visto! Se ti mettono in mano una bottiglia di Firewhiskey è la fine! »

Remus alzò le mani in segno di resa, continuando a ridere sotto i baffi. 

Non aveva senso provare a negare e lo sapeva perfettamente: più volte si era reso ridicolo per aver bevuto troppo whiskey, qualche volta anche sotto gli occhi di Lily. Come quell’estate, alla festa di Peter… in realtà della serata ricordava ben poco, ma ricordava benissimo il mal di testa del giorno dopo e dai racconti dei suoi amici sapeva di avere validi motivi per essere imbarazzato. 

« Lo ammetto, lo ammetto » si arrese con tranquillità. « Posso avere comunque un po’ di Acquaviola? Sono sicuro che il whiskey perdonerà questo mio tradimento ». 

Lily lo guardò e finse di pensarci su per un po’. Dopodiché si sciolse in un largo sorriso e gli porse la bottiglia. 

« Solo perché sei tu, guarda » scherzò, mentre lui prendeva l’Acquaviola, la stappava e ne beveva un po’. 

« Posso chiederti chi era il Corvonero con cui Emmeline è tornata in Sala Comune? » gli domandò Lily, curiosa, non riuscendo a trattenersi. 

« Adam Jones » rispose Remus, senza dare particolare inflessione alla voce. « Carino, in realtà. Non troppo alto. Però molto gentile » aggiunse, sovrappensiero, bevendo poi un’altro po’ di Acquaviola.

« Ma… ecco… tu pensi che siano solo amici o, insomma, che ci sia qualcosa di più? » domandò lei, cercando di essere il più cauta e delicata possibile, mentre Remus le passava la bottiglia. 

Lui si strinse nelle spalle. 

« Secondo me c’è qualcosa di più » le rispose. « Per Jones sicuro ».

« Mi dispiace, Rem » disse Lily, dispiaciuta. 

Remus si girò a guardarla, sorpreso e anche un po’ divertito. 

« Sto bene, Lily » si affrettò a mettere in chiaro, sorridendole. « Sì, Emmeline è carina, è dolce, mi piace parlare con lei… ma non penso che potrebbe esserci qualcosa di più, quindi va bene così ». 

Lei sembrò stupita, ma Remus se l’era aspettato. 

Dato che aveva passato molto tempo con Emmeline nell’ultimo periodo, sapeva che molti dei suoi amici avevano dato per scontato che non si trattasse solo di amicizia. A dire il vero inizialmente Remus aveva avuto una piccola cotta per lei, ma col tempo e con tutto quello che era successo gli era passata. Gli faceva ancora piacere fare le ronde con lei e chiacchierarci, ma nell’ultimo mese aveva capito che per Emmeline c’era qualcosa di più e lui non se la sentiva. 

« Perché? » gli chiese Lily alla fine. « Se posso chiedertelo ». 

Lui le lanciò un’occhiata divertita e ridacchiò. 

« Certo che me lo puoi chiedere » le rispose, dandole un piccolo colpetto sulla gamba col piede, e lei si rilassò. « In realtà non te lo so spiegare… non riesco a immaginarmi con lei, ecco. Su alcune cose siamo molto simili: ci piace leggere, ascoltiamo musica simile e cose così. Però a volte… non fraintendermi, è una ragazza davvero in gamba, ma a volte è troppo ottimista, fin troppo… E se devo essere onesto, mi dispiacerebbe essere io a rompere questa sua piccola bolla… ». 

« Cosa c’è di sbagliato nell’essere ottimista? » 

« Assolutamente niente, ma io non lo sono. Non ci riesco » ammise, conscio dei propri punti deboli. « Non voglio che lei smetta di esserlo, e con me potrebbe succedere ». 

« Sai, Rem, a volte secondo me sei troppo duro con te stesso » gli disse Lily, bevendo un po’ di Acquaviola. « Parli di te stesso come se fossi qualcosa di chissà quanto negativo… sei una brava persona, Rem. Lo dico davvero. Sei una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto ». 

Man mano che Lily parlava, Remus si sentiva sempre più strano. In parte perché si imbarazzava spesso quando qualcuno parlava così bene di lui, e in parte perché nonostante tutto lui era davvero qualcosa di negativo… ormai aveva imparato a conviverci, ma sapeva che per gli altri non era altrettanto facile accettare la sua condizione. 

Non sapeva come uscire da quella situazione, perciò fu davvero grato di vedere entrare James proprio in quel momento. Aveva ancora i capelli leggermente umidi, probabilmente perché aveva finito da poco di lavarsi dopo la partita, e non si era neanche premurato di mettersi la camicia nei pantaloni o di annodarsi bene la cravatta. 

Lui li vide subito e fece per avvicinarsi a loro, ma uno dei ragazzi davanti al camino lo chiamò ad alta voce e gli fece segno di unirsi a loro. James lanciò a Remus e Lily un sorriso di scuse e raggiunse gli altri ragazzi, sedendosi a terra accanto a Kevin Smith. In quel momento si resero conto che lì c’erano molti dei membri della squadra.

Remus fino ad allora non lo aveva guardato bene, ma Kevin non aveva una bella cera, affatto. Dai movimenti scoordinati e lo sguardo leggermente offuscato era chiaro che avesse bevuto più di quanto avrebbe dovuto. 

« Guarda come sta Smith… » commentò Lily, che evidentemente doveva aver pensato la stessa cosa. 

Nel frattempo altra gente entrò in Sala Comune: alcuni studenti del quarto si avviarono verso il dormitorio, ma essendo sia maschi che femmine era molto probabile che volessero andare a festeggiare per conto loro, mentre altri studenti sia del sesto che del quinto si erano messi dall’altro lato della Sala a bere e scherzare. Lily vide anche Marlene McKinnon tra di loro, con in mano una Burrobirra, intenta a ballare sul posto con una sua amica. 

« Tra poco vomita » disse Remus, continuando a guardare Kevin con aria corrucciata. « Ma che fa, beve ancora? Merlino, qualcuno dovrebbe davvero… ».

Proprio mentre Remus parlava, Kevin si piegò improvvisamente in avanti e iniziò a vomitare. Due ragazzi che erano seduti di fronte a lui si ritrassero leggermente per non essere sporcati, mentre James, che era accanto a lui, gli diede qualche pacca sulla schiena per cercare di aiutarlo a espellere tutto. 

« Cazzo, è svenuto » sentirono dire a James, più a se stesso che agli altri. Poi si rivolse ad un altro di loro, che era seduto dall'altro lato di Kevin. « Mark, aiutami. Dobbiamo portarlo in Infermeria ».

Inizialmente Mark aprì la bocca, come se volesse ribattere, ma quando vide il proprio amico contorcersi per un altro conato, sempre privo di sensi, si alzò ed aiutò James a sollevarlo. Con un po’ di fatica riuscirono a condurlo fuori dalla Sala Comune sotto lo sguardo sorpreso e preoccupato di tutti i presenti, e sparirono alla loro vista quando il ritratto della Signora Grassa si chiuse dietro di loro.

 

*

 

La giornata stava volgendo al termine e il sole era scomparso da tempo dietro le montagne che si stagliavano sopra il Lago Nero e la Foresta Proibita. L’aria era fredda, pungente, e il cielo, stranamente terso dopo la pioggia di quel pomeriggio, permetteva a chiunque si affacciasse ad una finestra di vedere la luna e qualche piccola stella. 

James era seduto sul largo davanzale di una finestra da un po’, intento ad osservare il panorama che si spalancava davanti ai suoi occhi. 

Di quei tempi si festeggiava più spesso del solito, perlopiù per cercare di risollevare gli animi e distrarre le persone dal periodo che la comunità magica stava attraversando, perciò James sapeva bene che qualcuno in Sala Comune era ancora intento a festeggiare per la vittoria di quel pomeriggio. Ed era giusto che festeggiassero, che si divertissero e non pensassero ad altro, così aveva deciso di non tornare dentro ma rimanere un po’ lì da solo. 

Aveva appena accompagnato Kevin Smith in Infermeria per quello che Madama Chips aveva definito come un intossicazione da alcol. A James piaceva bere, ma non trovava niente di piacevole nel bere fino allo stare male, era un qualcosa che non aveva mai capito. Tuttavia, quando Mark, l’amico di Kevin, gli aveva detto che quel pomeriggio si era incupito pensando a Miriam e a ciò che era successo, James non se l’era sentita di dire nulla o di dare alcun giudizio. Se c’era una cosa che aveva imparato, soprattutto negli ultimi mesi, era che ognuno reagiva al dolore a modo suo e che non stava a lui dare pareri a riguardo. 

Non avrebbe saputo dire con esattezza da quanto tempo fosse seduto lì, ma all’improvviso notò con la coda dell’occhio una figura farglisi sempre più vicino; era illuminata dal riverbero aranciato delle lanterne e i suoi capelli sembravano più rossi che mai. 

« Che ci fai qui? » gli chiese Lily, fermandosi di fronte a lui. 

James si girò verso di lei, rimanendo però seduto sul davanzale. 

« Non avevo una grande voglia di festeggiare » si limitò a risponderle, abbozzando comunque un sorriso. « Però non volevo impedire agli altri di farlo ».

« Ma era anche per te » gli fece notare lei, e siccome il davanzale era molto largo si sedette accanto a lui a gambe incrociate.

« Lo so » fece James, stringendosi nelle spalle e lanciando un’occhiata fuori. « Sapevi che la madre di Kevin è morta l’anno scorso? » le chiese dopo qualche secondo di silenzio. 

« No, non lo sapevo » ammise Lily, incerta.

Quando James e Mark avevano portato via Kevin Smith era presente anche lei ed aveva tutta l’intenzione di chiedere notizie su come stesse, ma non pensava che James avrebbe aperto il discorso in quel modo. 

« Nemmeno io » disse lui, continuando a guardare fuori. « Dopo che l’abbiamo lasciato in Infermeria, Mark mi ha detto che da quando è ricominciata la scuola Kevin non riesce più a controllarsi. I professori lo mettono in punizione continuamente, e se non è stato ancora cacciato da Hogwarts è per la sua situazione familiare. Dopo la scomparsa di Miriam ha iniziato a dare di matto » continuò, voltandosi verso di lei solo quando disse l’ultima frase. 

Lily mantenne il suo sguardo, stupefatta. 

Sapeva che Kevin e Miriam si erano frequentati per qualche mese, ma le sembrava troppo poco per far reagire a quel modo una persona. Miriam le era parsa molto felice nell’ultimo periodo ad Hogwarts, era vero, e sapeva che finalmente con Kevin aveva iniziato a fare sul serio, ma una reazione del genere non se l’aspettava.

« Non pensavo che fosse così innamorato di lei… » commentò a bassa voce, non sapendo bene cos’altro dire: da una parte si sentiva in colpa anche solo a giudicarlo per il suo dolore. 

Tuttavia James, sentendo le sue parole, scosse la testa e tornò a guardare fuori. 

« Non credo fosse talmente innamorato di lei da distruggersi così » le disse. « Credo sia l’insieme di tutte le cose: il padre è assente, la madre è morta e ora è scomparsa anche Miriam… Non penso sappia come confrontarsi con una situazione del genere… diamine, Lily » fece all’improvviso, voltandosi di nuovo verso di lei. « Ha sedici anni. Non dovrebbe confrontarsi con una situazione del genere. Nessuno dovrebbe ».

Mentre lo ascoltò pronunciare quelle ultime parole, Lily si rese subito conto del tremolio improvviso della sua voce e del fatto che aveva cominciato a battere nervosamente il piede contro il pavimento. 

Sapeva cosa significavano quelle cose, perciò non ci pensò due volte e immediatamente posò la propria mano su quella di James, che stringeva forte il bordo del davanzale su cui erano seduti. Piano piano, con un po’ di pressione, lo convinse a lasciare la presa ed intrecciò le proprie dita con le sue. 

« Ehi » sussurrò Lily a bassa voce, spostandosi leggermente in avanti per essere seduta più vicino a lui. « James » continuò, quando vide che lui non voleva saperne di alzare gli occhi ed incrociare il suo sguardo. 

« Mio papà » disse James dopo un lasso di tempo che nessuno dei due avrebbe saputo calcolare. « Mi manca » aggiunse poco dopo con la voce più roca, flebile. « Mi manca un sacco » continuò, prima alzando gli occhi verso il soffitto e verso di lei solo dopo un po’.

« Lo so » mormorò Lily, stringendo ancora di più la sua mano. « Lo so, e so anche che non c’è nulla che io possa dire o fare per farti stare meglio… lo so che non si può tornare indietro… ma per qualunque cosa, ogni volta che ne dovessi avere bisogno, io— io sono qui. Io sono qui, e ci sono anche Mary, tua madre, Sirius, Remus, Peter… Io posso solo immaginare cosa si provi nel perdere un genitore così all’improvviso e immagino che, quando ci pensi, tu ti senta improvvisamente piccolo e solo… ma tu non lo sei, James, non lo sei. D’accordo? Tu non sei solo » gli disse, senza nemmeno preoccuparsi di costruirsi un discorso sensato, lasciando andare la presa per potergli prendere il viso con entrambe le mani e costringerlo a guardarla negli occhi. « Tu non sei solo, tu non sei piccolo. Tu sei forte e sei intelligente e sei leale. Sei un bravo giocatore di Quidditch e, ancora di più, sei un bravissimo mago. E tuo padre lo sapeva ed era fiero di te, lo sarà sempre, e io di questo sono sicura perché sarebbe impossibile non essere fieri dell’uomo che stai diventando ».

Sebbene lei avesse tenuto le mani sul suo viso per tutto il tempo, gli occhi di James non avevano lasciato il soffitto neanche per un minuto. 

Lily avvertiva chiaramente la sua mascella muoversi con piccoli spasmi, perciò dopo qualche secondo cominciò a muovere piano i propri pollici sulle sue guance in lievi carezze. Rimasero in silenzio ancora, finché gli occhi di James iniziarono ad inumidirsi e il suo respiro si fece leggermente affannoso. 

« La cosa » disse lui, fermandosi subito dopo per schiarirsi la voce. « La cosa peggiore è che ci sono momenti- momenti in cui mi dimentico cosa è successo ed è orrendo, perché quando succede mi sento uno schifo » continuò, abbassando finalmente gli occhi e puntandoli in quelli di Lily. « Ma è orrendo anche quando me lo ricordo… non so cosa sia peggio. E durante le vacanze— Merlino, è stato un incubo ».

A quel punto la sua voce s’incrinò nuovamente, perciò James chiuse per un secondo gli occhi e prese un respiro profondo. Lily in tutto ciò aveva lasciato che lui parlasse e aveva abbassato le mani, limitandosi a stringere il bordo del davanzale. 

« La casa senza di lui… non saprei neanche spiegarlo » riprese, abbozzando una triste risata. « E mamma— c’erano momenti in cui non sembrava neanche lei ».

« James… » fece Lily, ma James sembrò non sentirla neanche.

« Mi hanno viziato da far schifo, sai? » le chiese, tornando a guardarla. « Avevi ragione quando dicevi che ero un figlio di papà: qualunque cosa volessi, loro me la procuravano. Ma non era solo quello… io— sono i genitori migliori del mondo » fece, con la voce rotta dal pianto e gli occhi sempre più rossi e lucidi. « Per loro… per loro ero la cosa più preziosa al mondo. Mi hanno amato con tutte le loro forze sin dal primo giorno. Per anni avevano provato ad avere figli e avevano quasi perso le speranze… ma poi mamma è rimasta incinta e sono nato io. Mi hanno sempre— » James si bloccò nuovamente, questa volta perché le lacrime avevano iniziato a scendere velocemente e il respiro gli si era fatto così affannoso che gli rendeva difficile anche parlare. « Mi hanno sempre visto come una sorta di miracolo. Mi hanno sempre trattato come tale. E io… non sarò stato il figlio perfetto, ma ero il loro bambino e a loro bastava e io… ho avuto la famiglia migliore che potessi desiderare. Non la cambierei per niente al mondo, anzi, da grande voglio una famiglia così unita, una famiglia che si ama in questo modo… ma ora ogni volta che entro in quella casa è… è come se si fosse rotto tutto. E io non so come rimettere insieme i pezzi ».

In sette anni che lo conosceva Lily non aveva mai visto James Potter in quelle condizioni: i capelli erano incasinati come al solito e ovviamente aveva indossato la camicia alla bell’e meglio, ma non lo aveva mai visto così devastato. Gli occhi erano rossi e gonfi, e le guance erano rigate da lacrime; aveva smesso di piangere, ma aveva ancora il respiro corto e continuava a guardare fuori dalla finestra con ostinazione. Tuttavia, oltre all’aspetto fisico, ciò che ovviamente l’aveva lasciata più senza parole erano state le sue parole; quella era l’ennesima dimostrazione di quanto poco avesse visto di lui negli anni precedenti, e di quanto invece ancora avesse da scoprire. 

Lily riprese la mano di James, intrecciando le sue dita con le proprie, e con l’altra mano gli spostò delicatamente il volto così da poterlo guardare negli occhi. Lui non oppose resistenza e ricambiò la sua stretta con forza, come se ne avesse bisogno. 

« Io non so dirti come rimettere insieme i pezzi » gli disse piano, facendoglisi leggermente più vicina. « Ma se me lo lascerai fare, cercherò di aiutarti come posso. Non sono in grado di far sparire tutto questo o ciò che provi… ma posso starti accanto. Voglio starti accanto ». 

James non disse nulla per qualche secondo, limitandosi a continuare a guardarla negli occhi, finché ad un certo punto le passò un braccio dietro la schiena e l’avvicinò a sé. Prima che lei se ne rendesse conto si ritrovò stretta contro di lui, il collo nell’incavo del suo collo. 

Percepiva chiaramente il respiro affannato di James tra i capelli, vicino all’orecchio, ed erano così vicini che i loro petti erano a contatto e lei poteva sentire il suo cuore battere veloce. Dopo i primi attimi di disorientamento, anche Lily lo circondò con le braccia e posò i palmi delle mani sulla schiena di James, accarezzandola lentamente e con dolcezza. 

Avrebbe voluto dirgli tanto altro, ma una parte di lei sapeva che non c’era altro che avesse senso aggiungere. Ciò che le interessava sapesse lo aveva già detto, e adesso voleva solo che lui riuscisse a calmarsi e tranquillizzarsi. Le dispiace vederlo stare male, soprattutto perché non c’era niente che loro potessero fare per cambiare la situazione. 

Neanche durante le vacanze di Natale lo aveva visto così scosso, e dopo tutto quello che era successo nel mese precedente non sapeva come avesse fatto a non scoppiare prima. 

Non avrebbe saputo dire con precisione per quanto tempo rimasero in quella posizione, ma fu per parecchio; tuttavia non le pesò minimamente, anzi. Portò una mano più in alto, affondandola tra i suoi ricci scuri, e giocò con le sue ciocche, intrecciandovi le dita, mentre con l’altro braccio continuava a stringerlo forte a sé. 

Avvertì il corpo di James rilassarsi sempre di più man mano che il tempo passava, così come sentì il suo battito e il suo respiro rallentare e tornare normali. Percepì le mani  di James allentare la presa sul suo maglione, ma rimasero in quella posizione finché non sentirono dei passi avvicinarsi e poi allontanarsi di nuovo. 

Tuttavia quel rumore parve riscuotere James, che piano si staccò da lei e tornò ad appoggiarsi con la schiena allo stipite della finestra. Aveva ancora gli occhi rossi, ma non piangeva né tremava più. 

« Ehi » fece Lily a bassa voce, posandogli una mano sul ginocchio. « Vuoi che andiamo da qualche altra parte? In Sala Comune? » 

James scosse appena la testa. 

« Non mi va di andare in Sala Comune… Non sono esattamente dell’umore giusto per festeggiare » rispose, cercando di sorriderle. « Ti va di fare un giro? Giuro di non avere cattive intenzioni ».

Lily ci pensò un attimo, ma alla fine acconsentì. Non era saggio aggirarsi per i corridoi a quell’ora, ma ormai lo conosceva ed era certa che lui lo avrebbe fatto ugualmente. Tuttavia non voleva che stesse da solo, per quanto si fosse calmato era chiaro che fosse ancora giù di morale. 

« Be’, se me lo prometti… » disse infatti, scendendo per prima dal davanzale. « Avevi un posto in mente? »

James seguì il suo esempio e poggiò i piedi a terra a sua volta. Le lanciò un’occhiata che lei non seppe ben decifrare e poi il suo viso si sciolse in un piccolo sorrisetto. 

« Ti fidi di me? » le chiese a bassa voce, avvicinando il viso al suo. Lily aggrottò le sopracciglia, un po’ sorpresa, ma annuì ugualmente. « Accio scopa » disse quindi James, mentre lei capiva cos’aveva in mente. 

« No » si affrettò subito a dire, scuotendo con convinzione la testa. « No, no, no. Non ci pensare neanche. Io su quella cosa non ci salgo. No, no e no » continuò, mentre la scopa arrivava fluttuando a mezz’aria.

James l’afferrò al volo, come se ci fosse abituato, e guardò Lily mordendosi il labbro inferiore. 

« Addirittura sette no? » la prese bonariamente in giro. « Non ti sembra di esagerare? Dai, salta su » la incitò, mettendosi a cavallo della propria Nimbus. 

« No, James, te l’ho detto » ripeté Lily, testarda. « Non ho intenzione di salire ».

« Ma perché? » insistette. « Ti prometto che non farò acrobazie e non tenterò neanche di farti cadere! » 

Lei lo fulminò con un’occhiataccia, poi lanciò un altro sguardo alla scopa. 

Le piaceva il Quidditch? Sì, da spettatrice. Le piaceva volare? Assolutamente no. Ci aveva provato ogni tanto, ma l’unica volta in cui era salita abbastanza in alto aveva poi perso il controllo della scopa ed era quasi andata a finire contro le serre di Erbologia. 

« Vorrei anche vedere. Però no, James, dico davvero » gli disse, scuotendo la testa. « Faccio schifo a volare e ho paura delle altezze, rischierei l’infarto ».

« Hai paura di volare? » esclamò James, sorpreso: sapeva che non era un asso a volare, ma non pensava ne avesse addirittura paura. « Davvero? »

« Ehi, guarda che non è una cosa così strana! » ribatté Lily, un po’ risentita. « Tu hai paura dei ragni, io ho paura di volare! A ognuno il suo ».

« Ma i ragni sono brutti » ci tenne a precisare lui, come se fosse ovvio. « Volare invece è bellissimo! Devi solo prenderci la mano ».

Lily stava per ribadire che lei non aveva la minima intenzione di prenderci la mano e che se proprio ci teneva poteva andare da solo a farsi un volo di notte, infrangendo chissà quante regole. Tuttavia prima che potesse parlare entrambi sentirono un miagolio e presto Miss Purr, la gatta di Gazza, comparve da dietro l’angolo. Entrambi la fissarono per un breve secondo prima di lanciarsi un’occhiata preoccupata: non potevano farsi trovare in giro per i corridoi, di sera tardi, e per di più con una scopa volante. 

« Sali » disse velocemente James, facendosi un po’ avanti sulla scopa così da lasciarle più spazio. 

« Cosa? » sbottò Lily, cocciuta. « Ti ho già detto che io su quel trabiccolo non ci salgo! »

« Vuoi farti beccare da Gazza? » le chiese lui, sbuffando. 

Fece per aprire nuovamente bocca per cercare di convincerla, ma improvvisamente un rumore di passi iniziò a farsi sempre più vicino mentre Miss Purr li fissava dall’angolo. 

Lily lanciò un’occhiata all’incrocio tra i due corridoi, che iniziò a risultare più luminoso sicuramente a causa della lanterna di Gazza, e poi spostò di nuovo lo sguardo su James e la sua dannatissima scopa. I suoi occhi percorsero un’ultima volta lo stesso tragitto e infine, maledicendo in tutte le lingue se stessa e James, sollevò una gamba e si mise a cavalcioni sulla scopa. 

Con le braccia cinse la vita del ragazzo, stringendosi a lui e poggiando la guancia contro la sua schiena, e lo sentì ridacchiare mentre si sollevava rapidamente in aria e prendeva subito velocità. Un attimo dopo si erano lasciati l’ampia finestra alle spalle e Lily non osò guardare né dietro né sotto di sé, sicura di avere fin troppi metri tra lei e il terreno.

« Io ti ammazzo » disse a voce alta, quasi urlando per farsi sentire. 

James stavolta non si trattenne e rise apertamente. Ormai si erano lasciati quel corridoio alle spalle ed erano vicino alla torre di Astronomia, perciò non si curò di tenere basso il volume della voce. 

« Non lo faresti mai » scherzò lui, mentre virava. 

Lily non rispose alla sua provocazione ma si strinse ancora più forte contro di lui, sia per la paura che per il freddo. Una parte di lei avrebbe voluto strangolarlo, ma le serviva almeno finché non le avesse fatto posare di nuovo i piedi su qualcosa di solido. 

« Guardati intorno » le disse a un certo punto James, fermandosi a mezz’aria sopra la torre di Astronomia. 

Lei fece quanto le era stato detto e per un attimo dimenticò anche di trovarsi su una scopa a chissà quanti metri da terra. 

Davanti a loro si estendeva tutto il parco di Hogwarts: il Lago Nero con le sue acque stranamente calme, il Platano Picchiatore che di tanto in tanto dimenava i propri rami e la capanna di Hagrid ridotta a una piccola sagoma scura. In cielo, uno spicchio di luna illuminava tutto ciò su cui posavano gli occhi. 

« Ti piace? » le chiese James, girandosi quanto possibile per cercare di guardarla in viso. 

Lily si raddrizzò appena così da incontrare il suo sguardo e annuì, sciogliendosi in un piccolo sorriso. Poi posò il mento sulla spalla di James e inclinò leggermente la testa, così da dargli un bacio sulla guancia. 

« È bellissimo » rispose, mentre lui arrossiva appena e ringraziava il buio che lo nascondeva. « Però adesso potremmo scendere? » gli domandò dopo qualche secondo, quando un brivido di freddo la fece tremare più forte.

« Ti va di stare un po’ sulla torre? A quest’ora non dovrebbe esserci nessuno » le propose, staccando una mano dalla scopa per farle una carezza sull’avambraccio.

Lei acconsentì e James ripartì, scendendo piano. Si accostò alla balaustra della torre di Astronomia e infine, facendo attenzione a non colpire nessun telescopio, atterrò quasi al centro dell’aula. Aspettò che Lily scendesse e poi posò la scopa a terra, sedendosi lì accanto. 

Lily non lo imitò, ma si avvicinò alla balaustra per continuare a contemplare il panorama. C’era un così tanto silenzio che poteva sentire i versi dei gufi sollevarsi dalla Foresta, poco lontana da quell’ala del castello. 

« È stato così terribile? »

La voce di James invase l’aria e la fece girare nella sua direzione. Lui la guardava con un sorriso soddisfatto sulle labbra, una gamba allungata in avanti e l’altra piegata così da poterci appoggiare il gomito. 

« Rimettimi in una posizione del genere e giuro che sarò io stessa a buttarti giù da questa torre » gli rispose, cercando di tenere il punto, ma era chiaro ad entrambi che, sebbene avesse avuto paura, non era stato tremendo come aveva immaginato. 

James scosse la testa, divertito, e si alzò in piedi per raggiungerla. Si appoggiò a sua volta alla balaustra, le loro spalle che si sfioravano appena. Calò nuovamente il silenzio e dopo poco Lily gli si fece un po’ più vicina, poggiando la guancia contro la sua spalla. 

« Grazie… » le disse James a un certo punto. « Per prima, dico… e scusami… non volevo intristirti o rovinarti la serata… »

La ragazza si staccò appena da lui per poter girare il viso nella sua direzione e osservarlo in viso. Lui la non la stava guardando, era girato di lato e sembrava perso a contemplare il vuoto. 

Lily lo prese sottobraccio, attirando di nuovo la sua attenzione, e una volta che incrociò il suo sguardo gli sorrise e scosse la testa. 

« Non devi scusarti » gli assicurò con voce dolce. « Quante volte ci sei stato tu per me, nell’ultimo periodo? E non devi neanche ringraziarmi… mi fa… mi fa piacere che tu riesca ad aprirti con me, e se dovessi ancora avere bisogno di qualcuno con cui sfogarti sai dove trovarmi » aggiunse, accarezzandogli piano il braccio. 

James piegò appena le labbra in un piccolo sorriso e continuò a guardarla dritta negli occhi. 

Gli erano sempre piaciuti, gli occhi di Lily, ma ultimamente ancora di più. Perché non era la forma o il colore ciò che li rendeva così belli, per lui, ma il calore e la dolcezza che trasmettevano. Erano occhi teneri, occhi gentili. Lo facevano sentire più in pace con se stesso. 

Senza pensarci le posò una mano sulla guancia ed avvicinò il viso al suo, poggiando la fronte alla sua. Quando lei non si allontanò ma, anzi, fece scivolare la propria mano nella sua, James chiuse gli occhi e posò le labbra su quelle di Lily. 

Lo fece piano, con calma, come se avesse tutto il tempo del mondo. Poggiò l’altra mano alla base della sua schiena, spingendola appena contro di sé. 

Lentamente si separarono ed entrambi aprirono gli occhi, così da guardarsi l’un l’altra. 

Prima che si potesse controllare James si abbassò per baciarla nuovamente. Lily ricambiò il bacio e gli circondò la vita con le braccia, le sue dita che andavano a stringere il maglione; portò poi una mano sul suo collo e gli si fece più vicina, finché non ci fu più alcuno spazio tra di loro e riuscì a sentire il battito del suo cuore contro il proprio petto.

Quando si allontanarono James fece scivolare una mano sul suo fianco mentre con l’altra le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lo guardò negli occhi e un sorriso le incurvò le labbra, mentre piccoli brividi le fecero venire una leggera pelle d’oca. 

James ricambiò il sorriso e le posò un bacio sui capelli, circondandole poi le spalle con le braccia e stringendola di nuovo a sé. 

 

*

 

« Ci vuoi spiegare perché hai quella da faccia da ebete? » sbottò Sirius, battendo la mano sul libro aperto che aveva davanti. « È tutto il giorno che sembri essere stato appena colpito da un Bolide ». 

Remus e Peter si lanciarono un’occhiata divertita prima di abbassare gli occhi sui propri compiti e ridacchiare sommessamente. 

« Oh? » fece invece James, che fino a quel momento era stato immerso nei propri pensieri. « No, niente » aggiunse subito dopo, quando capì di cosa si stava parlando. 

Era tutto il giorno che continuava a pensare alla sera precedente passata con Lily, ma non credeva che gli altri si sarebbero accorti di qualcosa. Evidentemente a fare finta di niente era meno bravo di quanto pensasse. La cosa non lo toccò particolarmente, il ricordo della sera prima era troppo piacevole perché potesse preoccuparsi di una stupidaggine del genere. 

« Capito? Niente » lo prese in giro Sirius, guardandolo a metà tra l’annoiato e il sarcastico. 

« Come no… » borbottò Peter, cercando di nascondere le sue parole con un colpo di tosse: si vedeva che era divertito e che stava scherzando, in realtà. 

« Sei credibile quanto Piton quando dice che si lava i capelli » continuò Sirius, serafico, facendo ridere tutti e tre. 

« Dai, dicci cosa c’è » lo incalzò invece Remus, curioso. 

« La Evans ti ha mandato contro qualche altro animaletto volante? » fece Sirius, con tono fintamente sognante. « Oh, oh, lo so! Ti ha di nuovo detto che preferirebbe uscire con la Piovra Gigante piuttosto che con te? Che dolce! »

In risposta a tutte quelle provocazioni James alzò il dito medio in direzione del suo migliore amico, ma il suo sorriso non accennava ad incrinarsi.

« Ti piacerebbe, Pad » rispose, tornando poi più serio. « Abbiamo chiacchierato ieri sera… » proseguì, vago, facendo spallucce. 

Gli altri tre Grifondoro rimasero in silenzio, in attesa di sapere come andasse avanti il racconto di James, ma quest’ultimo non proseguì e si limitò a riportare gli occhi sul proprio libro. 

« Avete chiacchierato e…? » fece Remus, che era un po’ pettegolo di natura e non poteva sopportare di essere tenuto sulle spine così. 

James rimase ancora nel suo mutismo, esasperandoli tutti. Quando rialzò lo sguardo su di loro, però, notarono con stupore che era imbarazzato. Da quando lo conoscevano non l’avevano quasi mai visto con quell’espressione, e per questo non dissero nulla e si limitarono a guardarlo passarsi ripetutamente la mano tra i capelli prima di sorridere a trentadue denti. 

Fu Peter il primo a capire e lo guardò come se gli fosse appena spuntata una seconda testa. 

« Non è vero » esclamò, colto di sorpresa. « Non ci credo ». 

« Pet, ma che diavolo stai… » iniziò Sirius, ma quando realizzò si bloccò e si girò di scatto verso il suo migliore amico. « Non è vero! »

James però annuì e il suo sorriso, se possibile, sembrò allargarsi ancora di più. 

« Hai baciato Lily? » domandò Remus, come se dovesse avere la conferma di aver davvero capito di cosa stessero parlando.

« Ma era caduta? Aveva sbattuto la testa? » s’informò Sirius, sospettoso. « Cioè, era in sé? Era normale? Per quanto normale possa essere Evans, intendo, ovviamente ».

James e Remus lo fulminarono con un’occhiataccia e il primo gli lanciò in faccia la propria sciarpa.

« Certo che era in sé » ci tenne a precisare James, piccato. 

« Cazzo » borbottò Sirius, ricevendo un’altra occhiataccia dal ragazzo. « Ha davvero ceduto. Sei davvero riuscito a conquistare Lily Evans. Se me l’avessero detto due anni fa non ci avrei mai creduto ».

« È bello vedere che hai fiducia in me » scherzò James, alzando gli occhi al cielo. 

« Dovere di migliore amico ». 

« Ma com’è successo? Dov’eravate? » domandò invece Peter, troppo curioso per trattenersi. 

James gli raccontò brevemente ciò che era successo la sera prima: che si erano incrociati fuori dalla Sala Comune dopo cena, che per non essere beccati da Gazza erano andati sulla torre di Astronomia e che alla fine, mentre chiacchieravano, avevano finito per baciarsi. Non scese troppo nei particolari perché non voleva risultare troppo melenso ed evitò di dire che aveva pianto, andando quindi dritto al punto. 

« E ora? » gli chiese Remus quando finì il suo racconto, interessato. « Come siete rimasti? »

« Ah » fu l’unica suono che uscì dalla bocca  di James, che si fece improvvisamente pensieroso. « Non lo so ».

Ciascuno dei suoi tre amici gli lanciò un’occhiata allibita, dopodiché si guardarono tra di loro e iniziarono a ridere. 

« Ma come fai a non saperlo? » domandò Peter, cercando di non ridere più per non metterlo troppo in soggezione. 

« Scusa, ma come vi siete lasciati? » andò in suo aiuto Remus, mentre Sirius continua a scuotere la testa e ridacchiare sommessamente. « Cioè, cosa vi siete detti? »

« Siamo rimasti un altro po’ sulla torre e poi siamo tornati in Sala Comune » rispose James. « Ci siamo salutati e le ho dato la buonanotte… e lei mi ha detto che ci saremmo visti domani, cioè, oggi… però non ci siamo detti niente di che ». 

« Prongs, ma quando tu le hai dato la buonanotte lei come ti è sembrata? » chiese Sirius, cercando di capire meglio la situazione. 

 

« Allora… » fece James, passandosi una mano tra i capelli, quando entrarono in Sala Comune. 

Lily gli sorrise e si fermò di fronte a lui, guardandolo da sotto le folte ciglia. Lui inizialmente si sbilanciò appena verso di lei, ma un crepitio proveniente dal camino lo fece sobbalzare e si rimise dritto. 

« Be’, buonanotte » le disse quindi, sentendosi un po’ stupido. 

La ragazza rimase in silenzio qualche secondo e a lui parve di vedere il suo sorriso incrinarsi leggermente, ma subito dopo tornò come prima. Gli posò una mano sul braccio e si alzò sulle punte per dargli un bacio sulla guancia. 

« Buonanotte, James » rispose, posando una mano sul pomello della porta accanto a lei. « Ci vediamo domani ».

Dopodiché aprì la porta e sparì dietro di essa.

 

Quando James finì di raccontare loro anche quell’ultima parte, Remus si passò una mano sugli occhi e cercò di non sospirare o scoppiare a ridere. 

« Lo sai che si aspettava qualcosa di più, vero? » gli chiese infatti Sirius, come se fosse ovvio. 

Tanto ovvio però non doveva essere stato per James, che alle sue parole sgranò gli occhi e si portò una mano al viso. 

Lui sul momento aveva pensato di salutarla e baciarla di nuovo, ma poi lei non si era mossa minimamente e quindi aveva pensato che forse sarebbe stato troppo. Si diede mentalmente dell’idiota per svariate volte, finché non fu Remus a dare voce ai suoi pensieri: 

« Certo che sei più scemo di quanto pensassimo » disse, ma lo fece con tono scherzoso e con un sorriso rassicurante sulle labbra. « Comunque non ti preoccupare, non è una cosa così grave ».

« Niente di grave? » gracchiò James, scuotendo la testa. « E se adesso pensasse che non mi piace? Che non la volevo baciare? » 

« James, non fare la femminuccia adesso » lo riprese Sirius, dandogli un pugno sulla spalla per farlo rimettere dritto. « Hai presente di chi stiamo parlando? Lily Evans. Le hai dato il tormento per due anni. Quante volte le avrai chiesto di andare ad Hogsmeade con te? E vogliamo parlare di tutte le volte che sei riuscito a farvi mettere in punizione insieme solo per passare del tempo con lei? Lo hanno capito anche i muri che sei cotto di lei! Fidati, si starà facendo meno viaggi mentali di quanti te ne stia facendo tu adesso ».

James fece per ribattere che non era vero che era così cotto di lei, ma poi decise di soprassedere. Sapeva benissimo che, se ci avesse anche solo provato, i suoi amici avrebbero tirato fuori tutte le volte che aveva fatto qualcosa di stupido per attirare l’attenzione di Lily. 

« Quindi secondo voi non devo andarci a parlare? » chiese invece, titubante. 

« No! » esclamarono gli altri tre Grifondoro. 

James aggrottò la fronte, guardandoli con perplessità. 

« Non c’è bisogno di alzare la voce, eh » fece loro presente. 

« Sì, ehm, scusa » borbottò Remus, un po’ in imbarazzo. « Comunque no. Anche perché cosa le andresti a dire? »

« Ciao Evans, ti volevo chiedere scusa per non averti baciata ieri sera ma sai, sono un imbeci… » lo stava prendendo in giro Sirius in falsetto, finché non venne colpito sulla testa dal libro di James che lo stava fulminando con lo sguardo. 

Peter e Remus si scambiarono un’occhiata furtiva e ridacchiarono di quella scena. 

« Magari non lo diresti con quelle parole, ma il concetto quello sarebbe… » gli fece notare Peter. 

« E allora cosa dovrei fare? »

Ci fu un breve momento di silenzio in cui tutti e quattro si fecero pensierosi; neanche mentre studiavano sembravano tutti così concentrati, di solito. Dopo poco tempo a James stesso si illuminarono gli occhi. 

« Qualcuno di voi ha una pergamena o qualcosa su cui io possa scrivere? » chiese loro con tono concitato, mentre cercava anche nella propria borsa. 

« Io » rispose Peter, guardandolo perplesso; tirò fuori dalla cartella un foglio e glielo porse. « Ma perché? »

 James afferrò la pergamena con un gesto fulmineo e la poggiò sopra al proprio libro di Trasfigurazione.

« Dopodomani è San Valentino » rispose, tornando a sorridere, mentre preparava piuma e calamaio. « Le scriverò un biglietto e poi le chiederò di venire con me ad Hogsmeade sabato prossimo. Ci può stare, no? »

Le labbra di Remus si piegarono in un sorriso mentre annuiva: « Assolutamente sì ».

« Certo che sei diventato davvero melenso » fu invece il commento di Sirius, che lo guardava fingendo di essere deluso. « Evans ti ha proprio rovinato ».

« È inutile che fai il duro » ribatté Peter, guardandolo con un sorrisetto sulle labbra. « L’unico motivo per cui non scrivi bigliettini sdolcinati è perché se devi fare una cosa devi farla in grande. Un bigliettino non basterebbe, sarebbe troppo riservato. Tu faresti una scena plateale in mezzo a tutta la Sala Grande ». 

Sirius fece per ribattere, ma si bloccò immediatamente e un ghigno gli solcò il viso mentre diceva: « Potrebbe essere una bella idea, in effetti… ». Poteva già immaginare l’espressione di Mary se si fosse azzardato a fare una cosa del genere. 

Nel frattempo James ci tenne a precisare: « Intanto io non sono melenso. E poi chi ha detto che sarà un biglietto sdolcinato? »

« È un biglietto di San Valentino » gli ricordò Remus con tono ovvio. « I biglietti di San Valentino sono sempre sdolcinati ».

« Il mio non lo sarà » s’impuntò James. « Sarà un biglietto assolutamente… assolutamente non sdolcinato. Sarà un biglietto d’effetto. Fuori dal comune. Virile. Sì, ecco ».

I suoi amici aggrottarono tutti e tre le sopracciglia e gli lanciarono occhiate a metà tra lo scettico e il sarcastico. 

« Un biglietto virile » ripeté Remus, per niente convinto. 

« Vuoi scriverci tutte le volte che a causa sua ti sei svegliato tutto sudato? » lo sfotté Sirius, ghignando. « O vuoi raccontarle di quando hai affatturato Jonathan Caldwell perché avevi sentito che voleva chiederle di uscire? Perché secondo me sono tutti buoni spunti per un biglietto “fuori dal comune” ».

« Vaffanculo, Pad » replicò James con tono fintamente gentile ed educato. « Siete dei malfidati. Dei miscredenti. Vedrete » concluse, decidendo di consumare le proprie energie in maniera più opportuna, ovvero concentrandosi su ciò che poteva scriverle. 

In effetti non aveva alcuna idea e aveva meno di due giorni. 

« Tranquillo, Prongs. Se vuoi diventare la prossima Celestina Warbeck hai tutto il mio appoggio » disse Sirius, prima di iniziare a mettere in borsa le proprie cose. « Io ho finito, torno in Sala Comune. Ci vediamo a cena? » 

Gli altri tre assentirono, così lui si alzò e dopo averli salutati si incamminò. Fino ad allora erano rimasti a studiare in un’aula in disuso del quarto piano, quindi non ci mise granché ad arrivare a destinazione. Pronunciò la parola d’ordine alla Signora Grassa, che lo fece passare, ed entrò in Sala Comune. 

Vide Mary, seduta a gambe incrociate su una poltrona, tutta concentrata a leggere e rileggere la pergamena che aveva tra le mani, e sorrise appena. Era divertente guardarla scuotere la testa, borbottare tra sé e sé e poi scribacchiare qualcosa con la piuma. 

Cercando di non farsi notare salì in dormitorio, trovandolo fortunatamente vuoto, e dopo aver buttato la propria borsa sul letto si sbrigò ad aprire il baule di James. Prese il Mantello dell’Invisibilità, lo indossò e prima di uscire rimise tutto dove lo aveva trovato.

Quando scese notò che Mary non era più sola, ma era stata raggiunta da Lily; quest’ultima si era seduta sul bracciolo della poltrona e parlava all’amica con aria concitata. Anche da lì Sirius notò il rossore che aveva preso possesso del viso di Lily e da quel particolare capì quale fosse l’argomento del discorso. 

Sorrise appena, ma quando qualcuno entrò in Sala Comune ne approfittò per uscire senza creare sospetti. 

« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni » sussurrò dopo essersi nascosto temporaneamente dietro un arazzo ed aver tirato fuori dalla tasca la Mappa. Questa pian piano si riempì di cartigli e lui iniziò a cercare il nome che gli interessava; sebbene sapesse che si trovava spesso lì, sbuffò quando vide dove si trovava. 

I sotterranei non gli sarebbero mai piaciuti. 

 

 

« Mio padre dice che è solo questione di tempo ». 

 

« Comunque Grace è diventata proprio figa. Inizio a capirti… ».

« Non parlare di Grace ».

« Tasto dolente? »

 

« Ti giuro, se quello stupido Sanguesporco osa rispondermi ancora una volta… »

 

 

Non si tolse il mantello finché non fu tornato in camera e una volta lì si rese conto che i suoi amici dovevano essere già rientrati ed usciti di nuovo per la cena: infatti i libri di James erano sparsi disordinatamente sul letto, mentre la borsa di Remus era appoggiata sul cassettone insieme a quella di Peter. 

Mentre rimetteva il mantello al suo posto si disse che era stato un buco nell’acqua; non si era sorpreso di quei discorsi, non aveva scoperto nulla di nuovo. Non aveva trovato la risposta che cercava. 

Sbuffò sonoramente e si trattenne dal dare un calcio al proprio baule, limitandosi invece a darsi una sistemata veloce ed avviarsi per andare a cena. 

Non aveva voglia di parlare con nessuno, perciò quando passò in Sala Comune e sentì la voce di Mary chiamarlo fece finta di niente ed uscì, accelerando il passo.

La Sala Grande era gremita di gente, ma Sirius riuscì ugualmente ad individuare i propri amici e li raggiunse di gran lena. Si lasciò cadere accanto a James e dopo averli salutati iniziò a riempirsi il piatto di cibo; una nota positiva c’era, quella sera: lo stufato di agnello, il suo preferito. 

« Magari lasciane un po’ anche agli altri… » scherzò Remus, lanciando un’occhiata divertita alla porzione molto abbondante che si era servito. 

« Ho fame » rispose brevemente Sirius stringendosi nelle spalle. 

« Ma dov’eri finito? » gli domandò invece James. « Quando abbiamo finito di studiare siamo tornati in dormitorio ma tu non c’eri, e Mary ci ha detto che non ti ha visto neanche in Sala Comune ».

« Lasciamo stare » sbuffò. « Volevo fare un salto ad Hogsmeade ma Gazza mi ha beccato mentre trafficavo con la Strega Orba… ennesima punizione a lucidare la Sala Trofei » disse con tono casuale, sicuro che ci avrebbero creduto visto che era già successo altre volte. 

Infatti fu così. James ridacchiò insieme a Peter, mentre Remus si limitò a scuotere la testa, contrariato ma allo stesso tempo divertito. 

« Che c’è, ti mancavano le punizioni con il dolce Argus? » lo stuzzicò Peter, versandosi intanto dell’acqua nel calice. 

Sirius fece per rispondere, ma in quel momento qualcuno si sedette accanto a lui. Appena si girò da quel lato riconobbe Mary, che gli lanciò un sorriso prima di salutare tutti quanti e servirsi un po’ di agnello. Ovviamente insieme a lei era arrivata anche Lily, che si sedette accanto a Remus e davanti a James. 

« Ti avevo chiamato, in Sala Comune » gli fece notare Mary tenendo la voce bassa per non attirare l’attenzione degli altri. Dal suo tono si capiva che non era arrabbiata, solo stupita e confusa. 

« Davvero? » ribatté Sirius, fingendo di non sapere di cosa stesse parlando. « Scusa, non ti ho sentito. Avevo un po’ la testa da un’altra parte ». 

Mary si portò il calice alla bocca e bevve qualche sorso di acqua, mentre nel frattempo lo osservava con aria attenta: aveva parlato a voce parecchio alta, come poteva non averla sentita? Dalla sua fronte aggrottata Sirius capì che non doveva averla convinta del tutto. 

« Sarà » sospirò lei, pensando che forse era meglio soprassedere: d’altronde non c’erano motivi per cui Sirius avesse dovuto ignorarla di proposito. « Stai bene? Sembri un po’ nervoso ». 

Quando lo disse, lui per qualche secondo smise anche di masticare. Alla fine ingoiò e si girò verso di lei, sfoderando un sorriso sardonico. 

« Sto benissimo » rispose con tono indifferente. « Perché me lo chiedi? »

Mary inarcò le sopracciglia e, dopo averlo guardato con scetticismo, spostò gli occhi più in basso, sotto la panca; Sirius seguì la traiettoria del suo sguardo ma non capì bene cosa stesse guardando, così riportò la propria attenzione su di lei. 

« Perché ti conosco, e so bene che quando batti il piede a terra in questo modo è perché c’è qualcosa che non va » gli spiegò, piegando appena le labbra nel principio di un sorriso. « Cosa succede? » gli domandò poi, mentre poggiava la propria mano su quella di Sirius che era ferma sul tavolo. 

Lui resse il suo sguardo per un po’, prima di risponderle: « Non è successo niente, Mary » e mettere in bocca un nuovo boccone. 

« Fino a qualche giorno fa mi facevi il terzo grado perché dicevi che non ti devo mentire e che se sto male non devo tenermelo dentro… e ora sei tu il primo a farlo? » gli domandò, allibita e anche un po’ infastidita. 

« Te l’ho già detto, sto bene » fu l’unica risposta che ricevette dal ragazzo, così lei tolse la propria mano da sopra la sua e si concentrò sul proprio piatto, infilzando un pezzo di agnello con fin troppa decisione. 

« Certo, come no » commentò lei, sarcastica e tagliente. 

« Ti ho detto che non è successo nulla » sibilò Sirius, e non l’aveva mai sentito rivolgerle quel tono di voce: non era solo basso, ma duro e secco, forse troppo. 

Lei inizialmente gli rivolse un’occhiata sorpresa, tuttavia dopo pochi secondi assottigliò gli occhi e il suo sguardo si adombrò. 

« Ma di’ pure il cazzo che ti pare » disse con lo stesso tono di lui, smettendo di prestargli attenzione. 

Non voleva essere cattiva, ma per quanto la riguardava non pensava di aver sbagliato nulla. Si era solo accorta che era nervoso e gli aveva chiesto il motivo: era stato lui a mentirle, prima, e a risponderle male dopo. 

E le dava fastidio il fatto che fosse proprio Sirius a comportarsi in quel modo, a dirle che andava tutto bene anche se era chiaro che qualcosa doveva averlo innervosito; le dava fastidio perché era stato proprio lui, nelle ultime settimane, a ripeterle costantemente che non doveva chiudersi in se stessa. Non era un gioco in cui poteva usare due pesi e due misure, non poteva chiederle di aprirsi se poi era lui il primo a non farlo. 

Mangiò qualche altra forchettata di patate e, dopo essersi presa un paio di minuti per calmarsi un po’, si concentrò sulla discussione tra Remus e Peter. Stavano chiacchierando anche loro a voce un po’ bassa e nel mentre continuavano a lanciare occhiate divertite a James e Lily. 

I due erano seduti dal lato opposto rispetto a Mary, perciò lei dovette sporgersi leggermente in avanti per osservarli. Non ci sarebbe stato niente di particolare, se non fosse stato per le guance leggermente rosee di Lily e il fatto che James continuava a passarsi la mano tra i capelli, come faceva sempre quando era nervoso. 

Era palese che si piacessero, ormai nemmeno Lily poteva osare negarlo: dopo il bacio della sera prima e il suo sguardo quando glielo aveva raccontato, sarebbe stato ovvio a chiunque. Nonostante avesse ripetuto più e più volte che uno come James non le sarebbe mai piaciuto, alla fine si era dovuta rassegnare alla mera verità: le piaceva, e tanto. 

 

Mary era seduta su una delle poltrone della Sala Comune e stava ricontrollando il proprio tema per Cura delle Creature Magiche quando vide Lily entrare dal buco del ritratto. Quest’ultima, non appena la vide, le si fece incontro e si sedette sul bracciolo. 

Continuava a mordersi il labbro inferiore e a guardarla fissa negli occhi, così Mary inarcò le sopracciglia, divertita, e si concentrò su di lei. 

« Terra chiama Lily? » 

« Ho baciato James » disse Lily in tutta risposta, lasciandola basita. 

Dopo un primo momento di stupore, ad ogni modo, Mary scoppiò a ridere e le guance dell’altra s’imporporarono leggermente. 

« Non ridere! Dico davvero » protestò infatti, dandole un leggero colpetto sul braccio. « Cioè, in realtà è lui che ha baciato me. Però l’ho baciato anche io. Dio, sembro cretina. Hai capito cosa voglio dire ». 

« Certo che ho capito » ridacchiò Mary, punzecchiandole un fianco. « Ma quando è successo? Perché questa data voglio segnarmela sul calendario, sappilo! E tu che continuavi a dire che non ti piaceva… » la prese poi in giro, riferendosi a tutte le volte che lei aveva fatto allusioni a loro due e Lily si era sempre tirata indietro. 

La rossa alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma non sembrava infastidita, anzi; le sue labbra infatti si piegarono subito dopo nel sorriso raggiante di poco prima. 

« Ieri sera » iniziò, controllando che nessuno fosse abbastanza vicino da sentire ciò che dicevano: non perché se ne vergognasse o se ne fosse pentita, ma perché era una cosa intima, personale, e non voleva che diventasse di dominio pubblico. « Dopo che ha accompagnato Kevin in Infermeria l’ho incontrato nel corridoio, così ci siamo messi a parlare… solo che poi abbiamo sentito arrivare Gazza, quindi James ha appellato la sua scopa e per non farci beccare siamo andati sulla torre di Astronomia… e poi mentre parlavamo è successo. È stato così… naturale… e dolce… mi sento davvero ridicola a dire queste cose » ammise, sicura di avere le guance ancora più rosse di prima. 

« Ma perché? Ehi, sono io, se dovessi diventare troppo smielata prometto di darti una botta per farti rinsavire » scherzò Mary, cercando di farla sentire un po’ più a suo agio. Sapeva che Lily era molto timida e che tendeva a sentirsi un po’ in soggezione nel parlare di quelle cose. 

« Oh, grazie mille! » esclamò Lily, ridendo. « Bella migliore amica che ho! »

« Oltre che bella direi anche molto simpatica! » 

« Be’, su questo avrei da ridire! »

« Ma come osi! »

 

Il viso di Mary si sciolse in un sorriso divertito mentre osservava Lily e James chiacchierare, poco lontani da lei. 

« Ehi, Pad, Gazza ti ha dato il bacio del Dissennatore oltre a farti pulire i trofei? » domandò Peter, attirando l’attenzione di tutti. « Sembra tu voglia ucciderlo, quel povero agnello. Ed è già morto, se non l’avessi ancora notato ».

In effetti Sirius aveva continuato a mangiare ma non aveva più alzato lo sguardo dal proprio piatto; quando si sentì chiamare, però, sollevò lo sguardo sull’amico e lo guardò come se fosse impazzito. 

« Ci provasse solo a baciarmi » rispose, il viso piegato in una smorfia. 

« Gazza? » fece invece Mary, non capendo di cosa stessero parlando. 

Remus inarcò le sopracciglia e le lanciò un’occhiata sorpresa. Quando aveva iniziato a chiacchierare con Peter l’aveva vista parlare con Sirius, però visto il sguardo confuso lui non doveva aver menzionato la punizione con il custode. 

« Sì, oggi pomeriggio lo ha messo in punizione e gli ha fatto pulire la Sala Trofei » le spiegò Peter, che invece non ci aveva pensato più di tanto e le aveva semplicemente risposto. 

« Mi ha beccato mentre giravo intorno alla Strega Orba e ha dato di matto come al solito » aggiunse Sirius sbrigativamente, lanciandole un’occhiata di nascosto per vedere se si fosse calmata. 

Mary però si limitò ad annuire e, quando davanti a loro comparvero i dolci, si prese del budino e se lo mise nel piatto. Una punizione con Gazza in effetti poteva spiegare il nervosismo di Sirius, ma d’altronde non poteva risponderle male solo per quello. 

« Tu cos’hai fatto oggi pomeriggio, Mary? » le chiese Remus, servendosi a sua volta del budino. 

« In realtà niente di che » rispose tra un boccone e l’altro. « Ho studiato per Trasfigurazione e ho finito il tema che devo consegnare per Cura delle Creature Magiche. Voi? »

Remus fece per risponderle, ma quando lei finì di parlare Peter emise un gemito strozzato e attirò l’attenzione su di sé. 

« Ma come fai a seguire ancora quella materia… » commentò con una smorfia, riferendosi chiaramente a Cura delle Creature Magiche. 

Se c’era una cosa che sapevano tutti di Peter Minus, era il suo odio per tale corso e il suo terrore per la maggior parte delle creature magiche in generale. 

Concedeva il beneficio del dubbio solo agli Asticelli e agli Snasi, perché in fondo erano innocui. Per quanto riguardava qualunque altra creatura, Peter preferiva che rimanesse ad almeno un chilometro di distanza da lui: era una promessa che aveva fatto a sé stesso l’estate tra il quinto e il sesto anno, dopo i G.U.F.O.. Non erano bastati tutti gli animali che il professore aveva portato a lezione, no, lui aveva dovuto fare casino anche agli esami. Ricordava ancora con un brivido quei dannati Fiammagranchi, i vestiti da buttare e tutte le bruciature che Madama Chips aveva poi dovuto curargli. 

Tutti e quattro pensarono a quel preciso episodio, così sia Remus che Mary e Sirius si misero a ridacchiare sommessamente. Peter, invece, continuava ad avere il viso contratto in una smorfia a metà tra lo schifato e il terrorizzato. 

« Dai, non è così male… » disse Mary, colta un po’ sul vivo: insieme ad Incantesimi, Cura delle Creature Magiche era una delle sue materie preferite. « Il professor Glenville è bravo e poi è anche interessante ».

« Finché non rischi di essere bruciato vivo… » borbottò Peter a mezza voce, sempre riferendosi ai G.U.F.O.. 

« Scusa Mary, ma qualche settimana fa non ti sei dovuta arrampicare sul tetto della capanna di Hagrid a causa di un animale impazzito? » le domandò retoricamente Remus, ricordando l’aria arruffata e sconvolta della ragazza quando era tornata in Sala Comune e aveva raccontato loro cos’era successo. 

« Sì, è vero… ma era un Graphorn! » protestò lei, sbuffando. « Voi ne avete mai visto uno? Lo sapete che i troll di montagna a volte li cavalcano? I troll! »

Tutti e tre la guardarono attoniti. 

« No, non ne ho mai visto uno e vivo bene lo stesso » ribatté Sirius. « In più già non avrei voluto vederne uno già dopo il tuo racconto, il fatto che vengano cavalcati dai troll sinceramente non cambia la situazione. Anzi ».

« Vabbe’, ma è successo una volta sola » sottolineò Mary, alzando gli occhi al cielo. « Non tutte le creature magiche sono così. All’inizio dell’anno, per ripassare i vecchi programmi, il prof aveva portato anche gli Knarl. Ve li ricordate? Quei piccoletti che assomigliano a dei ricci? Quelli sono carini ».

« Sì, finché non ti distruggono il giardino… » fu l’unico commento di Peter, che continuava a parlare sempre a mezza voce. 

« Guarda, Mary, se a te piacciono siamo tutti contenti per te » le disse Sirius, mettendo la propria mano su quella della ragazza. « Noi però preferiamo non rischiare di morire ogni volta che andiamo a lezione solo perché il professore decide di portare qualche animale super particolare » aggiunse, pronunciando le ultime due parole con lo stesso tono con cui il professor Glenville ogni volta presentava animali pericolosi. 

Mary sospirò, ma non disse nulla. In effetti Glenville più volte aveva portato a lezione degli animali un po’ fuori dal comune, ma nella maggior parte dei casi per lei non era stato un problema. In parte perché preferiva vedere le creature dal vivo piuttosto che sul libro, e in parte perché era una materia che semplicemente l’affascinava. 

« Parlavate di Glenville, vero? » s’intromise James, che nel frattempo aveva ascoltato l’ultima parte della conversazione insieme a Lily. « Ma ve lo ricordate Peter ai G.U.F.O.? » aggiunse subito dopo e, mentre il diretto interessato arrossiva, tutti gli altri si misero a ridere. 

« Me lo ricordo eccome » rispose Remus cercando di darsi un contegno. 

« Per una settimana ho sentito odore di affumicato ogni volta che ti stavo vicino… » disse invece Sirius, con tono scherzoso: l’odore di affumicato, però, se lo ricordava ancora sul serio. 

 


 

    1- Acquaviola: non l’ho inventata io, esiste davvero nel mondo di HP, però non è mai stato detto se fosse alcolica o meno. Per me lo è, datemela per buona! 

    2- Fiammagranchi: assomigliano alle testuggini ed hanno il carapace incisotato di pietre preziose. Quando si sentono in pericolo sputano fiamme dal posteriore. Sono classificati come XXX (mediamente pericolosi).

    3- Graphorn: sono animali grossi, hanno due corna molto lunghe e sono molto aggressivi. Stando al libricino “Animali fantastici e dove trovarli”, sì, i troll di montagna li cavalcano spesso. 

    4- Knarl: appunto, animaletti piccini simili ai ricci. La battuta di Peter si riferisce al fatto che, se offri del cibo ad uno Knarl, lo prende come segnale che lo vuoi intrappolare e allora ti distrugge il giardino. Carini, eh?

 

Note:
Sì, bene… Non so neanche come cominciare queste note. Prometto che saranno corte, ma ci tenevo a scusarmi per essere sparita in questo modo, da un momento all’altro… ci tenevo a dire che ho già la trama di tutta la storia e d’ora in poi cercherò di ritagliarmi più tempo possibile per scrivere e aggiornare… spero ci sia ancora qualcuno a leggere SLP, ecco.

Devo dire che in questo capitolo James e Lily non si sarebbero ancora dovuti baciare, però mentre scrivevo mi è venuto spontaneo. Mi sono detta che, in una circostanza del genere (insomma, luogo e anche i vari discorsi di prima), due persone che provano qualcosa l’uno per l’altra sarebbero finiti al 100% per baciarsi. E poi uffa, era una vita che aspettavo anche io il loro primo vero bacio :) 

Un bacio, 
Ale

   
 
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