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Autore: ONLYKORINE    05/04/2020    1 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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05.Il ricordo di ginny Weasley

Il ricordo di Ginny Weasley

 

 

Blaise vide Pansy girarsi verso la Weasley e andarle incontro.
“Ti ho già detto che mi dispiace, io non posso più…” La Potter sbuffò.
“Tu sei l’unica che può salvarlo. Devi venire con noi al San Mungo!” Pansy scosse la testa.
“Non posso venire al San Mungo. Il legalmago dice…” La rossa spalancò le braccia e gridò ancora.
“Non mi interessa del legalmago! Mio marito sta morendo! Perché nessuno lo capisce?” Improvvisamente, così come era scattata, la strega si accasciò sul divano e nascose il viso fra le mani. Vide la Granger andarle vicino per sussurrarle: “Ginny, Ginny, calmati…”
Blaise vide sua madre fare qualche passo e battere le mani. Dopo pochissimo Dollylee si materializzò con un vassoio e il tè.

 

Althea non aveva capito la situazione, ma sapeva come frenare un isterismo. Fece portare il tè e si avvicinò alla ragazza seduta sul divano che piangeva.
Mentre passava vicino a Pansy, lei si riscosse e fece un passo verso il divano. “Grazie, signora Za… no. Mi scusi. Grazie”.
Le sorrise e le mise una mano sulla spalla. “Chiamami Althea. Adesso risolviamo questa cosa”. La ragazza annuì.
“Vuoi spiegarci dall’inizio cos’è successo?” Chiese la strega alla rossa, sedendosi sul divano e distribuendo le tazze. “Cos’è successo a tuo marito?” Ginny sospirò e annuì.
“Harry è stato colpito da una maledizione lunedì, durante una missione degli Auror. Sembrava non avesse niente, ma poi ha iniziato ad avere dei dolori strani. Quando siamo andati al San Mungo ci hanno mandato da te, Parkinson, ti ricordi? Al tuo reparto. Quello delle cose strane…” La ragazza sventolò la mano in aria e Pansy annuì.
“Lesioni da Maledizioni potenti e devastanti.”
Althea si stupì. Quello era un reparto speciale. Si occupavano di cose molto gravi e incantesimi potentissimi. Se Pansy lavorava lì prima di essere sospesa, doveva essere in gamba. In quel reparto non ci mettevano chiunque. La guardò di sottecchi mentre parlava con la moglie di Potter.
Potter il salvatore del mondo magico, giusto? Cercò di stare attenta e prestare attenzione senza dire niente.

 

Pansy se lo ricordava. Li aveva visti al reparto, ma lui stava bene. Non aveva niente. Lo aveva detto anche Denys. L’aveva mandato via dicendo che non doveva preoccuparsi. E invece era entrato in uno stato di morte apparente. Ma non dovuto a una pozione. Dovuto a una maledizione. Che lei non aveva riconosciuto.
Passò un fazzoletto alla moglie di Potter e Blaise si sedette su una delle poltrone dicendole di continuare.
“Dicevi che non aveva niente e che sarebbe dovuto andare al reparto di malattie magiche generiche”. Annuì ancora.
“Ma poi…” La rossa sospirò. ‘Ma poi’ cosa? Non c’era un ‘ma poi’! “Prima che prendessimo l’ascensore, ci hai guardato andare via e ci hai richiamato”. Cosa? Non era successo! Sgranò gli occhi.
“Hai detto che Harry camminava in modo strano e avresti preferito visitarlo.”
“Ma non è vero” si trovò a dire. La ragazza la guardò malissimo. La Granger, vicino a lei la guardò curiosa.
“Certo che è vero. Pensi me lo sia inventata? L’hai visitato e gli hai fatto delle domande su come era stato colpito. Quando lui ha spiegato, tu hai fatto una brutta faccia e ci hai detto di aspettare. Sei uscita e non tornavi più…” Bevve un sorso di tè e riprese il racconto.
“Dopo un po’ mi sono preoccupata e sono venuta a cercarti. Eri nel tuo ufficio, con il tipo che era con te mentre visitavi Harry e avete avuto una discussione. Vi ho visto dalla porta socchiusa.”
Chi? Se non si ricordava di aver visitato Potter, come faceva a ricordarsi chi c’era con lei?
“Poi hai urlato e lui ha tirato fuori la bacchetta. Io non ho avuto la prontezza di entrare e un’infermiera mi ha sgridato quando mi ha visto lì. Ho tentato di spiegare quello che stava succedendo, ma poi voi siete usciti e lei non mi ha creduto. E dopo…” Si voltò verso la Granger. “Non mi ha più creduto nessuno. Il mattino dopo Harry è svenuto e siamo tornati al San Mungo. Ha iniziato a stare male e a contorcersi. Poi, martedì sera è iniziata la fase della morte apparente, esattamente come avevi detto tu”.
“Io?” Pansy si stupì di aver gridato. La Weasley annuì ancora.
“Sì. Hai detto al tipo nel tuo ufficio che se non aveste fatto niente, nel giro di due giorni Harry avrebbe perso conoscenza e non si sarebbe più risvegliato. E che dopo sei giorni, forse otto, visto che è messo bene, sarebbe morto. Ora, di giorni ne sono passati quasi cinque… Per favore, Parkinson, puoi venire al San Mungo a salvare Harry?” Lei la guardò stranita. Cioè la Weasley la stava pregando? “Farò tutto quello che vuoi…”
“Io non voglio niente. Ma non mi ricordo di…”

 

“Scusate…” Hermione pensò che non stessero andando da nessuna parte, così. “Penso che ti sia stato fatto un Incantesimo Oblivion, Parkinson. Adesso, non so il perché o come ci siano riusciti, però, fatto sta, che stanno cercando di uccidere Harry e dobbiamo fare qualcosa.”
“Dici che volevano incastrare Pansy?” le chiese Zabini. Scosse il capo.
“Non lo so. Magari si è solo trovata tirata in mezzo per casualità. Però, a questo punto, il mago che era con te è quello che sta tirando le fila di questa commedia e dobbiamo fermarlo e salvare Harry. Giusto?”
“Tirare che cosa?” chiesero in coro Zabini e sua madre. Già. I maghi non sapevano cosa fossero le marionette.
“Scusate, è un detto babbano.”

 

Pansy si alzò in piedi. “Ok, dobbiamo trovare il modo per scoprire cos’ha Potter. Come… si fa?” Si girò verso la riccia ex grifondoro. “Granger… O come ti devo chiamare… C’è una pozione o qualcosa per farmi tornare un ricordo cancellato con l’oblivion?” La Granger scosse la testa.
“Ho mantenuto il mio cognome, dopo il matrimonio. Comunque…  potremmo provare con la pozione della memoria. Ma non è detto che…”
“Sei capace di estrapolare il tuo ricordo dalla testa? È una magia un po’ complessa…” Tutti si girarono verso Althea, che beveva il tè con noncuranza, mentre si rivolgeva alla moglie di Potter.
“Io sono capace. Ma poi? Avete un pensatoio?” La Granger, aveva rivolto a loro tre la domanda.
I pensatoi erano difficili da trovare. Erano rari in quanto spesso sparivano insieme al proprietario, essendo strettamente personali. Scosse la testa. Anche Blaise.
“Proviamo con la pozione” disse Pansy.

 

Althea si rabbuiò un pochino. Ma come, lei dava un suggerimento così importante e loro proponevano una semplice pozione? Che poi non si era neanche sicuri della riuscita della cosa.
“Io ho un pensatoio nello studio.”
“Davvero?” Blaise si girò verso di lei. Lui non lo sapeva.
Glielo aveva lasciato Antonio prima di morire. Ci aveva lasciato i suoi ricordi più belli di loro due insieme. I primi anni aveva praticamente vissuto lì dentro.
“Sì.”
La moglie del salvatore del mondo si alzò in piedi.
“Possiamo farlo subito?” Althea annuì e si alzò.
“Andiamo.”
Blaise continuò a guardarla stranito, ma si incamminarono tutti e cinque verso lo studio.

 

Blaise aprì la porta dello studio e la tenne aperta per le signore. Quando la richiuse si guardò intorno. Nessun pensatoio. Infatti.
“Mamma?” si rivolse alla madre. Lei tirò fuori la bacchetta e una libreria girò su dei cardini magici. Mosse ancora la bacchetta. Quello che sembrava un pesante piatto concavo di marmo fece la sua apparizione nella stanza segreta. Poi lentamente prese a muoversi verso di loro e si adagiò sulla scrivania.
“Tua madre è una grande!” gli sussurrò Pansy facendosi vicino a lui.
Blaise la guardò, ma lei continuava a guardare il pensatoio. La Granger tirò fuori la sua bacchetta.
“Ginny pensa intensamente a quel giorno, a quel momento. E concentrati.”
La giovane strega chiuse gli occhi e annuì. Quando la ex Grifondoro avvicinò la bacchetta alla sua testa dicendo: “Pronta?”, la rossa spalancò gli occhi e disse: “Aspetta.” La riccia abbassò la bacchetta.
“Ma… Potrete vedere tutto tutto?”
Pansy sorrise di fianco a lui. “Avete fatto sesso nell’ambulatorio?”
“Certo che no!” Ma arrossì.
“Allora dai, vediamo di capire cos’è successo.”

 

Hermione si concentrò e con la bacchetta riuscì a estrapolare dalla tempia della sua amica un filo scintillante color argento e dalle sfumature biancastre e lo posò direttamente nel pensatoio.
“Ok. Prego, allora. Chi va?” La Parkinson si fece avanti.
“Io andrò di sicuro. Ma non l’ho mai fatto. È difficile?” Poi si voltò verso Zabini.
Lui si avvicinò e le prese la mano.
“Io l’ho già fatto, se vuoi vengo con te”. Lei annuì.
“Io c’ero già…” Ginny si sedette su una poltrona. Sembrava esausta.
“Io vado con loro, va bene, per te?” Le chiese l’amica. La rossa annuì.

 

Pansy seguì le istruzioni di Blaise e guardò dentro il pensatoio, la Granger appoggiò la bacchetta dentro e lei si avvicinò sempre più a quella sostanza densa che fluttuava in superficie. Era dello stesso colore del ricordo della Weasley.
Quando immerse la faccia dentro la sostanza, venne catapultata nell’ascensore del San Mungo. Poco dopo anche Blaise e la Granger la raggiunsero.
Davanti a loro, di spalle, i coniugi Potter aspettavano che si aprissero le porte.
“Ha detto proprio dottoressa Parkinson?” disse la rossa.
“Già” rispose Potter.
“Ti fidi?” continuò lei.
“Beh… Non vedo altra scelta…”Lei annuì.
“Magari non è lei”. E gli passò una mano dietro la schiena. “Fa ancora male?”
“Mi sembra di essere stato preso a pugni da un Ungaro Spinato arrabbiato.”
Si voltò verso di lei e loro videro che cercò di sorridere, senza riuscirci bene. Quando le porte si aprirono, si incamminarono verso la sala d’attesa e loro li seguirono.
“Merlino!” esclamò Pansy. Gli altri due si girarono verso di lei.
“Zoppica” spiegò. Ma loro non potevano rendersi conto.
Potter zoppicava male, in un modo troppo strano. Avrebbe voluto controllargli i reni. E l’addome. Le prudevano le mani. Avrebbe voluto toccarlo e sentirlo. La pelle era tesa?
“Posso toccarlo?” chiese alla Granger. Lei scosse la testa.
Quando si sedettero su due sedie nella sala d’attesa, Pansy vide se stessa entrare dalla porta. Non aveva una bella cera. Non si era mai vista con gli occhi di qualcun altro. I suoi capelli erano legati ma scompigliatissimi e il camice era stropicciato. La sua faccia era un disastro. Poi si ricordò: erano tre giorni che era chiusa lì dentro.
“Oh, Merlino, dimmi che hai un camice anche a casa tua!” Blaise si voltò verso di lei sussurrando e ammiccò. Divenne rossa. “Un camice che ti metterai per me stasera…” Ohhhhhh.
“Ci guarderò”. Tornò a guardarsi mentre diceva ai coniugi Potter di tornare al piano delle malattie magiche generiche.
“No. No. Guarda come cammina! Non mandarlo via! Non farlo. Potrebbe…” Non si rese conto di parlare ad alta voce. Vide se stessa girarsi verso un altro paziente e la coppia che tornava verso l’ascensore. Corse verso di loro e cercò di fermarli.
“No. Non andatevene. Aspettate!”
“Pansy, non ti sentono.”
Blaise le tornò vicino e le prese la mano mentre Potter le passava attraverso come se fosse stato un fantasma.
Poi, per fortuna, la Pansy con il camice alzò lo sguardo. E vide la sua espressione. Sorrise. L’altra Pansy aveva capito.
“Aspettate!” Si incamminò verso di loro e lei riuscì a spostarsi prima di essere investita da se stessa.
La Pansy con il camice andò vicino ai ragazzi e disse qualcosa che lei non sentì, poi si incamminarono tutti e tre verso un’altra porta. Era quella dell’ambulatorio delle visite. Li fece entrare e li seguì.
Corse prima che chiudessero la porta e si intrufolò. Poco dopo, attraverso il muro, entrarono anche Blaise e la Granger. Oh, che figura da scema. Pensava di non poter più entrare, con la porta chiusa.
Nell’ambulatorio c’era anche Denys, il suo assistente. Sorrise quando lo vide. Sarebbe diventato un grande medico, un giorno. Ora stava imparando.
Quando però Potter si stese sul lettino si scordò di tutti gli altri. Si avvicinò e, istintivamente tirò fuori la bacchetta. Lo fece nell’esatta momento in cui lo fece la Pansy con il camice. E nello stesso modo. Poi però sbuffò e la mise via; lei non poteva far altro che guardare.
Guardò l’altra Pansy visitare Potter e fargli tutte le domande che avrebbe voluto fargli lei. Non aveva male al petto. Ma alla schiena sì. In centro? Poco. E di lato? Sì e tanto. Lo tastò esattamente come pensava di fare lei. E la gamba. E il braccio.
“Come ti è successo?” Potter glielo spiegò. Ascoltò tutto. Il mago che era scappato aveva puntato la bacchetta verso di lui tre volte.
La prima Potter era riuscito a schivare l’incantesimo, la seconda era bastato un ‘Protego’, poi il mago aveva fatto un incanto non verbale.
Dalla sua bacchetta era uscita una luce blu chiaro che si muoveva come una frusta ma con tante code. Prima di colpirlo aveva vorticato in cerchio per tre o quattro volte e dopo lo aveva imprigionato legandolo a spirale e lasciandolo andare subito dopo.
Poi lo aveva colpito. Sul fianco sinistro. Il tutto era stato velocissimo, così veloce che Potter disse di aver pensato di esserselo immaginato. Poi sentì se stessa chiedere a Potter di che colore fosse la luce (lei aveva capito già la prima volta che l’aveva detto, quindi non capì come mai la Pansy con il camice non avesse afferrato bene la cosa). E lui rispose: “Blu.”

Maledizione intensiva raggelante laterale, pensò. Era una variante dell’attacco di Dolohov.
“Aspettate qui” si sentì dire. “Denys, puoi venire con me?” Ora si era rivolta all’assistente che era con lei nella stanza. Lui annuì e si alzò con la faccia seria.
Doveva aver capito anche lui quanto fosse grave.

 

Blaise osservò l’attuale Pansy guardare la Pansy con il camice uscire dalla porta insieme al medimago. Lei tentò di seguirli e passò oltre al muro. Le andò dietro.
“È un ricordo della Weasley, puoi vedere solo quello che si ricorda lei”. Pansy annuì e tornò dentro. I coniugi Potter stavano parlando sottovoce fra di loro.
“Hai visto che faccia che ha fatto?” disse Potter. La rossa gli accarezzò la mano.
“Non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene”. Ma quando il marito si voltò, Blaise vide che lo sguardo preoccupato ce l’aveva anche lei.
“È diventata carina, hai visto?” Potter alzò un sopracciglio.
“Davvero?”
“Non lo hai notato?” gli chiese curiosa.
“Ho notato solo che avesse le mani gelate.”
La piccola rossa rise nervosamente.
“Secondo te esce con qualcuno?” Potter si sistemò meglio sul lettino.
“E come faccio a saperlo io?” Sembrava sofferente.
“Sai con chi starebbe bene?” Blaise osservò la piccola ex Grifondoro con curiosità. Sperò quasi che facesse il suo nome.
“Con chi?” sospirò Potter.
“Con Anthony.”
“Anthony?” Il moro non si rese conto di aver parlato insieme a Potter. Anthony chi?
“Sì, Anthony Goldstein.”
“So chi è Anthony, Ginny. Ti ricordo che lavora con me.”
“Potremmo…” Blaise non era sicuro di voler ascoltare ancora.
Per fortuna il salvatore del mondo le chiese: “Ma non è via da tanto, secondo te?” La rossa tornò subito seria e guardò la porta.
“Sì. La vado a cercare. Non ti muovere.”
“E chi ci riesce…” Lei gli scoccò un bacio a fior di labbra e lui le accarezzò il ventre.

 

 

Hermione e gli altri seguirono Ginny quando si avventurò fuori dalla porta. Chiese a un’infermiera della Parkinson e lei le indicò il suo studio. Fecero qualche passo in un corridoio.
A un certo punto si fermò davanti a una porta con la targhetta ‘Dott.ssa Parkinson, Pansy’. Videro Ginny appoggiare la mano alla porta. “Parkinson? Dottoressa?” La sua voce era poco più di un sussurro.
Quando aprì la porta si sentirono delle voci. Tutti si misero dietro a Ginny. Poi Hermione, che era la più pratica di ricordi altrui e pensatoi, entrò nella stanza. Gli altri la seguirono.
Si vedeva solo una parte della stanza. Il lungo cono che Ginny riusciva a vedere dalla porta. Tutto intorno era grigiastro. Si posizionò nella parte grigia e gli ex Serpeverde si misero dall’altro lato.

 

Blaise, da sempre attento ai dettagli, si guardò intorno. Vide un quadro dove un ragazzo stava intrecciando un canestro. Guardando meglio, riconobbe il tipo che dormiva nel quadro che c’era nel suo ufficio.
Pansy aveva ragione. Ancora. Osservò altre cose e poi tornò verso la discussione che stavano avendo i due dottori.

 

Pansy si guardò mentre chiedeva a Denis: “Dove sono i tuoi appunti? E i libri di medicina?”
Lui balbettò stranito. “I miei appunti?”
“Sì, i tuoi appunti sulle maledizioni che abbiamo guardato la settimana scorsa. E mancano anche i libri…”
“Li ho a casa.”
La Pansy con il camice sospirò e disse: “I libri devono rimanere qui! Non puoi portarli via. Sono importanti”. Poi continuò: “Perché mi hai detto di mandarlo via?”
“Non aveva niente…”
Lei sbattè un piede per terra ed esclamò: “Hai visto come cammina! Potrebbe essere una variante di Dolohov. Forse quella raggelante. O la raggelante laterale. Come è potuto scapparti? Merlino, ho bisogno di quel libro. Devo essere sicura di quale sia”. Lui non disse niente.
“Sai cosa sarebbe successo se l’avessimo mandato via? Sarebbe andato in fase di morte apparente. E nessuno avrebbe fatto niente, l’avrebbero curato con una pozione stimolante, che non sarebbe servita. E lui, nel giro di sei giorni, forse otto, visto che è giovane e in buona salute, sarebbe morto. È una cosa grave. Quindi ti richiedo, come hai fatto a non accorgertene? Non l’hai vero… fatto apposta?”
La Pansy del presente sgranò gli occhi. Non ci credeva. Denys era un bravo dottore. Se gli era scappato, c’era un motivo. Davvero.
“Ok, forse mi è scappato. Oh, Merlino, siamo sempre qui, da quanto tempo, senza dormire? Tre giorni? Sono stanco, non mangio mai e spesso ho le visioni. Mi tengo idratato solo in questa maniera!” disse estraendo una fiaschettina e mostrandola. Lei annuì.
“Ok. Va bene. Ora vai a casa e prendi il libro con gli incantesimi. Devo assicurarmi di usare l’incanto giusto. Sembra una maledizione dannatamente specifica. Non voglio farlo stare peggio. Ora dobbiamo soltanto…”
Il dottore la interruppe. “NO”.
Pansy si voltò verso di lui, insieme all’altra Pansy. “Come?”
“Ho detto di no. Non facciamo niente.”
La Pansy con il camice rimase basita e lo guardò sgranando gli occhi. Anche la Pansy attuale era stranita, tanto che non capì cosa avesse detto al dottore.
“Santissima Priscilla! Ho detto che non faremo niente!”
La dottoressa, che si stava avvicinando alla porta, si bloccò ed esclamò: “Quell’espressione… Non l’hai mai usata, tu. La dice sempre…”
La Pansy dell’ospedale non poté finire la frase che il dottore aveva già tirato fuori la bacchetta, lanciandole un incantesimo non verbale. La Pansy fuori dal pensatoio, invece, sgranò gli occhi. Dopo poco cercò di buttarsi su Denys. Inutilmente.

 

Dopo pochissimo, la Pansy del ricordo, guardò il dottore con gli occhi annebbiati e osservò la stanza. Blaise per un attimo ebbe il timore che potesse vederlo.
“Cosa facciamo qui, Denys?” Lui aveva messo via la bacchetta.
“Vieni, Pansy, siediti. Stavamo dicendo che siamo qui da tanto tempo senza dormire. Perché non vai nella stanzetta a riposarti, non mi sembra che tu stia bene.”
Pansy annuì. “Effettivamente non mi sento molto bene…” Si passò una mano sulla fronte.
“Non preoccuparti, dormi un’oretta. Ci penso io a quelli là fuori.”
“Grazie”. Annuì, toccandosi ancora la fronte. Poi la porta si spalancò e un’infermiera chiese se andasse tutto bene.
“NO!” Blaise si voltò verso Pansy, verso la sua Pansy, visto che era lei che aveva urlato, mentre la dottoressa seguiva docilmente il dottore.

 

Pansy venne catapultata, di nuovo, ma questa volta nello studio di casa di Blaise. Ed era stato lui a tirarla indietro. Poco dopo vide anche la Granger sollevarsi dal pensatoio.
“Perché mi hai tirato via?” gridò. “Hai visto cosa mi ha fatto?” Indicò il pensatoio.
“Non puoi fare niente. È un pensatoio, non una giratempo.”
Sbuffò arrabbiata ma poi si rese conto che lui aveva ragione.

 

Hermione stava pensando. Ciò che era successo era molto grave. Denys stava tentando di uccidere Harry. E far cadere la colpa sulla Parkinson.
“Allora? L’avete visto?” Ginny si alzò dalla poltrona dov’era seduta, insieme alla madre di Zabini. Annuirono e la rossa sorrise vittoriosa. Anche Hermione le sorrise in risposta.
“Quindi? Che si fa adesso?”
“Andiamo al San Mungo e fermiamo il dottore.”
“Sicuramente. Ma quello non era Denys il mio assistente!” La Parkinson sorprese tutti.
“Come?”
“Denys è un bravo dottore. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Io mi fido di lui. E poi…”

 

Pansy guardò Blaise. “Non ho mai sentito Denys dire ‘Santa Priscilla’…”
“Lo fanno i corvonero. Anthony Goldstein lo dice in…” La Weasley l’aveva interrotta ma si interruppe a sua volta quando Blaise le lanciò un’occhiata ammonitrice.
“Denys era un tassorosso. Però, so chi è stato l’ultimo a cui ho sentito usare quell’espressione in una discussione.”
La Granger si voltò verso di lei. “Chi?”

 

Blaise non avrebbe dovuto essere così meravigliato quando lei rispose: “Harris. Il direttore della Gringott”, ma lo fu lo stesso.
Merlino! Si voltò verso le ex Grifondoro che li guardavano a occhi spalancati.
“Il direttore Harris è sparito da quasi un mese.”
La Granger annuì e chiese: “Polisucco?”
Tutti annuirono. Sentì una sensazione strana al petto quando Pansy disse: “Dobbiamo assicurarci che Denys stia bene. Dove potrebbe essere?” Blaise sospirò. Pansy e il suo collega erano intimi? Si sentì un po’ in pericolo.
“Sarà in un posto sicuro” buttò lì.
“Riusciamo a scoprire come sono collegati il dottore e il direttore della Gringott?” La Granger era un ottimo Auror.
“Potremmo partire dal quadro” propose.
“Quale quadro?” chiesero le ex Grifondoro.

 

“Il tipo che dormiva nel quadro dell’ufficio di Harris alla Gringott!” esclamò Pansy. Blaise le sorrise e annuì. “Partiamo da lì allora. È l’unica pista che abbiamo” continuò.
“Non si può andare alla Gringott quando è chiusa”. La Granger sembrava sempre in grado di trovare i problemi.
“Io posso farlo. È il mio ufficio, adesso. Posso andarci anche quando è chiusa la banca”. Pansy lo guardò torva.
Perché andava alla Gringott quando era chiusa? Le venne in mente quello che aveva detto Brianna. Forse avrebbe preferito non saperlo. Ma non riuscì a stare zitta.
“E lo fai spesso?”
“Cosa?”
“Andare alla Gringott quando è chiusa?” Non si rese conto di aver incrociato le braccia al petto.

 

“Scusate…” Ginny era stata catapultata dalle stelle alle stalle. “Ma possiamo prima pensare a Harry?” Poi si voltò verso la  ex Serpeverde “Sai che cos’ha?”
La mora annuì. “Sì. È la Maledizione intensiva raggelante laterale. Una variante dell’attacco di…”
“Dolohov!” esclamò Hermione.  La Parkinson annuì girandosi verso Hermione.
“Bene. Sai come si cura?” Lei sgranò gli occhi, come se fosse offesa dalla domanda.
“Certo!”
“Allora andiamo subito…” Ma la mora la bloccò.
“Non mi fanno entrare al San Mungo.”
“Puoi spiegarmi l’incantesimo da usare? Posso farlo io?” Hermione era la più brava di tutte. Se qualcuno poteva farlo, era lei. Ma la Parkinson scosse la testa.
“Preferirei di no. 
Non è un semplice Vulnera Sanentur Sono tre incantesimi di fila. E io ho dovuto allenarmi parecchio per riuscirci. Non che non mi fidi di te, ma…”
Ginny vide Hermione annuire. Merlino. Ogni volta che trovavano un modo, saltava fuori un problema.
“E se usassimo il mantello di Harry?” Hermione aveva sempre la soluzione, mai disperare.
Finalmente Ginny sorrise.

 

***

 

Quando aveva visto Potter aprire gli occhi, Pansy aveva sorriso soddisfatta. Poi l’aveva visitato e aveva notato subito i miglioramenti. Si sentì ancora più sollevata. Poi erano riusciti a spiegare al salvatore del mondo quello che era successo. E poi la Granger aveva sorpreso tutti proponendo di dare a Potter il distillato della morte vivente.
La moglie di Potter aveva esclamato un ‘NO’ molto sostenuto, ma poi aveva capito che era per il bene di suo marito. Con quella pozione avrebbero ingannato il finto Denys, fingendo che Potter fosse ancora in stato vegetativo, senza per questo rischiare la sua vita. Alla fine aveva accettato.
“Io intanto avviso gli Auror.”
La Granger era formidabile, non c’era dubbio. Sospirò.

 

***

 

Pansy pensava guardando il soffitto. Blaise la osservava da un quarto d’ora. Pensò di essere incapace di staccare gli occhi da lei.
“Troveremo Denys, secondo te?” Voltò il viso verso di lui. Non doveva preoccuparsi.
“Certo. Siete… molto affiatati?” Cercò di non mostrare la sua gelosia. Ma da come lei aveva preso le sue difese…
“È un bravissimo dottore”, alzò una spalla. “Non parliamo di molto altro. È gentile e disponibile sul lavoro. Ogni tanto mi racconta qualcosa di sé, ma di solito quando non ci sono pazienti, ne approfittiamo per dormire. Ma so che gli piace la burrobirra aromatizzata all’arancia. E gli piacciono le infermiere. MOLTE infermiere…” Blaise non si rese conto di sorridere. Piaceva anche a lui il fatto che al dottor Denys piacessero le infermiere.
Si girò su un fianco e tracciò con il dito un disegno sul ventre della ragazza. Poi usò due dita e le fece scorrere in tondo, vicino al suo ombelico. La sentì sospirare e sorrise. Doveva farla pensare ad altro. Sarebbero andati alla Gringott la mattina dopo, di domenica. Tutti e quattro. E avrebbero continuato a indagare. Ma ora…
Si avvicinò un po’ di più e le accostò tutta la mano al corpo. Il contrasto fra la sua pelle e quella chiarissima di Pansy era stuzzicante. Si chinò e baciò una porzione di pelle calda vicino alla sua mano. Lei gemette. Sorrise mentre si puntellava sui gomiti, sopra di lei, mentre Pansy apriva le gambe per fargli spazio. La baciò. Si appoggiò appena sul suo corpo caldo e riscoprì con piacere il fatto che sembrassero nati per incastrarsi alla perfezione. Si chinò su di lei e le baciò il collo, scendendo piano piano, fino all’incavo dei seni. Poi si sistemò per continuare il suo percorso. Lei gemette ancora. Gli si rizzarono i capelli alla base della nuca. Favoloso.
“Dove hai detto che hai quel camice?”

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