Il
ricordo di Ginny Weasley
Blaise vide Pansy girarsi verso la
Weasley
e andarle incontro.
“Ti ho già detto che mi dispiace, io
non posso più…” La Potter
sbuffò.
“Tu sei l’unica che può salvarlo. Devi
venire con noi al San Mungo!” Pansy scosse la testa.
“Non posso venire al San Mungo. Il
legalmago dice…” La rossa spalancò le
braccia e gridò ancora.
“Non mi interessa del legalmago! Mio
marito sta morendo! Perché nessuno lo capisce?”
Improvvisamente, così come era
scattata, la strega si accasciò sul divano e nascose il viso
fra le mani. Vide
la Granger andarle vicino per sussurrarle: “Ginny, Ginny,
calmati…”
Blaise vide sua madre fare qualche
passo e battere le mani. Dopo pochissimo Dollylee si
materializzò con un
vassoio e il tè.
Althea non aveva capito la
situazione,
ma sapeva come frenare un isterismo. Fece portare il tè e si
avvicinò alla
ragazza seduta sul divano che piangeva.
Mentre passava vicino a Pansy, lei si
riscosse e fece un passo verso il divano. “Grazie, signora
Za… no. Mi scusi.
Grazie”.
Le sorrise e le mise una mano sulla
spalla. “Chiamami Althea. Adesso risolviamo questa
cosa”. La ragazza annuì.
“Vuoi spiegarci dall’inizio
cos’è
successo?” Chiese la strega alla rossa, sedendosi sul divano
e distribuendo le
tazze. “Cos’è successo a tuo
marito?” Ginny sospirò e annuì.
“Harry è stato colpito da una maledizione
lunedì, durante una missione degli Auror. Sembrava non
avesse niente, ma poi ha
iniziato ad avere dei dolori strani. Quando siamo andati al San Mungo
ci hanno
mandato da te, Parkinson, ti ricordi? Al tuo reparto. Quello delle cose
strane…”
La ragazza sventolò la mano in aria e Pansy annuì.
“Lesioni da Maledizioni potenti e
devastanti.”
Althea si stupì. Quello era un reparto
speciale. Si occupavano di cose molto gravi e incantesimi potentissimi.
Se Pansy
lavorava lì prima di essere sospesa, doveva essere in gamba.
In quel reparto
non ci mettevano chiunque. La guardò di sottecchi mentre
parlava con la moglie
di Potter.
Potter il salvatore del mondo magico,
giusto? Cercò di stare attenta e prestare attenzione senza
dire niente.
Pansy se lo ricordava. Li aveva
visti
al reparto, ma lui stava bene. Non aveva niente. Lo aveva detto anche
Denys. L’aveva
mandato via dicendo che non doveva preoccuparsi. E invece era entrato
in uno
stato di morte apparente. Ma non dovuto a una pozione. Dovuto a una
maledizione. Che lei non aveva riconosciuto.
Passò un fazzoletto alla moglie di
Potter e Blaise si sedette su una delle poltrone dicendole di
continuare.
“Dicevi che non aveva niente e che
sarebbe dovuto andare al reparto di malattie magiche
generiche”. Annuì ancora.
“Ma poi…” La rossa sospirò.
‘Ma poi’
cosa? Non c’era un ‘ma poi’!
“Prima che prendessimo l’ascensore, ci hai
guardato andare via e ci hai richiamato”. Cosa? Non era
successo! Sgranò gli
occhi.
“Hai detto che Harry camminava in modo
strano e avresti preferito visitarlo.”
“Ma non è vero” si trovò a
dire. La
ragazza la guardò malissimo. La Granger, vicino a lei la
guardò curiosa.
“Certo che è vero. Pensi me lo sia
inventata? L’hai visitato e gli hai fatto delle domande su
come era stato
colpito. Quando lui ha spiegato, tu hai fatto una brutta faccia e ci
hai detto
di aspettare. Sei uscita e non tornavi
più…” Bevve un sorso di tè e
riprese il
racconto.
“Dopo un po’ mi sono preoccupata e
sono venuta a cercarti. Eri nel tuo ufficio, con il tipo che era con te
mentre
visitavi Harry e avete avuto una discussione. Vi ho visto dalla porta
socchiusa.”
Chi? Se non si ricordava di aver
visitato Potter, come faceva a ricordarsi chi c’era con lei?
“Poi hai urlato e lui ha tirato fuori
la bacchetta. Io non ho avuto la prontezza di entrare e
un’infermiera mi ha
sgridato quando mi ha visto lì. Ho tentato di spiegare
quello che stava succedendo,
ma poi voi siete usciti e lei non mi ha creduto. E
dopo…” Si voltò verso la
Granger. “Non mi ha più creduto nessuno. Il
mattino dopo Harry è svenuto e
siamo tornati al San Mungo. Ha iniziato a stare male e a contorcersi.
Poi,
martedì sera è iniziata la fase della morte
apparente, esattamente come avevi
detto tu”.
“Io?” Pansy si stupì di aver gridato.
La Weasley annuì ancora.
“Sì. Hai detto al tipo nel tuo ufficio
che se non aveste fatto niente, nel giro di due giorni Harry avrebbe
perso
conoscenza e non si sarebbe più risvegliato. E che dopo sei
giorni, forse otto,
visto che è messo bene, sarebbe morto. Ora, di giorni ne
sono passati quasi
cinque… Per favore, Parkinson, puoi venire al San Mungo a
salvare Harry?” Lei
la guardò stranita. Cioè la Weasley la stava
pregando? “Farò tutto quello che
vuoi…”
“Io non voglio niente. Ma non mi
ricordo di…”
“Scusate…”
Hermione pensò che non
stessero andando da nessuna parte, così. “Penso
che ti sia stato fatto un
Incantesimo Oblivion, Parkinson. Adesso, non so il perché o
come ci siano
riusciti, però, fatto sta, che stanno cercando di uccidere
Harry e dobbiamo
fare qualcosa.”
“Dici che volevano incastrare Pansy?”
le chiese Zabini. Scosse il capo.
“Non lo so. Magari si è solo trovata
tirata in mezzo per casualità. Però, a questo
punto, il mago che era con te è
quello che sta tirando le fila di questa commedia e dobbiamo fermarlo e
salvare
Harry. Giusto?”
“Tirare che cosa?” chiesero in coro
Zabini e sua madre. Già. I maghi non sapevano cosa fossero
le marionette.
“Scusate, è un detto babbano.”
Pansy si alzò in piedi.
“Ok, dobbiamo
trovare il modo per scoprire cos’ha Potter. Come…
si fa?” Si girò verso la
riccia ex grifondoro. “Granger… O come ti devo
chiamare… C’è una pozione o
qualcosa per farmi tornare un ricordo cancellato con
l’oblivion?” La Granger
scosse la testa.
“Ho mantenuto il mio cognome, dopo il
matrimonio. Comunque… potremmo
provare
con la pozione della memoria. Ma non è detto
che…”
“Sei capace di estrapolare il tuo
ricordo dalla testa? È una magia un po’
complessa…” Tutti si girarono verso
Althea, che beveva il tè con noncuranza, mentre si rivolgeva
alla moglie di
Potter.
“Io sono capace. Ma poi? Avete un
pensatoio?” La Granger, aveva rivolto a loro tre la domanda.
I pensatoi erano difficili da trovare.
Erano rari in quanto spesso sparivano insieme al proprietario, essendo
strettamente personali. Scosse la testa. Anche Blaise.
“Proviamo con la pozione” disse Pansy.
Althea si rabbuiò un
pochino. Ma come,
lei dava un suggerimento così importante e loro proponevano
una semplice
pozione? Che poi non si era neanche sicuri della riuscita della cosa.
“Io ho un pensatoio nello studio.”
“Davvero?” Blaise si girò verso di
lei. Lui non lo sapeva.
Glielo aveva lasciato Antonio prima di
morire. Ci aveva lasciato i suoi ricordi più belli di loro
due insieme. I primi
anni aveva praticamente vissuto lì dentro.
“Sì.”
La moglie del salvatore del mondo si
alzò in piedi.
“Possiamo farlo subito?” Althea annuì
e si alzò.
“Andiamo.”
Blaise continuò a guardarla stranito,
ma si incamminarono tutti e cinque verso lo studio.
Blaise aprì la porta
dello studio e la
tenne aperta per le signore. Quando la richiuse si guardò
intorno. Nessun
pensatoio. Infatti.
“Mamma?” si rivolse alla madre. Lei
tirò fuori la bacchetta e una libreria girò su
dei cardini magici. Mosse ancora
la bacchetta. Quello che sembrava un pesante piatto concavo di marmo
fece la
sua apparizione nella stanza segreta. Poi lentamente prese a muoversi
verso di
loro e si adagiò sulla scrivania.
“Tua madre è una grande!” gli
sussurrò
Pansy facendosi vicino a lui.
Blaise la guardò, ma lei continuava a
guardare il pensatoio. La Granger tirò fuori la sua
bacchetta.
“Ginny pensa intensamente a quel
giorno, a quel momento. E concentrati.”
La giovane strega chiuse gli occhi e
annuì. Quando la ex Grifondoro avvicinò la
bacchetta alla sua testa dicendo:
“Pronta?”, la rossa spalancò gli occhi e
disse: “Aspetta.” La riccia abbassò la
bacchetta.
“Ma… Potrete vedere tutto tutto?”
Pansy sorrise di fianco a lui. “Avete
fatto sesso nell’ambulatorio?”
“Certo che no!” Ma arrossì.
“Allora dai, vediamo di capire cos’è
successo.”
Hermione si concentrò e
con la
bacchetta riuscì a estrapolare dalla tempia della sua amica
un filo scintillante
color argento e dalle sfumature biancastre e lo posò
direttamente nel
pensatoio.
“Ok. Prego, allora. Chi va?” La
Parkinson si fece avanti.
“Io andrò di sicuro. Ma non l’ho mai
fatto. È difficile?” Poi si voltò verso
Zabini.
Lui si avvicinò e le prese la mano.
“Io l’ho già fatto, se vuoi vengo con
te”. Lei annuì.
“Io c’ero già…”
Ginny si sedette su
una poltrona. Sembrava esausta.
“Io vado con loro, va bene, per te?” Le
chiese l’amica. La rossa annuì.
Pansy seguì le
istruzioni di Blaise e
guardò dentro il pensatoio, la Granger appoggiò
la bacchetta dentro e lei si
avvicinò sempre più a quella sostanza densa che
fluttuava in superficie. Era
dello stesso colore del ricordo della Weasley.
Quando immerse la faccia dentro la
sostanza, venne catapultata nell’ascensore del San Mungo.
Poco dopo anche
Blaise e la Granger la raggiunsero.
Davanti a loro, di spalle, i coniugi
Potter aspettavano che si aprissero le porte.
“Ha detto proprio dottoressa
Parkinson?” disse la rossa.
“Già” rispose Potter.
“Ti fidi?” continuò lei.
“Beh… Non vedo altra
scelta…”Lei annuì.
“Magari non è lei”. E gli
passò una
mano dietro la schiena. “Fa ancora male?”
“Mi sembra di essere stato preso a
pugni da un Ungaro Spinato arrabbiato.”
Si voltò verso di lei e loro videro
che cercò di sorridere, senza riuscirci bene. Quando le
porte si aprirono, si
incamminarono verso la sala d’attesa e loro li seguirono.
“Merlino!” esclamò Pansy. Gli altri
due si girarono verso di lei.
“Zoppica” spiegò. Ma loro non potevano
rendersi conto.
Potter zoppicava male, in un modo
troppo strano. Avrebbe voluto controllargli i reni. E
l’addome. Le prudevano le
mani. Avrebbe voluto toccarlo e sentirlo. La pelle era tesa?
“Posso toccarlo?” chiese alla Granger.
Lei scosse la testa.
Quando si sedettero su due sedie nella
sala d’attesa, Pansy vide se stessa entrare dalla porta. Non
aveva una bella
cera. Non si era mai vista con gli occhi di qualcun altro. I suoi
capelli erano
legati ma scompigliatissimi e il camice era stropicciato. La sua faccia
era un
disastro. Poi si ricordò: erano tre giorni che era chiusa
lì dentro.
“Oh, Merlino, dimmi che hai un camice
anche a casa tua!” Blaise si voltò verso di lei
sussurrando e ammiccò. Divenne
rossa. “Un camice che ti metterai per me
stasera…” Ohhhhhh.
“Ci guarderò”. Tornò a
guardarsi
mentre diceva ai coniugi Potter di tornare al piano delle malattie
magiche
generiche.
“No. No. Guarda come cammina! Non
mandarlo via! Non farlo. Potrebbe…” Non si rese
conto di parlare ad alta voce.
Vide se stessa girarsi verso un altro paziente e la coppia che tornava
verso
l’ascensore. Corse verso di loro e cercò di
fermarli.
“No. Non andatevene. Aspettate!”
“Pansy, non ti sentono.”
Blaise le tornò vicino e le prese la
mano mentre Potter le passava attraverso come se fosse stato un
fantasma.
Poi, per fortuna, la Pansy con il
camice alzò lo sguardo. E vide la sua espressione. Sorrise.
L’altra Pansy aveva
capito.
“Aspettate!” Si incamminò verso di
loro e lei riuscì a spostarsi prima di essere investita da
se stessa.
La Pansy con il camice andò vicino ai
ragazzi e disse qualcosa che lei non sentì, poi si
incamminarono tutti e tre
verso un’altra porta. Era quella dell’ambulatorio
delle visite. Li fece entrare
e li seguì.
Corse prima che chiudessero la porta e
si intrufolò. Poco dopo, attraverso il muro, entrarono anche
Blaise e la
Granger. Oh, che figura da scema. Pensava di non poter più
entrare, con la
porta chiusa.
Nell’ambulatorio c’era anche Denys, il
suo assistente. Sorrise quando lo vide. Sarebbe diventato un grande
medico, un
giorno. Ora stava imparando.
Quando però Potter si stese sul
lettino si scordò di tutti gli altri. Si avvicinò
e, istintivamente tirò fuori
la bacchetta. Lo fece nell’esatta momento in cui lo fece la
Pansy con il
camice. E nello stesso modo. Poi però sbuffò e la
mise via; lei non poteva far
altro che guardare.
Guardò l’altra Pansy visitare Potter e
fargli tutte le domande che avrebbe voluto fargli lei. Non aveva male
al petto.
Ma alla schiena sì. In centro? Poco. E di lato?
Sì e tanto. Lo tastò
esattamente come pensava di fare lei. E la gamba. E il braccio.
“Come ti è successo?” Potter glielo
spiegò. Ascoltò tutto. Il mago che era scappato
aveva puntato la bacchetta
verso di lui tre volte.
La prima Potter era riuscito a
schivare l’incantesimo, la seconda era bastato un ‘Protego’, poi il mago aveva
fatto un incanto non verbale.
Dalla sua bacchetta era uscita una
luce blu chiaro che si muoveva come una frusta ma con tante code. Prima
di
colpirlo aveva vorticato in cerchio per tre o quattro volte e dopo lo
aveva
imprigionato legandolo a spirale e lasciandolo andare subito dopo.
Poi lo aveva colpito. Sul fianco
sinistro. Il tutto era stato velocissimo, così veloce che
Potter disse di aver
pensato di esserselo immaginato. Poi sentì se stessa
chiedere a Potter di che
colore fosse la luce (lei aveva capito già la prima volta
che l’aveva detto,
quindi non capì come mai la Pansy con il camice non avesse
afferrato bene la
cosa). E lui rispose: “Blu.”
Maledizione
intensiva raggelante laterale, pensò. Era una
variante dell’attacco di Dolohov.
“Aspettate qui” si sentì dire.
“Denys,
puoi venire con me?” Ora si era rivolta
all’assistente che era con lei nella
stanza. Lui annuì e si alzò con la faccia seria.
Doveva aver capito anche lui quanto
fosse grave.
Blaise osservò
l’attuale Pansy
guardare la Pansy con il camice uscire dalla porta insieme al medimago.
Lei
tentò di seguirli e passò oltre al muro. Le
andò dietro.
“È un ricordo della Weasley, puoi
vedere solo quello che si ricorda lei”. Pansy
annuì e tornò dentro. I coniugi
Potter stavano parlando sottovoce fra di loro.
“Hai visto che faccia che ha fatto?”
disse Potter. La rossa gli accarezzò la mano.
“Non preoccuparti. Vedrai che andrà
tutto bene”. Ma quando il marito si voltò, Blaise
vide che lo sguardo
preoccupato ce l’aveva anche lei.
“È diventata carina, hai visto?”
Potter alzò un sopracciglio.
“Davvero?”
“Non lo hai notato?” gli chiese
curiosa.
“Ho notato solo che avesse le mani
gelate.”
La piccola rossa rise nervosamente.
“Secondo te esce con qualcuno?” Potter
si sistemò meglio sul lettino.
“E come faccio a saperlo io?” Sembrava
sofferente.
“Sai con chi starebbe bene?” Blaise
osservò la piccola ex Grifondoro con curiosità.
Sperò quasi che facesse il suo
nome.
“Con chi?” sospirò Potter.
“Con Anthony.”
“Anthony?” Il moro non si rese conto
di aver parlato insieme a Potter. Anthony chi?
“Sì, Anthony Goldstein.”
“So chi è Anthony, Ginny. Ti ricordo
che lavora con me.”
“Potremmo…” Blaise non era sicuro di
voler ascoltare ancora.
Per fortuna il salvatore del mondo le
chiese: “Ma non è via da tanto, secondo
te?” La rossa tornò subito seria e
guardò la porta.
“Sì. La vado a cercare. Non ti muovere.”
“E chi ci riesce…” Lei gli
scoccò un
bacio a fior di labbra e lui le accarezzò il ventre.
Hermione e gli altri seguirono
Ginny
quando si avventurò fuori dalla porta. Chiese a
un’infermiera della Parkinson e
lei le indicò il suo studio. Fecero qualche passo in un
corridoio.
A un certo punto si fermò davanti a
una porta con la targhetta ‘Dott.ssa Parkinson,
Pansy’. Videro Ginny appoggiare
la mano alla porta. “Parkinson? Dottoressa?” La sua
voce era poco più di un
sussurro.
Quando aprì la porta si sentirono
delle voci. Tutti si misero dietro a Ginny. Poi Hermione, che era la
più
pratica di ricordi altrui e pensatoi, entrò nella stanza.
Gli altri la
seguirono.
Si vedeva solo una parte della stanza.
Il lungo cono che Ginny riusciva a vedere dalla porta. Tutto intorno
era
grigiastro. Si posizionò nella parte grigia e gli ex
Serpeverde si misero
dall’altro lato.
Blaise, da sempre attento ai
dettagli,
si guardò intorno. Vide un quadro dove un ragazzo stava
intrecciando un
canestro. Guardando meglio, riconobbe il tipo che dormiva nel quadro
che c’era
nel suo ufficio.
Pansy aveva ragione. Ancora. Osservò
altre cose e poi tornò verso la discussione che stavano
avendo i due dottori.
Pansy si guardò mentre
chiedeva a
Denis: “Dove sono i tuoi appunti? E i libri di
medicina?”
Lui balbettò stranito. “I miei
appunti?”
“Sì, i tuoi appunti sulle maledizioni
che abbiamo guardato la settimana scorsa. E mancano anche i
libri…”
“Li ho a casa.”
La Pansy con il camice sospirò e disse:
“I libri devono rimanere qui! Non puoi portarli via. Sono
importanti”. Poi
continuò: “Perché mi hai detto di
mandarlo via?”
“Non aveva niente…”
Lei sbattè un piede per terra ed
esclamò: “Hai visto come cammina! Potrebbe essere
una variante di Dolohov.
Forse quella raggelante. O la raggelante laterale. Come è
potuto scapparti?
Merlino, ho bisogno di quel libro. Devo essere sicura di quale
sia”. Lui non
disse niente.
“Sai cosa sarebbe successo se
l’avessimo mandato via? Sarebbe andato in fase di morte
apparente. E nessuno
avrebbe fatto niente, l’avrebbero curato con una pozione
stimolante, che non
sarebbe servita. E lui, nel giro di sei giorni, forse otto, visto che
è giovane
e in buona salute, sarebbe morto. È una cosa grave. Quindi
ti richiedo, come
hai fatto a non accorgertene? Non l’hai vero…
fatto apposta?”
La Pansy del presente sgranò gli
occhi. Non ci credeva. Denys era un bravo dottore. Se gli era scappato,
c’era
un motivo. Davvero.
“Ok, forse mi è scappato. Oh, Merlino,
siamo sempre qui, da quanto tempo, senza dormire? Tre giorni? Sono
stanco, non
mangio mai e spesso ho le visioni. Mi tengo idratato solo in questa
maniera!” disse
estraendo una fiaschettina e mostrandola. Lei annuì.
“Ok. Va bene. Ora vai a casa e prendi
il libro con gli incantesimi. Devo assicurarmi di usare
l’incanto giusto.
Sembra una maledizione dannatamente specifica. Non voglio farlo stare
peggio.
Ora dobbiamo soltanto…”
Il dottore la interruppe. “NO”.
Pansy si voltò verso di lui, insieme
all’altra Pansy. “Come?”
“Ho detto di no. Non facciamo niente.”
La Pansy con il camice rimase basita e
lo guardò sgranando gli occhi. Anche la Pansy attuale era
stranita, tanto che
non capì cosa avesse detto al dottore.
“Santissima Priscilla! Ho detto che
non faremo niente!”
La dottoressa, che si stava
avvicinando alla porta, si bloccò ed esclamò:
“Quell’espressione… Non l’hai
mai
usata, tu. La dice sempre…”
La Pansy dell’ospedale non poté finire
la frase che il dottore aveva già tirato fuori la bacchetta,
lanciandole un
incantesimo non verbale. La Pansy fuori dal pensatoio, invece,
sgranò gli
occhi. Dopo poco cercò di buttarsi su Denys. Inutilmente.
Dopo pochissimo, la Pansy del
ricordo,
guardò il dottore con gli occhi annebbiati e
osservò la stanza. Blaise per un
attimo ebbe il timore che potesse vederlo.
“Cosa facciamo qui, Denys?” Lui aveva
messo via la bacchetta.
“Vieni, Pansy, siediti. Stavamo
dicendo che siamo qui da tanto tempo senza dormire. Perché
non vai nella stanzetta
a riposarti, non mi sembra che tu stia bene.”
Pansy annuì. “Effettivamente non mi
sento molto bene…” Si passò una mano
sulla fronte.
“Non preoccuparti, dormi un’oretta. Ci
penso io a quelli là fuori.”
“Grazie”. Annuì, toccandosi ancora la
fronte. Poi la porta si spalancò e un’infermiera
chiese se andasse tutto bene.
“NO!” Blaise si voltò verso Pansy,
verso la sua Pansy,
visto che era lei che aveva urlato, mentre la dottoressa
seguiva docilmente il dottore.
Pansy venne catapultata, di nuovo,
ma
questa volta nello studio di casa di Blaise. Ed era stato lui a tirarla
indietro. Poco dopo vide anche la Granger sollevarsi dal pensatoio.
“Perché mi hai tirato via?”
gridò.
“Hai visto cosa mi ha fatto?” Indicò il
pensatoio.
“Non puoi fare niente. È un pensatoio,
non una giratempo.”
Sbuffò arrabbiata ma poi si rese conto
che lui aveva ragione.
Hermione stava pensando.
Ciò che era
successo era molto grave. Denys stava tentando di uccidere Harry. E far
cadere
la colpa sulla Parkinson.
“Allora? L’avete visto?” Ginny si
alzò
dalla poltrona dov’era seduta, insieme alla madre di Zabini.
Annuirono e la
rossa sorrise vittoriosa. Anche Hermione le sorrise in risposta.
“Quindi? Che si fa adesso?”
“Andiamo al San Mungo e fermiamo il
dottore.”
“Sicuramente. Ma quello non era Denys
il mio assistente!” La Parkinson sorprese tutti.
“Come?”
“Denys è un bravo dottore. Non avrebbe
mai fatto una cosa del genere. Io mi fido di lui. E
poi…”
Pansy guardò Blaise.
“Non ho mai
sentito Denys dire ‘Santa
Priscilla’…”
“Lo fanno i corvonero. Anthony
Goldstein lo dice in…” La Weasley
l’aveva interrotta ma si interruppe a sua
volta quando Blaise le lanciò un’occhiata
ammonitrice.
“Denys era un tassorosso. Però, so chi
è stato l’ultimo a cui ho sentito usare
quell’espressione in una discussione.”
La Granger si voltò verso di lei.
“Chi?”
Blaise non avrebbe dovuto essere
così
meravigliato quando lei rispose: “Harris. Il direttore della
Gringott”, ma lo
fu lo stesso.
Merlino! Si voltò verso le ex Grifondoro
che li guardavano a occhi spalancati.
“Il direttore Harris è sparito da quasi
un mese.”
La Granger annuì e chiese:
“Polisucco?”
Tutti annuirono. Sentì una sensazione
strana al petto quando Pansy disse: “Dobbiamo assicurarci che
Denys stia bene.
Dove potrebbe essere?” Blaise sospirò. Pansy e il
suo collega erano intimi? Si
sentì un po’ in pericolo.
“Sarà in un posto sicuro”
buttò lì.
“Riusciamo a scoprire come sono
collegati il dottore e il direttore della Gringott?” La
Granger era un ottimo
Auror.
“Potremmo partire dal quadro” propose.
“Quale quadro?” chiesero le ex Grifondoro.
“Il
tipo che dormiva nel quadro dell’ufficio
di Harris alla Gringott!” esclamò Pansy. Blaise le
sorrise e annuì. “Partiamo
da lì allora. È l’unica pista che
abbiamo” continuò.
“Non si
può andare alla Gringott quando è
chiusa”. La Granger sembrava sempre in grado di trovare i
problemi.
“Io posso farlo. È il mio ufficio,
adesso. Posso andarci anche quando è chiusa la
banca”. Pansy lo guardò torva.
Perché andava alla Gringott quando era
chiusa? Le venne in mente quello che aveva detto Brianna. Forse avrebbe
preferito non saperlo. Ma non riuscì a stare zitta.
“E lo fai spesso?”
“Cosa?”
“Andare alla Gringott quando è
chiusa?” Non si rese conto di aver incrociato le braccia al
petto.
“Scusate…”
Ginny era stata catapultata
dalle stelle alle stalle. “Ma possiamo prima pensare a
Harry?” Poi si voltò
verso la ex
Serpeverde “Sai che cos’ha?”
La mora annuì. “Sì. È la Maledizione intensiva raggelante laterale.
Una variante dell’attacco di…”
“Dolohov!” esclamò Hermione. La Parkinson
annuì girandosi verso Hermione.
“Bene. Sai come si cura?” Lei sgranò
gli occhi, come se fosse offesa dalla domanda.
“Certo!”
“Allora andiamo subito…” Ma la mora la
bloccò.
“Non mi fanno entrare al San Mungo.”
“Puoi spiegarmi l’incantesimo da
usare? Posso farlo io?” Hermione era la più brava
di tutte. Se qualcuno poteva
farlo, era lei. Ma la Parkinson scosse la testa.
“Preferirei di no. Non
è un semplice Vulnera
Sanentur…
Sono tre
incantesimi di fila. E io ho dovuto allenarmi parecchio per riuscirci.
Non che
non mi fidi di te, ma…”
Ginny vide Hermione annuire. Merlino.
Ogni volta che trovavano un modo, saltava fuori un problema.
“E se usassimo il mantello di Harry?”
Hermione aveva sempre la soluzione, mai disperare.
Finalmente Ginny sorrise.
***
Quando aveva visto Potter aprire
gli
occhi, Pansy aveva sorriso soddisfatta. Poi l’aveva visitato
e aveva notato
subito i miglioramenti. Si sentì ancora più
sollevata. Poi erano riusciti a
spiegare al salvatore del mondo quello che era successo. E poi la
Granger aveva
sorpreso tutti proponendo di dare a Potter il distillato della morte
vivente.
La moglie di Potter aveva esclamato un
‘NO’ molto sostenuto, ma poi aveva capito che era
per il bene di suo marito.
Con quella pozione avrebbero ingannato il finto Denys, fingendo che
Potter
fosse ancora in stato vegetativo, senza per questo rischiare la sua
vita. Alla
fine aveva accettato.
“Io intanto avviso gli Auror.”
La Granger era formidabile, non c’era
dubbio. Sospirò.
***
Pansy pensava guardando il
soffitto.
Blaise la osservava da un quarto d’ora. Pensò di
essere incapace di staccare
gli occhi da lei.
“Troveremo Denys, secondo te?” Voltò
il viso verso di lui. Non doveva preoccuparsi.
“Certo. Siete… molto affiatati?”
Cercò
di non mostrare la sua gelosia. Ma da come lei aveva preso le sue
difese…
“È un bravissimo dottore”,
alzò una
spalla. “Non parliamo di molto altro. È gentile e
disponibile sul lavoro. Ogni
tanto mi racconta qualcosa di sé, ma di solito quando non ci
sono pazienti, ne
approfittiamo per dormire. Ma so che gli piace la burrobirra
aromatizzata
all’arancia. E gli piacciono le infermiere. MOLTE
infermiere…” Blaise non si
rese conto di sorridere. Piaceva anche a lui il fatto che al dottor
Denys
piacessero le infermiere.
Si girò su un fianco e tracciò con il
dito un disegno sul ventre della ragazza. Poi usò due dita e
le fece scorrere
in tondo, vicino al suo ombelico. La sentì sospirare e
sorrise. Doveva farla
pensare ad altro. Sarebbero andati alla Gringott la mattina dopo, di
domenica.
Tutti e quattro. E avrebbero continuato a indagare. Ma ora…
Si avvicinò un po’ di più e le
accostò
tutta la mano al corpo. Il contrasto fra la sua pelle e quella
chiarissima di
Pansy era stuzzicante. Si chinò e baciò una
porzione di pelle calda vicino alla
sua mano. Lei gemette. Sorrise mentre si puntellava sui gomiti, sopra
di lei,
mentre Pansy apriva le gambe per fargli spazio. La baciò. Si
appoggiò appena
sul suo corpo caldo e riscoprì con piacere il fatto che
sembrassero nati per
incastrarsi alla perfezione. Si chinò su di lei e le
baciò il collo, scendendo
piano piano, fino all’incavo dei seni. Poi si
sistemò per continuare il suo
percorso. Lei gemette ancora. Gli si rizzarono i capelli alla base
della nuca. Favoloso.
“Dove hai detto
che hai quel camice?”
-
-
-
-