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Autore: Mark_Criss    07/04/2020    2 recensioni
Draco è stanco di vivere la sua vita basandosi solo e soltanto sulle scelte sbagliate di suo padre. Gli viene data una possibilità per ricominciare, anche se questa sua decisione avrà un caro prezzo. Draco non sarà più Draco.
La sua storia ricomincia dal sesto anno, nei panni di un nuovo studente di Hogwarts, che si troverà a fronteggiare situazioni che non aveva previsto, amori che non aveva tenuto in conto e nuove ed inaspettate amicizie.
La scelta di non essere più Draco cambierà drasticamente gli eventi, rendendolo partecipe di una grande avventura che lo metterà nella condizione di dover scegliere fra se stesso e le persone che ha imparato ad amare.
Nulla sarà come prima.
Riuscirà a mantenere il suo segreto fino alla fine?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Il primo impatto di Draco con il dormitorio fu devastante, non era abituato a tutto quel chiasso, tutte quelle persone che toccavano e si congratulavano per l’ingresso nella “famiglia”.
Quella parola fece ridere un sacco il ragazzo: famiglia. Sembrava quasi una setta, la setta dei Grifonscemi.
Rise tra se e se, nella speranza di non essere visto.
Si guardava intorno, cercando di non essere troppo altezzoso, ma qualcuno avrebbe dovuto dare una sistemata a quel posto.
Libri ovunque, pezzi degli scacchi per terra, cartacce e piume su un tavolino pieno di scritte e tagli.
Ed era solo il primo giorno.
Tirò gli occhi all’indietro, si passò una mano tra i capelli color oro e si tirò su le maniche della camicia.
Raccolse un po’ di cartacce e le lanciò nel camino. Non sarebbe stato facile convivere con quel gruppo di scimmie.
Una cosa però lo colpì: la vista che c’era dalla torre; riusciva a scorgere buona parte della foreste e sembrava quasi avvolta tra le nuvole. Era uno spettacolo che dal suo vecchio dormitorio non si riusciva ad ammirare, gli dava un certo senso di libertà, come se quella sconfinatezza potesse essere realmente sua.
Si sedette sulla panca che fiancheggiava la vetrata, cercando di non perdere neanche un dettaglio di quel meraviglioso paesaggio illuminato dalla luce della luna.
Si sentì pieno, una sensazione strana, perché non si sentiva così da un po’, come se per la prima volta si trovasse davvero dove avrebbe sempre dovuto essere.
Prese il bigliettino che Ron gli aveva dato una volta entrato nel dormitorio, notò che gli era stata assegnata la stanza numero “cinque”; pregò con tutto se stesso che quantomeno fosse una doppia e non una di quelle camerate da sei persone che riservano a quelli del primo anno.
Salì le ripide scale, fiancheggiò il dormitorio delle ragazze e si diresse verso la porta numero cinque.
Prego qualsiasi divinità, anche quelle babbane, prima di girare la maniglia, tenendo gli occhi semi chiusi, fino ad aprire del tutto la porta e rendersi conto, che ad attenderlo dall’altra parte c’erano tre degli studenti che più adorava sulla faccia del pianeta Hogwarts: Potter, Weasley e Paciock.
La fortuna lo aveva baciato fin troppe volte, non era ancora stato scoperto, in qualche modo il karma avrebbe dovuto controbilanciare la situazione.
-Sorpresa!- gridò Ron quando il ragazzo fece il suo ingresso nella stanza.
Si sforzò di sorridere.
-Ma voi non la finite mai di festeggiare? – chiese in tono ironico.
Harry non trattenne le risate.
-Benvenuto nei Grifondoro, qui facciamo festa tutto l’anno, per qualsiasi motivo, continuamente. –
-Ed io che credevo di essere scappato dall’inferno-  rispose, prima di gettarsi sul suo letto.
La serata passò in fretta, parlando di professori, soffermandosi sullo sconcerto che i tre grifoni, ma anche lui, avevano per la questione di “Piton insegnante di difesa contro le arti oscure”; che avevano deciso di condividere lo stesso percorso di preparazione alla scuola per Auror e che quindi si sarebbe dovuto preparare per le prove che lo avrebbero atteso il giorno dopo.
Una volta sistemato per atterrare fra le braccia di morfeo, si congedò dai ragazzi e chiuse le tende del suo baldacchino.
Cercò di dormire, ma la confusione che proveniva dal piano inferiore non gli permetteva di chiudere occhio, il giorno dopo si ripromise di silenziare le tende.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, stava per raggiungere l’apoteosi dell’estasi, visto che non dormiva in un letto comodo oramai da giorni, quando la fastidiosissima voce di Weasley raggiunse la sua membrana timpanica facendola vibrare.
Dovette trattenere la voglia di schiantarlo con la bacchetta, ma restò sorprendentemente spiazzato dall’entità della conversazione.
-Draco era strano, non parlava con nessuno dei suoi amici, era freddo e distaccato con tutti. . – disse Harry.
- E cosa c’è di strano, l’hai mai visto essere gentile con qualcuno? – rispose Ron sarcastico.
-No, però era più strano del solito, nessuno lo conosce come me, è una questione di stomaco. –
-Harry, non ricominciamo con quella storia. – tuonò Ron alzando un po’ la voce.
Quale storia? Si chiese il giovane restando stretto sotto le coperte.
-Non è una storia Ron, succede.-
Ma succede cosa, quale storia, di cosa stanno parlando?
-No Harry, posso capire la cotta per Cedric, i film su Baston, ma lui no, non so nemmeno dove tu abbia trovato il coraggio di parlarcene. – disse Ron disgustato.
Draco tremò sotto le coperte. Probabilmente aveva capito male, forse stava già dormendo e non si era reso conto che quello doveva essere un incubo, oppure un sogno, non sapeva nemmeno come poter definire una situazione del genere.
Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, era omosessuale? E soprattutto, aveva una cotta per Draco?
Doveva trovarsi in una sottospecie di universo parallelo dove alla fine il preside di Hogwarts era diventato Lord Voldemort e Silente era il mago cattivo più temuto di tutti i tempi.
-Non è una cotta, è un legame strano, sento che non è una cosa solo mia.- rispose Harry.
Sgranò gli occhi, voleva ridere ma non poteva farsi sentire, quindi soffocò la testa nel cuscino cercando di reprimere il più possibile i suoi sospiri. Se avesse potuto rispondere a quella conversazione e avesse potuto rivelare la sua vera identità avrebbe gridato “Potter, è una cosa solo tua, posso garantirtelo.”
Non poteva credere alle sue orecchie, Potter era la prova vivente che trattare male qualcuno poteva farlo cadere nel tranello del “ti tratta male, ma perché in realtà è cotto di te.”
Poteva sentire il reflusso gastrico risalire per l’esofago al solo pensiero. Aveva rivalutato la situazione, analizzato criticamente il fatto che !quei tre” non erano così male come pensava, ma da qui a invaghirsi di Potter, o anche semplicemente fargli credere che ci sarebbe potuto essere qualcosa tra loro due, mai.
Non era neanche omosessuale, no, non lo era. E quella conversazione non aveva senso.
-Sta di fatto che ha preso il marchio nero, non posso più salvarlo.- disse Potter prima di dare la buonanotte al suo migliore amico.
Draco si voltò dall’altra parte, convinto che tutto quello che aveva sentito non avrebbe minimamente influenzato il suo atteggiamento nei confronti di Harry, anche se i pensieri continuavano imperterriti a svolazzare nella sua mente.
 
-Draco, ora dobbiamo lottare e tu devi disarmarmi.- disse Sissy prendendo le distanze nel giardino di casa Malfoy.
Draco era sconcertato dalla richiesta della madre, non capiva a cosa potesse servire lottare con lei, sapeva di cavarsela discretamente con gli incantesimi d’attacco.
Quando fu abbastanza distante dal figlio, senza pensarci due volte e senza proferire parola Narcissa iniziò a scagliare incantesimi offenisivi.
-Protego- gridò il ragazzo per difendersi da una saetta che stava per colirllo in pieno volto.
-Ma che stai facendo. – le strillò Draco mentre cercava di evitare i dardi che sua madre continuava a lanciare contro di lui.
-Reagisci!- lo intimidì sua madre, ostinata più che mai.
Draco continuava ad evitare e parare colpi, convinto che il gioco di sua madre fosse quello di addestrarlo e prepararlo a lottare.
-Reagisci, vigliacco! SEI COME TUO PADRE!- tuonò nel cuore del giovane come una tempesta estiva.
Non si rese nemmeno conto di quello che stava succedendo, prese a sparare colpi verso sua madre, che con la leggerezza di una farfalla gli schiava uno ad uno, continuando a chiamarlo Lucius, tra un colpo ed un altro.
Quando finalmente ad un certo punto riuscì a colpirla con uno schiantesimo, facendola cadere in ginocchio.
-Expelliarums- disse il ragazzo facendo volare la bacchetta di sua madre nelle sue mani.
Quando la prese, si rese conto che la bacchetta che stava stringendo, non era la bacchetta di Narcissa Black.
-Bene, ora puoi tronare in camera tua- disse la madre alzandosi da terra.
-Ah, quella portala con te e nascondila, ci siamo capiti? –
 
 
Il primo ufficiale giorno ad Hogwarts si rivelò più stressante del previsto: gli esami di ammissione più che complicati, si rivelarono lunghi e, non tutti i professori, mostrarono benevolenza nel volerlo ammettere nei propri corsi.
Avendo scelto di seguire un percorso di preparazione per la scuola di Auror, dovette sostenere: un esame di incantesimi, dove il professore gli chiese di dimostrare un incantesimo per ogni elemento naturale, il che risultò anche troppo semplice; uno di trasfigurazione, dove la professoressa Mcgranitt si rivelò molto umana, accontentandosi di incantesimi di base e di quattro chiacchiere amichevoli sulla teoria delle trasformazioni; uno di pozioni con il nuovo insegnate, il professor Horas Lumacorno, che non perse tempo ad invitare il giovane Marck ad una cena di benvenuto ad Hogwarts; uno con la professoressa Sprite, che firmò il foglio senza nemmeno fare una domanda; ed infine il professore di difesa contro le arti oscure, Severus Piton, un nome, una garanzia.
-Signor Platz, il mio esame non sarà semplice, voglio che mi dimostri come si evoca correttamente un Incanto Patronus, dopodiché mi spiegherà ABC dell’attacco e della difesa.-
Ci fu una breve pausa. Ci osservammo.
Sapevamo entrambi qual era il motivo per cui mi aveva chiesto proprio un Patronus, era un po’ la firma di ogni mago, voleva solo assicurarsi che i suoi sospetti sul nuovo arrivato fossero fondati.
Per generare un Patronus avrebbe avuto bisogno di ricordi felici, lo sapeva bene, perché non era mai riuscito a materializzarne uno.
Chiuse gli occhi, alla ricerca di qualcosa che potesse suscitargli gioia, piacere, euforia.
Scavò, ma non trovò nulla.
Prese piena coscienza del fatto che forse la sua vita era anche più triste di quello che aveva sempre pensato.
Ma non poteva darsi per vinto, il professor Piton lo conosceva bene, sapeva che per Draco quella magia aveva sempre rappresentato un tallone d’Achille; poiché al terzo anno, lo aveva implorato di avere delle lezioni extra, come quelle di Harry con il professor Lupin, per non rimanere un passo indietro al suo acerrimo nemico. Il tutto ebbe come unico risultato Potter che riuscì ad affrontare trecento dissennatori nella foresta proibita e lui, che riuscì a spostare un mollicio vestito da dissennaotore.
Non aveva bisogno di scavare per ottenere dei ricordi felici, si accorse che probabilmente il primo momento felice della sua vita era stato conoscere il trio, essere smistato nei grifondoro, avere una seconda possibilità.
Raccolse l’essenza di quel ricordo, la tenne visualizzata davanti agli occhi, non la lasciò scappare per nessun motivo.
Visse ancora una volta la carezza della Granger sul treno, l’euforia dei ragazzi nell’accoglierlo nella sua nuova stanza, il cameriere babbano in quel villaggio vicino Londra. Sentì il profumo di quella bevanda babbana, sentì il calore della carezza e riuscì a ricordare il rumore delle risate della notte precedente, come se tutte quelle sensazioni le stesse vivendo in quel preciso momento.
Lasciò andare i muscoli del volto, si rasserenò pensando a quanto fosse stato fortunato ad avere una seconda possibilità; quando si sentì pronto, stese il braccio e puntò la bacchetta:
-Expecto Patronum!- gridò.
L’incantesimo non tardò a funzionare, in men che non si dica, del fumo argenteo iniziò a venir fuori dalla punta della bacchetta, assemblandosi in quella che aveva la forma di una bellissima aquila reale.
Si sentì così soddisfatto da non poter trattenere l’entusiasmo, fece un salterello di gioia, per poi tornare composto.
-Non si esalti Platz, cinque punti in meno a grifondoro. –
Quanto suonava strano sentire il nome di quella casa, associato alla sua persona.
L’esame terminò con esito positivo, come tutti gli altri, ed erano ancora le quattro di pomeriggio.
Decise che probabilmente avrebbe potuto concedersi un’ora di pieno relax, steso sul verde prato del cortine interno.
Il sole era ancora abbastanza caldo, per essere settembre, illuminava la pelle pallida del ragazzo, facendola brillare.
Teneva gli occhi chiusi, stava cercando di raccogliere tutti i raggi solari che gli colpivano la faccia, cercando di non pensare a nulla, se non a quel calore, così piacevole e famigliare.
-Ehi tu!- lo stordì la voce di Potter.
Lo guardò, non aveva ben messo a fuoco, quindi lo guardò ancora e si ricordò del discorso che aveva sentito la notte prima; le guance divennero immediatamente rosse. Che il sole avesse già fatto il suo effetto abbronzante, questo probabilmente non l’avrebbe mai saputo.
-Ehi…io- disse Platz in tono ironico.
-Come sono andati gli esami? – disse il ragazzo prendendo posto vicino all’amico.
-Bene, Piton mi ha creato un po’ di problemi, ma Lumacorno mi ha invitato alla sua cena di benvenuto…-
- Sai che ha invitato anche me ed Hermione?-
La cosa non poteva elettrizzarlo meno di così. Voleva cercare il modo di scappare da quella conversazione, anche perché non riusciva a guardarlo negli occhi senza sentire il peso dell’imbarazzo.
-Tu non sei uno che parla molto- disse Harry.
-Tu sembri uno che parla troppo- gli rispose Platz.
-Solo perché i silenzi non mi sono mai piaciuti.-
-Ah si? E come mai? – gli chiese il ragazzo con aria di sfida.
-Quando ero piccolo i miei zii mi lasciavano chiuso in uno stanzino buio anche per giorni, il silenzio diventava il peggior rumore che le mie orecchie potessero sopportare…-
Era rimasto spiazzato dalla rivelazione, non poteva aspettarsi un’infanzia così traumatica, non da Harry Potter.
Aveva passato la vita a pensare a quanto fosse stato fortunato: fortunato a scampare dall’anatema che uccide, fortunato a trovare due amici sui quali contare sempre, fortunato quando si trovava sempre nel posto giusto al momento giusto; aveva perso i genitori prima di conoscerli, ma la vita gli aveva regalato tanto.
Non poteva minimamente immaginare che avesse subito quel tipo di violenze, che la sua vita, fino a prima di incontrare Ron ed Hermione, era stata un completo disastro.
-E’ una cosa tremenda e non ti sei vendicato? – chiese istintivamente Marck.
Harry scoppiò a ridere, come poteva aver pensato una cosa del genere?
-No, una volta ho gonfiato mia zia come un palloncino, minacciato più volte mio cugino di trasformarlo in un maiale, strappato la finestra di casa con dei ganci attaccati ad una macchina volante, ma no…non mi sono mai ufficialmente vendicato. –
Quei racconti affascinarono Marck, al punto da spingerlo a fare sempre più domande.
Imparò che Harry non solo era simpatico e riusciva a fare del sarcasmo sulla sua vita come mai nessuno, ma aveva anche una storia molto triste.
Non doveva essere stato facile crescere con due zii babbani, totalmente contrari alla magia, che lo crescevano come uno schiavo.
Questa cosa era al limite del credibile.
Il vecchio Draco non l’avrebbe concepito perché un babbano non avrebbe mai dovuto trattare un mago come uno schiavo; il nuovo Draco non riusciva a concepirlo perché non capiva come una mamma, sua zia, potesse trattare così un bambino orfano che le era stato affidato.
Era arrabbiato, perché la vita certe volte proprio non era giusta.
Harry aveva un'altra faccia, tutt’un altro aspetto, come se quella conversazione avesse profondamente modificato quello che pensava di lui. Non era solo un ragazzino fortunato che era riuscito chissà come a scampare alla morte, la sua fortuna era insita in quello spirito che gli aveva permesso di rialzarsi più forte di prima dopo ogni caduta.
-Credo che per oggi basti così, Potter.- disse sorridendogli mentre si accingeva ad alzarsi dal prato.
Il sole era quasi del tutto tramontato e loro avevano passato le ultime due ore a chiacchierare della tremenda vita del ragazzo moro.
-Andiamo in sala grande? – chiese Harry.
-Mh, sono stanco, credo che andrò a dormire, ci vediamo in camera o domani a lezione di incantesimi. –
-D’accordo- rispose Harry deluso.
Arrivarono alle scale e Harry si congedò dandogli la buonanotte.
Aspettò prontamente che il ragazzo svoltasse per la sala grande, dopodiché si guardò furtivo intorno e deviò per il settimo piano.
Avrebbe voluto dire la verità ad Harry, ma non poteva farlo, non poteva proprio permetterselo.
Per quanto stanco, anche quella sera non avrebbe dormito presto, aveva una stramaledetta pozione polisucco da preparare.

  
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