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Autore: Crudelia 2_0    08/04/2020    7 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: per prima cosa, come sempre, grazie a tutti voi. Siete sempre di più, e il vostro affetto mi rende davvero felice.
Oggi pubblico più tardi del solito, e mi scuso con chi aspettava il capitolo. Purtroppo ho avuto un blocco, e non riuscivo a scrivere: spero che questo non abbia influito sulla buona uscita del capitolo, ma sarete voi a dirmelo.
Un grosso abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
 
Il compleanno
 
 
 
 
Contrariamente a quanto il buon senso avrebbe imposto, sentì il corpo rilassarsi, traditore. Avrebbe dovuto allontanarla, ma sapeva che se l'avesse toccata per scostarle le braccia avrebbe finito per stringerla a sua volta.
Reclinò il capo indietro e chiuse gli occhi, facendo un gran respiro.
«Che giorno sarebbe?» chiese sussurrando, sforzandosi di fare appello a tutto il suo autocontrollo.
«Questo venerdì» rispose Hermione, e Severus sentì le sue labbra sfiorargli la camicia mentre parlava. Apprezzava quegli indumenti per la loro comodità, ora si ritrovò a maledire il giorno in cui aveva deciso di farli diventare un'abitudine.
«Il giorno prima della luna piena» deglutì.
«Sì» asserì lei, e Severus sentì nuovamente il suo fiato caldo penetrare la leggera stoffa e ustionargli la pelle.
Sospirò, quello era un problema. Si era ripromesso di stare con loro fino alla luna piena, e quell'invito cadeva proprio al confine del suo addio.
Convincersi a lasciarle andare era già doloroso, ai limiti della violenza su se stesso, non voleva prolungare quell'agonia passando una serata in loro compagnia.
Però.
Le avrebbe forse riviste in futuro? Si sarebbe privato coscientemente dell'ultima occasione per vederle felici?
No.
No, perché era un ipocrita.
Tornò ad aprire gli occhi e spostò lo sguardo su quello aperto di Hermione. Come poteva notare solo adesso le leggere sfumature dorate che partivano dalla pupilla per diramarsi verso l'esterno?
Forse perché gli era vicina. Molto vicina, troppo vicina.
E se i suoi occhi erano a quella distanza significava che anche le sue labbra erano a pochi centimetri.
«Va bene» si sforzò di scollarsi dal palato.
 
Non aveva mai sentito un assenso tanto riluttante. E poi perché tutto quel dolore nei suoi occhi?
Poteva essere per ciò che era appena successo, e lei sentì una fitta di colpa trapassarle il petto. Si era affidata a lui sobbarcandogli i suoi problemi, non si era mai fermata a riflettere su quanti potesse averne a sua volta l'uomo.
Forse era perché si mostrava sempre così sicuro di sé e mai indeciso, ma lei era riuscita a scorgere oltre la sua maschera. Gli anni passati a non dover più fare il doppiogioco probabilmente l'avevano intaccata e lei non aveva fatto altro che infilarci le dita a forza e farla diventare uno squarcio, un crepaccio.
E tutto ciò che aveva trovato, alla fine, ora, era quel dolore, quel tormento che oscurava e turbinava nei suoi occhi.
Senza abbandonare i suoi occhi alzò una mano, lentamente. Gli sfiorò il braccio e il petto, con l'intento di arrivare alla sua guancia, ma all'ultimo secondo non trovò il coraggio di compiere un gesto così intimo. Posò la mano sul suo collo, caldo.
Lo vide sussultare, ma non si spostò. Hermione con il pollice gli accarezzò la pelle, dal verso l'altro, sentendo sotto il palmo la superficie irregolare della sua cicatrice. Il cuore di Severus batteva veloce sotto le sue dita, l'unico indizio che tradisse i suoi sentimenti. Hermione sapeva che bastava una leggera pressione dei polpastrelli per trarlo a sé.
Desiderava farlo. Desiderava scoprire il calore e il sapore delle sue labbra, ma, soprattutto, voleva confortarlo: baciarlo per aspirare parte di quel dolore e farlo suo.
«Mamma?»
Hermione vide gli occhi si Severus saettare dall'altra parte del salotto, ma non distolse i suoi.
«Sì, tesoro?» rispose, senza staccarsi dal corpo dell'uomo. Severus tornò a guardarla e lei vide una muta domanda nei suoi occhi.
«Cosa state facendo?» chiese Kathleen.
Hermione indugiò prima di rispondere. «Severus mi stava dicendo che verrà al compleanno dello zio Harry» disse infine, facendo scivolare la mano dal suo collo in una lunga carezza verso il petto e le braccia, che erano rimaste fermamente incrociate.
«Ah. Ed è un segreto?» ormai era vicino a loro e li guardava dal basso verso l'alto.
«No» rispose facendo finalmente un passo indietro. Sentì improvvisamente freddo, e il desiderio di abbracciarlo si fece più impellente che mai. E che Kathleen fosse lì non era davvero un problema: lei era cresciuta vedendo le dimostrazioni d'affetto fra i genitori, se anche sua figlia avesse visto la madre fare gesti affettuosi verso un uomo avrebbe capito. Sarebbe stato educativo, anzi.
Ma non lo fece.
«Dovremmo andare» sussurrò, senza muoversi.
«Va bene, io sono pronta» disse Kathleen, sistemandosi lo zaino in spalla. «Ciao, Severus!» trillò stringendogli i fianchi nell'abbraccio che ormai le era diventato abituale. «Ti aspetto, mamma!» gridò iniziando a correre verso la porta.
Hermione annuì distratta senza preoccuparsi, sapeva che Kathleen avrebbe al massimo sceso le scale senza uscire.
«Ci vediamo venerdì, allora» disse quando capì che l'uomo non avrebbe parlato.
Lui sospiro prima di annuire, secco.
Hermione tentennò ancora. Non voleva lasciarlo, ma capiva che lui non desiderava altro che rimanere da solo.
«Va bene» si rispose da sola, ma ancora non era pronta a lasciarlo. Non in quel modo, non senza un gesto di vicinanza fra loro. Anche se forse aveva già fatto troppo.
Lui continuava a guardarla, impassibile ed immobile. L'unico movimento che aveva fatto era stato accarezzare Kathleen quando lei l'aveva abbracciato.
Aprì la bocca, ma lui la precedette.
«Tua figlia ti sta aspettando» disse con tono roco che pareva provenire dalla profondità del suo petto.
«Lo so» annuì lei con la voce strozzata.
«È meglio che tu vada, Hermione»
Ma lei non voleva. Scosse la testa, sentendosi una bambina capricciosa.
Lui sospirò, sciogliendo le braccia, ed Hermione accolse quel gesto d'apertura con la disperazione che le cresceva nello stomaco. Da quando aveva visto Harry lì nel salotto aveva il brutto presentimento che l'avrebbe perso.
«Promettimi che verrai» disse con irruenza  aggrappandosi alla sua mano come un naufrago che scorge un salvagente dopo ore. «Ti prego, Severus» le vibrava la voce, ma non le importava. L'aveva già vista così esposta, anche se per Kathleen, e ora si mostrava così fragile per lui.
«Hermione» sussurrò.
«Ti prego» ripeté. Non sapeva spiegarsi perché fosse così importante, ma sapeva che non sarebbe uscita da quella casa finché non avrebbe avuto la certezza di rivederlo. Si portò la sua mano al viso e chiuse gli occhi. Non era una carezza spontanea, ma lei se la godette come se lo fosse, immergendosi nel suo palmo caldo.
«Devo andare» bisbigliò. Voltò il capo e posò un bacio sulla sua mano, poi si allontanò.
Lo vide guardarla con le braccia abbandonate lungo il corpo, e si voltò con il cuore stretto in una morsa.
 
 
 
«E poi tutti questi regali, non ha mica dieci anni» disse con un tocco di esasperazione Ginny, posando il pacco che Kathleen le aveva porto su un tavolo già ingombro di altri regali.
«È il suo compleanno, Ginny» rispose Hermione, con un lieve sorriso. Avrebbe voluto fare di più, ma era preoccupata.
«Stai bene, Hermione?» chiese Ginny guardandola di soppiatto.
«Bene, certo. E tu?»
«Tu mi stai nascondendo qualcosa» affermò, posandosi una mano sul fianco e voltandosi completamente nella sua direzione.
«Ma niente, Ginny. Non ti preoccupare» rispose evitando di guardarla negli occhi. Sapeva che se l'amica avesse insistito ancora un po' avrebbe finito col dirle ogni cosa.
Nonostante l'avesse pregato, Severus non le aveva risposto. Ecco perché quando si voltò, richiamata dal grido felice di Kathleen, provò sollievo nel vederlo varcare la porta della Tana.
Vide Kathleen volargli tra le braccia, le trecce e la gonna del vestitino bianco fluttuanti, e lui accoglierla con il sorriso sottile che era in grado di scaldarle il mondo.
Sentì una morsa allo stomaco e una scossa pervaderla, sebbene lui non l'avesse vista. Si avvicinò a Molly scambiando con lei alcune frasi di circostanza.
Hermione vide la donna sorridere e accettare la bottiglia che lui le porgeva con espressione compiaciuta. Dopo la padrona di casa arrivò il turno di Arthur e di Harry.
Sentì Ginny parlare affianco a sé, ma non registrò le parole. Si avvicinò a lui come in un sogno, camminando in uno stato quasi onirico. Si fermò di fronte a lui e avrebbe voluto toccarlo, ma non ne ebbe il coraggio.
«Sei venuto» disse, incredula, guardandolo con soggezione. Era completamente vestito di nero e la riportava all'immagine di lui che aveva durante i suoi anni scolastici. Se non fosse stato per i primi bottoni della camicia aperti avrebbe potuto crederci.
Lui alzò un sopracciglio. «Ti avevo detto che l'avrei fatto»
«Ma non ci credevo veramente» sussurrò lei in fretta. Il sollievo nella sua voce era palpabile.
Lui alzò un angolo della bocca in uno dei suoi sorrisi ironici, ma Hermione non sentì la risposta probabilmente pungente che gli era salita alle labbra perché Ginny scelse quel momento per intervenire.
«Salve, professore!» trillò al suo fianco, sorridendo.
«Signorina Weasley» Severus fece un cenno con il capo nella sua direzione. «Posso ancora chiamarti così?» chiese, il sorriso storto di nuovo presente.
Hermione strinse i denti, provando un inspiegabile moto di gelosia a vedere quel sorriso rivolto a qualcun altro. Sapeva che non ce n'era motivo: non c'era malizia nei suoi gesti e nelle intenzioni dell'amica, ma sapere che altri, oltre a lei, potevano goderne le fece provare un'altra stretta allo stomaco.
«Purtroppo sì, professore. Ancora non si è deciso» rispose Ginny con la sua espressione fintamente esasperata. «Charlie ha chiesto di lei, prima. Adesso è in cortile»
Severus si congedò con un altro cenno del capo, ma quando passò davanti ad Hermione catturò i suoi occhi e non li lasciò andare finché non fu uscito.
Hermione lasciò il fiato che non si era accorta di aver trattenuto. Erano magnetici, i suoi occhi, come sempre. Rimase a guardare il punto oltre il quale era scomparso con un senso di vaga delusione.
Ginny si schiarì la gola e si voltò. Quando incontrò i suoi occhi insinuanti Hermione si sentì avvampare. L’amica non disse niente, probabilmente capendo il suo stato d'animo, ma tornò indietro con le labbra strette e uno sguardo che prometteva che non era finita, affatto.
 
 
 
Era difficile, non guardarla.
Sebbene per tutta la cena lei fosse rimasta dall'altra parte del tavolo i suoi occhi continuavano a tornare alla sua figura. L'abito estivo lasciava scoperte gambe e braccia abbronzate, indugiando in una dolce scollatura che aveva tutte le carte in regola per farlo impazzire, e i capelli, raccolti sulla nuca, lasciavano sfuggire delle ciocche che le accarezzavano la fronte e il collo.
Ma, più di tutto, sorrideva. Aveva già intravisto sprazzi di quel sorriso in sua presenza, ma mai così luminoso. Così era già sufficiente perché lui non riuscisse a negarle nulla, ma dopo quella sera aveva l'impressione che avrebbe ucciso pur di non smettere di vederlo.
Assurdo, come se fosse nella condizione per farlo.
Se avesse voluto essere realistico, l'unica cosa che gli faceva capire era che doveva andarsene, correre il più fretta possibile lontano da lei e dalla sua vita, prima di rovinargliela più di quanto avesse già fatto.
Infatti se l'era già ripromesso. Fosse stato facile, l'avrebbe già fatto.
Prese un sorso dell'amaro che aveva offerto Arthur Wesley e in quel momento Hermione si girò nella sua direzione. Severus sentì una stretta allo stomaco quando il suo sorriso si aprì, completamente rivolto a lui.
Senza neanche rendersene conto, lo ricambiò. A lei si illuminarono gli occhi.
«Guarda, Severus! Ho trovato una pietra di luna» esclamò Kathleen, ad un tratto al suo fianco.
Severus chinò lo sguardo cercando di convincersi che non era dispiaciuto perché non poteva più guardare sua madre. Kathleen teneva sul palmo aperto una pietra bianca, ma era evidente che non era quella che sperava.
«Dove l'hai trovata?» chiese, vagamente curiosa.
«Sotto la siepe. L'ho pulita da tutta la terra» era evidentemente orgogliosa del suo lavoro.
«Quella non è una pietra di luna» le spiegò Severus, senza complimentarsi.
«Ah» rispose Kathleen, stringendo la bocca. Più che delusa sembrava pensierosa. «Ma ne ho altre, ti faccio vedere!» E senza aspettare o chiedere il permesso si arrampicò sulle sue ginocchia e iniziò a vuotarsi le tasche, mettendo in fila sul tavolo almeno una decina di altre pietre bianche.
«Nessuna di queste è una pietra di luna» disse Severus mentre ancora lei stava disponendo i sassi. Inconsciamente, aveva portato la mano libera sulla schiena della bambina per bilanciarla in caso di caduta, e si era sporto in avanti.
«E perché?» chiese la bambina, osservando le pietre in fila.
«Queste sono solo pietre da giardino. Le pietre di luna sono bianche con venature che cambiano colore a seconda della luce che riflettono» spiegò.
Kathleen rifletté in silenzio. «Ma questa ha le venature» disse, puntando con il dito una pietra bianca striata di nero.
«Ma sono nere, non colorate, e non cambiano in base alla luce» precisò.
«Mh» pensò Kathleen. Aveva le labbra strette, ma non sembrava triste per il suo mancato successo. «Va bene, vado a cercarne altre» concluse. Senza un'altra parola scivolò giù dalle ginocchia dell'uomo e corse verso la porta, per raggiungere Teddy e Victorine in cortile.
Severus guardò con la fronte aggrottata i sassi che gli erano rimasti davanti, quando tornò ad alzare lo sguardo si accorse del silenzio che era calato attorno al tavolo.
Non era un silenzio sbalordito, quanto più leggeva nei loro occhi... rispetto. Incontrò gli occhi di Hermione e lei sorrise, con una tenerezza che gli scaldò il cuore.
Qualcuno si schiarì la gola.
«Altro liquore, Severus?»
«Grazie, Arthur» rispose allungando il braccio.
 
 
 
La porta cigolava, nonostante fossero anni che Molly chiedeva ad Arthur di aggiustarla. Ormai era diventata parte di tutte quelle curiose caratteristiche della Tana.
Hermione se la chiuse con attenzione alle spalle, uscendo nella veranda. Sapeva di trovarlo lì, ma rimase comunque colpita quando vide la sua figura di schiena, chinata in avanti, i gomiti appoggiati alla balaustra di legno.
«Sei qui allora, non sei scappato» esordì avvicinandosi.
Lui non si voltò, rigirandosi tra le mani il bicchiere ancora mezzo pieno. «Con tutti gli auror che ci sono non riuscirei a fare più di due metri» ribatté burbero.
Lei ridacchiò. «Va bene, farò finta di credere che tu non sappia nasconderti»
Lui non rispose e per un po' entrambi rimasero ad osservare le stelle nel cielo scuro sopra di loro. Ogni tanto arrivavano gli schiamazzi dei bambini che giocavano nel cortile vicino, alla luce di alcune lampade incantate che galleggiavano lungo il perimetro.
«Quando sono partita con Harry e Ron, dopo la caduta del Ministero, ho lasciato Grattastinchi qui» iniziò Hermione per riempire il silenzio tra loro. «Quando la guerra è finita sono tornata e ho scoperto che Molly se n'era sempre occupata. All'inizio era arrabbiato con me, ma quando è nata Kat non la lasciava un secondo. Quando è morto lei ha pianto per settimane, ancora lo nomina ogni tanto»
Severus bevve un piccolo sorso. «Ma non prenderai un altro gatto»
Non era una domanda, ma Hermione scosse la testa. «No, non vorrei che succedesse ciò che è successo con i criceti»
«Non succederà, lo sai» disse lui, sicuro.
Hermione gli sorrise. Non per la sua frase, ma perché non voleva fare altro da quando era arrivato.
«Sono felice che ti sia qui, stasera» sussurrò.
Per la prima volta lui si voltò nella sua direzione. Le fece un sorriso con un angolo della bocca, ma anche nella semioscurità era chiaro si stesse sforzando.
Malinconico, ecco qual era la parola per descriverlo. Forse era la sua posa quasi abbandonata, arresa, il bicchiere che sorseggiava con lentezza, o forse il modo in cui guardava la luna.
«Vorrei chiederti una cosa» bisbigliò Hermione, avvicinandosi ancora. Adesso la sua gonna, mossa dalla brezza lieve, arrivava a sfiorargli le gambe.
«Mh» rispose lui, appena un colpo di gola. Hermione non seppe interpretarlo, le fu solo evidente la nota di amarezza presente anche in una sillaba così piccola e senza intonazione.
«Vorrei che tu passassi la giornata con noi, domani. Anche solo il pomeriggio e la sera»
L'intenzione era di pronunciare la frase in fretta, ma non riuscì a togliersi quel tono sussurrato da condivisione, confessione, segreto.
«Hermione» sospirò lui, drizzandosi. Posò le mani sul legno e lo strinse tanto forte da far sbiancare le nocche. Il bicchiere, al suo fianco in equilibrio, dondolò prima di stabilizzarsi. «So cosa vuoi, e lascia che te lo dica: è una pessima idea»
Ad Hermione si strinse lo stomaco. L'aveva capito.
Un secondo dopo si diede della stupida. Certo che l'aveva capito, tutti l'avevano capito. Non le rimaneva che scriversi in fronte che si era innamorata.
Era inutile fingere, allora, ma se c'era una cosa che aveva imparato dalle lezioni di seduzione che Ginny cercava di imporle era che confessare i propri sentimenti con il cuore in mano non porta da nessuna parte. Per questo si avvicinò ancora, appoggiandosi con il petto sul suo bicipite e posando una mano sulla sua.
«Non so di cosa stai parlando» bisbigliò, iniziando a disegnare piccoli cerchi con la punta delle dita sulla sua pelle.
«Lo sai benissimo» disse lui tra i denti. Hermione alzò lo sguardo per incontrare il suo, ma Severus fissava ostinato un punto all'orizzonte.
In fretta, Hermione si approfittò della sua distrazione per infilarsi sotto il suo braccio e posizionarsi davanti a lui, tra le sue braccia tese. Lui abbassò gli occhi su di lei, sembrando sorpreso, ma Hermione non gli diede il tempo di reagire. Posò una mano sul suo fianco e con l'altra iniziò a giocare con i bottoni della sua camicia.
«Vista la quantità di donne che ho visto uscire dalla tua porta non pensavo fossi il tipo d'uomo a cui piace farsi pregare» disse sorridendo maliziosa e scendendo con le dita verso il suo addome.
«È diverso» borbottò lui.
«È vero, io non mi accontenterei di passare solo una notte con te»
E alzò il mento, orgogliosa, sfidandolo a mettere in discussione le sue parole.
Ma lui fece un passo indietro, passandosi una mano tra i capelli. «Non ho bevuto abbastanza per questa conversazione» disse, parlando tra sé, e in un solo sorso vuotò quello che gli era rimasto nel bicchiere. Quando lo posò con forza sul legno Hermione sentì le vibrazioni del legno salirle lungo la colonna vertebrale. Tuttavia non aveva intenzione di demordere: spinse in un angolo nella sua mente la paura che iniziava ad attanagliarle lo stomaco e allungò di nuovo le braccia, aggrappandosi alla sua camicia.
«Perché continui ad allontanarti, a scappare da me?» La voce le vibrò di supplica, se fosse stata una donna diversa avrebbe sentito le lacrime salirle agli occhi.
«Lasciami, Hermione» sussurrò lui in risposta, un'eco della sua stessa disperazione nel suo timbro basso.
Lei scosse la testa, stringendo le labbra per impedire al singhiozzo che sentiva in gola di uscire. Com'era potuto precipitare tutto così velocemente?
Ma in fondo lo sapeva, che lui voleva andarsene. Non sarebbe stata lì a trattenerlo con le unghie e con i denti, altrimenti. Non voleva umiliarsi supplicandolo di rimanere, preferiva scontrarsi con le sue barriere e prenderle a pugni fino a scorticarsi le dita.
Spostò le mani con l'intento di aggrapparsi al suo colletto, ma lui fu più veloce, dimostrandole che fin'ora aveva scelto di assecondarla.
Le prese i polsi, cingendoli con le lunghe dita, e glieli portò dietro la schiena, immobilizzandola. Così facendo, però, fu costretto ad avanzare, ed Hermione si ritrovò stretta tra il suo corpo caldo e il legno del corrimano che le premeva contro i fianchi.
«Tu non sai che uomo sono» sussurrò con voce roca Severus. Voleva intimidirla, ma Hermione era troppo assuefatta dalla sua vicinanza per provare paura.
«So che ci hai sempre protetto quando eravamo studenti e adesso stai aiutando me e mia figlia senza voler nulla in cambio, ho davvero bisogno di sapere altro?» sussurrò conciata.
Lui ringhiò, frustrato, ma non trovò nulla da dire. Chinò la testa ed Hermione sentì i suo i capelli sfiorarle le guance.
«Perché?» le chiese lui tra i denti. Ormai la sua maschera era caduta, ed Hermione vedeva tutta la sua sofferenza negli occhi e la sentiva nella forza con cui lui le stringeva i polsi. Mai come allora provò la voglia di abbracciarlo, stringerlo, accarezzare la ruga di preoccupazione che gli si formava al centro delle sopracciglia finché non si fosse appianata.
«Perché io-»
«No!» la interruppe, lasciandola di colpo, come scottato.
Hermione si sentì vacillare, anche se era appoggiata al legno dietro di sé. Lo guardò allontanarsi e passarsi le mani sul viso, sentendosi più impotente che mai.
Non era sorpresa, tuttavia. Sapeva anche lei che a dirle, le cose diventano reali.
«Se solo tu-»
«Zitta, Hermione, ti prego» lui tese le mani nella sua direzione, i palmi aperti come se lei volesse ferirlo fisicamente. «Non parlare»
Lei lo guardò con gli occhi sgranati. Come poteva aiutare qualcuno che si rifiutava di essere avvicinato?
«Voglio solo proteggervi»
Fu un bisbiglio così sottile che non fu sicura di averlo sentito, ma vide le sue braccia cadere lungo i fianchi, senza forza, ed ebbe l'impressione di capire.
Non si era sbagliata allora, anche lui provava dei sentimenti nei suoi confronti.
«Da cosa?» trovò la forza di chiedere. Aveva la gola così secca che porre quella domanda le fece male. Anche gli occhi bruciavano, di lacrime non versate.
Lui la guardò ed Hermione si sentì affogare in quegli occhi, tristi da far male.
Una lacrima le si formò agli angoli degli occhi e lei chiuse le palpebre, per non farla scendere. O forse per ripararsi dalla risposta che sapeva sarebbe arrivata.
Ma non arrivò, al suo  posto sentì le sue mani calde sfiorargli le braccia e salire, lasciando brividi al loro passaggio, fino al collo, dove si fermarono.
«Hermione» sussurrò di nuovo, posando la fronte sulla sua. Sembrava una preghiera, ed Hermione si sentì avvolgere dal calore del suo amore, sentendosi quasi venerata.
Perché ora ne era certa, di essere ricambiata. Ne era sicura come credeva di sapere anche il motivo per cui lui continuava ad allontanarsi pur non riuscendoci: pensava di non esserne degno.
Lei alzò la testa, gli occhi socchiusi, abbandonata al suo tocco. Sentiva il suo petto oltre il sottile strato del suo vestito e, pur avendo voglia stringerlo, riuscì soltanto ad aggrapparsi ai suoi fianchi. Aveva paura che se si fosse mossa avrebbe spezzato l'incantesimo
Schiuse le labbra, sentendo nuovamente i suoi capelli solleticarle le guance, e sentì i suoi pollici accarezzarla. Rabbrividì per l'anticipazione di quel bacio.
Sentiva il suo respiro sfiorarle le labbra, ma il bacio non giunse.
La sua bocca andò a posarsi sul suo collo, ed Hermione gemette.
Gemette per la frustrazione, per non aver ancora scoperto il sapore della sua bocca, ma più del resto gemette per la fitta di piacere che la sensazione della sua lingua sulla sua pelle le lasciò.
Severus scese con la bocca fino alla clavicola prima di risalire, quando arrivò all'orecchio posò un altro bacio sull'incavo sensibile che lo divide dal collo.
«Non posso» sentì la sua voce roca entrarle dentro e scioglierla, ma non registrò le parole. Tutte le sue forze erano impiegate nel non aprire le mani per lasciarlo andare e non permettere alle lacrime di uscire, ma quando tornò ad avere la meglio sul suo respiro affannoso si accorse che lui si era già allontanato, senza guardarla.
Un attimo dopo la porta cigolò ed Harry comparve.
Hermione lo guardò sapendo che non sarebbe riuscita a nascondere niente all'amico. Vide le sue labbra muoversi, ma non sentì le parole che uscirono.
Come se fosse in un altro mondo vide Severus avvicinarsi a Harry, stringergli la mano e poi scomparire all'interno.
L'amico le si avvicinò, preoccupato.
«Stai bene?» le chiese, sfiorandole una spalla.
Lei annuì, sentiva ancora il cuore batterle furioso nel petto.
«Penso tu abbia un po' di cose da raccontarci»
   
 
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