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Autore: PaikeApirana    09/04/2020    2 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.

Quella notte Jake si svegliò tardi, quando la temperatura nella sua grotta era ormai diventata simile a quella di un forno. Di nuovo aveva sognato quelle parole, quella cantilena che proveniva da un tempo molto lontano della sua memoria. Era un’epoca che amava e odiava al tempo stesso. Si ostinava a non ricordarla e pensarci il meno possibile, per non rivivere ancora una volta il dolore che aveva provato vedendo il suo mondo sgretolarsi. Ma quella nenia non lo abbandonava mai: cullava i suoi sogni e talvolta lui stesso si sorprendeva a mormorare il motivetto, quando era annoiato.
Sotto il sole del deserto
fuggon le ombre
di chi ha sofferto…

Scosse la testa, disperdendo quelle parole come tante foglie al vento. Si stupiva che dopo tanto tempo si ricordasse ancora per intero tutta la canzone, ma quello non era il momento di perdersi sul piccolo viale dei suoi ricordi felici.
Dopo una colazione a base di una pastura indefinita di cibo inscatolato, rammollito dalla calura, Jake uscì dalla sua “casa” per dirigersi di nuovo verso la tana, portando con sé alcune bottiglie di acqua fissate al cinturone. Ieri non ci era riuscito, ma quel giorno voleva assolutamente farsi un giro con Circe, divertirsi un po’ prima di cercare un altro ingaggio. A quell’ora fortunatamente la Tana era praticamente deserta e quindi la vipera cornuta non doveva avere molti clienti. Solo pensare alle sue conturbanti carezze e il suo odore inebriante, Jake avvertì un formicolio lungo tutto il corpo. Circe sapeva sempre toccare i punti giusti, facendolo ardere di piacere e desiderio ogni volta come fosse la prima. Anche se erano diversi anni che si conoscevano, infatti, la prostituta non lo deludeva mai e il pistolero era certo di saper fare altrettanto. Ogni volta che si vedevano, nell’alcova avveniva un vero e proprio combattimento in cui a dominare era la loro passione. Il fuoco che sprigionavano entrambi durante l’atto non aveva eguali e alla fine erano entrambi ebbri di piacere, ma sfiniti. Jake non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma Circe sapeva sfiancarlo. Dire che l’amava sarebbe stato fin troppo eccessivo. Al di fuori dei loro incontri nella Tana i due non avevano alcun rapporto, anche se ogni tanto si erano aiutati a vicenda con i rispettivi affari. Tuttavia, non erano mai usciti insieme a fare passeggiate o qualsiasi altra cosa smielata tipica dei fidanzati e a entrambi stava bene così.
E secondo Edward lui avrebbe dovuto scambiare tutto il suo divertimento con Circe per quel vermetto che gli aveva regalato? Sarebbe stato già un miracolo se avesse saputo cosa andava dove, visto quanto le signorine per bene fossero terrorizzate dal sesso. Inoltre, Jake non era un vecchio bavoso o uno stupratore che gioiva della sofferenza delle sue vittime. Poteva anche essere il Mietitore, ma non aveva ancora raggiunto un simile livello di bassezza e non contava di farlo in futuro.
Durante il suo viaggio teneva d’occhio il cielo, temendo di scorgere un falco. Fortunatamente però stava percorrendo una strada all’ombra di alcuni cactus, bassi e rigonfi d’acqua, che offrivano un valido riparo, sia dal sole ce dagli artigli del rapace. Il grosso teschio di vacca che costituiva l’entrata della Tana ormai non era molto lontano, ma un particolare lungo la strada attirò la curiosità di Jake. Poco lontano da lui stava un carro rovesciato su un lato. Diverse assi erano spezzate e tutt’intorno c’erano trucioli di legno e segatura. Non lo aveva mai visto in tutte le volte che aveva percorso quella strada. Doveva essere stato abbandonato recentemente. Inizialmente Jake pensò a una rapina andata male, ma quando la sua lingua captò l’odore di un falco e vide una grossa piuma marrone intrappolata tra le spine di un’erbaccia lì accanto si ricredette. Immediatamente sentì lo stomaco torcersi per la paura e un brivido freddo percorrergli la schiena. Si guardò freneticamente intorno, tenendo la pistola pronta e puntandola in tutte le direzioni, finché non fu certo di essere solo. Non percepiva alcuna traccia di calore né odori particolari, quindi riprese velocemente la sua strada fino alla Tana.
Solo una volta entrato si sentì al sicuro. Prese dei lunghi respiri, per riacquistare il suo autocontrollo.
Trovò Circe intenta a pulire alcuni tavoli della locanda deserta. Perfetto, pensò dirigendosi verso di lei con un sorriso malizioso. Con sua grande sorpresa, però, appena arrivato la vipera gli rivolse subito un saluto acido e quasi risentito: «Guarda un po’ chi è tornato… Hai dimenticato a casa il tuo grazioso regalino, Jake? Ieri sera sembravi molto ansioso di giocarci».
La vipera gli dette le spalle, facendo per passare a un altro tavolo, e Jake la seguì, ridacchiando. «Se non ti conoscessi bene, Circe, direi che sei gelosa».
«Sono solo offesa perché il mio cliente preferito non si è nemmeno preso la briga di salutarmi» gli disse, fingendo un tono dispiaciuto «Comunque non pensavo ti piacessero le serpentine giovani e innocenti».
«Infatti, non è così. Mi danno la nausea.» disse ancora il pistolero, girando attorno alla vipera per attirarla tra le sue spire «Io preferisco le tentatrici che sanno il fatto loro».
Circe ricambiò volentieri la sua espressione voluttuosa, parlando a fior delle sue labbra e solleticandogli le squame con la lingua biforcuta. I due piccoli anelli, che ingioiellavano le sue corna dritte, brillavano fin quasi ad ammaliare Jake.
«Deduco che quindi la piccoletta non sia riuscita a farti divertire ieri sera» chiese ancora ricambiando l’abbraccio.
«Non ci ha nemmeno provato e io non l’ho costretta. L’ho abbandonata in una città vicina» fece ancora il serpente, mentre la sua pistola tremava e ticchettava come un vero sonaglio per il desiderio che ardeva in lui.
«Che cavaliere» commentò sarcasticamente Circe, dandogli un rapido bacio «Ma temo dovremmo rimandare. Nella Stanza dei Contratti hai un nuovo cliente. Tuo fratello a quanto dice».
«Chi?» chiese Jake, confuso. Le sue pupille si assottigliarono, mentre pensava. Non poteva essere davvero quello sceriffo smilzo, oppure sì?
Lasciò le bottiglie d’acqua che si era portato a Circe, grugnendo seccato: «Vado a vedere cosa vuole e torno».
Prima di liberarla dalle proprie spire, la baciò con trasporto, senza nascondere il suo desiderio di volere di più e Circe sembrò apprezzare.
«Ti aspetto nell’alcova» gli sussurrò.
Jake strisciò allora verso la stanza dei contratti, sorprendendosi di non vedere Moscardo al bancone. Non era ancora entrato e già sentiva una voce fastidiosamente acuta e familiare parlare a raffica di cose che non capiva. Era lui non c’era dubbio.
«…io e Jake abbiamo dei trascorsi, certo. Siamo due leggende schierate dalla parte opposta! Lui il fuorilegge io lo sceriffo eroe, ma a volte un nemico più grande spinge i rivali a mettere da parte i loro rancori. Potremmo dire che è successa una cosa simile anche con il sindaco John, tempo fa. Ho lasciato a Jake il piacere di finirlo, ma credo di essermi guadagnato un po’ del suo rispetto dopo che sono riuscito a liberarmi da una cella d’acqua con una sola pallottola, la stessa con cui, pochi minuti prima, avevo quasi sparato a mio fratello. Non penso siano in molti a potersi vantare di aver minacciato il Mietitore, eh?».
Dentro di sé, Jake maledisse il momento in cui si era complimentato con quella lucertola. Ci mancava solo che pensasse di essere un suo amico. A causa dell’ultima frase in particolare, dovette combattere contro l’istinto di irrompere nella stanza e crivellare lo sceriffo di colpi. Sperò per lui che non lo avesse spifferato a tutto il deserto.
Prima che Rango potesse dire altro per minare la sua reputazione, il pistolero sbatté la porta, emergendo dalla penombra del corridoio con un basso ringhio. Lo sceriffo sobbalzò sul divano con una forte esclamazione, quando vide i suoi occhi infuocati fissarsi su di lui. Moscardo era lì in piedi, a guardare la scena con fare quasi annoiato. Si grattò la pelliccia grigia dietro il collo per poi avviarsi verso l’uscita. Mentre passava accanto al serpente a sonagli, disse, a metà tra il deluso e il sorpreso: «Non sapevo ora trattassi anche con gli sceriffi, Jake».
Il pistolero non rispose, concentrandosi su Rango, il quale si stava aggiustando il cappello per ritrovare un minimo di contegno.
Quando Moscardo chiuse la porta, gli chiese subito: «Cosa diavolo ci fai qui, fratello?».
Rango si schiarì la voce. Conservava sempre un velo di terrore nel suo atteggiamento, ma Jake dovette riconoscergli di essersi ripreso più velocemente rispetto al loro primo incontro.
«Sono venuto a…offrirti un affare» gli disse, bevendo tutto d’un sorso il bicchiere di liquore poggiato sul tavolino. Fortunatamente ebbe il buonsenso di non offrire da bere al mercenario e continuare la sua spiegazione. «Abbiamo alcuni problemi a Polvere e mi servirebbe il tuo aiuto».
«Sei lo sceriffo. Non sarebbe tuo compito risolvere i problemi di quell’ammasso di catapecchie?» scosse la coda facendo ticchettare il metallo della pistola, accennandovi con la testa «Oppure hai bisogno che tolga di mezzo qualcuno?».
«Ehm… no, almeno non adesso» disse nervosamente la lucertola «Ma ultimamente abbiamo sentito degli spari vicino alla città e Uccello Ferito ha trovato delle strane tracce. Sembra una banda numerosa. Non ci sono ancora stati attacchi diretti contro la città, ma ora che siamo tra le più ricche di acqua…».
«Arriva al punto, smilzo» tagliò corto Jake, ormai al limite della sua esigua pazienza.
«Voglio che mi aiuti a scoprire chi sono e che cosa vuole questa gente» disse Rango, nel tono più risoluto che il serpente gli avesse mai sentito usare «Se sono una minaccia devono essere resi inoffensivi prima che arrivino alla città. Ti offro un ettolitro e mezzo di acqua alla fine del lavoro».
Il triplo della paga che avrebbe dovuto ricevere da Edward. Jake non poté non sentirsi attratto da quella prospettiva. Inoltre, non si prospettava un compito troppo difficile: probabilmente erano dei banditi del calibro basso di quella lucertola, tale Bill. Cani randagi che si aggregavano insieme solo per sembrare più grossi e spaventosi. Ne aveva affrontati parecchi e da più giovane, prima di diventare il leggendario Mietitore, era stato persino uno di loro. Tempo un paio di settimane e li avrebbe rimandati a casa con la coda tra le gambe.
«Va bene, sceriffo, ci sto» disse, prima di avvicinarsi a lui con fare minaccioso, ghignando in modo che vedesse i denti «Ma spero tu conosca la clausola implicita di chi fa un patto col Mietitore: non vado mai via senza un’anima».
Rango deglutì visibilmente, schiacciandosi contro lo schienale del materasso, senza riuscire a trattenere un tremito alla vista dei denti di Jake. E non erano nemmeno quelli più pericolosi.
«Ehm… su questo ci accorderemo in seguito, quando avremo finito con la banda…» mormorò la lucertola, cercando di tenere salda la voce «Basta che…ecco non causi problemi mentre stai in città. La gente è già abbastanza nervosa da quando sono arrivati due nuovi serpenti a sonagli».
Due? Sicuramente uno era Beatrice, anche se Jake non credeva qualcuno potesse avere paura di lei, ma l’altro? Bah, non erano affari suoi. L’unica cosa che lo infastidiva era sapere che anche a distanza di tanto tempo le cose non erano cambiate: i serpenti come lui erano sempre considerati dei mostri, creature infernali, peccatori sin dalla nascita. Maledisse mentalmente tutti i bigotti della pidocchiosa città, mentre un odio, antico come la nenia che costellava i suoi sogni, si accendeva di nuovo in lui. I ricordi che si portava dietro quell’odio gli facevano venire voglia ogni volta di sparare a qualcosa. Vedeva davanti il suo nemico più odiato e desiderava solo ucciderlo nella maniera più dolorosa possibile. Ormai, però, doveva essere morto, altra cosa che faceva imbestialire Jake.
Sbuffò, allontanandosi da Rango e aggiustandosi la pistola solo per occupare la mente con qualcos’altro. «Avete già fatto un ghetto per serpenti?» gli chiese, con voce tagliente.
«Cosa? No, che ghetto!» fece la lucertola, sorpresa dalla domanda «Vivono in canonica. Padre Terence, il serpente più anziano, è il nuovo parroco della città, mentre Beatrice è una povera ragazza sfuggita a dei banditi».
La domanda successiva dello sceriffo confermò a Jake che la giovane non aveva parlato a nessuno del loro incontro: «A proposito, Jake…non è che tu ne sai qualcosa…?».
«No» rispose, lapidario «Non la conosco e non mi interessa. Ora, sceriffo, concludiamo velocemente questo contratto così ti levi di torno».
Sollecitato dal ticchettio impaziente della pistola di Jake, la lucertola concluse velocemente la transazione alla presenza anche di Moscardo, rientrato appunto per fare da testimone. Finalmente libero, Jake raggiunse finalmente Circe nell’alcova sul retro, dicendo a Rango che si sarebbe presentato domani all’entrata della città. Pensò persino di annunciarsi sparando a qualche insegna, come l’ultima volta.

 
   
 
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