Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: CatherineC94    09/04/2020    2 recensioni
La mattina si stagliava piano sulla piccola cittadina; tutto era silenzioso, tenue. Le prime luci dell’alba sfioravano le colline color del grano. Le montagne d’altro canto non erano immuni a quella carezza innocente del sole; erano silenti, ma con fare quasi autoritario circondavano le piccole colline. Quella mattina non faceva caldo, ma un vento semplice e senza pretese dava l’idea della caducità della stagione. L’estate era da molti bramata; i poeti la decantavano. Era sempre stata l’apoteosi della libertà, del concetto precario della possibilità. Ma in questa storia non si parlerà di poeti o scrittori; bensì di una giovane donna che negli anni primordiali dell’umanità si trovava a vivere negli angoli più remoti del mondo. Questa è la storia di Marianna Monastrulli, prima figlia dei coniugi Monastrulli, eredi in disgrazia di un’antica casata dei Borboni, che fra investimenti avventati e avi ubriaconi videro tutta la fortuna sfumare davanti ai propri occhi.Quindi, caduti in disgrazia i nonni della giovane protagonista della vicenda dovettero emigrare, spingendosi verso l’interno dove piccoli agglomerati cittadini creavamo piccoli mondi che si estraniavano da tutto e da tutti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3
Di quando Giuliano si rese conto che il poco è molto
 
Nella piazza ovale il sole regnava impetuoso è forte; il caldo era quasi asfissiante e in lontananza si sentivano le cicale acute ed imperterrite che cantavano. Era estate, nel mese che tutta la popolazione aspettava per un anno; era il mese della festa del Santo Patrono che, senza togliere importanza alle altre sacre celebrazioni, risvegliava nei cuori di tutti devozione e spensieratezza. Infatti non era inusuale trovare nello spiazzo piccoli agglomerati bianchi che provocavano un vociare ancor più molesto delle cicale stesse; erano gli uomini del paese che riuniti a gruppi si sfidavano a carte. Quando si andava in piazza era d’obbligo indossare il cambio con la camicia bianca che la moglie aveva preparato ed era subito un “Venite che ci scialiamo”, oppure” Non reggete la perdita della volta precedente”. Quel giorno un panciuto uomo di nome Gregorio Bonifati era immerso in una mano a scopa  che aveva provocato già tre conflitti con i suoi avversari; li guardava taciturno ma sospettoso all’erta, aspettando una mossa qualsiasi. Di fronte a lui sedeva il camposantaro, Don Felice tutto sudato, concentrato a contare i numeri delle carte come lo era quando doveva contare le fosse da scavare al cimitero. Don Gregorio non lo vedeva addormentato come dicevano tutti, anzi tutt’altro; lo credeva un uomo furbo che recitava un ruolo per potersene stare buono e tranquillo. L’altro avversario era Pietro Branca, il pastore che aveva parecchi debiti con lui; apprezzava il suo sangue freddo ma era un ammasso di muscoli e di poco cervello; di lato c’era suo fratello, Bruno che svogliato aveva già da tempo abbandonato la partita. Era giovane, senza moglie e in molti casi impulsivo; aveva avuto molto a che fare con le sue bravate, ma lui Don Gregorio di problemi nel paese non ne aveva. Tutti lo rispettavano in un modo o nell’altro. Mentre chiudeva la partita con una mano vincente, notò la figura del forestiero che saliva tutto sudato e trafelato da sotto la piazza; non aveva avuto modo di parlarci ma aveva sentito dire che veniva da una famiglia che non scherzava. Da quello che le sue fonti gli avevano detto dopo qualche birra era un lavoratore che si faceva gli affari suoi; aveva pensato a qual punto ch’era meglio così, di spioni ne aveva già fin troppi. La moglie invece, pareva essere l’esatto contrario; già da pochi giorni si era fatta notare da tutti; le donne la guardavano con invidia e gli uomini con desiderio. Don Gregorio l’aveva adocchiata qualche giorno prima mentre prendeva un secchio d’acqua alla fonte; certo era davvero bella e non poteva dare torto a chi la seguiva o la desiava però  gli dava l’impressione di essere selvaggia. Notò all’improvviso che suo fratello Bruno si era svegliato all’improvviso e i suoi occhi erano puntati verso qualcosa, per l’esattezza su  qualcuno; era Vituzza, figlia dei Mastanzi, che abitavano vicino al forestiero. Don Gregorio non era molto favorevole a questa unione; la madre della giovane non brillava per la sua simpatia, anzi tutt’altro. Così tirò uno scappellotto al fratello dicendo :” Se mettessi la testa sulle carte come la metti sulla figlia di Mastanzi a quest’ora non dovrei pagare due birre a Don Felice”.
Quella mattina Agata si era svegliata presto; il sole non era ancora sorto quando aveva già sfornato una decina di pani dal forno di Maria. Caricò il tutto su una carriola lasciando due pani alla donna e si incamminò verso casa che non distava molto; suo marito era già andato a lavorare nelle terre di Don Pietro e lei si lambiccava il cervello su cosa avrebbe dovuto cucinare a pranzo. Mentre camminava il paesino aveva iniziato a riprendere vita; chi andava chi veniva. Tutti ormai la salutavano con cenni e qualche chiacchera; Agata sorridente rispondeva a tutti. Arrivata a casa iniziò a mettere a posto e cucinare qualche cereale; accese il fuoco e diede da mangiare alle galline e sospirando si poggiò al muro toccandosi il ventre. Ormai era cresciuto un bel po’ e qualche volta Agata poté giurare di sentire un movimento lieve provenire da lì; iniziava purtroppo a sentirsi appesantita. I vestiti le stavano davvero stretti; il seno era lievitato per non parlare delle gambe. Seduta sul piccolo muretto sotto casa, si mise a pensare su quello che era successo in quegli ultimi tempi; il marito era davvero cambiato e a stento riconosceva il giovane timido che aveva sposato. Molte volte mentre era indaffarata lo scopriva che la fissava, strano con quegli occhi grandi dove lei aveva visto una strana luce che l’aveva lasciata inebetita. Era inoltre molto più schivo; la sera quando si mettevano a letto si girava e nemmeno la voleva guardare; lei si sentiva a quel punto molto sola ed abbandonata a se stessa. Dalla casa di fronte, vide Donna Paola affacciata che stendeva il bucato; la salutò e lei ricambiò entusiasta. Agata era ben amata da tutti, e nessuno in particolare aveva da ridire a parte Fortunata che, quando si era resa conto che l’andirivieni di giovanotti non era per le sue figlie iniziò a criticarla con qualsiasi donna che gli capitasse a tiro. Agata ignara di tutto questo dopo che ebbe terminato di cucinare si sedette sulla scala pensierosa; “Buongiorno” dissero due voci salutandola da dietro. Erano due uomini che lei aveva visto al mercato il giorno prima; la fissavano in modo strano tanto che Agata si sentì molto a disagio mormorando un saluto atono in risposta. “Cosa fai qui?”chiese un’altra voce interrogatoria dietro le sue spalle; Agata sobbalzò e girandosi si accorse ch’era Giuliano. Tutto impolverato, con una zappa poggiata sulle spalle e con uno sguardo furente. “Ti aspettavo”rispose la donna tranquillamente, alzandosi e precedendolo in casa; egli non sembrò affatto convinto e guardandosi intorno stizzito chiuse la porta.
Dalla porta finestra di fronte, Donna Paola aveva assistito alla scena. Sospirando, pensò che i tempi cambiano ma le persone no; infatti in Agata rivide se stessa di quasi dieci anni fa. Paola Maratone si guardò allo specchio e si riconobbe  diversa persa nel fumo nocivo dei suoi ricordi. Si, perché per lei i ricordi erano qualcosa che piano piano la stavano uccidendo dentro; un tempo anche lei era stata  giovane e purtroppo innamorata. Ricorda bene come, persuasa all’idea che l’amore fosse qualcosa di possibile si abbandonò nelle braccia di un uomo che si dimostrò essere un traditore. Era giovane ed ingenua e si fece abbindolare da un uomo sposato che abitava lì di fronte; non solo egli godette della sua unica ricchezza ma subito dopo la lasciò sola, in balia agli eventi. Quel tradimento l’aveva marchiata dentro, e non era riuscita a fidarsi di nessuno; tutti l’avevano biasimata ma a lei non importava. Quella forestiera però non l’aveva fatto, e in quel momento Donna Paola aveva deciso che l’avrebbe aiutata; era sola lì, sua madre non c’era e lei doveva sapere come si muoveva il mondo. Chiuse la porta e con uno sguardo indecifrabile guardò Donna Fortunata che le rivolgeva una smorfia stizzita; Paola sospirò sconfortata. Avrebbe dovuto arrabbiarsi con suo marito, perché la disgraziata era proprio lei.
Mentre consumavano il pranzo, Agata notò che Giuliano non alzava gli occhi dal piatto; a disagio continuò a mangiare mentre di tanto in tanto gli rivolgeva sguardi confusi. “Devi dirmi perché te ne stai fuori il giorno”le chiese a bruciapelo. Lei lo guardò sorpresa e gli rispose rabbiosa“ Devo aver paura anche di stare seduta a casa mia?”. Lui si alzò dal tavolo, e con una mossa sbrigativa si tolse la camicia e glaciale le disse :” Appena finisci vieni a letto, per le due devo tornare a zappare”. Agata lo guardò allontanarsi quasi tremando e un lampo di consapevolezza l’attraversò; forse era quello il problema di fondo. Erano passati mesi e mesi da quando avevano passato la prima notte insieme; per Agata fu un vero e proprio trauma che nessuno le aveva anticipato anzi, tutto era stato qualcosa di vergognoso ed ignobile, che non meritava di essere discusso. Così si era ritrovata a vedere quell’atto impregnato di fisicità come qualcosa di abominevole e selvaggio; il marito non aveva fatto una piega di fronte alla sua distanza, ma ultimamente aveva tentato in qualche modo ad avvicinarsi. Sapeva che era un dovere, quello della moglie di accudire il marito ma il viso stravolto da chissà quale passione animale che aveva Giuliano quella notte le aveva fatto paura; sembrava pervaso da chissà quale gutturale desio che l’aveva fatto uscire dal suo stesso senno ed Agata, che non si era vista rivolgere nemmeno una parola di conforto ebbe paura e tristezza insieme. Così aveva fatto di tutto per evitare il tutto purtroppo Giuliano se ne era accorto ed era cambiato diventando molto stizzito; si diresse così, come un condannato si dirige alla forca.Giuliano l’attendeva silenzioso e con uno sguardo penetrante; appena la vide deglutire impaurita quasi si sentì in colpa e disse “Non ti senti bene?”. Lei trattenne a stento le lacrime e si coricò vestita di spalle, singhiozzò. A Giuliano si strinse il cuore, dopotutto non era un animale e aveva scelto sua moglie non perché doveva bensì perché l’aveva voluta e bramata dalla prima volta che l’aveva incontrata. L’aveva sentita altre volte piangere di fronte alle sue tacite ed esplicite richieste, ma non sopportando il tutto si era sempre voltato di lato. Quella sera invece allungò le braccia e l’abbracciò, non riusciva ad avercela con lei in alcun modo anche se veniva meno a quello che doveva fare; lei spalancò gli occhi ed unì la mani alle sue. “Quando vedo che passano per guardarti il sangue mi arriva al cervello”ammise l’uomo, abbassano il capo verso i capelli della moglie. Agata arrossì senza sapere perché, sentendo un calore nel petto a lei estraneo; balbettando gli diss: “E io che c’entro?”. Giuliano aumentò la presa aprendo una mano sul suo ventre per sentire qualcosa; la domanda della moglie era strana. Nella  parte più recondita e strana del suo  cervello da giorni si era insinuata un’idea stupida e forse pure triste; Giuliano sentiva un forte affetto per Agata, si ammazzava di lavoro dalla mattina alla sera per lei però Agata era sempre molto distante. Pensava che fosse chiaro che lui tenesse alla moglie, ma i dubbi lo assalivano continuamente; tuttavia lui l’aveva strappata alla sua vita, poteva essere che lei lo odiasse e che preferisse giacere con altri e non con lui. Agata si voltò e spalancò gli occhi forse finalmente consapevole, dicendo :” Io sto sempre al mio posto”. Giuliano la guardò a sua volta perdendosi in quegli occhi come il mare; gli era molto difficile non crederle. Si alzò e vestendosi le disse “Vado a lavorare”.
Molto scossa, Agata dopo aver sentito il marito uscire si era alzata e guardandosi ancora una volta allo specchio si scoprì molto fragile; scoppiò a piangere. “Agata! Siete a casa?”disse una voce all’improvviso una voce facendola sobbalzare. Si asciugò in fretta gli occhi e si accinse ad aprire, scoprendo che Donna Paola la chiamava sorridente. “Posso entrare? Vi ho portato un po’ di farina e qualche albicocca che nel mio albero sono davvero mature e buone”disse sorridente la vicina; Agata la fece entrare entusiasta e la fece accomodare. Da vicino era molto più bella di quanto avesse potuto immaginare; era longilinea ed aveva lunghi capelli neri come l’ebano; aveva solo qualche ruga però nell’insieme era la donna più bella che Agata avesse mai visto. “Vi ho portato un po’ di farina così potete fare un po’ di pasta per stasera; gli uomini vogliono mangiare” le disse convinta, ed Agata sentendo il cuore scaldarsi si alzò le maniche e insieme si misero al lavoro; per una attimo le parve di avere con sé sua madre. “Sapete, gli uomini sono così. La sera vogliono il piatto pronto e la moglie pure”le disse Paola mentre giravano la pasta col filo di ferro; Agata la guardò interrogativa. “Se un marito non ha quello che vuole lo cerca da un’altra parte” continuò la donna ed Agata rispose triste :” Lo so, anche mia nonna diceva sempre così”. Paola impastò un altro poco di farina e le disse :” Però, se un uomo merita tutto questo dovrebbe averlo. Perché l’unione è importante in un matrimonio, per sentirsi una cosa sola”. Agata la guardò stranita quasi folgorata; da una parte voleva cacciarla in malo modo, dall’altra si rese conto che era la verità. Suo marito si era dimostrato un buon uomo fino ad ora, e anche se era di poche parole faceva molto per mandare avanti la casa. Lei faceva molto anche, però l’unione quella che ci dovrebbe essere tra marito e moglie lei gliel’aveva negata da molto tempo. Così, appena finirono si recò verso il campo dove lavorava Giuliano per portargli due albicocche; il cuore le batteva forte nel petto e non sapeva se in realtà stesse facendo la cosa giusta. Arrivata, lo mandò a chiamare con un uomo che lavorava di lato alla staccionata; arrivato trafelato se la ritrovò davanti con i capelli sciolti e il viso rosso per la camminata. “Che fai qui?”le chiese burbero; aveva visto gli sguardi degli altri uomini  per sua moglie e gli aveva dato a dir poco fastidio. Agata sorridendo mesta e forse un po’ offesa dall’accoglienza ricevuta, gli porse i due frutti dicendo :” Ho pensato che fa caldo e ti ho portato questi. Ma vado ora”. Detto questo gli lasciò i frutti nelle mani e si voltò per andare via; Giuliano rimase esterrefatto, non si aspettava una cosa del genere e un calore simile a fuoco si propagò nel petto.
Mentre ritornava ai campi il pensiero di sua moglie occupò tutto il cervello; l’immagine della giovane che aveva fatto così tanta strada per lui gli fece capire che forse qualcosa fosse cambiato. Aveva iniziato a zappare quando sentì delle urla; i suoi compagni di lavoro se ne resero conto e lasciando gli strumenti di lavoro  si avvicinarono vero il limite del campo. Le urla erano ancora più forti, quando Giuliano si rese conto che la voce era di Agata; con un groppo alla gola si mise a correre. Arrivato alla fine del sentiero vide la moglie accasciata a terra mentre un uomo le si avvicinava minaccioso. “Che fai eh? “urlò  Giuliano arrivando all’improvviso e tirandogli un pugno. Agata urlò con le lacrime agli occhi e Giuliano s’arrabbiò ancor di più; quella scena non l’avrebbe mai scordata in tutta la sua vita. Intanto Don Pietro e gli altri erano arrivati trafelati rimanendo di stucco di fronte alla scena; il nipote del signorotto del paese Don Gregorio, aveva provato a compiere un atto ignobile e senza battere ciglio fu richiamato al campo. Giuliano si avvicinò prendendo il braccio alla moglie che lo guardava ricolma di gratitudine e tenerezza; Giuliano ne rimase abbagliato. Da lontano, Don Gregorio arrivò a cavallo irato; il giovane nipote Antonio aveva quasi compiuto un atto ignobile che nel suo essere uomo rinnegava in tutto e per tutto. Molte furono le scuse rivolte verso Giuliano che molto saggiamente assicurò all’uomo che non avrebbe informato i gendarmi del paese, perché gli disse, l’autorità di suo zio Don Gregorio fosse abbastanza. Mentre i due si allontanavano,  Don Gregorio sputò in faccia al nipote, conscio che i parenti si possono togliere dal piatto ma non dal sangue.
 
Quando arrivarono a casa, già tutti sapevano dell’accaduto; i vicini erano fuori dalla casa in apprensione tranne donna Fortunata che rimase in piedi sulla soglia di casa con uno sguardo quasi soddisfatto della vicenda. Agata e Giuliano ringraziarono tutti di vero cuore mentre Donna Santa e Donna Paola si assicuravano che Agata stesse davvero bene; dal canto suo Giuliano mentre parlava con Don Felice non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Da un momento all’altro aveva paura che si mettesse ancora a piangere o che si sentisse male. Quando entrò a casa, rimase sorpreso nel vedere che la moglie aveva preparato la pasta fresca; sorrise e le disse quando la vide entrare :”Ora tu ti metti nel letto e io la cucino”; Agata  rispose mesta :”No, riposati tu che cucino io”.  Giuliano si avvicinò alla donna e le carezzò il viso dicendo :” Ti ha toccata?”. Agata fece segno di no col viso e aggiunse furibonda :” Gli ho tirato un calcio in mezzo alle gambe”. Giuliano non riuscì a credere alle proprie orecchie e una risata genuina uscì dalla sua bocca; Agata sorrise con le lacrime agli occhi e il marito senza preavviso l’abbracciò. Quella sera, durante la cena qualcosa in Agata cambiò. Il giovane marito, che sentiva distante all’improvviso divenne quasi un tutt’uno con la donna; era una gioia vederlo mangiare di gusto e sentirlo dire :”Questi maccheroni sono migliori di quelli di mia madre, pace all’anima sua”; oppure era bello vederlo ridere ancora perché sua moglie sapeva tirare i calci, “Vuol dire che sei forte e io sono fiero di questo” diceva soddisfatto. Ed Agata si ricordò di Donna Paola e si disse fra sé e sé che suo marito era un buon uomo dopotutto e forse non doveva avere più paura. Dopo che  pulì tutto e dopo aver chiuso la porta, Agata si diresse verso la stanza da letto; Giuliano aveva spento la candela e si era messo sotto le coperte girato di lato. Lei tentennò e malferma si avvicinò al letto silenziosa. Ma il giovane non stava dormendo, anzi appena lei mise piede nel letto fu come se un secchio d’acqua gli fosse caduto in testa; così si voltò e per la prima volta non la trovò girata di spalle. “Non dormi?”le chiese sottovoce; Agata sussurrò “No”. Giuliano la guardò preoccupato, non si era mai comportata così, forse stava male; ma all’improvviso lo abbracciò e interruppe così il filo dei suoi pensieri. Lui si sentì avvampare, in viso, nelle mani, dovunque e di scatto provò a spostarsi, sapendo che da lì a poco sarebbe stato difficili celare il desiderio che aveva di sua moglie. Ma lei si avvicinò ancora e all’improvviso lo baciò. Fu come se un campanello avesse suonato nella mente del giovane, facendolo rinsavire e lasciandolo di stucco; mai Agata aveva fatto una cosa del genere in tutto quel tempo. Così rispose al bacio, e si ne fu certo il suo cuore quasi scoppiava dalla felicità quando si rese conto che lei lo stava finalmente ricambiando; era un sogno ad occhi aperti e ansimando mise la mano sotto la camicia da notte stringendo uno dei suoi seni che a mala pena riusciva a contenere vista la gravidanza. Si alzò di scatto ed accese la candela febbrile; “Ti prego no spegni la luce”pigolò Agata coprendosi gli occhi con le mani. Giuliano sorrise e le tolse la veste da notte, lottando contro la stessa donna che faceva di tutto per tenerla ancora addosso; “Perché ti vergogni di tuo marito?”le chiese con una voce che non sembrava nemmeno sua. Agata lo guardò, con gli occhi lucidi, imbarazzata fino all’inverosimile e disse :” Non ti piacerò come sono ora”; ma lui disse a se stesso che nel mondo non ci sarebbe stata una donna più bella di lei e che la gravidanza fosse un incentivo in più. La trovò meravigliosa, tenera   sussurrandole :” Sei la gioia più grande della mia vita” tenne bene a mente di non farla mai più arrabbiare, perché l’adorabile moglie nei suoi più candidi rossori mentre formavano un solo corpo, riusciva a tirare calci che mettevano a tappeto chiunque.
 
 
CONTINUA…

 
Ecco qui il nuovo capitolo. Vi ringrazio immensamente per le vostre visite e recensioni, davvero  non so come ringraziarvi e spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Il prossimo capitolo sarà credo  il penultimo incentrato su Agata e il marito. Aspetto le vostre opinioni un bacio!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: CatherineC94