Fumetti/Cartoni americani > Batman
Segui la storia  |       
Autore: LilithGrace    10/04/2020    1 recensioni
"Ci sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare".
(Oriana Fallaci)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sms: -“Domani ti aspetto a villa Wayne per la colazione. Dick.”

Un messaggio che suonava quasi imperativo, che non ammetteva repliche.
L’indomani mattina mi svegliai verso le sette. Troppo presto? Forse, ma da sempre ero una maniaca della puntualità e preferivo arrivare con qualche minuto di anticipo e aspettare, piuttosto che arrivare con qualche in ritardo.
Mi feci una bella doccia e cercai nel mio armadio un qualcosa che fosse adatto all’occasione: scartai almeno quattro possibili abbinamenti tra jeans, gonne e magliette, decidendo poi alla fine di indossare un vestitino di lana lilla, colore che adoravo, ma che non apprezzavo particolarmente su di me. Anzi, trovavo facesse letteralmente a cazzotti con la mia pelle color porcellana e i capelli castani.

Guidai fino alla villa spaccando il secondo e mi trovai a scambiare due chiacchiere con il giovane Grayson nel salotto della lussuosa villa; mi sembrava quasi strano tornare lì a gustare la famosa colazione di Alfred, erano passati anni dall’ultima volta.
“Sapevo fossi impulsiva, ma non credevo così tanto da andare da sola a cercare Red Hood… non ti sei mai chiesta perché non abbia mai reagito ad una sola parola?”
“Evidentemente non faccio abbastanza paura e credo mi trovi insignificante, figurati... Mi ha dato la giusta importanza”, risposi con nonchalance mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Non hai notato nulla di strano?”
“A parte il fatto che si fa chiamare Red Hood, mentre in realtà indossa un elmo?”
Alfred sogghignò appena e si scambiò un’occhiata fugace con Dick.
Dick si schiarì la voce: “Sì, a parte questo dettaglio irrilevante”
“Beh a parte quello, posso dire che è molto sicuro di sé. Con me non si è comportato da mostro, ma Jonathan mi ha raccontato della storia delle decapitazioni… ma ti dirò, non ci credo molto, forse se l’è inventato di sana pianta solo per farmi spaventare”.
“Ci è riuscito?”
“Non direi visto che poi sono andata lì ad insultarlo…non ho avuto paura”
“Immagino si riferisse a questo Jonathan ieri sera…”
“Beh io e Jason eravamo piuttosto simili sotto alcuni punti di vista…”
La mia affermazione non lo convinceva affatto. Si scambiò di nuovo un’occhiata veloce con Alfred al quale rispose solo con un cenno.
Mi guardò: “Parli mai di Jason apertamente?”
“Dove vuoi arrivare?”, sentii tutto il mio corpo irrigidirsi a quella domanda.
“Parli mai di Jason con qualcuno?”
“Andiamo Dick, è acqua passata…”, mi sentivo in trappola, iniziava a mancarmi l’aria.
“Lo fai?”
“Non ho motivo”, questo era il muro che ho sempre costruito con il mio psicologo. Facevo proprio così, più cercava di farmi aprire, più mi chiudevo. È stato inevitabile.
“Non riesci a farlo neanche ora... e dimmi, sai com’è morto Jason?”
“Non lo so, so solo che è morto”
“Dicono sia morto per asfissia dovuta al fumo…”
“Sapevo fumasse una volta ogni tanto, non così tanto da morirci… grazie per avermelo detto, anche se non mi sembra combaci molto con l’insinuazione fatta da Jonathan ieri sera”, punto per me.
“Noto del sarcasmo, altro punto in comune con la testa calda… In realtà, è stato picchiato in un edificio abbandonato e poi quell’edificio è stato fatto esplodere”
“Beh allora doveva aver infastidito le persone sbagliate… tu pensa, deve averla fatta davvero grossa per costringere il grande Bruce Wayne a inventare una storia alternativa alla sua morte… così impara a stare al posto suo, cretino”
“Stai incolpando lui per la sua morte? Credi meritasse di morire in quel modo?”
“Tu mi stai solo provocando… Ti prego Dick, smettila… Sai perfettamente che a volte era troppo anche per me”
“Rispondimi. Meritava di morire? Se l’è meritato? Se l’è cercata?”
rimasi in silenzio.
“Rispondimi!”  alzò la voce e non era da lui.
“Jason era un coglione. Jason era arrogante, pungente, provocatorio. Jason era sempre arrabbiato per chissà quale strana ragione. Se gli chiedevo come si fosse spaccato il labbro, mi rispondeva solo che non erano affari miei, ma ormai è tre metri sottoterra. Cosa vuoi che mi importi?
Mi sono rifiutata di sapere come fosse morto, mi sono rifiutata di nominarlo e fidati che è già stato molto presentarmi al funerale e dire anche solo due parole su quel taglio di capelli assurdo che portava.
Aveva un caratteraccio, ma non meritava di morire… era solo un ragazzino in fondo. Probabilmente non sono stata brava neanche io, non gli ho messo un limite. Ho deciso di smetterla con le stronzate solo quand’è morto lui… Probabilmente non avevo aperto bene gli occhi perché con me era sempre tranquillo.
Sappi solo che se ci fosse un modo per far resuscitare i morti, sarei io stessa a riportarlo in vita e sarei la prima a spaccargli la faccia per poi rispedirlo da dove è venuto perché non doveva morire…”
Dick ascoltò pazientemente il mio sfogo: “Stai meglio?”
“Abbastanza… Ma non hai ancora risposto alla mia domanda: come mai mi stai interrogando in questo modo?”
“Perché si è presentato un problema”
“Ooook, ma mi stai spaventando”
“Comincio col farti una domanda: che genere di cose facevate tu e Jason?”
“Ma che domanda è?” sbuffai: “Mi piaceva visitare posti inquietanti, case abbandonate, boschetti vicino ai cimiteri… tutto qui. Poi gli ho insegnato qualche mossa di judo e lui mi ha insegnato come liberarmi da una presa ai polsi, fine. Molto del nostro tempo libero lo passavamo così”.
“Perché hai parlato di mettergli limiti?”
“Perché col senno di poi ho capito che potevamo davvero finire in guai seri, andare in posti sbagliati nei momenti sbagliati. Tutto qui?”
“Tutto qui. Volevo solo ti sfogassi un po’, ti ho visto tesa ieri…”
“Grazie Dick, davvero… Mi sento già meglio” mentii al ragazzo e gli regalai un sorriso.

Sentimmo suonare al campanello: si presentò Jonathan con una busta gialla in mano, senza mittente, con solo il mio nome. L’aprii nonostante trovassi la situazione abbastanza imbarazzante e… c’era una prova del DNA, c’era scritto che c’era una corrispondenza del 100% tra il Dna di Jason e il Dna di Cappuccio Rosso. Scherzo di pessimo gusto. Li fissai e sbattei i fogli sul tavolino di fronte a dove erano seduti: “Cosa sono? Non mi piacciono questi scherzi…. Volete prendervi gioco di me? Anzi no, forse è stato quel cretino con l’elmo rosso. Avrà fatto un po’ di indagini e avrà capito che il mio tallone di Achille è Jason. Cosa vuole?”
“Irascibile, impulsiva e a tratti irrazionale…proprio come Jason”, sussurrò Dick.
“Cosa?”
“Ti stai comportando come Jason…”,
“Per fare come stai facendo tu, il tuo grandissimo amico di avventure è passato a miglior vita! Cosa vorresti fare, eh? Andar lì, dirgli di togliersi l’elmo e poi?” aggiunse Jonathan.
“Cosa stai dicendo?” mi zittii per un istante, la mia testa iniziò a ricomporre i primi pezzi di un enorme e complicato puzzle: “Non stai negando che sia lui e poi… tu sai che non è morto di asfissia… tu… tu hai sempre saputo come stavano le cose. Come nella sala del caffè a lavoro quando ti ho detto che Judith mi aveva accennato qualcosa su un nuovo supercriminale e tu hai subito parlato di Cappuccio Rosso…”
Jonathan mi fissò incapace di rispondere.
“Tu lo sapevi… per questo mi hai seguita, non perché pensavi potesse farmi del male, perché eri preoccupato che potessi riconoscere una persona che pensavo fosse morta cinque anni fa… ed è per questo che neanche tu hai avuto paura. Tu cosa c’entri? Dick e tu? Eravate fratelli adottivi, ma come c’entri in questa storia? Come avete capito tutto ciò?”
Jonathan si schiarì la voce: “Stiamo giocando a carte scoperte e forse è meglio che ti spieghi tutto… sono un informatore di Nightwing, il primo Robin… Jason è stato il secondo Robin ed ecco spiegati i lividi e fratture di cui non voleva parlarti.
Le dinamiche della morte sono più o meno quelle che ti ha detto prima Dick: aveva ritrovato sua madre biologica e aveva deciso di incontrarla. Non sapeva che lei fosse in contatto col clown e poi è bastato solo che indossasse il costume da Robin… La madre lo portò in un capannone, il Joker l’aveva picchiato con un piede di porco e poi ha fatto saltare in aria… nonostante lei l’avesse tradito, fece di tutto per cercare di salvarla a costo di rimetterci la vita. È vero che non aveva un carattere facile, ma…”
Non gli diedi modo di finire il discorso che avevo già il mio cappotto addosso.
Uscì in fretta e furia, sentivo la rabbia salire e l’unico mio pensiero era quello di voler prendere a pugni la causa di tutti i miei problemi: inspirai ed espirai più volte, cercando di riprendere il controllo mettendo in pratica ciò che mi avevano insegnato in una di quelle sedute collettive per affrontare meglio il dolore di un lutto, ma con scarsi risultati.
Riacquistata un po’ di lucidità, mi misi al volante e tornai a casa.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: LilithGrace