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Autore: NPC_Stories    10/04/2020    11 recensioni
Anche gli amici possono ingannare, perché è il metodo più facile per ottenere ciò che si vuole. Un elfo che ha deciso di essere amico di un drow dovrebbe semplicemente metterlo in conto - anche se sono white lies.
Pun intended.
.
Storia breve con personaggi originali (che poi sono i personaggi di quasi tutti i miei racconti)
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1357 DR: Hidden truths


Sempre lo stesso giorno di fine autunno, in una locanda nei dintorni di Secomber

Il cielo si stava rannuvolando e un vento gelido aveva cominciato a spirare da nord. Nell’aria si sentiva profumo di neve. Nel cortile della locanda i bambini stavano rapidamente raccogliendo le spade di legno e gli archi, per rimettere tutto a posto prima di tornare ai loro alloggi. Non era ancora buio ma per quel giorno l’addestramento era finito: nessuno voleva che i bambini si prendessero un raffreddore o qualcosa di peggio.
Proprio mentre Daren incoraggiava gli ultimi ragazzini a tornare in fretta nella grande taverna, per scaldarsi davanti al camino, sua sorella Krystel ricomparve dalla sua chiacchierata con l’elfo dei boschi che era venuto in visita.
Johel, vedendoli andare verso la strada sterrata che portava lontano dalla locanda, andò ad intercettarli.
“Accompagno mastro Sarsantyr al limitare della foresta” spiegò Krystel, a voce abbastanza alta perché la sentisse anche Daren. “Non starò via a lungo.”
“Jaylah dov’è?” Indagò l’elfo biondo, cercando di non tradire alcuna preoccupazione per l’assenza della piccola. La voce gli uscì comunque più acuta di un’ottava rispetto al solito.
“Sta facendo il pisolino pomeridiano” Krystel gli sorrise in modo rassicurante. “Non preoccuparti, ho lasciato Amber e Tek’ryn con lei. Anche se dovesse svegliarsi sapranno occuparsene per il tempo necessario.”
“Sei sicura? Sono dei ragazzini” obiettò Johel, un po’ in pensiero per la figlioletta.
“Si sono occupati di Luel quando era piccolo ed erano ancora più giovani. Sapranno cavarsela con Geyla, è una bambina tranquilla.”
“D’accordo allora” Johel riprese a respirare serenamente. Amber era giovane e scapestrata ma Tek’ryn si era sempre dimostrato affidabile. Inoltre l’elfo sapeva bene quanto affetto legasse i figli di Krystel, perfino quelli che sembravano più indipendenti. “Se Jaylah è in buone mani, vorrei venire con voi per un tratto. È molto tempo che non ho la possibilità di confrontarmi con un altro elfo e…” il ranger esitò, timoroso di dire qualcosa di offensivo.
“Non devi spiegarmelo” Krystel gli rispose con un sorrisetto “so che ti manca il… la…” lasciò in sospeso la frase perché non sapeva come concluderla: la tua famiglia, il tuo popolo, la tua identità elfica. Johel diceva sempre che non gli pesava stare lì, in mezzo agli umani, con la famiglia drow di Krystel, ma in verità lei sapeva che la sua gente doveva mancargli molto. In assenza del suo clan, non era una sorpresa se voleva parlare almeno con qualcuno della sua razza. Qualcuno che condividesse il suo retaggio culturale.
“Sì…” confermò lui, in un sussurro. Le sorrise, e in quel sorriso c’era un silenzioso ringraziamento. Poi cercò di sollevare l’atmosfera: “mi manca la buona conversazione che gli elfi dei boschi sanno offrire.”
“È una cosa normale?” Li interruppe Llarm, che non riusciva più a tenere per sé quella domanda.
La drow e l’altro elfo lo guardarono senza capire.
“Il fatto che i drow si prendano cura dei propri fratelli minori. È una cosa che fanno sempre?”
Johel rispose solo con uno sguardo vuoto, perché non lo sapeva. Krystel scosse la testa un po’ imbarazzata.
“Non ne ho la minima idea” ammise la locandiera. “Non sono cresciuta in mezzo ai drow. È una cosa che dovreste chiedere a Daren.”
“Ma come?” Llarm passò lo sguardo fra la strega e il guerriero, che stava finendo di sistemare le spade di legno in un ripostiglio. “Non siete fratelli?”
“Domande troppo personali” intervenne Daren, ad alta voce per comunicare da un altro punto del cortile. “Siamo fratelli, ma Krystel dice il vero, io sono cresciuto fra i drow, lei no” raccontò, avvicinandosi al terzetto. “I figli di Krystel non sanno come si comportano i veri drow. Tutto ciò che conoscono è questa marmaglia umana” lamentò in tono piuttosto brusco, in contrapposizione al suo buonumore di pochi minuti prima.
“Marmaglia umana?” Krystel lo guardò con stupore. “Perché all’improvviso sei così critico?”
“Critico? Ah! Reggono le spade come se fossero delle zappe! Non si ricordano niente di quello che hanno imparato l’anno scorso. Sto solo sprecando il mio tempo con loro, e temo che sarà un lunghissimo inverno.”
Krystel avrebbe voluto difendere i suoi piccoli ospiti, ma non era una guerriera e non era in grado di valutare le loro potenzialità come certamente sapeva fare Daren, quindi non mise in discussione il suo giudizio. Si limitò a sospirare. “Allora dai più attenzioni a quelli che vivono vicino alle colline e vicino alla foresta, le loro famiglie corrono più rischi delle altre.”
“Non avete intenzione di rispondermi, vero?” Insistette Llarm.
“Oh, potrei farlo” rimbeccò Daren, sempre di umore piccato. “Potrei raccontarvi che alcuni drow si prendono cura dei loro fratelli, ma solo su ordine della loro madre. Ma non lo fanno con il cuore, perché non ci si può permettere il lusso di affezionarsi a qualcuno, un fratello si accorgerà di quella debolezza e la userà a suo vantaggio. I parenti cercano spesso di uccidersi a vicenda, e quei pochi idioti che si prendono a cuore i loro fratelli finiscono per attirare la morte su se stessi o su qualcun altro.” Corrugò la fronte, incerto se continuare o no, poi decise di dare libero sfogo ai suoi pensieri. “Come ho fatto io. Avevo un fratello adottivo, ho cercato di proteggerlo ed è stato un grandissimo sbaglio, ma sono stato fortunato perché sono sopravvissuto. Lui no. L’ho salvato dalla schiavitù solo per consegnarlo alla morte, perché ho cercato di forzare la mia volontà sul mondo intorno a me e la società drow non consente certe storture come l’affetto. Questa è una cosa che i miei simili imparano subito oppure muoiono, quindi, per tornare alla vostra domanda: no, i drow di solito non si prendono cura dei loro fratelli, non come lo fanno i figli di Krystel. Ai miei nipoti è consentito stringere dei legami, perché mia sorella è mentalmente sana.”
Llarm ascoltò quella spiegazione diventando sempre più pallido a ogni parola.
“Ma… ma voi ora siete qui, e siete in buoni rapporti con vostra sorella” era partita come un’affermazione ma era finita quasi come una domanda.
“Ho dovuto imparare a essere un drow e poi ho dovuto imparare a non esserlo più. Non è stato semplice e non so se ci sono riuscito del tutto” ammise, e Johel confermò i suoi sospetti agitando una mano come a indicare ‘più o meno’.
“Quindi è questo? Essere un drow non è una cosa con cui si nasce, ma una cosa che si impara?” Ricapitolò Llarm, perché non aveva mai concepito un’idea così rivoluzionaria.
“Be’… dal momento che essere un drow è una condizione che si porta dietro idee ben precise sul comportamento e sulla moralità di qualcuno, allora sì, in questo senso non è una cosa con cui si nasce. Krystel è cresciuta in Superficie ed è” le gettò un’occhiata veloce “perdonami sorella, ma devo dirlo: un’umana che per caso ha la pelle nera e le orecchie a punta.”
La strega si massaggiò lentamente le tempie, come se stesse cercando dentro di sé una riserva di pazienza.
“Sì, lo so, non è la prima volta che mi dici che sono simile a un’umana” gli rammentò. “Dev’essere perché ho avuto una figura materna umana, cosa ne dici?”
“Non te ne faccio una colpa” sottolineò Daren, con un sorriso di scuse. Poi tornò a rivolgersi a Llarm. “E d’altra parte, prendendo un bambino elfo e facendolo crescere in mezzo ai drow, sempre che non lo uccidano subito per divertimento, quello che si avrebbe è… una personalità traviata e molto simile a quella di un vero drow.”
Capì di essere andato troppo oltre, anche se solo con un’ipotesi teorica, quando vide l’espressione di puro orrore sul viso dell’elfo dei boschi.
“No. No” balbettò Llarm, pallido come un cencio. “Io… non posso sostenere che ciò che dite sia falso, non riesco a pensarci e quindi non lo posso confutare” cercò di spiegarsi, “ma l’idea che uno dei nostri bambini venga cresciuto in modo distorto, fino a diventare un mostro, mi toglie il respiro.”
Daren guardò Llarm, poi guardò Johel, e dalla sua faccia cadaverica capì che stava pensando le stesse cose. Lui poi aveva una figlia piccola, sicuramente era più sensibile all’argomento.
“Lo capisco” soffiò, ed era mortalmente serio. Llarm cercò il suo sguardo e vi lesse qualcosa che non si sarebbe aspettato negli occhi di un elfo scuro: compassione. “Lo capisco meglio di quanto possiate immaginare. È una cosa che fa stringere il cuore, ed è quello che succede continuamente ai nostri bambini.”
Llarm rimase ghiacciato, perché non l’aveva mai vista in questo modo. Ogni individuo alla nascita è innocente, ma della corruzione dei bambini drow non importava a nessuno. Gli elfi la davano per assodata, una cosa che faceva semplicemente parte di come andava il mondo.
“Solo che a nessuno interessa” Daren fece eco ai suoi pensieri, “nemmeno ai loro genitori, perché a loro volta sono morti dentro. Importa solo a chi ne è uscito, e vede finalmente la perversione di quello stile di vita. Io non posso cambiare il mondo da solo, ma posso proteggere i miei nipoti. Fate solo in modo che non debba mai proteggerli da voi.”
Llarm sentì un brivido, non per la prima volta, ma non più per paura. Era piuttosto un brivido di… consapevolezza. Era venuto alla locanda per avere delle risposte e le aveva ottenute.
“Non dovrete mai proteggere la vostra famiglia da me o dal mio clan” assicurò, e la sua promessa suonava salda come una quercia, radicata in quella specie di rispetto reciproco di cui avevano gettato le basi.

Daren rimase a guardare sua sorella e il suo amico che accompagnavano lo strano ospite giù lungo il sentiero. In quella regione il terreno non era perfettamente piatto: le Colline Forlorn si scioglievano nella pianura lasciandola contaminata di piccole dolci alture che rendevano la campagna simile a un mare ondulato. I due elfi e la strega sparirono alla vista dopo la prima curva.
Il guerriero drow esitò ancora un momento, ritto in piedi dove il cortile della locanda si trasformava in strada, sentendosi come l’ultimo adulto rimasto a guardia di quel posto. Poi scosse la testa, scacciando quel pensiero sciocco, e tornò ai suoi doveri.

In quello stesso momento, nella casa padronale, due giovani drow se ne stavano seduti a terra nella nursery. Lo scopo era tenere d’occhio la sorellina che dormiva, ma Jaylah non era molto di compagnia quando era addormentata, quindi Amber e Tek’ryn avevano deciso di ammazzare il tempo giocando a carte.
“Il mio Folle di Scudi neutralizza il tuo re di Pugnali” sentenziò Amber, calando la carta con grande soddisfazione.
“Non è possibile” mormorò Tek’ryn, strofinandosi gli occhi con una mano. “Il Folle di Scudi non esiste!”
“Ma è qui sotto i tuoi occhi” Amber picchiettò la carta con un dito.
“L’hai creata tu questa carta?”
No, non l’ho creata io, ha lo stesso retro e le stesse dimensioni delle altre carte, pure la stessa grana, ti sembro una falsaria così brava?”
“Amber, Folle di Scudi è come dire… un Numero Due, Ma Dispari. Non può esistere.”
“No, senti, esiste il Folle di Pugnali, dimmi perché non dovrebbe esistere il Folle di Scudi.”
Perché non esiste quella carta per gli Scudi così come non esiste la carta del Druido per i Pugnali…”
“Cazzate, esiste eccome, non hai mai guardato con cura il mazzo.” Obiettò lei. “Non può non esserci il Druido di Pugnali, ogni seme ha undici carte: il Folle che vale come uno zero, poi le tre carte del giudizio, le tre carte della guerra, le tre carte della magia - fra cui il Druido che deve esserci per forza - e alla fine il Re o la Regina. Non è che le carte possano apparire e scomparire!”
“Eppure io ti dico che il Folle di Scudi non c’è mai stato e che il Druido di Pugnali non l’ho mai visto. Che diamine di mazzo è, uno che cambia continuamente?” Si lamentò il giovane drow, riappoggiando le carte a terra. “E perché non tieni tu i Pugnali per una volta? Non sono a mio agio a parteggiare sempre per i cattivi.”
“D’accordo, forse non avremmo dovuto inventare questo gioco con le carte divinatorie di mamma, però è divertente, e poi lei non le usa mai.” Amber lo tentò con un sorriso accattivante, da trascinatrice di folle. “Dai? Giochiamo ancora?”
“Solo se tu ti prendi i Pugnali” s’impuntò lui.
Amber storse la bocca in un broncio ostinato e sbatté le carte a terra con poca grazia. “Non voglio.” Ammise, stringendosi le ginocchia al petto. “I Pugnali mi ricordano papà.”
Ah… Tek'ryn si diede dello stupido per aver portato la conversazione in quella direzione. Non parlavano mai del padre di Amber, perché il discorso era abbastanza delicato per entrambi.
“Stamattina ho trovato un suo regalo, ma nessuna lettera come al solito” raccontò. “L'ultima volta che ci siamo visti, più di trent'anni fa, mi ha dato un anello di metallo grande quanto un piatto e mi ha spiegato a cosa serve. Lo tengo appeso accanto al mio letto, sopra al mio comodino. Il mio anello comunica con uno identico che ha tenuto lui. Attraverso quell'oggetto magico mi manda dei piccoli regali ogni tanto, però mi ha proibito di inviargli qualcosa in cambio.”
Amber alzò una mano per mostrare un bracciale d'argento che portava al polso. Era cesellato di disegni astratti, linee intrecciate in modo elegante che in qualche modo ricordavano l'acqua corrente di un ruscello. “Non fraintendere, mi fa molto piacere ricevere i suoi regali. Significa che ancora si ricorda di me. Ogni tanto lui ha bisogno di disfare e rinnovare gli incantesimi che sigillano le sue memorie, quindi per pochi minuti rientra in possesso di tutti i suoi ricordi. Per pochi minuti ogni… qualche anno… faccio di nuovo parte della sua vita. Però mi manca e preferirei ricevere qualcosa di più personale, una lettera magari.”
Tek'ryn la lasciò parlare senza dire nulla, un po' perché pensava che lei avesse bisogno di sfogarsi ma soprattutto perché si sentiva molto in difetto. Era colpa sua se Amber aveva dovuto interrompere ogni contatto con suo padre.
“Mi dispiace” mormorò alla fine, quando gli sembrò che la sorella non volesse aggiungere altro. “Mi dispiace, non riesco a non pensare che sia tutta colpa mia. Se non avessi chiesto aiuto proprio a lui per fuggire da Eryndlyn, ora lui non dovrebbe mantenere il mio segreto, non avrebbe dovuto sigillare i suoi ricordi e dimenticarsi anche di te.”
“Tek non fare lo stupido!” Amber gli lanciò un'occhiata di fuoco. “Hai fatto benissimo a chiedere aiuto a lui per fuggire dalla tua vecchia famiglia. Si trovava nella giusta posizione per poterti aiutare, non avresti potuto chiedere a nessun altro. E poi lui lo faceva già prima. La vita di un drow è troppo pericolosa, a quanto pare, quindi ha sempre dovuto nascondere il fatto di provare affetto per mia madre e per me, e per mia sorella Kore prima di me. Ogni volta che veniva a trovarci poi doveva sigillare i suoi ricordi e dimenticarsi di noi fino al prossimo incontro, perché qualcuno dei suoi nemici avrebbe potuto leggere nella sua mente e scoprire di poter usare noi come arma contro di lui.” Amber distolse lo sguardo ricacciando indietro quei ricordi dolorosi. “Anche prima lo vedevo molto poco. Adesso lui ha deciso che ha troppe cose da nascondere e che sarebbe più sicuro per noi se non ci vedessimo più. Ma non sarà per sempre. Il segreto della tua fuga non avrà la stessa importanza per sempre. Magari un giorno la tua famiglia di origine perderà interesse oppure magari verrà distrutta” lo disse con rabbia e con una segreta soddisfazione, perché detestava i parenti di Tek'ryn anche se non li aveva mai visti. Li odiava per quello che avevano fatto a suo fratello e anche perché la loro presenza teneva suo padre lontano da lei. “Quindi un giorno anche se si scoprisse che nostro padre ti ha aiutato a fuggire, a nessuno importerà più, lui potrà venire a trovarci e non dovrà più nascondere il nostro legame. Scommetto che in quella città maledetta ogni giorno nascono nuovi segreti.”
“Sì, forse un giorno tuo padre potrà venire a trovarti. Ma non pensare che potrà mai rivelare al mondo il vostro legame, è troppo pericoloso, lui rimane comunque un drow che ricopre una posizione importante fra i maghi di Eryndlyn” le ricordò Tek'ryn. “Dopo essersi costruito una simile carriera non vi rinuncerà per te, nemmeno se ti ama.”
Nostro padre” lo corresse la ragazza.
“Ha fatto sesso con mia madre e mi ha generato, capirai che sforzo” Tek'ryn storse il naso “questo non fa di lui mio padre. Non si è mai fatto avanti per me, mi ha aiutato soltanto perché le mie azioni lo hanno più o meno costretto a farlo. Con i miei poteri da veggente avevo scoperto che chiedere aiuto a lui era la mia migliore possibilità per uscire da Eryndlyn. Quello che non avevo capito, forse perché ero un bambino, era che non mi avrebbe aiutato per bontà del suo cuore ma solo perché le mie azioni per arrivare fino a lui rischiavano di compromettere la sua posizione. È stata una profezia autorealizzante.”
“Se le tue azioni rischiavano davvero di comprometterlo allora aveva anche la possibilità di ucciderti” gli ricordò Amber. “Invece ti ha fatto scappare.”
“Sì, credo di aver fatto una buona impressione su di lui, credo che nel poco tempo che abbiamo passato insieme sia arrivato a rispettarmi. Questo però non significa che mi voglia bene e nemmeno che sia mio padre.” Tek'ryn rivolse alla sorella un sorriso sghembo. “Krystel mi dice continuamente che ho delle aspettative troppo basse verso la mia famiglia. Continua a ripetermelo dalla prima volta in cui le ho detto che le volevo bene perché non mi picchiava mai. Ora però tu mi dici che io dovrei considerare un individuo mio padre solo sulla base del fatto che non mi ha ucciso.”
Amber arrossì, ma per fortuna sulla sua pelle nera non si vedeva. “Ma non è la stessa cosa! Mamma è una persona normale, e la nostra è una famiglia normale. Papà è drow. Non manifesta l'affetto nello stesso modo. Scegliere di lasciarti vivere anche se questo lo mette in pericolo è una dimostrazione di grande affetto per un drow.”
La risposta avrebbe dovuto far riflettere Tek'ryn ma in realtà riuscì soltanto a farlo irritare, perché fra i due era lui quello che aveva veramente vissuto nella società drow.
“Forse, ma io non voglio più dovermi accontentare dell'affetto dimostrato in modo drow. Voglio che Krystel sia mia madre e che questa sia la mia famiglia. Non ne posso più, Amber, di dover elemosinare tracce di qualcosa che potrebbe essere letto come affetto sotto la giusta luce, confidando che arrivi dalla persona che fa meno schifo in un certo contesto, come dovevo fare quando ero piccolo e dovevo scegliere il male minore fra le mie sorelle.” Quando Tek'ryn finì di parlare, era così accaldato che sicuramente avrebbe sfoggiato anche lui un certo rossore se non avesse avuto la pelle nera. “So che a te manca, lo capisco, ma io non sento il bisogno di avere un padre. Sono felice così come sono.”
Amber non rispose, per un lungo momento sedettero l'uno accanto all'altra senza parlarsi. In quel silenzio teso, si accorsero che Jaylah cominciava a fare quei versetti spezzati che faceva sempre poco prima di svegliarsi.
La sorella maggiore le gettò un'occhiata fugace.
“Forse è per lei” confessò con un filo di voce. “Forse il motivo per cui ultimamente sento così tanto la mancanza di papà è che Geyla ha un padre molto presente… molto affettuoso. Me ne rendo conto, non credere. Mi rendo conto che nostro padre non sarà mai fantastico come Johel. Ma io so che sta facendo del suo meglio. Puoi pensare che io sia stupida e che sia un'illusa, ma mi fa piacere sapere che ogni tanto per un breve attimo si ricorda di me. Ogni volta che ricevo un suo regalo so che per qualche minuto mi ha pensata. Forse è patetico” deglutì a vuoto, accarezzandosi con una mano il bracciale d'argento “ma mi rende felice.”
Tek'ryn avrebbe voluto dirle che non era patetico, forse un po' triste, ma non riuscì a dire nulla perché Jaylah scelse proprio quel momento per svegliarsi e mettersi a piangere.
Non era un vero pianto, soltanto qualche lamento che accompagnava il difficile passaggio dal sonno alla veglia, quando la piccina per qualche secondo non riusciva a capire dove fosse e cosa stesse succedendo. Il mondo era sempre molto confuso in confronto ai sogni.
Di solito a quel punto suo padre o sua madre la prendevano in braccio e lei si tranquillizzava subito. Questa volta però non c'erano né suo padre né sua madre.

Due volti conosciuti si chinarono sulla sua culla, comparendo nel suo campo visivo. Jaylah aveva la vista acuta, come tutti gli elfi, ed era già capace di riconoscere le persone. Amber però era abbastanza simile a Krystel da trarla in inganno per un momento.

“Aaaw, piccolina” Amber la prese in braccio, intenerita dall’espressione confusa della sorellina appena sveglia.
Fu in quel momento che si scatenò il finimondo.

La voce non era quella giusta, e questo mise Jaylah di cattivo umore. Qualcosa non andava. Era convinta di essere con la sua mamma, invece la voce diversa l’aveva destabilizzata.
Poi quella persona la prese in braccio, e nelle sue movenze non c’era la stessa sicurezza a cui la bimba era abituata. Qualcosa nel modo in cui veniva afferrata e sollevata pungolò il suo istinto di sopravvivenza. E per finire… quello non era l’odore della mamma.
Non era la mamma!
Jaylah sbarrò gli occhi, spaventata, tradita, spiazzata.
Non le importava chi fosse a prenderla in braccio, non era la mamma!

Amber avrebbe dovuto capirlo quando gli occhi di Jaylah si erano spalancati, colmi d’orrore, oppure quando il labbro inferiore della sorellina aveva cominciato a tremare. Purtroppo aveva fatto esperienza di bambini solo con Luel, che da piccolo non piangeva mai e che si sarebbe attaccato letteralmente a chiunque pur di avere attenzioni.
Jaylah era più selettiva.
Quando la piccina prese fiato, un respiro lungo e profondo, Amber pensò che stesse solo sbadigliando e invece era la calma prima della tempesta.
Jaylah strinse gli occhi con espressione tormentata e spalancò la bocca. Un urlo da banshee esplose a meno di una spanna dalle orecchie sensibili di Amber.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!” L’urlo investì la drow con improvvisa violenza; era un suono disarmonico a metà fra un grido e un pianto, la voce della disperazione che diventava rabbia.
“Porca miseria!” Sbottò Amber, facendo un saltello sul posto. Per poco quel sussulto non le fece perdere la presa sulla sorellina.
“AAAAAAAA-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA-AAAAH!!” Continuò la bimba, gettando la testa all’indietro. Caldi lacrimoni cominciarono a scenderle ai lati del viso. Quando cominciò a tendere le mani verso il viso di Amber, Tek’ryn intervenne di prepotenza e la strappò dall'abbraccio della sorella. Appena in tempo.
Jaylah gridò fino a non avere più fiato e per un paio di secondi sembrò andare in apnea, facendo spaventare a morte i suoi fratelli. Poi per fortuna riuscì a riprendere il controllo per il tempo sufficiente a inspirare una boccata d'aria, ma subito dopo ricominciò a piangere senza pace. Non contenta, cercò di prendere a pugni quella persona orribile che la teneva in braccio senza essere la mamma.
Tek'ryn deviò il primo pugno che lo colpì alla tempia anziché al naso. I pugnetti di Jaylah non facevano molto male, ma di sicuro la bambina ci si stava impegnando.
“AAAAAAAaaaaah!” Quello che era partito come un urlo di rabbia sfumò in un pianto disperato, e i pugni della piccola divennero schiaffi a mano aperta. Non c'era alcuna strategia, colpiva a caso per manifestare il suo scontento.
“Santo cielo, Tek” mormorò Amber, in un tono a metà fra lo sconcerto e la paura, ma con un pizzico di divertimento. “È una furia!”
Il giovane drow scrollò le spalle. “Non è la più violenta delle mie sorelle.”
“AAAH UAAAAAH” pianse la bambina, strattonando i capelli di Tek'ryn.
“Ma non ti fa male?”
Tek'ryn si strinse nelle spalle di nuovo, e cercò di cullare la sorellina in un modo che sperava fosse tranquillizzante.
“Sta… cercando di cavarti gli occhi?”
“Non è la prima delle mie sorelle a desiderare di farlo” tornò a ripetere lui. “Tanto le sue dita sono piccole e deboli, delle minuscole salsiccette. Non riuscirebbe mai a cavarmi gli occhi.” Dovette quasi urlare, per sovrastare le grida di Jaylah.
“Ma come diavolo si fa a calmarla?” Insistette Amber. “Perché fa così?”
Era una domanda legittima, però nessuno dei due era esperto di bambini. Tek'ryn per fortuna aveva altre risorse per comprendere le persone.
Accarezzò la testolina di Jaylah con una mano, mentre con l'altra la reggeva in un abbraccio stretto, e si preparò a fare una cosa che non faceva da tantissimo tempo.

Jaylah non si accorse della sottile invasione psionica quando un lembo della mente di Tek'ryn si connesse alla sua, la sua piccola e limitata mente infantile. Il potere di Tek'ryn la toccò leggermente, come una carezza impercettibile, perché le emozioni dei bambini galleggiavano sulla superficie dei pensieri e brillavano come un piccolo sole. Jaylah non aveva la capacità né la volontà per nascondere le sue emozioni e non c'era bisogno di scavare più in fondo. Anzi, non c'era un ‘più in fondo’.
“È spaventata perché pensava di trovare Krystel e invece lei non c'è. Finalmente la mamma era tornata e ora è sparita di nuovo. Geyla si sente abbandonata e tradita, e di conseguenza è triste. Ma sono troppe emozioni per una bambina così piccola, lei sa gestirne solo una alla volta” Tek'ryn spiegò quello che aveva percepito, a beneficio di Amber. “Per questo motivo ha compresso tutte queste emozioni e le ha trasformate in una sola: rabbia.”
“Oh, zuccottina” Amber si lasciò intenerire e accarezzò i capelli della sorellina, che continuava a piangere ma aveva smesso almeno di agitare le braccia.
“Hai appena descritto l'intera psicologia drow” intervenne una voce ben nota e quanto mai gradita.
“Zio Daren!” Amber tirò un vistoso sospiro di sollievo. “Grazie al cielo sei qui!”
“Sai quanto mi è mancato il tuo umorismo nero sulle deprimenti storture del nostro popolo?” Tek'ryn avvicinò il dito indice al pollice finché quasi non si toccarono. “Tanto così.”
“Ma finiscila, marmocchio, apprezzi l'umorismo nero tanto quanto me” lo redarguì bonariamente, avvicinandosi al giovane che teneva in braccio la bimba. “Vuoi darmi Jaylah? Non ti prometto che saprò calmarla ma non è giusto che questo compito ricada su voi ragazzi.”
Amber schioccò le dita come quando le veniva un'idea geniale: “Potremmo chiedere a Luel. Forse con la sua musica riuscirà a rasserenarla. L'ho visto poche ore fa, stava suonando sul tetto, forse è ancora lì.”
“Scherzi? Come minimo chiederebbe di essere esentato dalle faccende domestiche per un mese in cambio dei suoi preziosi servigi. Non voglio trattare con quel piccolo scansafatiche egoista” ribatté Daren. “Se vuole evitare le faccende dovrà continuare a ingegnarsi e a nascondersi come sta facendo adesso. Io non ho intenzione di facilitargli la vita!”

Daren prese Jaylah dalle braccia del nipote, ma la piccola non cambiò atteggiamento. Conosceva lo zio molto meglio di quanto conoscesse i suoi fratelli, ma ormai si era abituata a stare in braccio a Tek'ryn e non apprezzò quell'ennesimo cambiamento. Tantopiù che ancora non era la mamma, e neanche il papà. Avrebbe accettato il papà, piuttosto che niente.
Inoltre cominciava ad avere di nuovo fame. Decise di gridare un po' anche per quello.
Daren si sfilò gli stivali e si sedette con lei nel suo piccolo recinto per bambini, sapendo che quel luogo le piaceva e di solito riusciva a renderla serena.
Non ci fu nessun immediato miglioramento.
Il drow allora prese l'orsacchiotto di Jaylah e cercò di farla giocare, ma la bambina afferrò il pupazzo e lo scagliò con sdegno dall'altra parte del recinto.
Sigh. Sarà un lungo pomeriggio, finché Krystel non torna! Si arrese il guerriero, armandosi di santa pazienza.

Alla fine le magiche lucine fluttuanti riuscirono di nuovo a compiere il miracolo. Daren sapeva che non avrebbe potuto usare quel trucco per sempre, ma finché Jaylah era un'ingenua poppante quel piccolo innocuo incantesimo avrebbe continuato a funzionare.
Zio e nipote erano rimasti soli nella nursery, ma era questione di minuti prima che Krystel e Johel tornassero. Lui era seduto per terra con la schiena appoggiata contro il bordo del recinto, Jaylah se ne stava accoccolata sulle sue gambe.
“La sai una cosa, mostriciattola?” La punzecchiò, mentre lei era tutta intenta a cercare di afferrare le sferette di luce. “Se la tua mamma gestisse questa famiglia come una matrona drow, tu non avresti molti contatti con il tuo papà. Lui sarebbe stato solo un giocattolo per la tua mamma, e lei non si sarebbe neanche disturbata a dirgli che era incinta. I maschi non sono molto importanti nel posto da cui veniamo.” Lo raccontò in un tono che era più rassegnato che triste. “Io però farei ancora parte della tua vita. Non sarebbe mio compito educarti, ma in quanto fratello della matrona probabilmente sarei il Maestro d'Armi o qualcosa del genere. Sì, senza falsa modestia penso che sarei un buon Maestro d'Armi.” Continuò, tutto assorto nella sua fantasia distopica. “Avrei il compito di proteggere la famiglia e dovrei vivere qui tutto il tempo, non potrei limitarmi a venire a trovarvi ogni qualche anno come faccio ora. Tu saresti la mia piccola principessa e ben presto io dovrei obbedire ai tuoi capricci, anche ai più stupidi. Che triste destino! Invece ora sarà tuo padre a obbedire ai tuoi capricci, perché lo conosco e so che diventa uno zerbino quando tu lo guardi con i tuoi occhioni verdi.” Jaylah sembrò capire che lo zio stava parlando con lei, gli indicò una lucina fluttuante e fece un versetto divertito.
Daren la accontentò e fece scendere quella sfera di luce fino all'altezza del suo volto. Jaylah allungò il braccio e affondò la mano in quella luce intangibile, deliziata.
“Ti piace giocare in questo modo?” Il drow sorrise e le accarezzò la testa, cosa che non faceva quasi mai quando Johel era presente. Daren non aveva figli suoi e pensava che non ne avrebbe mai avuti. Era abituato a prendersi cura dei suoi nipoti, in modo diverso a seconda della loro età, ma quella era la prima volta che uno dei figli di Krystel aveva un padre presente. Duvainion lo aveva avuto, più di cent'anni prima, ma Daren aveva conosciuto il suo primo nipote quando era già orfano. La condizione di Jaylah - nipotina con un padre - era una cosa nuova per lui.
“È difficile per me” le confessò, perché a lei poteva dirlo. “Ho paura di intromettermi fra te e tuo padre, e allo stesso tempo sento che lui mi ha sottratto il mio ruolo. Non è giusto pensarlo, ma è così. E a me neanche piacciono i bambini!” Si lamentò, pizzicando piano una guancia morbida della nipotina.
“O?” Chiese lei, girandosi per guardarlo in faccia.
Il drow corrugò la fronte: possibile che Johel avesse ragione e che lei stesse davvero cercando di chiamarlo zio in lingua elfica?
“Esatto, io sono Osi'Tan” confermò, premiandola con uno dei suoi rari sorrisi. “E tu sei mia nipote.”
Non mia figlia.
Il suo fine udito elfico captò i passi di Krystel su per le scale.
“La tua mamma è tornata, e anche il tuo papà. Sei contenta?“ Daren ripensò alle ultime due settimane senza la locandiera, quei momenti di terrore in cui lui e Johel si erano avvicendati nel prendersi cura della bambina, mettendo a disposizione ognuno le sue competenze. ”Adesso che Krystel è tornata io e te non passeremo più molto tempo insieme. Non ci sarà più bisogno che lo zio Daren si prenda cura di te, lo faranno i tuoi genitori. E…”
Krystel aprì la porta della nursery e sorrise sollevata, vedendo che la figlioletta giocava tranquilla. Daren le rivolse un cenno con la testa e sollevò Jaylah per passarla alla sorella.
La strega lo ringraziò per la sua disponibilità, ma Daren rispose con una scrollata di spalle accompagnata dal suo migliore sguardo annoiato. Jaylah invece non aveva motivo di trattenere le emozioni e squittí di gioia quando capì di essere di nuovo fra le braccia di sua madre. Un attimo dopo arrivò anche Johel e la bimba esplose in una risatina entusiastica. Non sembrava neanche la stessa monella che aveva fatto vedere i sorci verdi ai suoi fratelli.
Daren si alzò in piedi e si spazzolò le vesti con le mani, mentre Krystel e Johel portavano Jaylah al piano di sotto per prepararla per la cena.
“E tutto sommato credo che mi mancherai” concluse il drow, a voce troppo bassa per poter essere udito.

   
 
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