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Autore: Emmastory    10/04/2020    2 recensioni
Come sappiamo, le avventure, di Kaleia, Sky e della sua famiglia non sono certo finite, ma vi siete mai chiesti com'è stata la loro infanzia? Cosa sia successo mentre crescevano assieme alla cara Eliza? Scopritelo in questa raccolta, dove umanità e magia si intersecano di nuovo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Big-Adventures-for-little-pixies
 
Capitolo IX
 
Uguali ma diverse
 
Eliza aveva avuto una giornata lunga. Il sole del pomeriggio appena iniziato la salutava dalla finestra solleticandole le guance e la vista, e annoiata dal caldo che ancora la tediava in quell'estate ai suoi esordi, sbuffò. Spostando lo sguardo, lo fissò sull'orologio appeso al muro della cucina, e fu allora che si accorse dell'orario. Erano le tre, ecco perchè faceva così caldo. Conoscendosi, sapeva di non guardare poi così spesso la televisione, nè di non dare mai troppa attenzione alle notizie che apprendeva dai documentari, giudicandole spesso false e gonfiate solo per attirare l'attenzione. Insomma, era mai possibile che le madri uccello abbandonassero i piccoli solo perchè accidentalmente toccati dagli umani? O che i pesci rossi fossero capaci di ricordare qualunque cosa soltanto per tre secondi? O anche che i tori detestassero il colore rosso più di ogni altro. Falsità, tutte falsità dimostrato da alcuni libri che aveva letto da ragazza, che contenevano invece le risposte esatte. A quanto sembrava, le madri spingevano i piccoli fuori dal nido quando arrivava il momento di insegnar loro a volare, ed era quella la ragione per cui a volte li si trovava in terra o vicino agli alberi. Per quanto riguardava i pesci rossi, contrariamente a ciò che si pensava, riuscivano a ricordare suoni e informazioni per un periodo di tempo di ben cinque mesi, e tornando invece ai tori, il colore rosso non era certo il loro tallone d'Achille, anzi, tutt'altro. Perchè? Semplice. Se c'era una cosa a spaventare i tori, non era affatto il colore, ma la dimensione del drappo stesso, che ostruendo loro la vista, li mandava spesso in confusione, disorientandoli e spingendoli ad attaccare. Annoiata, l'accese per dare uno sguardo alle previsioni del tempo, che proprio come si aspettava, potevano essere riassunte in una sola parola. Caldo. Caldo, semplicemente caldo. Spegnendola di colpo, gettò indietro la testa, e alzando gli occhi al cielo, si ritrovò a fissare il ventilatore appeso al soffitto, sempre in funzione e impegnato in un moto perpetuo. Chiudendo gli occhi, respirò a fondo, e all'improvviso, una voce la distrasse. "Tieni, mamma. È tè freddo, ne vuoi?" era Kaleia, che finalmente fuori dalla sua stanzetta, si era decisa a far qualcosa di diverso rispetto a giocare con i suoi pupazzetti e le sue adorate bambole, e nonostante il caldo, ora era pronta a fare i compiti. Non che in quei giorni ne avesse tanti, per fortuna, ma ligia al dovere com'era, si era messa in testa di finirli e poi tornare a giocare. Un piano completamente diverso da quello della sorella, che rimasta nella sua stanza, sdraiata sul letto a fissare il soffitto, si riposava, cercando di dormire nella forse vana speranza di vedere quel sole cocente sparire dalla sua vista. In quanto fata del vento, sapeva che avrebbe potuto concentrarsi sulle bianche nuvole che vedeva fino a renderle grigie e pronte a scaricare parecchia pioggia, ma la sua età e inesperienza non glielo permettevano, o almeno non ancora. "Stupidi libri di magia." Pensò, maledicendoli. Perchè i suoi contenevano solo gli incantesimi più sciocchi e semplici, come spostare oggetti e farli levitare, o dar loro la capacità di vivere una vita propria per poco tempo soltanto  schioccando le dita? Non lo sapeva, e in tutta onestà non le interessava scoprirlo. Nel silenzio della propria camera, spesso si fermava a riflettere, e guardandosi allo specchio, provava il forte e forse insano desiderio di crescere. Vivere con Eliza era sempre bellissimo, certo, ma nonostante tutto, l'ambiente e le condizioni in cui era cresciuta l'avevano formata, e dimenticare i veri genitori l'aveva segnata davvero. Nel tempo, l'unico risultato ottenuto era stato quello di erigere attorno a sè mura invalicabili. Era così che si proteggeva dal dolore, così che lo sopportava, ed era sempre quel malessere a spingerla a voler diventare adulta e iniziare le sue indagini da sola. Ora non sapeva, ma prima o poi qualcosa avrebbe scoperto. Ad ogni modo, ora il tempo stava passando, e mentre la piccola Kaleia studiava le pagine del suo sussidiario, Eliza sorseggiava quel buon tè freddo, accompagnandolo di tanto in tanto alla lettura di un libro che aveva riaperto da poco. La storia di una principessa in un regno remoto e lontano, figlia d'un amore non dissimile dal peccato, costretta a lottare per vivere la vita che un più che crudele destino aveva disegnato per lei. Pagine e pagine sempre più avvincenti, che trasportandola in quel mondo di dolore, fame, misera, disperazione e distruzione le rubarono più tempo del previsto, tanto che quando rialzò gli occhi non vide più la figlia intenta a studiare, accorgendosi solo allora che se n'era andata, e che intanto l'orologio aveva continuato a muoversi, segnando le cinque. Mancava appena un'ora all'appuntamento di Eliza con l'amica Isla. Nulla di diverso da una semplice passeggiata al villaggio nelle ore più fresche della giornata, certo, ma pur sempre un ottimo modo per incontrarsi e chiacchierare del più e del meno, specialmente ora che la cara amica aspettava un bambino. Si sarebbero divertite moltissimo a parlarne e discuterne insieme, fantasticando sul sesso e sul nome del nascituro, ne era certa. Così, dandosi da fare con le ultime faccende domestiche prima di uscire, Eliza le sbrigò pensando, e inevitabilmente, i suoi pensieri andarono a Sky e Kaleia. Stavano crescendo, ed era vero, ma nonostante tutto non erano certamente in grado di restare a casa da sole. A nove anni, Sky sapeva già cosa fare per prendersi cura della sorellina, ma stavolta non sarebbe bastato. La mamma avrebbe continuato a fidarsi di lei, ma dato il lasso di tempo che avrebbe trascorso fuori, assumere una baby-sitter le sembrava più indicato, e chi meglio di Marisa, che avendo già aiutato in passato poteva dire di conoscere quelle pixie meglio di sè stessa?" Nessuno, chiaro. Per pura fortuna, Eliza e sua madre Zaria si erano già messe d'accordo, e la giovane sarebbe arrivata a momenti. Sollevata, la donna attese, e quando finalmente il campanello la distrasse, lei corse ad aprire. "Marisa, grazie al cielo, stavo iniziando a preoccuparmi." Le disse, scostandosi per lasciarla entrare dopo averla stretta in un abbraccio. "Sky e Kaleia staranno giocando, tu sta tranquilla. Isla ed io saremo fuori solo per qualche ora." Spiegò poco dopo, non badando alla velocità con cui le parole lasciavano la sua bocca. Colpita, Marisa dovette trattenersi dal ridere. Capiva l'apprensione della donna, e non poteva fargliene una colpa, ma nonostante tutto doveva ammettere di trovarlo divertente. "Eliza, calmati. Dico sul serio, andrà tutto bene. Le tue piccole mi adorano e viceversa, cosa vuoi che succeda?" provò a dirle, tentando di rassicurarla. Agitata, Eliza sfiorò la maniglia della porta, e solo pochi istanti dopo, finì per ricredersi. "Bambine!" chiamò, quasi urlando per farsi sentire. "Sarò fuori per poco, date retta a Marisa mentre non ci sono!" aggiunse poco dopo, per poi non sentire altro che il suono dei loro passi mentre le correvano incontro. Piccola e veloce, Kaleia fu la prima a raggiungerla, e abbracciandola forte, le diede un bacio sulla guancia. "Ciao, mamma." Salutò, dolcissima. "E tu, Sky? non saluti la mamma?" azzardò allora Marisa, che intenerita da quella scena, si stupì di non vederne una replica. "No, ci sono abituata." Si limitò a dirle la bambina, sedendosi sul divano ed estraniandosi dal mondo mentre accendeva la televisione. Non sapendo cosa dire, Eliza si strinse nelle spalle, e salutando le figlie con un cenno della mano, uscì. Stranita da quanto era appena accaduto, anche Marisa mantenne il silenzio, e forzando un sorriso per il bene di entrambe, si sedette con loro. "Vostra madre mi ha chiesto di badare a voi mentre è via, cosa vi va di fare?" chiese, tentando di coinvolgerle in qualche modo. Uscendo, Eliza aveva detto che sarebbe stata via per ore, ma quante? Due? Tre? Erano già le sei e un quarto, significava che avrebbe dovuto anche preparare la cena ad entrambe? Fastidiosi, mille dubbi le affollarono la mente, e scuotendo la testa, la ragazza provò a liberarsene. "Calma." Si disse. "Sono solo bambine, cosa vuoi che facciano?" continuò, parlando più con sè stessa che con loro, completamente assente dal mondo reale. "Misa?" la chiamò una voce, distraendola. Confusa, la ragazza si riscosse, e abbassando lo sguardo, la vide. La sua piccola amica Kaleia, con in mano un libro di favole per bambini. "Ci leggi una storia?" pregò, guardandola con i suoi profondi occhi azzurri e tirando leggermente una manica della sua veste. "Certo, scegline una." Concesse lei, mostrando un sorriso ormai non più forzato. Come poteva esserlo dato il gran bene che voleva a quella dolce creatura? "No, scegli tu. Sorprendici." Rispose la bambina, dando carta bianca all'amica. "D'accordo." Continuò quest'ultima, sedendosi più comodamente e aprendo il libro a una pagina a caso. Silenziosa quanto furba, Kaleia andò a sedersi sulle sue ginocchia, e quasi senza accorgersene, prese a succhiarsi il pollice, giocherellando intanto con una ciocca di capelli. Poco dopo, Marisa iniziò a raccontare. "Bene, c'era una volta una ragazza di nome Cenerentola..." ebbe appena il tempo di dire, interrotta subito dopo da una Sky completamente disinteressata. "Già, e aveva la matrigna cattiva, due sorelle tremende e una scarpina di vetro." Replicò la ragazzina, che alla sua età aveva ascoltato quella storia centinaia o forse migliaia di volte. "Era cristallo, ma se non ti piace cambiamo, ci stai?" le rispose Marisa, evitando di scomporsi e girando pagina. Indecisa, lo fece un paio di volte, poi si fermò. "Allora, in un villaggio piccolo e accogliente, vivevano insieme tre porcellini, e per difendersi da un lupo cattivo, ognuno aveva bisogno di..." un'altra frase, un'altra interruzione, sempre da parte di Sky, che annoiata come mai prima, aveva anche iniziato a sbadigliare. "Una casa di paglia, legno e mattoni. Già sentita anche questa." Disse infatti la pixie, agli occhi della ragazza stranamente matura per la sua età. Infastidita, Kaleia si fermò a guardarla, e ingoiando quel boccone così amaro al solo scopo di evitare una lite, girò ancora pagina, scegliendo in fretta la terza storia, e sperando che almeno allora la sorella non interferisse. Prima di ricominciare, Marisa ne controllò il titolo, e soddisfatta, si preparò a leggere. "Tanto tempo fa, in un regno assai lontano, viveva..." anche stavolta, la frase non terminò, e scontrosa come sempre, Sky rovinò l'atmosfera. "Lasciami indovinare, una bella principessa?" chiese, fingendo sorpresa in realtà non provata. Seccata, Marisa chiuse il libro, e posandolo sul divano, guardò Sky, che con gli occhi altrove, la ignorava pesantemente. "Va bene, piccola miss "non mi fregate, so già come va a finire", si può sapere cosa ti va di fare?" le chiese, indurendo il tono di voce e scivolando nel silenzio in attesa di una risposta. "Non lo so, un puzzle? Qualcosa di più costruttivo, ho nove anni io, cavolo." Propose la bambina, quasi sputando veleno con ogni parola. Non voleva essere cattiva, si stava solo annoiando. Com'era possibile? Conosceva Marisa, le voleva bene, ma mentre il tempo scorreva, un ennesimo sbadiglio ruppe il silenzio. "Puzzle, hai detto? Bene. Kia, potresti..." concesse a quel punto la ragazza, che a quindici anni comprendeva perfettamente lo stato d'animo della bambina. Crescendo, lei non aveva avuto una baby sitter, e avendolo scelto come lavoretto, per quanto noioso a volte potesse essere, voleva comunque sentirsi meritevole dei dieci rubli di luna che avrebbe portato a casa a fine serata.  Ad ogni modo, Kaleia annuì, e sparendo dalla vista di entrambe per qualche istante, tornò indietro con una scatola fra le mani, che a coperchio sollevato, mostrò il centinaio di pezzi di plastica che lo componeva. Forse erano pochi per una bambina come Sky, o forse pochi, ma almeno l'avrebbero tenuta occupata per un pò. Intanto, tornata dall'amica, la piccola Kaleia aveva sostituito il desiderio di ascoltare una favola con quello di divertirsi, e lesta e veloce, quella semplice richiesta abbandonò le sue labbra. "Vuoi giocare a Magimani?" chiese, per poi tacere e restare a guardarla, dando vita a un sorriso a dir poco adorabile. Confusa, Marisa si fermò a pensare, e alcuni istanti dopo, capì a cosa la pixie si riferisse. Un gioco molto simile a quello che gli umani chiamavano battimani. Il principio era lo stesso, ma data la presenza della magia nel corpo e nel sangue di pixie, folletti, elfi, gnomi e leprecauni, il contatto delle mani dei due partecipanti provocava piccole scintille di magia, e ridendo, la bambina si divertì con l'amica per i minuti a venire, sorprendendola con la sua velocità e mostrando il controllo con cui teneva a bada i suoi poteri. Ripensandoci, la pixie doveva ammettere che imparare era stato difficile, ma se ci era riuscita, era stato solo grazie agli insegnamenti delle fate più anziane. Ancora orfane di un protettore, lei e Sky erano state costrette a trovare una soluzione, e così erano iniziate le loro lezioni di magia, seguite poi dall'iscrizione alla prestigiosa Penderghast. "Per fatine e folletti magici e perfetti." Quello era lo slogan, e tanto felice quanto eccitata alla sola idea di iscriversi, la stessa Kaleia si era ritrovata a recitarlo come una sorta di ormai dimenticato mantra mentre giocava. A quel ricordo, sua madre Eliza rideva ogni volta, e persa nei propri pensieri, Sky quasi non ci pensava, essendo ora completamente concentrata sul suo puzzle. Per pura fortuna, proprio il suo preferito. Grande e colorato, raffigurava quattro fatine a lei simili con le ali colorate d'arcobaleno, tutte intente a ballare insieme sotto la luce della luna, che maestosa e lucente, permetteva ai loro corpi di brillare di luce propria, che unita a quella della loro polvere magica, risplendeva più di quanto avesse mai fatto. Sullo sfondo un castello fatato, e in lontananza, proprio la luna. Silenziosa, la bambina mise l'ultimo pezzo al suo posto, e lenta si rialzò da terra. Piano, come se avesse paura di rovinare quel capolavoro. "Marisa! Marisa!" chiamò, felicissima. "Ho finito, guarda!" disse poi, saltellandole intorno e non riuscendo a smettere di sorridere. "Davvero? Brava!" si complimentò l'amica, ricambiando quel sorriso e abbracciandola, per poi stringerla a sè e condurla verso il divano, dove la sorella, comoda come non mai, era seduta a seguire forse l'ennesimo episodio di Pixie Club, un cartone animato più che adatto alla sua età, incentrato su un gruppo di fatine, sei o sette, Marisa non ricordava mai il numero esatto, messe ogni giorno di fronte alle sfide della vita durante la loro avventura nel bosco alla scoperta dei loro poteri. Nulla di troppo serio, per loro fortuna, ma in ogni episodio, una lezione per ogni bambino, umano o magico che fosse. Situazioni normali e ordinarie, ma sempre pregne di valori alle volte tristemente desueti. Amicizia, amore, gentilezza, bontà d'animo e resilienza. Tutte cose che Kaleia imparava ogni giorno anche dalla mamma, che in tutto quel tempo si era sempre presa cura di lei e Sky completamente da sola. Fermandosi a pensare, la piccola provava un certo orgoglio per quella donna, seguito poi da un improvviso e fortissimo desiderio di abbracciarla. Ad ogni modo, annoiata da quella che considerava una replica, Sky si appropriò del telecomando, e spingendo un tasto a caso, cambiò canale, guardando l'immagine sullo schermo cambiare e mostrare le strade poco illuminate di una cittadina immersa nel silenzio, nel buio e nella quiete. Sorpresa, si lasciò incantare, e prendendo la mano dell'amica, la incoraggiò a seguire quel programma con lei. A quella vista, Marisa sussultò. La sera stava calando, alla cena delle bambine mancava ancora molto, ed era convinta che guardare un film fosse il modo migliore d'ingannare il tempo. In quanto apprendista strega, aveva una strana predilezione per l'oscurità e il mistero, e con essi, anche i film dell'orrore. Sedendosi più comodamente sul divano, si concentrò sulla trama, e di scena in scena, sentì il mondo attorno a lei svanire, come se in quel momento non esistesse altro che quel film. Rapita, quasi non si accorse della presenza delle bambine, ma staccando gli occhi dallo schermo per un solo attimo, ricordò. Preoccupata per loro, provò a spegnere il televisore, e non riuscendoci, si voltò verso le sue due piccole amiche. "Sky, Kia, non credo che questo sia il vostro genere." Le avvisò, preoccupandosi per loro e per gli incubi che avrebbero potuto avere. "Nostro? Magari non il suo, ma io ho nove anni, e mamma dice che posso guardare quello che voglio!" gridò allora Sky, testarda. "Pixie, sul serio. Questo è un film dell'orrore, non è fatto per bambine come te." Insistette la ragazza, seriamente preoccupata per lei. "No, non se ne parla. È interessante, io resto." Replicò la fatina, puntando i piedi e fissando gli occhi sullo schermo televisivo. Seccata, Marisa non insistette oltre, e stringendosi nelle spalle, la lasciò fare, e come lei, anche la sorella minore si lasciò catturare da quelle immagini. Senza distrarsi, la ragazzina continuò a guardare, interessandosi sempre di più a mano a mano che il mistero diventava più fitto. Cos'era successo in quella cittadina? Perchè c'era sempre quello stranissimo silenzio? A chi apparteneva l'ombra che aveva visto in precedenza. Non lo sapeva, e non si sarebbe addormentata, non fino a scoprirlo. A tratti veloci e incalzanti, a tratti lente e spaventose, le scene continuarono a susseguirsi, e spaventata come mai prima, la piccola Kaleia aveva finito per coprirsi gli occhi con le mani e rifiutarsi di guardare, dando ogni volta voce alla stessa domanda. "È finito? Dimmi che è finito, per favore." Pregava, con il corpo e la voce scossi da tremiti sempre più evidenti. Troppo concentrata per risponderle, Marisa restava in silenzio, e così anche Sky, che tentando di dissimulare il suo stesso terrore, si sforzava di restare calma, stringendo la mano della cara baby sitter con forza sempre maggiore. Così, dopo un tempo che nessuna di loro riuscì a definire, quel terrificante film ebbe la sua fine, e anche se il mistero non trovò una soluzione e lo schermo divenne nero dopo una breve dissolvenza, non mostrando altro che la parola fine seguita da un punto interrogativo, a Marisa quasi non importò. Paralizzata, Kaleia non riusciva quasi a respirare, e lo stesso valeva per Sky, che con le dita ancora intrecciate a quelle della stessa Marisa, le stringeva la mano così forte da bloccarle la circolazione. "Sky, lasciami. Il film è finito, e se non mi lasci non posso prepararti la cena." Provò a dirle l'amica, abbozzando un debole sorriso e ritirando la mano. Testarda, la piccola strinse ancora più forte, e avvicinandosi a piccoli passi, Kaleia l'abbracciò. Con il cuore in tumulto, la bambina tremava, ed era a un passo dal cominciare a sudare, come spesso accadeva quando faceva brutti sogni. "Dov'è la mamma?" azzardò, voltandosi verso la porta ancora chiusa. Ormai il sole non era più in cielo, al suo posto c'erano le stelle e la luna, e pur sapendo leggere l'orologio, aveva ormai perso la cognizione del tempo, e preoccupata, tornò a guardare l'amica alla ricerca di conforto. "Ancora fuori, tesoro. Starà tornando, non preoccuparti." Le rispose la ragazzina, sorridendo dolcemente e scostandole una ciocca di capelli dal visetto tondo. A quelle parole, anche Sky si voltò a guardarla, e proprio allora, mille dubbi si insinuarono nella sua mente. "Fuori? Ma ci sono i lupi e i vampiri, fuori." Biascicò, spaventatissima. "Sky, pixie, i mostri non esistono. La mamma arriverà a casa, te lo prometto." Rispose a quel punto Marisa, avvicinandosi e stringendola a sè per confortarla. Affatto convinta, Sky sentì gli occhi bruciare, e solo pochi istanti più tardi, alcune piccole lacrime le rigarono il volto. Di lì a poco, i suoi lamenti riempirono il silenzio, e piangendo disperata, la piccola non desiderò altro che vedere quella porta aprirsi. Le ore passavano, ma lei non tornava, e dopo ciò che aveva visto, mille scenari sembravano rincorrersi nella sua mente, risultando sempre uno peggiore dell'altro. Colta alla sprovvista dal pianto della piccola, Marisa non seppe cosa fare, ma proprio quando tutto le parve perduto, ebbe un'idea. "Se smetti di piangere ti do il gelato." Disse alla bambina, continuando a consolarla e sperando che si calmasse. Ascoltandola, la pixie si acquietò all'istante, pronunciando assieme alla sorella un'unica parola. "Vaniglia." Dissero entrambe, felici alla sola idea di assaggiare anche una sola cucchiaiata di quella delizia. Sollevata, la ragazzina aprì il frigo, ed estraendone la vaschetta, prese un cucchiaio e tre bicchieri di carta, riempiendoli uno per volta di gelato. Quasi fino all'orlo, proprio come piaceva alle bambine. Finalmente più calme, le piccole mangiarono con gusto, e dopo una vera e propria eternità, qualcuno bussò alla porta. Scattando in piedi come una molla, Sky si precipitò ad aprire, e fu allora che la vide. Finalmente, la mamma era tornata, e abbracciando le sue piccole, ignorò completamente il fatto di aver ancora addosso la giacca con cui era uscita. "Sono state brave, vero?" azzardò la donna, scompigliando amorevolmente i capelli delle due figlie. "Certo! Veri angeli, sai?" replicò la ragazza, scavando nel proprio bicchiere e mandando giù l'ultimo freddo boccone. A quella notizia, Eliza sorrise, e lasciando che le bimbe la salutassero, non dimenticò di darle quanto aveva promesso. Ben dieci rubli di luna, una paga più che sufficiente dopo quella lunga giornata, in cui le due sorelle avevano scoperto molto l'una dell'altra, e di essere, data la paura per i film dell'orrore mista a quella di perdere la mamma, uguali anche se diverse.  
 
 
Dopo l'ottava, a voi la nona storia in cui vediamo per la prima volta una Marisa quindicenne alla prese con il suo lavoro di baby-sitter. Fra le due bimbe, Sky crea più problemi, e come sappiamo è molto diversa dalla sorella, ma nonostante tutto hanno molte cose in comune. Voi? Vi siete mai ritrovati a fare un lavoro del genere? Come l'avete trovato? E soprattutto, che mi dite dei bambini in generale? Al prossimo scritto,
 
Emmastory :)
   
 
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