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Autore: la luna nera    10/04/2020    3 recensioni
La Duke of Kent Music Academy è una delle più prestigiose scuole di musica dell'intero Regno Unito. Per Charlotte e Sophie, selezionate per un semestre di studi, è un'occasione unica e partono assieme all'insegnante per questa avventura. Ma l'Accademia non è solo musica e melodia, è anche un luogo in cui esistono storie inghiottite dallo scorrere del tempo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le prove si erano  protratte più del normale, tardando l’inizio della pausa pranzo, specialmente per i suonatori di strumenti a corda e Sophie dovette adattarsi a quello che era rimasto in caffetteria. Prese l’ultimo tramezzino con il tonno e si mise seduta ad uno dei tavolini in fondo alla sala, tirò fuori il cellulare ed iniziò a giocherellare e chattare. Il programma del pomeriggio prevedeva una lezione privata con O’Connor, poi sarebbe stata  libera di dedicarsi a ciò che più amava fare. A dire il vero studiare musica e suonare per lei era sempre un piacere ed un modo per rilassarsi, poi assieme all’insegnante che l’aveva accompagnata in accademia fare lezione era tutt’altro che pesante e noioso.
“Ehi, principessa, disturbo?” Ethan apparve davanti ai suoi occhi quasi all’improvviso.
“Oh, ciao! Non ti avevo visto arrivare.” Chiuse immediatamente Whatsapp.
“Posso sedermi?” Attese l’assenso dell’amica e si mise nella sedia accanto a lei. “Senti… ti ricordi del famoso registro dei funerali che avevate trovato tu e Treccia Scarlatta in biblioteca?”
Alzò il sopracciglio. “Quella che tu chiami a quel modo ha un nome.” Lo vide assumere un’espressione divertita. “Ah, sei irrecuperabile. Comunque sì, mi ricordo.”
“Pensavo….” Abbassò la voce avvicinandosi a lei per evitare di farsi sentire. “Lo spirito che ho filmato si chiama Mathilde, ora ne abbiamo la conferma e se non ricordo male anche quel nome senza info sul registro dei trapassati era Mathilde, giusto?”
“Sì, è così. Con ogni probabilità si tratta della stessa persona.”
“L’ho pensato anch’io. Vedi come siamo in sintonia? Pensiamo le stesse cose ed è un vero peccato che non ci facciano suonare più assieme, c’era un’intesa perfetta fra di noi.”
“Beh, questo è da vedere. E visto che secondo te pensiamo le stesse cose, dimmi cosa mi è appena venuto in mente.”
“Mhm….” La fissò in volto. “Tu stai pensando ad uscire con me per l’aperitivo di stasera.”
Gli lanciò in faccia il tovagliolo. “Riesci a fare la persona seria per almeno cinque minuti?”
“Ok, scusa.”
“Stavo pensando… La prima sera qui in accademia abbiamo visto una figura biancastra vagare sul tetto che poi si è lanciata dalla torre scomparendo nel nulla.”
“E’ vero. Ora che mi ci fai pensare somigliava in maniera impressionante a Mathilde.”
“Pure l’altra sera io e Charlotte l’abbiamo vista. C’era la luna piena esattamente come la prima volta.” Si fermò un istante vedendo l’approvazione del ragazzo. “Sono sicura che sia lei, probabilmente si è suicidata lanciandosi dalla torre in una notte di plenilunio.”
“E ancora vaga in questo luogo in cerca di pace.” Annuiva conquistato dal ragionamento.
“A riprova di ciò, un tempo la chiesa non concedeva il funerale religioso ai suicidi.”
“Hai ragione. Questo spiegherebbe anche la mancanza di notizie su di lei, forse hanno celebrato una rapidissima funzione per pura pietà.” Era molto soddisfatto delle conclusioni tratte. “Posso offrirti un caffè per festeggiare?”
“Un caffè?”  Aveva appena finito di consumare il suo veloce pasto. “Sì, dai, ci sta un caffè dopo pranzo.” Si alzò avvicinandosi al bancone della caffetteria assieme ad un Ethan soddisfatto. “Però non posso trattenermi tanto, ho una lezione individuale con il professor O’Connor.”
“Capisco.” Attese la preparazione del caffè. “Se mi unissi a voi? E’ un problema?”
Sophie non era particolarmente entusiasta, sorseggiò il caffè riflettendo sulla risposta da dare. “Immagino di no. Non ho cose particolari da provare, per cui…va bene.” Posò la tazzina vuota sul bancone. “Andiamo, non voglio certo far tardi per colpa tua!”
“Ok, arrivo subito. Invio agli altri un audio con le nostre brillanti deduzioni su Mathilde e ti raggiungo.”
Mentre si incamminavano verso la sala prove, Sophie prese il cellulare e digitò rapidamente un messaggio.
A malincuore aveva accettato la presenza di Ethan,  ma sapeva di non poter fare altrimenti.
 
 


 
Nel parco dell’accademia una discreta schiera di studenti si era raccolta a poca distanza dal laghetto in cui notavano pacatamente i due cigni maestosi ed eleganti. Emily e Charlotte avevano appena terminato di ripassare alcuni brani da eseguire con i nuovi rispettivi compagni di studio ed erano appunto uscite all’esterno per godere della bella e tiepida giornata. Notarono il gruppo e, mosse dalla curiosità, si avvicinarono per vedere cosa c’era di così interessante da creare quell’assembramento. Dalla parte opposta allo specchio d’acqua, seduto sotto uno dei salici piangenti, c’era Gary con in mano la chitarra intento ad arpeggiare uno dei brani più belli dei Pink Floyd, Wish you were here.
“Pazzesco… Quello riesce a fare magie con qualsiasi cosa.”
“Già.” Emily era rapita, così come l’amica e tutti i presenti.
“Giuro che uno di questi giorni vado dal direttore e lo picchio se non mi fa suonare di nuovo con lui al posto di quella gallina…”
L’altra si voltò a guardarla. “Ti manca suonare con lui o sei gelosa di Iris?”
Spalancò gli occhi fissandola. “Non dirmi che l’ho detto davvero?!”
“Eh già.”
Sospirò riportando l’attenzione su di lui. L’essere stata rimossa per far posto ad Iris non le era proprio andato giù ed aveva fatto scattare in lei un qualcosa di molto, ma molto simile a quell’infido tarlo chiamato gelosia. E tale sentimento logorante non riguardava solo l’ambito musicale. Quanto nato fra lei e Gary era cresciuto in maniera spontanea e quasi naturale, oltre tutto sembrava voler crescere ancora e la linea fra amicizia e qualcosa di più profondo si stava facendo sempre più sottile.
“Siamo fregate, amica mia.” Diede due pacche sulla schiena ad Emily.
“Eh? Guarda che a me Gary non interessa proprio.”
“Sto parlando di Ethan.” Come sentì quel nome, il viso di Emily si incendiò diventando di un rosso più intenso del colore dei capelli. “Se vuoi posso darti una mano per trascorrere un po’ di tempo con lui, potete iniziare a frequentarvi….”
“Oh no, no! Io non ho affatto voglia di farmi avanti!”  Muoveva nervosamente le mani. “Primo perché non sono il tipo di ragazza che ama frequentare, secondo meglio che me lo tolga dalla testa alla svelta che non funzionerebbe mai fra di noi e terzo…beh, credo sia interessato a Sophie.”
“Sì, l’ho notato anche io, ma stai tranquilla, conosco bene Sophie e posso assicurarti che Ethan non è il suo tipo. Però potresti fare qualcosa per attirare la sua attenzione, no?”
“Mhm, non lo so… Comunque hai sentito l’audio che ha inviato? Hanno fatto un ottimo lavoro di squadra, è evidente che fra loro c’è sintonia. ”
“Hanno avuto una brillante intuizione, almeno adesso sappiamo che la M sta per Mathilde e che lei è lo spirito che vaga fra queste mura.”
Mentre parlottavano, un applauso scrosciante si levò dai presenti: era indirizzato a Gary che aveva smesso di suonare e che, preso com’era dalla musica, non si era accorto del “pubblico”. Non sembrava troppo entusiasta di tutta quella gente ferma ad ascoltarlo, non era sua intenzione dare spettacolo, ma per uno come lui che suo malgrado godeva di una certa fama era difficile passare inosservato. Per tutta risposta indirizzò un sorrisetto piuttosto tirato ai presenti che già iniziavano ad andarsene per fatti loro, tutti tranne Emily e Charlotte. Quest’ultima aveva lo sguardo sognante, il fascino che quel ragazzo esercitava su di lei era incredibile, travolgente e spiazzante.
“Dai, stai un po’ con lui.” La incoraggiò Emily. “Io torno dentro, ho da ripassare alcuni brani. In bocca al lupo!” Salutò l’amica e si incamminò verso le sale prova con la solita testa bassa come a volersi nascondere dal resto del mondo.
“Coraggio Charlie, togliti quel sorriso ebete e vai da lui, ti sta fissando come un puntatore laser.” Charlotte tentò di auto-incoraggiarsi con le parole mentre i suoi piedi iniziavano lentamente a muoversi.
Lui si era accorto di lei che si stava avvicinando, di proposito la ignorò riprendendo in mano la chitarra ed attese che si sedesse vicino a lui. “Ti avverto, non sono disponibile a rilasciare dichiarazioni né autografi.”
“E chi ti ha chiesto nulla?” Rispose scherzosamente. “Volevo solo sapere se hai ascoltato il messaggio vocale di Ethan.”
“No, non ancora. E’ interessante?”
“Altroché! Quella figura biancastra che abbiamo visto lanciarsi dal tetto della torre la prima sera in accademia era Mathilde.”
“Davvero?”
“Sì, ma non voglio rovinarti la sorpresa. Tu ascolta.”
“Ok capo.” Sorrise. Quanto era piacevole la sua compagnia! “Ora resta solo da capire se l’altra cifra sul monumento è l’iniziale del suo cognome o c’è un altro spirito che vaga fra queste mura.”
“Vorrà dire che continueremo ad indagare, ma ora basta parlare di lavoro, voglio rilassarmi sotto queste belle piante rigogliose ascoltando un po’ di musica visto che le lezioni di stamani sono state piuttosto pesanti. Ma voglio ascoltare musica genuina, suonata da gente che sa suonare, non come chi fa finta.” Tirò fuori il cellulare ridacchiando, mise le cuffiette ed aprì la sua playlist.
"E chi sarebbe questa gente che di musica ne capisce?” Si avvicinò a lei, sbirciando fra i suoi gusti musicali.
“Tu no di certo.” Sorrideva divertita mentre lui le si faceva sempre più vicino.
“Fa’ un po’ vedere che sono curioso.” Sbirciando, notò una suddivisione in cartelle. “Ma che ti sei fatta? La divisone in sillabe come in prima elementare?”
“No, è una suddivisione per momenti.” Era piuttosto gelosa della sua privacy, ma per lui tentò di fare uno sforzo: in fondo Gary per primo le aveva raccontato molte cose della sua vita. “Le ho messe così perché posso ascoltare una determinata tipologia di canzoni e musiche a seconda del momento. Vedi? Qui c’è musica rilassante, qui rock più o meno duro, mentre in questa c’è musica romantica, qui le colonne sonore dei film e così via.”
“Niente male come idea. Ma dimmi, che musica vorresti ascoltare adesso? Che momento è?”
Finse di pensare. “Mhm, considerando che sono appena uscita da una lezione con l’arpista-grande-artista e devo sorbirmi la tua compagnia, sarei propensa ad un rigenerante rock duro.”
“Capito. Bene, allora dammi qua che scelgo io.” Le prese il telefono di mano e, di proposito, selezionò la cartella con le canzoni romantiche e tentò di fissare nella sua mente quanti più titoli possibile.
“Ehi genio, cos’è? Per te la musica romantica equivale al rock?”  Riprese l’apparecchio dalle sue mani. “Metti l’auricolare, dai, ci penso io.”
“Agli ordini capo!” Si mise con la schiena appoggiata al tronco del salice così come Charlotte e si rilassò con lei ascoltando musica.
Tanto aveva già visto quello che voleva vedere.
 


 
 
La sera era calata, Oliver da poco aveva terminato la noiosissima lezione di solfeggio assieme ad altri studenti. Prese il cellulare e notò la presenza di molti messaggi Whatsapp, gran parte provenienti da Brenda, la sua ragazza. Ce n’erano alcuni del gruppo di amici, in primis un vocale di Ethan seguito da applausi e pollici rivolti verso l’alto. “Vuoi vedere che quel vecchio volpone ha scoperto qualcosa di grosso?” Mentre raggiungeva l’ingresso principale per poi andare verso le camerate, teneva il cellulare all’orecchio, ben concentrato nell’ascoltare il messaggio. Sul suo volto comparivano espressioni di soddisfazione perché ciò che Ethan e Sophie avevano intuito era senza dubbio plausibile ed interessante. Ma quando stava per rispondere e dire la sua nella chat, dal portone principale vide entrare in modo dirompente due soccorritori che si precipitarono verso le sale prova. Subito altri studenti si avvicinarono incuriositi dagli eventi, poi uno dei soccorritori tornò verso l’ambulanza, prese la barella e raggiunse precipitosamente l’altro. Trascorsero alcuni minuti ed uscirono spingendo la barella su cui giaceva privo di sensi il professor O’Connor. Lo caricarono sull’ambulanza e partirono a sirene spiegate.
Pochi istanti dopo apparvero Ethan e Sophie. Lei piangeva e singhiozzava, aveva un viso stravolto e rigato dalle lacrime; lui pareva una maschera inespressiva.
“Ehi bro” Oliver si avvicinò. “Ma che cos’è successo?”
“Di tutto, fratello, di tutto. Se non lo avessi visto coi miei occhi, non ci avrei creduto.”
Arrivò anche Emily richiamata dalla confusione e poco più tardi anche Charlotte e Gary. Come vide l’amica, Sophie le si gettò al collo piangendo come una fontana.
“Ragazzi….un macello.” Ethan si passò una mano fra i capelli. “Eravamo nella sala prove con O’Connor, tutto era tranquillo, abbiamo accordato gli strumenti e ci siamo preparati per suonare. Neanche ricordo cosa ci aveva proposto il prof, ma chi se ne frega…” Fece una breve pausa. “Ad un tratto siamo stati colti da un’infinità di brividi gelati, faticavo ad avere la sensibilità sulle dita!” Guardava le sue mani e le muoveva, come a volersi sincerare che tutto fosse tornato a posto. “E la stessa cosa è accaduta a Sophie che non riusciva a suonare. Poi tutto d’un tratto le luci hanno iniziato a tremolare sempre di più fino a spegnersi del tutto. Le finestre si sono spalancate all’improvviso e tutti gli spartiti cartacei presenti si sono sparpagliati ovunque. E… “La sua salivazione era quasi zero. “E poi il prof ha iniziato a respirare male, sempre peggio. Man mano che i secondi passavano il suo viso si faceva sempre più paonazzo…. Poi lo abbiamo visto sollevare da terra, non so come è stato possibile, ma è accaduto davvero. Era come se una mano invisibile volesse impedirgli di respirare o quanto meno di continuare a fare quello che stava facendo con noi. Io non sapevo cosa fare, ero paralizzato dalla paura e Sophie è scoppiata a piangere. Quella stessa mano invisibile ha sbattuto il prof sulla parete con una tale violenza che ha perso i sensi.” Si soffermò, vedeva lo stupore incollato al volto degli amici. “A-Allora sono corso fuori ed ho iniziato a gridare e a chiamare aiuto.”
Restarono tutti in silenzio: non c’era bisogno di essere dei geni per capire che dietro l’accaduto si celava un’entità soprannaturale.
“Questi fenomeni sono detti Poltergeist. E’ un termine che deriva dal tedesco: Geist sta per spirito, poltern significa bussare. In sintesi Poltergeist vuol dire spirito rumoroso e si usa questa definizione per indicare ogni manifestazione attribuita a entità spiritiche.” Oliver era ben informato sui fatti. “Secondo voi che eravate presenti è stata Mathilde?”
“No.” Ethan era fermo e deciso. “Ho già avuto a che fare con lei e non si è mai comportata in modo violento, è una presenza innocua e forse quasi amica. Tu stesso hai analizzato il filmato ed hai raccontato di una figura quasi angelica, che non desta preoccupazioni. Io credo che questo sia un altro spirito.”
 


“Signori, un attimo di attenzione per cortesia.”  La voce imperiosa del direttore fece distogliere tutti quanti dai loro discorsi. Cowen aveva appena sceso la scalinata, proveniente dal piano superiore, seguito a ruota dalla professoressa Stanford. “Chi di voi era presente a lezione con il professor O’Connor?”
Ethan si fece avanti, così come una titubante e ancora sconvolta Sophie.
“Seguitemi.”
Si guardarono in faccia, poi Ethan prese per mano Sophie per infonderle coraggio e salirono su per la scala, seguiti dalla Stanford, come disposto dal direttore. Fecero accomodare la ragazza su una delle poltroncine di velluto presenti nel corridoio, con lei restò la professoressa Stevens che già in qualche lezione l’aveva seguita. Ethan invece entrò nell’ufficio di Cowen, un ufficio dai toni piuttosto cupi e dall’aria austera. L’elegante scrivania in ebano scuro si stagliava a contrasto della luce proveniente dalla grande finestra coperta in minima parte da due tende in velluto rosso scuro. Il direttore sedeva su una grande sedia simile ad un trono, tanto era lavorata, che era posizionata proprio davanti la finestra. Ai lati c’erano due scaffali pieni di libri, a destra troneggiava un elegante camino con al di sopra appeso un ritratto di Edward Augustus of Hannover, Duca di Kent e padre della Regina Vittoria, in onore del quale la sovrana aveva fondato l’accademia a metà XIX secolo. Poco distante stava un elegante divano in pelle ed una lampada in stile liberty. Sulla parete opposta stavano appesi tutti i riconoscimenti conseguiti dagli studenti in occasione di eventi, concorsi ed esibizioni nel corso degli anni, più alcune foto di ex studenti consacrati alla storia della musica come Elton John e Mick Jagger.
“Allora signor Foster…” Il direttore richiamò l’attenzione di Ethan che stava osservando l’ambiente. “Lei si trovava a far lezione con il professor O’Connor e la sua collega di studi, la signorina Jackson.” Anche la Stanford si era seduta accanto a lui, pronta a captare ogni singola informazione. “Cos’è accaduto?”
Ethan raccontò per filo e per segno quanto aveva visto, con voce ferma e sicura mantenendo un tono tutto sommato pacato. Cercò di non omettere nessun particolare, sperando che il direttore e la professoressa gli rivelassero qualcosa di interessante ed utile alla loro indagine.
“Capisco.” La Stanford aveva ascoltato con grande attenzione. “Mi dica una cosa: lei in che rapporti è con il professor O’Connor?”
Il ragazzo si sorprese della domanda poiché non ne capiva il nesso logico con quanto accaduto. “Ho normali rapporti come devono essere fra insegnante e studente. Posso affermare che è un eccellente musicista, sa farsi apprezzare e trasmette tutto l’amore che ha per la musica, invogliando ad impegnarti per fare sempre meglio.”
“D’accordo. E fuori dallo studio?”
Scosse la testa. “L’ho visto qualche volta in caffetteria, ma sempre in compagnia di altri insegnanti. Non ho mai avuto nient’altro a che fare con lui fuori dalle lezioni.”
“Grazie.” La donna guardò Cowen facendogli capire che poteva bastare, l’uomo invitò Ethan ad uscire e fece entrare Sophie.
La ragazza appariva visibilmente scossa, aveva gli occhi rossi di pianto e ad ogni minimo rumore sobbalzava guardandosi a destra e a manca. Anche a lei fu chiesto di raccontare cosa era accaduto e, nonostante le varie interruzioni dovute ai singhiozzi, riferì i fatti esattamente come aveva fatto Ethan poco prima.
“Il suo racconto coincide perfettamente con quello che ci ha riferito il signor Foster. Tuttavia lei mi sembra più turbata, signorina Jackson.” La Stanford aveva notato la cosa. “Può dirmi perché?”
Sophie si girò a guardarla. “Perché?! Lei come si sentirebbe se una persona con cui sta studiando musica all’improvviso viene sbattuta al muro da qualcosa che non si vede e non si sente?!” Tratteneva a stento le lacrime.
“Lei tiene particolarmente al professor O’Connor?”
“Lo conosco da più di un anno, ha accompagnato me e Charlotte qui in accademia ed è uno degli insegnanti di musica migliori che abbia mai incontrato. E’ naturale che la cosa mi abbia colpita, tutti i suoi studenti lo sarebbero.” Pareva quasi offesa.
“Ho capito.” Si alzò in piedi. “Bene signorina, la ringrazio. Se il direttore non ha altre cose da chiederle, per me può andare.”
Attese il consenso dell’uomo e si avvicinò alla porta. La Stanford e Cowen non distolsero gli occhi dalla sua figura fino a che non uscì definitivamente dalla stanza.
 
 
 









 
Buon pomeriggio!
Questa volta sono stata brava, vero? Mi sono messa d’impegno e sono riuscita a regalarvi un nuovo capitolo ne giro di una settimana. Il prossimo non garantisco la stessa rapidità, staremo a vedere. Intanto GRAZIE di tutto cuore per il vostro meraviglioso sostegno.
Qui spero di aver messo carne al fuoco sufficiente per farvi aumentare ancora la curiosità: i ragazzi oramai hanno le prove della presenza di Mathilde, ma ignorano ancora l’altro spirito, spirito di cui il direttore e la Stanford sanno molto bene.
Qualcuno aveva sentito parlare del fenomeno chiamato Poltergeist?
 
Non mi dilungo oltre, auguro ad ognuno di VOI di trascorrere una buona Pasqua ed una serena Pasquetta, anche se quest’anno sarà diversa da come siamo abituati. Coraggio, so che è dura, ma la fine del tunnel si sta avvicinando! Restiamo a casa, non vanifichiamo quanto fatto sino ad oggi e non vanifichiamo il sacrificio di medici ed infermieri!



Un abbraccio

La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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