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Autore: betelgevse    11/04/2020    0 recensioni
[Hiromido/TatsuMido | lievi accenni ad altre coppie]
"Una credenza medievale vuole che alla figura femminile siano associati il male, il peccato, la seduzione lussuriosa, l’incarnazione del demonio tentatore. E gli uomini di allora si sbagliavano, si sbagliavano eccome: il diavolo non era una ragazza leggiadra, una di quelle fanciulle che ispiravano i poeti stilnovistici, e nemmeno una donna voluttuosa, dedita alla frequentazione dei postriboli.
Il demonio era un uomo sui vent’anni con la pelle ambrata, i capelli raccolti, una miriade di lentiggini e gli occhi che riflettevano l’infinito cosmico e tutta la volta celeste. Se gli antichi avessero conosciuto Midorikawa Ryuuji, probabilmente avrebbero descritto Lucifero come una creatura che suonava l’organo di notte seguendo gli spartiti di Mozart, che leggeva solamente opere di autori classici e che alzava il mignolo quando beveva: un’immagine ben distante dall’essere immondo e bruto, simbolo di pura stoltezza e perdita della ragione, a cui veniva associato."
[pubblicata anche su Wattpad sotto il medesimo username]
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Isabelle/Reina, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Dopo cena, Masaki ha insistito per restare sveglio ancora un po' a guardare qualche cartone animato e l'ho accontentato. Mi dispiace non potergli far compagnia: era evidente che ci fosse rimasto male non appena gli ho detto che dovevo finire di lavorare, ma purtroppo devo dare priorità alle scartoffie sulla mia scrivania. Ora come ora, i minuti che trascorro nel mio ufficio paiono quasi eterni tanto da far valere un quarto d'ora come il suo quadruplo.
Avendo perso molte diottrie a causa della mia miopia, percepisco un accenno di emicrania ogni qual volta mi si incrocino gli occhi durante la lettura. Giusto per esplicitare l'ovvio: non accade così di rado.
Sono abbastanza sicuro -per non dire "quasi totalmente certo"- di aver letto tutti i fogli e di aver compreso il contenuto di meno di un decimo dei documenti. Stando a ciò che ho capito, per quanto scarno sia, ci sono diverse richieste di lavoro che dovrei curare personalmente domani insieme ai relativi colloqui. Prendo in mano uno degli ultimi fogli sparsi distrattamente sulla scrivania, sistemandomi gli occhiali sul ponte del naso mentre leggo con palese svogliatezza un paio di righe. Apparentemente domani si terrà il concorso per la posizione di segretario specializzato, nonché mio assistente. Fantastico, fremo di gioia al solo pensiero.
Magari Suzuno avrà la sua occasione dopo tutto questo tempo ed uscirà dallo sgabuzzino in cui lavora attualmente. Riflettendoci sopra, averlo come assistente non sarebbe un peccato: la principale qualità ricercata nei colloqui per questa posizione non né l'organizzazione, né la diplomazia come molti pensano, bensì il talento nella contabilità. Stando a quanto mi riferisce spesso Nagumo nei suoi resoconti e nelle chiacchiere alla macchinetta del caffè, Suzuno è dotato di abilità di calcolo eccezionali e gli rifilano tutti i conti per questo motivo. Un po' mi dispiace per lui, ma non nego di aver fatto lo stesso con Reina quando ancora lavorava con me. In ogni caso, devo apprestarmi a contattare un paio di rappresentanti di reparto per poter chiedere un aiuto nella supervisione della prova scritta: non credo assolutamente di poter seguire un candidato mentre fa dei calcoli a voce, nemmeno con tutta la buona volontà che ho in corpo.
Sento un suono fragile e delicato di nocche contro il legno della porta, e a quel punto mi alzo: probabilmente sarà Masaki che ha bisogno di qualcosa. Mio figlio è in piedi sull'uscio della porta e mi guarda dal basso con un'espressione stanca mentre tiene stretto un peluche con le braccia.
"Andiamo a nanna?", mi chiede con la voce impastata dal sonno mentre attende una mia risposta. Si volta poi verso l'orologio da muro presente nell'anticamera, indicandolo con un gesto debole della mano, "Sono le dieci, è tardi".
È struggente pensare che sia rimasto sveglio un'ora in più rispetto al solito per aspettare che avessi finito di lavorare. Sono grato al fatto che mi sia venuto a chiamare siccome, conoscendomi, sarei stato in grado di continuare a leggere fino all’alba. Così facendo, lui non dovrà restare sveglio e nemmeno io: due piccioni con una fava.
"Hai ragione, è tardi", annuisco con un sorriso mentre mi tolgo di occhiali, massaggiandomi le palpebre. Sento le vene sottili pulsare sotto la pelle per via dello sforzo e vengo travolto da un rapido senso di intorpidimento e sonnolenza non appena inizio ad esercitare una lieve pressione con le falangi distali. Meglio che vada anche io.
La pioggia fortunatamente non è peggiorata, anzi, scende pacata senza nemmeno fare troppo rumore: è quasi di compagnia. Seguo Masaki nella sua stanza in fondo al corridoio, guardandolo sgattaiolare rapidamente sotto alle coperte ancora in ordine mentre attende che io prenda un libro da leggergli.
“Che libro vuoi oggi?”, gli chiedo tranquillamente mentre sistemo un paio di quaderni sulla sua scrivania. Tale padre, tale figlio, no?
“Voglio uno di quelli nella tua camera”, mi dice con noncuranza mentre guarda la pioggia cadere sul panorama urbano: è un bene che non abbia le vertigini siccome molte pareti del nostro appartamento sono in vetro e viviamo all’ultimo piano di un grattacielo dall'altezza non indifferente.
"Masaki, quei libri non sono fatti per aiutare a dormire, semmai il contrario", faccio notare a mio figlio con una piccola risata, recuperando un libro di fiabe dal suo scaffale per poi andare a sedermi vicino a lui sul letto.
"E perché? Dopo come fai ad addormentarti?", domanda con evidente curiosità mentre resta voltato verso di me, scrutandomi con le sue iridi ambrate in attesa di una risposta. Non so come dirgli che, in realtà, non dormirei per nulla se non vi fossero quelle due o tre orette di puro crollo verso l'alba. Scommetto che, se glielo rivelassi, probabilmente resterebbe sveglio per vedere a che ore vado a dormire per poi chiedermi se può fare altrettanto perché, a detta sua, oramai è grande.
“Tranquillo, papà dorme comunque”, lo rassicuro accarezzandogli gentilmente i capelli, spostandogli un paio di ciocche dal viso per poi aprire il libro. Diverse parole scorrono sotto ai miei occhi mentre leggo con voce flebile per non disturbare Masaki, che nel frattempo si è messo comodo con qualche peluche tra le braccia. La mia mente divaga, parla per sé, non segue ciò che è scritto sulle pagine che, oramai, pronuncio quasi in maniera automatica senza visualizzarle davvero. Sento la testa leggera e la vista farsi debole da un occhio, come se si fosse appannato, e all’improvviso le lenti diventano un vincolo insostenibile.
“Papà”, biascica Masaki con la voce impastata dal sonno, tenendo a malapena sollevate le palpebre pesanti mentre mi indica il viso con un gesto debole, “L’occhio, ti sta succedendo di nuovo”.
Porto quindi una mano a levarmi gli occhiali e l’altra a coprirmi l’occhio sinistro, dedicando al bambino un sorriso gentile, “Grazie per avermi avvisato. Sarà meglio che vada a dormire anche io”.
Piegati gli occhiali ed inseriti nella tasca della camicia, mi alzo dal letto per mettere via il libro interrotto a metà e, subito dopo, congedarmi.
“Dormi con me?”, mi chiama un’altra volta, voltandosi verso di me prima che io possa uscire dalla porta.
Annuendo alle sue parole, mi ritiro per cambiarmi nella mia stanza e ne approfitto per ordinare un paio di documenti in una busta. Mentre inserisco la cartella nella mia valigetta, un plico di fogli scivola dalla scrivania e, secondo i dettami della fortuna del caso, si riversa a terra. Mi piego per raccoglierli e noto solo in quel momento che si tratta delle domande di ammissione esterne. Scorgo un paio di nomi sui fogli, ma non riesco a metterli a fuoco senza occhiali.
Senza darci troppo peso, mi dirigo nuovamente verso la stanza di Masaki e, finalmente, posso ritirarmi per dormire.

**•̩̩͙✩•̩̩͙*˚  ˚*•̩̩͙✩•̩̩͙*˚*

Essendo il primo giorno di giugno, Masaki avrà più tempo libero del solito e si preoccuperà di meno della scuola. E questo è un ovvio problema, anche se si tratta di una settimana.
L’inizio del mese è stato inaugurato con un gradevole calcio nello stomaco che mi ha fatto cadere dal letto e, a giudicare dalle risate in sottofondo, Masaki deve essersi divertito fin troppo. Dopo colazione, ha iniziato a correre per casa dicendo che non aveva intenzione di cambiarsi, tanto meno di andare a scuola, e ho dovuto sollevarlo di peso per chiuderlo in bagno a lavarsi. Ora come ora, lo sto salutando dal cancello dell’istituto e sento delle fitte alla milza che vanno e vengono a loro piacimento. Fortunatamente ha incontrato un paio dei suoi amici e non è più imbronciato come prima.
Sento il telefono squillare mentre scendo nel parcheggio della mia azienda e, vedendo il nome di Reina sul contatto, alzo gli occhi al cielo: nel momento meno opportuno, come al solito.
“Pronto?”, rispondo con fare retorico mentre mi appresto a raggiungere l’ascensore, salutando un paio di impiegati che incrocio all’ingresso.
“Ciao Hiroto”, mi saluta fiaccamente, utilizzando il suo iconico tono piatto ed inespressivo, “Ti ricordi che tra un mese verrò a trovarvi, giusto?”.
“Sì, perché me lo chiedi?”, le domando incerto nel sentirmi porgere questo interrogativo: non mi sono mai dimenticato della data in cui si recava da noi, specialmente perché il suo arrivo cadeva sempre nello stesso giorno ogni anno. Non mi sembra di essermene scordato la scorsa volta e non credo nemmeno di aver combinato qualche guaio, per cui non capisco davvero dove voglia arrivare.
“Al momento stai frequentando qualcuno?”.
...cosa?
Resto in silenzio dopo aver udito con le mie medesime orecchie una delle tante frasi che non mi sarei mai aspettato di sentire da lei. Da quando abbiamo divorziato, non ha mai prestato troppa attenzione alla mia vita -era già tanto che mi chiedesse un “Come stai?” di cortesia- e si concentrava unicamente su Masaki. Non riesco a capacitarmi che mi abbia chiesto qualcosa del genere e spero vivamente non voglia propormi di tornare insieme in caso le rispondessi negativamente. Certo, nemmeno io so molto della sua vita privata siccome è restia nel chiedere e nel rispondere quando si tratta di questi argomenti, ma mi auguro in ogni caso che vada tutto bene tra lei ed il suo compagno.
“Hiroto? Perché non rispondi? Sei ancora qui?”, sento nuovamente la sua voce dopo qualche minuto di suono statico e silenzio, accorgendomi finalmente che magari ci stavo mettendo troppo a darle risposta.
“Sì, scusami, dovevo rispondere ad una chiamata in centralino. Comunque perché mi hai fatto una domanda del genere? Se devo essere sincero, non me l’aspettavo da te”, vuoto il sacco dopo averci riflettuto sopra per un altro paio di secondi e, onestamente, non so davvero cosa aspettarmi in risposta.
“Allora ti spiacerebbe se una mia amica venisse con me? Vorrei fartela conoscere”.
Ringrazio i cieli e l’ipotetica divinità che vi vive per aver incontrato Nagumo che, tenendo tra le braccia più risme da stampante, doveva recarsi agli uffici degli ultimi piani. Apparentemente intuisce chi sia la mia interlocutrice dall’espressione che ho mentre le parlo e, con voce seccata, mi richiama con un “Ma stai lavorando o sei al bar?!” abbastanza intenso per permettere a Reina di sentirlo in sottofondo.
“Scusami Reina, ti chiamerò più tardi, ora devo davvero scappare”, concludo brevemente, sentendola esitare per poi salutarmi e riattaccare.
“Grazie, Nagumo”, sospiro mentre metto via il telefono, massaggiandomi il setto nasale poco dopo e sollevando gli occhiali.
“Non pensavo ti chiamasse ancora”, mi confida mentre le porte dell’ascensore si aprono, ed entrambi scendiamo al penultimo piano. Farò le scale per arrivare al mio ufficio, ma un paio di rampe non mi farà male.
“Nemmeno io, specialmente per una sciocchezza come questa”, gli rispondo scuotendo la testa e sistemandomi il nasello degli occhiali con un gesto sciolto della mano.
“Bah, tu non sbatterci la testa sopra. Ci sentiamo dopo in pausa”, mi saluta una volta arrivato davanti al suo ufficio per poi sparire dentro di questo.
Nel tempo che mi rimane prima di indire l’esame scritto, ne approfitto per chiedermi quanto l’amica di Reina e Reina stessa siano disperate per venire a chiedermi una cosa del genere. Non credo di aver mai sentito di ex-coniugi con un rapporto simile a quello condiviso da me e lei che si chiamano per organizzare un appuntamento con i loro amici.
Dopo la rottura con lei non ho più frequentato nessuno: sia chiaro, non sono una di quelle persone che ragionano come i pinguini, ovvero “un solo partner per tutta la vita”, ma ho preferito dedicarmi interamente a Masaki ed al mio lavoro siccome devo sostenere entrambi da solo, senza contare le spese delle bollette. Ammetto umilmente che l’idea di comprare un’Audi R8 V10 sia stata in parte mia, ma Reina si è rifiutata di portarsela dietro, per cui c’è anche la tassa di lusso da pagare. L’unica cosa che mi auguro è che l’assistente sia disposto a dividere parte del lavoro: del resto, le sue mansioni si limitano a conti che occupano bene o male la mattinata.
Con questi pensieri in testa, mi reco all’aula magna dopo aver annunciato dal microfono del mio ufficio che sarebbero iniziati a breve gli scritti.
 
 **•̩̩͙✩•̩̩͙*˚  ˚*•̩̩͙✩•̩̩͙*˚*

Ora come ora, mi trovo nella sala delle conferenze e sto correggendo le prove scritte insieme ad alcuni miei colleghi: la maggior parte di queste sono andate bene e molti dei risultati si avvicinano al punteggio massimo. Ho trovato anche la prova di Suzuno e, come previsto, per ora detiene il posto più alto in graduatoria con meno di cinque errori banali, probabilmente di distrazione.
“Kira”, mi chiama Nagumo dopo un po’, attirando la mia attenzione con uno schiocco di dita mentre tiene in mano il documento di una prova, “guarda un attimo questa”, e me lo porge.
Inizio a sfogliare le pagine con attenzione, controllando ogni singolo calcolo con meticolosità: non vi è un singolo errore, nemmeno una minima imprecisione. Oserei dire che, a parte la grafia, è identico al foglio delle correzioni.
“Allora qualcuno che ha raggiunto il massimo c’è”, constato con stupore mentre alzo gli occhi dai fogli privi di segni rossi e vedo Nagumo guardarmi con un sopracciglio alzato.
“È l’unica cosa che ti stupisce?”, mi chiede con un sopracciglio alzato, indicandomi di prendere l’ultima pagina, “Hai visto quanto ci ha messo?”.
Guardandolo confuso, prendo il foglio interessato e lo giro, capendo finalmente a cosa si riferisse.
“Trenta minuti”, leggo ad alta voce per poi guardare Nagumo che, puntualmente, mi risponde, “Vado a chiamarlo, se vuoi. Gli facciamo fare immediatamente il colloquio”.
Annuisco alla sua proposta e lo vedo prendere la prima pagina del documento, quella contenente tutte le credenziali del candidato, ed uscire.
Sono genuinamente stupito. Non mi aspettavo che qualcuno potesse compiere tutti questi calcoli in così poco tempo, senza contare che, stando a quanto appuntato vicino all’ora della consegna, non ha usato nemmeno una calcolatrice. Magari ha la sindrome del savant o, più probabile, possiede delle doti innate nell’ambito matematico. Dopo pochi minuti, Nagumo rientra nell’aula e mi fa cenno di seguirlo in corridoio.
“Gli ho telefonato e mi ha detto che sarà qui tra pochi minuti”, mi informa mentre andiamo a prendere qualcosa da bere, camminando per il piano oramai vuoto.
“Meglio così, almeno dopo possiamo prenderci una pausa”, oggi fortunatamente non mi si chiudono gli occhi in continuazione come al solito, anche se non ho preso nessun caffè a metà mattinata per poter seguire i colloqui e ridurre al minimo il tempo perso.
“A proposito, cosa ti stava dicendo la strega prima? Non ti ha mai chiamato una sola volta in quattro anni”, mi fa notare il mio collega una volta arrivati all’area bar del piano.
“Non saprei dirti nemmeno io, ma per una volta sembra essersi interessata alla mia vita a nome di un’amica”, rispondo tranquillo mentre Nagumo mi porge il mio caffè, al che lo ringrazio.
“Bah, fossi al tuo posto la manderei a quel paese: fai già tanto ospitando d’estate una persona che non ha mai ricambiato il favore e, per tutto questo tempo, non si è mai interessata di te o della tua vita, nemmeno per scambiare quattro chiacchiere”, so che Nagumo odia a morte Reina, anche prima che divorziassimo, ma comunque non posso non cogliere il lato veritiero delle sue parole.
“Penso che mi presenterò per cortesia, dopotutto è un’occasione più unica che rara: magari è la volta buona che mettiamo in chiaro le cose”, scrollo leggermente le spalle per poi bere, notando Nagumo alzare gli occhi al cielo.
“Cambiamo argomento. Non ho visto i candidati durante lo scritto perché mi stavo occupando dei colloqui, ma tu li hai supervisionati, giusto?”, chiedo al mio sottoposto con un accenno di curiosità nella voce, ricevendo in risposta un cenno positivo del capo.
“Il candidato che ha ottenuto il punteggio più alto com’era? Puoi darmi un indizio? Magari un segno particolare o qualcosa del genere”, non ho letto il nome sui documenti per mantenere la sorpresa fino al colloquio e, in parte, perché mi sono proprio dimenticato di controllarlo, ma vorrei avere una traccia con cui immaginarmelo.
“Un segno particolare, dici? Uhm...”, lo vedo riflettervi sopra per un po’, schioccando le dita non appena trova risposta, “Quando stavo girando tra i banchi all’inizio della prova, si è girato verso di me pensando che dovessi chiedergli qualcosa e ho notato che aveva gli occhi completamente ne-”.
“Allora non mi sbagliavo quando ho detto di aver già sentito il cognome Kira da qualche parte”.
Non credo di poter confondere la voce che sento e, puntualmente, mi volto.
“Buongiorno, Kira”, mi saluta cordialmente Midorikawa, al che faccio altrettanto. Al commento di Midorikawa, Nagumo pare confuso: probabilmente non se lo aspettava.
“Mh? Vi conoscete?”, domanda Nagumo mentre alterna lo sguardo tra me e lui, attendendo risposta da una delle due parti.
“Diciamo di sì”, annuisco alle sue parole, rivolgendomi poi al diretto interessato, “Allora, pronto per il colloquio?”.

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Angolino della stella cadente(?):
Un altro capitolo è andato, yee.
L’ho scritto un po’ di getto, per cui non ho prestato particolare attenzione a tipo,, nulla, ma prometto che farò una revisione minuziosa per assicurarmi che non ci siano errori - grammaticalmente e tramalmente(?) parlando.
Tra poco dovrei finire altre illustrazioni (se i miei compiti me lo permettono), per cui se può piacere come idea potrei aggiungerne una per capitolo.
Premetto che i miei disegni (tipo quello in copertina) vanno da bozze dei personaggi a scene vere e proprie, tipo fumetto, per cui devo cercare di stare attenta con quest’ultime per evitare spoiler.
Detto questo, ci vediamo nel prossimo capitolo ミ✩
 
   
 
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