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Autore: Angels4ever    11/04/2020    4 recensioni
“Storia partecipante al contest “Prof. Lei com’era da giovane?” indetto da Marika Ciarrocchi/AngelCruelty sul forum di EFP”
DAL TESTO:
«Ma che diavolo ci trovate tutti nelle rosse?» Sirius comparse alle sue spalle facendolo sussultare.
Aveva la bocca sporca di cioccolato, come un bambino. O come un cane pestifero. Un cucciolo ammaestrato male.
«Ammiratrici.» spiegò malizioso, mostrato gli involucri delle cioccorane: di certo nessuna di loro era riuscita a scappare.
Remus alzò gli occhi al cielo, esasperato. Non sarebbe cambiato mai.
«Sai… dovresti darle il regalo di San Valentino che hai nascosto sotto al mantello. E di cui pensi io non mi sia accorto! Il mio romanticone!»
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene McKinnon, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Mostro non il tuo viso, ma le tue brame

 
 
 
Era lì già da cinque ore, a guardarsi intorno con la consapevolezza che nulla fosse mutato.
Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che aveva messo piede nel castello, lo sfavillio e la ricchezza abbagliante erano sempre gli stessi.
Il quadro del vecchio Sir Cadogan era ancora posizionato al settimo piano, esattamente dove lo ricordava. A primo acchito nessuna differenza sembrò coglierlo.
Il lupo era tornato a correre al chiaro di luna nei prati di casa, dopo anni di lontananza.
Ma poteva ancora considerare Hogwarts casa sua?
Camminava nei meandri della scuola, nel cuore della notte, ed ogni cosa gli ricordava il suo passato, quando era uno studente giovane e con meno cicatrici.
Quando aveva degli amici.
Peter Minus, il piccolo Peter. Morto per mano di un amico.
James e Lily Potter. Traditi da un amico.
Sirius Black. Fuggito da Azkaban.
Dio Sirius. Perché?
E poi lei… il cui nome non riusciva nemmeno a pronunciare, né ad alta voce né nella sua testa.
Si prese il capo tra le mani, con i ricordi che riaffioravano prepotenti come se fosse stato appena gettato in un pensatoio pieno dei suoi fili argentati.
Forse accettare quel lavoro non era stata una buona idea.
Credeva di essere forte abbastanza da poter sopportare, ma si sbagliava.
Erano i suoi amici a renderlo forte, era lei a renderlo forte.
E ormai era rimasto solo.
Lui e l’animale al suo interno.
 
14 Febbraio 1976:
 
Remus si sentiva quasi un maniaco a fissarla di nascosto.
A lezione era perennemente distratto. Cercava ogni scusa per parlarle.
Si sentiva un po’ come James, con le sue assurde scenate davanti a Lily Evans. Ma lui non era James: non piaceva alle ragazze. Non aveva la sua spiccata personalità, la sua spavalderia.
Lui era solo uno studente brillante, a cui piaceva una studentessa altrettanto brillante.
Solo fissandola, aveva imparato su di lei molte più cose di chiunque altro.
Sapeva che adorava “Cura delle creature magiche”, ed impazziva per qualsiasi strano animale. Le piaceva star da sola, anche se non denigrava la compagnia di Lily Evans e Dorcas Meadowes.
Al sole, il suo viso si riempiva di piccole ed incantevoli lentiggini dorate.
Tagliava i capelli non appena superavano di poco le spalle.
E avrebbe potuto continuare all’infinito con le cose che aveva scoperto su Marlene Mckinnon semplicemente guardandola ogni tanto.
«Ma che diavolo ci trovate tutti nelle rosse?» Sirius comparse alle sue spalle facendolo sussultare.
Aveva la bocca sporca di cioccolato, come un bambino. O come un cane pestifero. Un cucciolo ammaestrato male.
«Ammiratrici.» spiegò malizioso, mostrato gli involucri delle cioccorane: di certo nessuna di loro era riuscita a scappare.
Remus alzò gli occhi al cielo, esasperato. Non sarebbe cambiato mai.
«Sai… dovresti darle il regalo di San Valentino che hai nascosto sotto al mantello. E di cui pensi io non mi sia accorto! Il mio romanticone!»
Idiota di un cane pulcioso.
«Oggi sei più rompiscatole del solito. Dov’è Ramoso? Non puoi andare a dar fastidio anche a lui?»
«Sfortunatamente sta perdendo il suo tempo con un’altra rossa dai capelli più lunghi.»
Remus sorrise intenerito nel guardare il naso arricciato dell’amico in un’espressione disgustata, un’espressione molto simile a quella di Moccio… di Piton.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma Lily Evans piaceva anche a lui. Era la ragazza giusta per James, lo sapevano entrambi.
Tornò a fissare Marlene, stringendo più forte la piccola scatola che aveva con sé.
Era ai piedi di un enorme albero a fare i due rotoli di pergamena assegnati da Vitious, serena, incurante del fatto che fosse il quattordici febbraio, e che tirasse un’aria fredda.
Sirius gli tirò uno spintone da dietro, facendolo barcollare.
Più avanzava e più si sentiva le gambe pesanti.
Si schiarì la gola quando fu a dieci centimetri da lei.
Marlene alzò la testa stralunata.
Lasciò cadere la piuma con cui stava scrivendo; una folata di vento la trascinò lontana.
Si alzò di scatto, facendo rovesciare la boccetta d’inchiostro sul terreno: una macchia scura si espanse sul verde prato.
Risero imbarazzati.
Due ragazzi normali. Due ragazzi che si piacevano ma con poca esperienza.
Due ragazzi che avrebbero voluto dirsi tante cose senza saper da che parte iniziare.
“Avanti Remus… sii un po’ come James.”
Ripensò all’anno precedente, quando in riva al lago Ramoso invitò Lily ad uscire.
«Esci con me, Evans. Esci con me e non alzerò più la bacchetta su Mocciosus.»
No. James non era da prendere ad esempio.
Forse poteva ammaliarla con la malizia e la sfrontatezza di Felpato.
No. Sirius aveva il vizio di farsele tutte. Ancora peggio.
Quando però Marlene incurvò le labbra in un sorriso incerto, le guance leggermente arrossate, in perfetto pendant con i capelli, capì che non aveva bisogno di essere qualcun altro.
Remus Lupin era più che sufficiente.
«Ti ho preso una cosa!» borbottò «Ho evitato il cioccolato perché so che sei allergica. Così ho pensato a qualcosa che fosse più duraturo.»
Tirò fuori la scatola in legno, finemente intagliata, con dei piccoli fori in cima.
«Non è un diamante, vero?»
“Pur volendo, non posso permettermelo”.
Marlene non aspettò risposta. Non si aspettava un regalo. Non si aspettava niente.
Ma quando aprì la scatola sgranò gli occhi marroni fin quasi a farli uscir fuori: al suo interno c’era una Puffskein grande come un boccino, color crema.
«Oddio…ne ho sempre desiderato una!»
Afferrò la piccola creatura pelosa con entrambe le mani, ed ella si lasciò prendere senza opporre la minima resistenza: aveva un’aria bonaria e leggermente insonnolita. Probabilmente aveva dormito per tutto il tempo.
«Attenta perché…»
«…mangia qualsiasi cosa che abbia a portata di lingua! Si lo so!» terminò lei.
Aveva ancora stretta tra le mani la Puffskein quando gli scoccò un bacio freddo sulle labbra, lasciando entrambi basiti.
Il primo bacio. Inaspettato e veloce. Come se fosse un’abitudine da ripetere ogni giorno, al risveglio e prima di andare a dormire.
Qualcosa fatto altre mille volte, in un’altra vita forse.
 
Remus sorrise ricordando quel momento.
Ricordando come Marlene avesse le labbra screpolate, gelide per il freddo invernale.
Eppure, in quel mezzo secondo in cui si unirono, un calore immenso l’avvolse per tutto il corpo.
Che buffo ossimoro.
Poi arrivò luglio del millenovecento ottantuno, e la sua giovane vita fu brutalmente stroncata da Lord Voldemort insieme a tutta la sua famiglia.
Senza rendersene conto, perso nel rimuginio di una vita passata, si ritrovò al settimo piano. Lo riconobbe dall’arazzo di “Barnaba il babbeo bastonato dai Troll” e per poco non scoppiò a ridere.
Chissà se il giovane Harry, così simile a James, così simile a Lily… aveva già scoperto cosa c’era lassù.
La meraviglia delle meraviglie. Il segreto dei segreti.
“Ti prego… dammi qualcosa, qualsiasi cosa con cui rivederla. Anche solo per cinque minuti.”
Passò davanti all’arazzo di Barnaba per tre volte, come aveva fatto da studente con i suoi amici per scappare da Gazza.
Alla parete di fronte, precedentemente vuota, comparve una porta che due secondi prima non esisteva.
Forse c’era speranza.
Forse la Stanza delle Necessità, la stanza capace di esaudire qualsiasi desiderio, poteva esaudire anche il suo.
Entrò con il cuore martellante in petto, la bacchetta stretta in pugno, ma ciò che vide lo deluse.
La stanza era deserta, tranne per un enorme specchio. In cima ad esso brillavano delle lettere impolverate e quasi sbiadite.
“Emarb eutel amosi vout linon ortsom: mostro non il tuo viso, ma le tue brame”.
Remus si avvicinò.
Lo specchio delle Brame. La vera e pura illusione. L’illusione dei deboli.
Era questo che era in realtà? Un debole?
Vide Marlene. La vide bella e giovane come la ricordava, all’età di ventun anni.
Lo salutava. Gli sorrideva. Allungava una mano per cercare di raggiungerlo.
Lui cercava di fare altrettanto, ma era impossibile.
A dividerli non c’era solo uno specchio, c’erano anche la vita e la morte.
 
Tornò altre volte.
Non spesso, ma più di quanto sia auspicabile per un insegnante.
Ma è risaputo che ad Albus Silente non sfugge mai niente.
«Non dovresti essere qui, Remus.»
«Sono esattamente dove voglio essere.»
Le sue guance erano rigate di lacrime: sembrava più malato del solito, più stanco.
 Albus gli poggiò una mano sulla spalla, con enfasi.
Remus sembrò ridestarsi da un sogno.
«Ho dovuto nascondere lo specchio già una volta, perché uno studente rischiava di smarrirsi. Rimetterlo al suo posto è stato un errore.»
Harry.
Remus ne era sicuro. Come aveva potuto non pensare a lui? Andava protetto.
Lui così simile a James… e a Lily. La copia genetica perfetta.
«Non avresti mai dovuto tenerlo. Distruggilo, Albus.»
Remus uscì senza voltarsi. Non voleva vedere il sorriso innocente di Marlene, né lo sguardo impietosito di Silente.
La verità era che persino il vecchio preside, a volte, si perdeva nella dolce e debole illusione effimera.
 
 
 
31 luglio 1981
 
«Preferirei che tu non andassi.»
La fronte di Remus era poggiata contro quella della sua fidanzata, in un gesto implorante. Aveva un brutto presentimento.
Erano tempi bui, e preferiva saperla al sicuro piuttosto che in una casa babbana.
«Remus…devo assicurarmi che i miei genitori e mio fratello stiano bene.»
I suoi occhi erano un insieme di paura e coraggio, ma lei dopotutto era una vera grifondoro. Una grifondoro che oltre a non essere purosangue lavorava per l’Ordine della Fenice.
I Mangiamorte l’avrebbero uccisa subito.
«Ho paura, Marlene. Ho paura per te.»
«Anche io, Remus. Anche io ho paura per te.»
Gli lasciò un bacio dolce sulle labbra, delicato come un paio d’ali di farfalla, senza fretta.
«Salutami il piccolo Harry. Cercherò di arrivare per la torta.»
Le sorrise, inconsapevole del fatto che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto la donna che amava viva.  
 
 
Mentre si barricava nel suo studio, aspettando la luna piena, Remus malediva Sirius Black con tutte le sue forze: lui, che era stato uno dei suoi migliori amici, aveva distrutto la sua vita e quella del giovane Harry.
Era felice che girovagasse per il castello perché prima o poi, volente o nolente, le loro bacchette si sarebbero scontrate l’una contro l’altra.
 
 
 
Angolo Autrice:
 
Questa storia è stato un parto!
L’idea era nella mia testa, ma chissà perché le mie mani erano poco collaborative, così l’ho scritta di notte e le ho dato un’aggiustata di giorno.
Spero che possa piacere anche se elaborata in maniera più veloce di quanto desiderassi!
Questa è la mia versione di un Remus Lupin più giovane alternato al Remus che abbiamo conosciuto nel terzo libro!
A presto!
 
Giulia
  
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