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Autore: Tati Saetre    12/04/2020    15 recensioni
Ricordati che le i taxi a Londra sono neri, Bells. Non gialli. Neri. La raccomandazione di Charlie fa scattare una lampadina nel mio cervello, mentre porto una mano alla mia bocca.
Non ci posso credere.
Sono entrata in macchina di uno sconosciuto.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Secondo capitolo - Non c’è due senza tre


Bella


Che. Figura. Di. Merda.

Sono le uniche parole a cui riesco a pensare, mentre mi abbasso in tutta fretta per raccogliere i fogli sparsi sul pavimento. Li butto alla bell’é meglio dentro la cartellina, mentre sento il mio viso che va a fuoco.

Dio, risucchiami.

Dimmi che non ho fatto sul serio quello che ho appena fatto.

Mi ritiro su in tutta fretta, sotto lo sguardo divertito del signor McCarty e quello meno divertito di… Cullen.

Fa che sia un incubo e che mi risvegli da un momento all’altro. Quando uscirò dalla mia casa mi ricorderò che i Taxi sono neri. Neri. Neri. Neri.

“Isabella, ti lascio con Edward. Ero qui solo per conoscerti, ma sarà lui ad occuparsi di te.”

Cosa?!” Ed eccola qui, la seconda figura di merda più grande della mia vita. Io, Isabella Swan, che arpiono il braccio di McCarty come se ne valesse la mia vita. “No! No, no! Come sola con lui? Non ha delle domande da farmi? Non vuole sapere quello che c’è… qui?” Alzo la cartellina, puntandola proprio davanti ai suoi occhi. I miei invece lo supplicano di non lasciarmi da sola qui. Io non posso davvero credere a cosa sto facendo. Perché non ho un filtro tra la testa e la bocca? Perché sono sempre così? Eppure Charlie me lo dice sempre, sempre. Pensa prima di parlare. Pensa. Ma sembra che il mio cervello non ne voglia sapere di pensare oggi. McCarty mi guarda divertito, e so che potrebbe scoppiare a ridere da un momento all’altro. Aro l’ha definito un bambinone, ma credo che io gli abbia appena sfilato il posto da sotto il sedere. Con delicatezza toglie la mia mano dal suo braccio.

“Mi dispiace, ma ho del lavoro da sbrigare. E poi mi fido ciecamente di Edward.” Mi sta dando davvero delle spiegazioni? Gli faccio così pena? “Quindi non ti preoccupare, con lui sei in buone mani.” E’ l’ultima cosa che dice prima di uscire dall’ufficio. Ora, siamo completamente soli. Lui ancora seduto su quella poltrona, e io in piedi come una stupida.

Voragine, risucchiami ora. Ti prego.

“Accomodati.” Mi indica la sedia libera davanti alla scrivania, e faccio una fatica immane prima di arrivarci e sedermi. Non sono seduta dietro a lui, ma davanti. Noto più cose di quante ne avessi viste nello specchietto retrovisore: una mascella spigolosa e ben pronunciata, la sua pelle priva da ogni segno di barba, il naso lungo e longilineo e gli occhi… “più verdi del solito.”

“Più verdi?” Non posso averlo detto ad alta voce. Perché la voragine ancora non mi ha risucchiata? Respira, Bella. Respira. Gli hai soltanto detto che Aro è un viscido che si tromba la sua fidanzata. Cosa potrebbe andare peggio?

“N-no dico… gli occhi… dal vivo sembrano più verdi.”

“Dal vivo?”

“Lo specchietto falsava un po’ il colore.” Peggio di così, eh?

“Lo specchietto…” Sussurra lui, allisciandosi la barba inesistente. Mi sembra di intravedere un accenno di sorriso che spunta dalle sue labbra. Starà pensando che sono un caso perso, chiamerà Aro e mi faranno causa insieme. E lì sì, che neanche il fast food mi vorrà per il resto della mia vita.

“Posso?!” Allunga una mano nella mia direzione, indicando la cartellina che è ancora stretta tra le mie dita.

“Oh!” Passo lo sguardo da lui alla cartella, e mi rendo conto che i fogli non sono sistemati come prima. Sono un accozzaglia di documenti sparsi a caso. “Aspetti, li sistemo. Ecco, questo è il primo.” Glielo passo, mentre le mie mani frugano ancora. “Quello è il curriculum fatto subito dopo la mia laurea. Vede, ho seguito tutti i corsi e mi sono laureata con il massimo dei voti ad Harvard.” Mi allungo, puntando il dito su voto finale che è scritto sul foglio che ha in mano. “Questo invece è stato il mio primo caso pro bono.” Gli allungo anche il secondo. “La signora denunciava suo marito per stalking dopo il divorzio, vinto, ovviamente. Ecco qui il secondo,” spiego, passandogli tre fogli tutti insieme. “Stavolta il marito denuncia la moglie per molestie, vinto anche quello. In realtà non ci sono cause perse. Qui abbiamo la denuncia che ha fatto un dipendente al suo datore di lavoro, qui la ragazza appena diciottenne che voleva il mantenimento dai suoi, qui l’amante che parla con la moglie ed entrambe fanno causa al signore, qui…”

“Ferma.” Alzo la testa, notando ora i mille fogli sparsi sulla scrivania che prima era semi deserta e lui che mi fissa con un cipiglio incuriosito in volto.

“Lo sto facendo ancora, eh? Diarrea logorroica.” Mi ravvivo i capelli, sprofondando sulla sedia. Risucchiami tu, sedia. “Quelli che mi conoscono me lo dicono sempre. Bella, non stai un attimo zitta. E quando sei agitata dai il peggio del peggio.” Cerco di fare la mia stessa vocetta. “Ma credo che oggi abbia dato il peggio del peggio del peggio che più peggio non esiste. Quindi per me va bene, signor Cullen!” Annuncio, alzandomi e prendendo la borsetta che avevo posato per terra. “Me ne tornerò a casa. Ho dato il mio massimo oggi, per farmi odiare. Mi scuso immensamente. Le posso chiedere soltanto un favore? Può sorvolare su tutta quella storia del signor Volturi come viscido e via dicendo? Quello mi denuncia, e se mi denuncia perdo anche la mia ultima possibilità: il posto fisso al fast food di Forks. Sì, perché tornerò a Forks da mio padre. Non sarò neanche in grado di mantenermi una casa, ormai. Quindi sono d’accordo con lei, la saluto.”

“Isabella!”

“La logorrea sta continuando, eh?” Annuisce soltanto, afflitto. La sua giornata è appena iniziata, ma dalla sua espressione sembra che abbia lavorato dodici ore no stop.

“Siediti un attimo.” Ripete. Lo faccio, mentre lui sistema tutti i fogli e poi spinge un tasto sul telefono fisso.

“Sì?” Riconosco la voce della ragazza alla reception.

“Alice, puoi portarmi un caffè e…” Butta un’occhiata nella mia direzione. “E una tisana alla valeriana.”

“Tisana alla valeriana?” E’ molto sorpreso il tono di Alice.

“Per favore.” Ma non ribatte, e dopo dieci minuti entra nello studio con le bevande.

“Tutto bene?” Lo chiede al signor Cullen, che la manda via con un cenno della mano. Quando mi passa accanto mi fa un occhiolino.

“Questa è per te.” Mi passa la tazza fumante con una bustina di zucchero vicino. “Ora potresti berla in silenzio, mentre fai parlare me?” Annuisco piano. La bevanda mi riscalda, e il tremolio alle mani scompare.

“Quello che è successo stamattina ha un non so che di comico.” Annuncia, prima di prendere una sorsata dalla sua tazza. “La tua logorrea è stata molto… illuminante.” Mi blocca con la mano prima che possa aprire bocca. “Sapevo chi eri, eppure ti ho portata in ufficio. Quindi mi assumo il cinquanta per cento della colpa. Questo per dirti che sbrigherò le mie faccende da solo, senza metterti in mezzo. Non rischierai che Aro ti faccia causa, e nemmeno io te la farò. Diciamo che possiamo classificarle come confidenze a un qualsiasi tassista, no?” Annuisco silenziosamente. “Anche se… se tutte le tue corse sono così, poveri tassisti, non credi?” Sta davvero facendo una battuta? Evito di rispondergli. “Nemmeno io ti caccerò, non per un piccolo inconveniente che è successo per puro caso. Quindi, da oggi fai parte dello studio Cullen&McCarty. Ti lascio questa giornata per ambientarti, Alice ti farà vedere il tuo ufficio e tutto il resto. Da domani inizierà il vero lavoro. Affiancherai sia me che Emmett nelle cause più importanti, e da sola ti occuperai per ora di quelle pro bono. D’accordo?” Annuisco di nuovo.

“Davvero, grazie signor Cullen. Le chiedo di nuovo scusa.” Abbasso la testa, mortificata.

“Alice ti aspetta alla reception, il tuo ufficio non è lontano da qui. Puoi andare.” Prendo in fretta e furia tutte le mie cose, anche la cartellina che mi porge. “Ah, Isabella?” Mi chiama quando ormai sono arrivata alla porta.

“Sì?”

“Ti consiglio la metro per il ritorno.” E’ forse divertito il tono che ha appena usato?



Tornata a casa mi butto sul letto stravolta, ancora priva di parole per tutto quello che è successo durante la giornata. Non ho più visto Cullen e McCarty, Alice mi ha lasciata nel mio ufficio e mi ha dato dei documenti. Li ho studiati tutti dal primo all’ultimo, per non farmi trovare impreparata se domani dovessero chiedermi qualcosa. Alice mi ha lasciato anche un biglietto da visita con entrambi i loro numeri, e ora sto salvando quello di Cullen nel cellulare.

Per ogni evenienza, no? Alzo gli occhi al cielo, e decido di sfogarmi con qualcuno. Al terzo squillo James risponde.

“Pronto?!”

“Hey, splendore! Come procede la vita senza di me?”

Come?

“Non fare il timido. Lo so che ti stai deprimendo davanti a una ciotola di sashimi in salsa di soia!”

“Per il sashimi okay, la ciotola un po’ meno.”

“Hai già abbandonato le nostre ciotole abbinate? Non dirmi che Laurent ha preso la mia camera, James! Nemmeno una settimana che sono partita e mi fai fregare il posto in quel modo?”

“Il posto è tutto tuo…”

“Fantastico! Anche perché Laurent non aveva bisogno della mia camera, visto che occupa la tua da tempo. Quando intendete ufficializzare la cosa? Vuoi ancora fare il gay single? Ora non hai più una migliore amica con cui passare la tue serate, tesorino. Solo soletto avrai bisogno di un po’ di compagnia!”

“E la tua di compagnia?”

“Oh, Jimmiji! Sapessi che cazzo ho combinato oggi!”

“Raccontamelo.”

“Ma come sei serio. Che c’è, niente fava stasera?”

“Mh, solo sashimi. Io aspetto.”

“La figura di merda più epocale della mia vita. Più di quella con Jessica, ti ricordi? Quando ho visto suo figlio con quel signore, mi sono avvicinata e gli ho chiesto se voleva fare la foto insieme al nonno. E invece era Mike, il padre.” Una risata soffocata proviene dall’altra parte del telefono.

“Peggio di quella?”

“Mille volte peggio di quella. In confronto Mike mi avrebbe ringraziato per avergli detto che sembrava suo nonno. Insomma, hai presente i taxi?”

“Quelle scatolette nere?!”

Stronzo! Perché non me l’hai ricordato anche tu che erano neri? Dio, sono entrata in una macchina gialla, James. Gialla!

“Uno sconosciuto?”

“Magari, Dio! Altro che sconosciuto, il destino non mi vuole per niente bene. Sai di che malattia soffro, no?”

“Diarrea logorroica, come dimenticarlo.”

“Appunto! Entro e agitata inizio a raccontare a quello sconosciuto tutta la mia vita. Aro il viscido, Jessica, mio padre, mia madre, e poi Jane! Non ho tralasciato nulla, ho detto anche che Aro si tromba Jane!”

“Povero quell’uomo.”

“Povera me! Lo sai chi era, eh?”

“Una creatura mitologica?”

Edward Cullen. Cullen, della Cullen&McCarty. Quante probabilità c’erano che entrassi nella macchi di quel Cullen, eh? Dimmi che sono un’idiota, dimmelo!”

“Un po’ sbadata.”

“Sbadata? Diamine, Laurent deve proprio averti lasciato a secco. Perché non sei il solito te stesso?”

“Sto per finire il sashimi…”

“Oh, capisco.”

“Poi che è successo?”

“Che è successo? Che quando sono salita in ufficio volevo farmi risucchiare dal buco dell’ozono! Ma niente, credo che abbia fatto finta di non sapere tutte quelle cose su Jane e che sicuramente se la terrà così com’è. Zoccola. Oltre la beffa pure il danno, poi…”

“Perché?”

“Oh, Jimmiji! Se lo vedi, muori! Svieni! Perdi i sensi! E’ un figo della madonna. Hai presente un figo? Ecco, trenta volte più figo.”

“Descrivimelo.”

“Non vorrei farti venire un erezione in diretta telefonica.”

“E tu provaci.”

“Capelli ramati, che buttano sul rossiccio. Un corpo da urlo, roba che quella camicia gliela avrei strappata coi denti. Per non parlare dei denti e della sua bocca. Tutta da baciare, e anche da farci altro. Mi spieghi perché devo sempre passare per la sfigata di turno? E Jane si permette anche di scoparsi Aro? Vecchio e viscido vs David di Michelangelo? Cosa gli dice la testa, eh? E’ proprio vero, chi c’ha i denti non c’ha il pane e viceversa. Che vita infame!”

“Mh.”

“James? Che dici?”

“Pare… bello.”

“Bello? Che c’è, tutto d’un tratto sei diventato un etero medio? Il mio James direbbe tante altre cose sconce, bello è un insulto. E devo conviverci per il resto della… sì, va beh. Stavo per dire vita, ma magari vita. Quello adesso starà con una super modella a fare le giravolte cinesi.”

“Giravolte cinesi? Interessante…”

“Avrà pensato che sono una disadattata spedita da Seattle apposta, e non senza motivo. Sono una causa persa. Il mio principe azzurro non arriverà mai, che lo aspetto a fare?” Mi lagno, rigirandomi fra le coperte.

“Non dire così, Isabella.”

“…”

“Ci sei?”

“…”

“Pronto?!”

“…”

Isabella?

“Dimmi che sei James.”

“Mi dispiace deluderti. Ma comunque il sashimi lo sto mangiando davvero.”

“…”

“Ci sei?”

“Ho paura di staccare il cellulare dall’orecchio per vedere chi sei.”

“Penso che già ci sei arrivata, hai bisogno di altre conferme?”

“Okay, domani faccio le valige e parto per Seattle.”

“Non era a Forks con il lavoro al fast food?”

Dio…

“Edward va bene lo stesso.”

Merda…”

“Forse preferivo Dio.”

“Sotterrami.”

“Non lo farei mai. Cosa interessante invece le giravolte cinesi, no? Approfondisci l’argomento.”

Cazzo…

“Materia prima per quello, credo.”

“Io… scusa. Scusa. E di nuovo scusa. Ora attacco e mi vado ad impiccare.”

“Non correre così, suvvia. Non hai fatto niente per far sì che tu possa morire da un momento all’altro.”

“Hai la voce uguale a James.”

“L’avevo capito dopo i primi venti minuti.”

“Volevo chiamarlo dopo aver salvato il numero che mi ha dato Alice oggi, e…”

“Non hai saltato il mio nome.”

“Sto per suicidarmi.”

“Te l’ho detto, niente di grave.”

“Lo faccio tra cinque minuti.”

“No. Lo sai cosa potresti fare? Quella bella tisana alla valeriana, ti calma molto. Poi, ti fai un bel bagno caldo. Anche quello dovrebbe aiutare.” Il mio capo mi sta aiutando ad uscire dalla situazione più di merda della mia vita?

“Poi?”

“Poi una bella dormita, visto che domani ti aspetta una giornata molto lunga.”

“Edward?”

“Sì?”

“Scusa.”

“Ti scusi un po’ troppo, a parer mio.”

“Domani verrò a lavoro con una busta in faccia.” Dall’altra parte della cornetta sento una risata.

“Niente busta.”

“Niente busta… allora… scusa ancora. Sto per attaccare.”

“Ah, Isabella?”

“Sì?”

“Domani potresti trovare una macchina gialla sotto casa tua. Ti sbaglieresti a prendere di nuovo un taxi?”

“Potrei farlo…”

“Ottimo, allora. Buonanotte, pensa alle giravolte cinesi.” Butto la faccia contro il cuscino.

Buonanotte.”


Note finali:

Buongiorno e buona Pasqua ragazzi!

Con questo capitolo spero di alleviare questa giornata a chi la passerà da solo a causa pandemia, o a chi la passerà in compagnia. Vi mando un abbraccio grandissimo <3

   
 
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