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Autore: Anil    12/04/2020    5 recensioni
Cosa accadrebbe se Sana e Akito si incontrassero dopo anni sul set?
Con Akito nella veste di regista, tutto può succedere...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come mi aspettavo, la serata con Bred è stata bellissima. Mi ha portato a vedere Manhattan e poi in uno dei locali più belli dell’isola. Educato e gentile mi ha accompagnato proprio come un galantuomo, mi ha mostrato i posti più suggestivi e si è preso cura di me. Anche adesso che mi sta salutando nell’atrio dell’hotel non sento alcun imbarazzo o tensione. È limpido e semplice e, sì lo ammetto, mi piace.
Salgo nella mia stanza e prendo una boccata d’aria dal balcone, prima di cambiarmi e mettermi a letto. Anche se sono le 2.00 non ho affatto sonno. So che domani mattina mi pentirò di aver fatto ancora tardi… prima di rientrare il mio occhio cade su qualcosa di strano, non riesco a distinguere bene, ma quella sembra proprio la sagoma di qualcuno nel giardino.
Sembra essere svenuta. Aguzzo la vista, il volto non si vede perché il cappuccio è sollevato e copre parte del viso e non c’è molta luce.
Mi affretto a scendere per quanto questi tacchi me lo permettono.
Mi avvicino, Trank è seduto sull’erba, la schiena appoggiata ad un tronco e sembra dormire. Ma cosa diavolo ci fa nel giardino dell’hotel alle due di notte a dormire sull’erba? Non è da lui, lui è più da camera di lusso…forse si è sentito male…
“Signor Trank! Ehi signor Trank!” cerco di svegliarlo, ma sembra che non riesca a sentire la mia voce. Appoggio delicatamente una mano sulla sua spalla e lo scuoto un po’. Niente. Che davvero si sia sentito male? Appoggio la mano sulla fronte, è gelida. Cavolo! Forse dovrei sbrigarmi a chiamare qualcuno. Prima che dalla mia bocca possa uscire il grido di aiuto, succedono alcune cose molto in fretta: Trank apre gli occhi, mi spinge sull’erba fredda e incastra i miei polsi in una morsa di acciaio. Sono praticamente bloccata sotto il suo corpo. Lo ammetto, ho un po’ paura, il suo sguardo non sembra poi tanto lucido.
“Trank sta bene?”
In risposta la sua presa si fa più dura e sembra crollare, anzi senza sembra, crolla su di me schiacciandomi con tutto il suo peso. La sua bocca è vicino al mio orecchio. Non riesco a respirare bene e non credo sia solo per i 90 e passa Kg che premono sui miei 50. Hayama, Hayama-Trank è su di me.
“Trank, per favore, mi fa male”
La situazione è davvero pericolosa, e se ci vedesse qualcuno? E poi davvero il suo comportamento mi conferma che sta male.
Con tutta la forza che riesco a trovare libero il polso dalla sua mano. Inutile provare a spostarlo, pesa troppo. Gli do un pizzico sul fianco, molto forte. Stavolta sembra succedere qualcosa: Trank si alza sui gomiti e mette a fuoco il mio viso che, ahimè, si trova a pochi centimetri dal suo.
“Kurata?”
Ora sono diventata Kurata? Mai come adesso mi sembra di essere di fronte a Lui. Questi occhi, quelli smarriti di un bambino con la febbre che non ha una famiglia che lo ama, quegli occhi che si sono chiusi sul mio grembo mentre fingevo di essere sua madre…la mia mano si muove da sola. La osservo come in un sogno mentre si solleva e si posa sulla sua guancia e lo accarezza.
Non so perché, ma questo gesto sembra risvegliarlo. I suoi occhi riacquistano lucidità e nello stesso istante anche io riprendo il controllo di questa fottuta mano (le mani non dovrebbero avere una volontà propria, tsk!) e la tolgo.
Trank mi lascia andare e si solleva, mi offre una mano per aiutarmi a fare lo stesso. Lo lascio fare.
Cerco di togliere l’erba dal mio vestito, ma non sembra essere possibile. Le mie scarpe col tacco tra l’altro sono quasi del tutto piene di terra. Le tolgo e rimango a piedi nudi sul terreno gelido. Quando rialzo gli occhi dal mio breve riassettamento trovo Trank intento a fissarmi.
“Sta bene?”
Come sempre non risponde alla mia domanda
“cosa ci fai qui?” mi chiede invece
“l’ho vista dalla finestra, mi è sembrato non stesse bene” effettivamente il colorito non sembra dei migliori.
“alla finestra alle…” guarda l’orologio “due e mezza di notte?”
“se è per questo, lei passeggia in giardino alle due e mezza di notte!” sì è lucido, cretino di un Trank. Lo oltrepasso, il mio ruolo da crocerossina è finito.
“Aspetta!”
Mi fermo e mi giro verso di lui che sta guardando i miei piedi nudi.
Senza che gli chieda nulla, Trank mi si avvicina e passa una mano sotto le ginocchia e l’altra dietro la schiena sollevandomi di peso. No, questo non va affatto bene.
“C-cosa sta facendo?”
“Non posso rischiare che ti ammali”
“disse quello che dorme sull’erba…” non ho resistito…mi becco un’occhiataccia.
“Dovrebbe riguardarsi, prenda qualcosa perché secondo me ha la febbre”
“No, non ce l’ho”
“Scommettiamo?” la mia mano, questa volta con il mio consenso, scatta sulla sua fronte. “Visto? Lei scotta!” e questo spiega tutto l’assurdo che è accaduto poco fa e anche perché sono nel bel mezzo dell’atrio dell’hotel, alle due di notte in braccio al mio regista che somiglia fottutamente ad Hayama.
Trank continua a portarmi come se nulla fosse su per le scale, fin davanti alla porta della mia stanza. Mi mette giù. “G-Grazie signor Trank” in tutta risposta una sua mano scatta sulla parete dietro di me, proprio all'altezza del mio orecchio destro. Mi sento in trappola, ma perché poi questo gesto?
“non ti ho già detto di chiamarmi Herik?”
Cretino di un Trank, ma chi gli da il permesso di comportarsi così con me? Solo perché abbiamo la stessa età ed è il mio regista non può fare così!
“Io la chiamo come mi pare…Trank”
Si avvicina, per la terza volta nella serata, Trank-Hayama è a pochi centimetri dal mio volto. Questa sta diventando un’abitudine piuttosto fastidiosa…
Non mi risponde, fa un ghigno sbilenco e mi lascia finalmente la strada libera. Prima di girarsi per andare via però ci tiene a specificare una cosa:
“Niente ritardi domani Kurata”
Stupido, stupido Trank.
 
 
 
Inutile dire che non ho chiuso occhio stanotte, con immagini di Hayama vecchio e Trank nuovo che si mescolavano nella mia testa.
Ma perché diavolo questa sveglia non suona?
Guardo l’orologio. Porca vacca! sono le sette. Ho un’ora di ritardo, mi fiondo fuori dal letto e mi lavo in fretta. Quando raggiungo il set ho accumulato due ore di vergognoso ritardo. Spero Trank non se ne accorga…
“Scusatemi!” bisbiglio entrando nel set, ma i ragazzi del cast che incontro mi sorridono e nel contempo mi lanciarono sguardi strani come per avvertirmi di qualcosa.
Non riesco a capire, ci sarà qualcosa che non va sul mio viso?
Anche se ho fatto tardi non sono in scena fino alle 11.00. Mi lascio preparare dal costumista e dalla truccatrice che come gli altri mi sorridono rassicuranti alle mie scuse per il ritardo.
“Non ti preoccupare cara, succede con questi ritmi”
Sul set trovo Bred che mi stampa un bacio sulla guancia, è un po’ troppo informale per i miei gusti ma lascio correre. 1) perché ieri sera mi ha fatto passare una serata stupenda e 2) perché si sa che gli americani sono un po’ così… Diciamolo, Bred è davvero un ragazzo d’oro, anzi per usare i termini dei giornali è uno scapolo d’oro!
“sta attenta è incazzato!” mi sussurra
“Chi?!”
“Ai posti, giriamo l’atto primo” Maur ci richiama senza darmi il tempo di ascoltare la risposta di Bred, ma non ci vuole un pozzo di scienza per intuire chi sia quello a cui si riferisce.
Trank è incazzato, sai che novità!
Trank chiama il ciak da dietro la sua macchina da presa, non ho neanche modo di vederlo perché il set è molto buio. Fa ripetere le scene ai miei colleghi una decina di volte prima di alzarsi furibondo.
Vorrei che le 11.00 non arrivassero mai, o quanto meno che passassero in fretta!
Visto che devo aspettare torno nel mio camerino. Credevo di poter sonnecchiare una mezz'ora, ma come al solito (e non so davvero perché abbia preso questa cattiva abitudine) ad aspettarmi nel MIO camerino c’è Namako.
Mi lancia letteralmente nelle mani un giornale e con il dito mi indica la copertina
“Sana! Sei grandiosa, il regista no, ma anche Bred va più che bene!!”
Seguo il suo dito cercando di dare senso alle sue parole sconnesse, in prima pagina di una delle riviste più famose c’è un oblò che racchiude una foto mia e di Bred a Manhattan, evidentemente scattata ieri sera. La frase sotto recita: ‘un nuovo amore per lo scapolo d’oro di Hollywood?’
Lancio il giornale sul tavolo, è una vita che va avanti questa tragedia con i giornali, ormai non me ne curo più…pensassero quello che vogliono.
“Avanti Namako, i giornali scrivono cavolate lo sai. Qui né regista né attore” gli preciso indicando il mio cuore. È vero, lì non ci entra più nessuno da un bel pezzo…
“Non capisci Sana?”
“No, evidentemente no.”
Namako sbuffa come se dovesse rispiegare una cosa semplice ad uno scolaro disattento.
“l’importante è che si parli di te!”
È così contento che gli brillano gli occhi “scusami, ma devo fare qualche telefonata” e sono sicura sia per diffondere altre cretinate che come sempre mi causeranno fastidi inutili. Ah, che stress!
Il tempo nel camerino passa troppo in fretta, è già arrivata la mia ora…in tutti i sensi. Non mi va di incontrare faccia a faccia Trank, soprattutto dopo ieri sera.
 
-Set, 1 ora dopo-
Come avevo previsto, oggi Trank è un incubo. Dopo l’ennesimo stop si alza e viene verso di me.
“Sei sorda Kurata? Cos’è hai troppo sonno per degnarti di recitare decentemente? Tornatene pure a dormire allora!” mi urla.
Tutto lo staff si congela, nessuno muove un dito e non vola una mosca.
 
È sempre stato burbero, scontroso e un pochino sopra le righe. Ma mai mi ha urlato in questo modo davanti a tutti. È troppo, davvero troppo.
Sono indecisa se scusarmi o rispondere a tono. Opto per la prima soluzione solo perché so che il mio ritardo ha potuto infastidire tutto lo staff e perché questa volta davvero ho fatto ritardo. Anche se non mi pare che questo abbia a che fare con la mia performance. Mi sembrava fosse buona…
“Ho chiesto scusa, lo ripeto. Non succederà più.”
“Non me ne frega niente delle tue scuse. Te ne puoi pure andare e non tornare più.”
Sgrano gli occhi, forse ho capito male
“Prego?” chiedo sostenendo il suo sguardo
“Vattene” ripete Trank
“Non può mandarmi via, non glielo permetto” Non è giusto, non ho fatto nulla che giustifichi un simile comportamento. Le mie mani stanno tremando, non sta succedendo davvero…
“E invece lo sto facendo, sei licenziata. Non sei all’altezza di questo ruolo.”
Mi sento le gambe molli e gli angoli degli occhi cominciano pericolosamente a pizzicare. Ma riesco a rivolgere comunque un ultimo sguardo a quell’uomo sconosciuto, a quell’ombra del mio passato che si è divertita ancora una volta a torturarmi.
Giro sui tacchi e corro fuori senza aggiungere una parola o guardarmi indietro. Voglio solo mettere mille miglia fra noi…
 
 
 
 
 
 
 
 
“Signor Trank?” la segretaria mi tocca piano la spalla e sussulto come punto da un ago.
“Cosa vuoi?” le rispondo burbero degnandola di un’occhiata assassina, è visibilmente spaventata, non credo mi abbia mai visto così arrabbiato. Forse sono sempre un po’ sopra le righe, ma mai a questi livelli.
Ieri sera per un attimo nei fumi della febbre mi è sembrato di avere fra le braccia la mia Sana, ma tutto è sparito in fretta. Non solo è uscita con quel Bred, non solo è tornata alle due di notte, ma sui giornali ora sono anche una coppia.
La segretaria deglutisce prima di parlare con voce tremula:
“Lo staff vuole sapere come procedere e la produzione ha chiamato già dieci volte.”
“Dai a tutti la giornata libera, da domani giriamo le scene che non richiedono presenza femminile, intanto cerchiamo una sostituta.”
Forse devo aver esagerato, perché ho reagito così? Perché quel bacio sulla guancia datole da Bred all’inizio delle riprese mi ha fatto venire voglia di spaccare tutto?
“E i produttori?”
“Digli di andarsene a f…”
“Trank!” Bred irrompe nell’ufficio spalancando la porta e mandandola a sbattere contro il muro. La Segretaria sussulta e si stringe la cartellina al petto rintanandosi nell’angolo.
Bred entra a grosse falcate nella stanza avvicinandosi pericolosamente alla mia scrivania. Il pericolo sono io. Per lui.
“Non puoi mandarla via! Non a questo punto del film!” urla sbattendo le mani sul legno.
“Io faccio quello che mi pare” rispondo guardandolo in tralice, davvero quest’attoruccio crede di poter rivolgersi a me in quella maniera? Mi costringo a rimanere seduto, perché se mi avvicinassi troppo gli spaccherei quella faccia da demente che si ritrova.
Ci guardiamo in cagnesco per qualche istante, poi Bred si gira e esce dalla stanza mormorando “questo è pazzo.”
Sì sono davvero pazzo, deve essere così…non c’è altra spiegazione. Dannazione, ho mandato tutto a rotoli…
 
Oggi è un inferno lavorare, sono tutti abbattuti e rispondono a mezza bocca alle mie istruzioni o fanno addirittura finta di non sentire. Vedo persino alcuni lanciarmi qualche occhiataccia in maniera furtiva.
Si sente davvero la differenza senza di lei, e cosa mi aspettavo? È sempre stato così. È sempre mancato qualcosa quando Lei non c’è.
Alla fine delle riprese indìco una riunione per capire come procedere:
“John come siamo messi nella ricerca?”
“Abbiamo quattro attrici di là, le vuoi provare?”
“Si, falle venire al set. Faremo provare un piccolo pezzo.”
Tre delle attrici non hanno abbastanza verve per poter interpretare un ruolo così difficile, una può anche passare, Masata Kio, ma di certo non avrà l’impatto di lei…
Sana…chissà se è già partita. Forse adesso mi odia…senza il 'forse' è più plausibile.
“Va bene, signorina Masata si presenti domattina sul set.”
L’indomani le riprese sono ancora mediocri, Bred e Masata non hanno affinità, Masata è troppo svampita e non ricorda bene le battute così che rimaniamo bloccati tutta la giornata su un'unica scena. E l’umore dello staff peggiora ulteriormente.
 
Ore 15.00 di due giorni dopo. Mio studio.
“Signor Trank, la produzione…”
“Passameli”
La produzione si incavola di brutto perché dovranno pagare una grossa penale per licenziare Sana e non posso far altro che chiudere loro il telefono in faccia. Non me ne frega niente dei loro stupidi soldi, ne hanno a bizzeffe.
Ma mi preoccupano un poco gli sguardi del mio co-regista Maur che è appena entrato nell’ufficio.
“Cosa vuoi?” chiedo brusco.
“Herik, devi farla tornare” dice Maur non curandosi affatto del mio tono, si siede difronte a me, accavalla le gambe e incrocia le dita guardandomi con disapprovazione.
Maur mi ricorda Tsuyoshi, è buono e tollerante con me. Un'ottima spalla. Siamo diventati amici all’accademia e da allora abbiamo sempre lavorato insieme. È l’unico a conoscermi davvero in questo mondo di apparenza. A parte per il mio passato, quello nessuno lo conosce…
“No, non lo farò”
“allora lo farò io, la chiamo e…”
“Non ti ascolterà mai…”
“Come lo sai?”
Sospiro e mi volto verso la grossa finestra che affaccia sulla valle.
“Perché la conosco, se non glielo chiedo io, non tornerà.”
“Herik, tesoro. Io ti adoro lo sai, ma proprio non capisco perché te la sei presa tanto. Era perfetta in quella scena.”
“Lo so.”
“Lei è la migliore, il film non sarà…ehi un momento! Lo sai? E allora perché l’hai mandata via?”
Dalla vetrata vedo Maur inclinare la testa per scrutare il mio riflesso, sono sicuro che non gli sia sfuggita la smorfia di dolore sul mio viso di solito impassibile.
“Non lo so” dico infine, ma suona tremendamente come una bugia.
“Va bene, non dirmelo. Però falla tornare o il film verrà uno schifo.”
 
 
 
 
 
 
 
Vedo scorrere la città sotto i miei occhi, Namako al mio fianco si è chiuso in un ostinato silenzio. Non riesco a capire se sia più arrabbiato con me per aver perso il ruolo o più arrabbiato con sé stesso per non essere riuscito a recuperare.
Ad ogni modo è andata come è andata e non si può tornare indietro. Siamo tornati a Los Angeles per recuperare le nostre valige e cambiare hotel. Non ho avuto neanche il tempo né la voglia di salutare lo staff, no, neanche Bred. Ha provato a chiamarmi, ma ora non me la sento di rispondergli. Gli ho mandato un messaggio dicendogli che appena finirà il film ci vedremo. Non voglio sentirmi dire che Trank è pazzo o rassicurazioni di qualsiasi genere. Sono inutili. Sono out, questa è l’unica verità che conta. Senza scuse...
“Si, partiamo domani alle sei” sta dicendo Namako ora a telefono.
“Va bene. Salve.”
“Chi era?”
“La produzione, domani vado a prendere l’assegno di indennità.”
“Non lo voglio” gli dico con fermezza e Namako mi guarda come se fossi impazzita.
“Non voglio dei soldi se ho recitato da fare schifo. Non voglio dei soldi per un lavoro che non ho portato a termine.”
Namako apre la bocca, ma poi la richiude. Lo so, non è abituato a vedermi così. Ma sono decisa, è la prima volta che vengo criticata così duramente davanti a tutti. Non credevo di fare così schifo a recitare…evidentemente non sono abbastanza per Hollywood…non sono abbastanza per Trank.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Torno in Hotel e faccio le valigie. Il mio umore è davvero sotto i piedi, sto considerando di fare una luuuunga pausa, devo solo trovare il modo di dirlo a Namako.
Questa doveva essere la mia svolta, invece può essere la mia fine. Prendo l’ultimo trolley rimasto e mi avvio verso l’ascensore.
“Kurata?” mi fermo nel mezzo del corridoio, non ho affatto bisogno di girarmi per capire di chi sia questa voce. Non voglio vederlo, non voglio ascoltarlo…perché si è preso la briga di venire fin qui? Non ho nulla da condividere con lui. Non più.
Ricomincio a camminare, se raggiungo l’ascensore posso evitarlo.
“Sana per favore fermati.”
Mi fermo, cos’è ora tutta questa gentilezza? Senza sapere esattamente perché mi fa infuriare ancora di più quel tono. Come osa adesso parlarmi così? Dopo come mi ha trattato? Lascio il trolley e torno sui miei passi, raggiungo Tank e lo colpisco con un pugno sul petto, sono sicura di non avergli fatto nulla (la mia mano invece formicola), ma è il gesto che conta.
Lui non si muove né dice nulla.
“Non osi mai più chiamarmi per nome razza di imbecille patentato! Chi si crede di essere per parlarmi in quel modo? Lei è solo un grosso pezzo di …”
“Scusa” quello di Trank non è che un sussurro o forse l’ho solo immaginato…
“Come ha detto, scusi?”
Trank rotea gli occhi e incrocia le braccia sul petto “hai sentito benissimo”
“e invece non ho sentito” sporgo la testa verso di lui aspettando con le orecchie ben tese, una mano a coppa vicino all'orecchio destro come una parabola per captare i suoni.
“Ho detto scusa!” ripete
“Accetto le sue scuse” abbozzo un sorriso falso, scruto Trank per l’ultima volta prima di andarmene.
“Addio allora”
“Ehi dove vai?”
“Sto partendo, non vede?”
“Ma io sono venuto fin qui!”
“E io ho accettato le sue scuse, ora cosa vuole?” Trank serra le labbra contrariato dal mio tono brusco.
“Voglio che torni” mormora infine a mezza bocca. Non posso credere lo stia dicendo davvero. È venuto fin qui per farmi tornare?
“E perché dovrei se la mia recitazione fa così schifo?”
“Non è vero, non mi fa schifo.”
“Quindi recito bene?”
“Non sei male.”
Bene bene, se non sono male allora perché ha fatto tutta questa sceneggiata? Riavvolgo un poco di immagini nella mia testa e in tutta questa storia c’è una cosa che proprio non torna…
“Si spogli”
“Come scusa?”
Mi avvicino a lui, la camicia bianca copre quello che voglio vedere. Non posso lavorare bene se non so. Meglio togliersi il dubbio adesso.
“Ho detto ‘si spogli’”
Fa davvero strano vedere il suo viso arrossarsi…
Rimane immobile. E va bene…non fa opposizione mentre allungo le mie mani al primo bottone della sua camicia, mi tremano leggermente, ma continuo comunque a sbottonare.
Non sapevo di essere in grado di fare una cosa del genere. I nostri occhi si incrociano mentre sto facendo questa folle operazione nel bel mezzo del corridoio di un Hotel. Non riesco comunque a decifrarli, se non trovassi quello che cerco...come mi giustificherò? Lui rimane immobile, una statua di sale. Non si muove neanche quando raggiungo l’ultimo bottone e mi lascia fare mentre gli sfilo la camicia.
Cerco di non fare caso a quanto sia maledettamente bello: Il petto ampio e scolpito, gli addominali ben definiti. Il mio sguardo però si sofferma sul particolare che cercavo. Lì esattamente dove doveva essere c’è la cicatrice che ha causato tutto il nostro dolore. Sul suo bicipite ben tornito una riga bianca proprio come quella che lascia la lama di un coltello. Tocco la cicatrice quasi in trance, ecco la risposta a tutte le mie domande. Questa volta Hayama sembra destarsi. Copre la mia mano con la sua spostandola dalla prova sulla sua pelle.
   
 
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