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Autore: Crudelia 2_0    12/04/2020    7 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: buona Pasqua a tutti! Spero abbiate passato questa giornata di festa in modo lieto, nonostante la lontananza di amici e parenti. Prima di lasciarvi al capitolo vi chiedo soltanto una cosa: non odiatemi! In più, regalo punti a chi troverà il dettaglio indispensabile per il prossimo capitolo.
Un forte abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
Al successo!
 
 
 
 
Hermione si strofinò gli occhi con la mano: aveva dormito poco, e la luce del sole li faceva bruciare.
Per fortuna era sabato, non doveva lavorare e Kathleen non andava al centro estivo. Non che avere una bambina di cinque anni in casa fosse riposante. Quella mattina avevano: cucinato i pancakes, pulito le loro camere, giocato a preparare una pozione per allungare i capelli come quelli di Raperonzolo. Poi avevano preparato il pranzo, mangiato, riordinato, giocato a nascondino e finalmente Hermione si era dichiarata arresa.
Con uno sguardo desolato, notò che erano soltanto a metà pomeriggio. Per riposarsi si era fatta strappare da Kathleen la promessa di portarla al parco, più tardi, ma almeno ora poteva riflettere.
Si era tenuta impegnata con la figlia per evitarlo, ma non poteva rimandare l'inevitabile all'infinito. Quindi chiuse gli occhi, e iniziò a riflettere.
 
 
 
La Tana era silenziosa, dopo tante ore di festa. La cucina era ancora sporca, ma Ginny aveva insistito affinché Molly andasse a riposare.
Kathleen, rimasta senza compagni con cui giocare, era crollata sul divano e adesso dormiva con la testa appoggiata alle gambe di Harry. Hermione la guardò sorridendo con tenerezza.
«Allora» Ginny entrò nel salotto con le mani occupate da tre tazze di the, che distribuì prima di sedersi sulla poltrona. Hermione notò come le dita di Harry e Ginny si sfiorarono, il modo in cui i loro occhi si incontrarono sopra le mani tese. Anche solo scambiarsi un oggetto per loro era un atto d'amore.
«Ti ascoltiamo» continuò Ginny.
Hermione chinò lo sguardo rigirandosi la tazza tra le mani. Sospirò e ne prese un sorso, apprezzando come la bevanda calda sciogliesse un po' il groppo che sentiva in fondo allo stomaco da quando se n'era andato.
Un altro sorso, un'altra ondata di calore e iniziò a parlare.
 
Quando finì di raccontare il the si era fatto freddo, gli occhi di Harry enormi e le guance di Ginny pallide. Hermione era riuscita a trattenere le lacrime, ma sentiva la gola chiusa e la voce aveva tremato in più di un'occasione.
Gli amici non l'avevano mai interrotta, ascoltando le sue divagazioni e pensieri con attenzione.
Si scambiarono uno sguardo, adesso, poi Ginny posò la tazza e, con dolcezza, si avvicinò fino ad abbracciarla.
Hermione scoppiò in lacrime. Aveva consolato in quel modo Ginny molte volte durante gli anni a Hogwarts, quando per Harry non era altro che la sorellina del suo migliore amico, e adesso che il gesto veniva ricambiato capiva appieno il modo in cui Ginny si lasciava andare.
Faceva male. Faceva terribilmente male sentirsi rifiutati.
Non seppe quanto tempo durò, ma lentamente i singhiozzi di placarono fino ad esaurirsi. La mano di Ginny continuò lo stesso a percorrere cerchi confortanti sulla sua schiena, ad un ritmo lento e regolare.
Harry si schiarì la gola e Ginny gli lanciò un'occhiata di avvertimento. «Io non penso che non ti ami» disse titubante.
L'occhiata di Ginny divenne fulminante. Harry deglutì.
«Non fraintendetemi. Io penso... Insomma, ha detto "non posso" non "non voglio". Qualcosa vorrà pur dire, forse ha-»
«Lo stai giustificando, Harry?» lo interruppe Ginny, aggressiva nonostante la voce bassa.
«No! No, ma voglio dire...» si schiarì di nuovo la voce. «Forse non  può davvero. Da quel che ne sappiamo l'ultima donna che ha amato è stata mia mamma, e sappiamo tutti com'è andata a finire» concluse con una smorfia.
Ginny aprì la bocca per ribattere, ma Hermione la precedette.
«Hai ragione» bisbigliò, asciugandosi la guancia con il palmo. «Forse... dovrei solo chiederglielo»
«E pensi ti risponderebbe?» Chiese Ginny, ma adesso il tono era premuroso. Anche lei aveva sofferto per Harry, ma l'aveva perdonato per averla lasciata dopo la morte di Silente. Non riusciva ad immaginare una vita senza di lui, e adesso vedeva nell'amica il suo stesso struggimento.
«Non lo so» rispose Hermione. Aveva gli occhi rossi, ma sembrava più se stessa. «Ma come faccio a convincerlo senza parlargli?» Chiese alzando lo sguardo su Ginny.
La rossa sorrise leggermente, cercando di alleggerire l'atmosfera. «Ma Hermione, non ti ho insegnato proprio niente? È un uomo» finì con un sorrisetto malizioso che fece arrossire Harry fino alle orecchie.
Hermione ridacchiò, rigirandosi il fazzoletto umido tra le mani finché le dita di Ginny non toccarono le sue attirando la sua attenzione.
«Hermione» iniziò dolcemente. «Hai fatto la tua mossa, adesso tocca a lui esporsi»
 
 
 
Ancora una volta, Ginny aveva ragione. Era quasi frustrante che la sua consulente sentimentale fosse più piccola di lei, ma ancora dopo tutti quegli anni Hermione non aveva imparato nulla, come spesso le veniva ricordato.
Sospirò e tornò ad aprire gli occhi, fissandoli sull'orologio.
Adesso tocca a lui esporsi.
Di colpo si alzò, decisa. «Kat, sei pronta?»
«Sì, mamma» le urlo in risposta la bambina dall'altra stanza.
«Prendo la borsa e andiamo» disse Hermione, già intenta ad infilare il libro letto per metà nella borsa. Almeno al parco Kathleen avrebbe giocato con gli altri bambini e lei avrebbe potuto rilassarsi.
«Pronta!» gridò Kathleen posizionandosi davanti alla porta.
«Arrivo, tesoro, prendo solo l'acqua.»  Si diresse in cucina, tenuta semibuia per preservarla dal calore del sole estivo, e il campanello suonò. Hermione non si preoccupò: Kathleen era davanti alla porta e fu normale che fosse lei ad aprirla.
Aprì lo sportello del frigorifero allungandosi verso la bottiglia.
«Ciao, Severus!» trillò la voce di Kathleen dal salotto.
Hermione rimase pietrificata con le dita strette attorno al collo della bottiglia, il cuore iniziò a batterle furioso contro le costole.
Sentì la voce profonda di Severus rispondere e lo stomaco le si contrasse come per reazione naturale.
«Sei arrivato per venire al parco con noi?» chiese Kathleen.
Hermione non sentì la risposta. Dovette fare quasi violenza su se stessa per sollevare la bottiglietta e infilarla nella borsa.
Quando tornò ad affacciarsi dalla cucina lo vide ancora sulla soglia. Lui la guardò senza muoversi, aspettando una sua reazione. Da come i suoi muscoli erano tesi Hermione capì che se si fosse messa ad urlare lui avrebbe fatto un passo indietro e se e sarebbe andato senza esitazioni. Se l'avesse accettato, invece?
Adesso tocca a lui esporsi.
Ed era venuto. Sorrise.
 
 
 
La panchina all'ombra dell'albero era piacevolmente fresca. Kathleen era già corsa sullo scivolo e normalmente Hermione avrebbe aperto il suo libro per immergersi nella lettura, salvo lanciare periodiche occhiate di controllo alla figlia.
Severus si sedette al suo fianco, non troppo vicino. Fra loro c'era il giusto spazio affinché le loro mani potessero sfiorarsi se entrambi le avessero poggiate.
Lui si schiarì la gola. «È carino, qui»
Hermione sorrise al suo timido tentativo di iniziare una conversazione. Si era accorta di come lui fosse sulle spine, e questo la faceva ben sperare. «Sì, ci veniamo spesso» rispose.
Lui annuì, ma non aggiunse altro. Con lo sguardo seguì Kathleen salire sullo scivolo e darsi più spinta possibile per scendere in fretta.
Hermione intrecciò le mani e se le posò in grembo, senza sapere cosa dire. O meglio, erano tante le cose avrebbe voluto dirgli, cose di cui parlare, ma il parco non era il luogo adatto. Severus sembrava della stessa opinione.
«Perché sei venuto?» si arrischiò a chiedere, guardandolo con le palpebre abbassate.
Severus si voltò e incrociò i suoi occhi apertamente per la prima volta da quando si era presentato alla sua porta.
«Perché me l'hai chiesto» rispose, dopo attimi di silenzio.
«E se non te l'avessi chiesto?» chiese lei di getto, alzando il mento. «Fai sempre ciò che ti chiede la gente?»
Lui irrigidì la mascella ed Hermione si rese conto di ciò che aveva detto. Aveva passato la vita agli ordini di qualcun altro, e anche adesso la sua non era una piena libertà.
Non intendeva che non fosse un uomo capace di godere del suo libero arbitrio, ma non ebbe il tempo di scusarsi che lui rispose, con tono sorprendentemente dolce.
«Solo se le richieste corrispondono ai miei desideri»
Hermione lo guardò con attenzione. Quindi lo voleva, desiderava passare del tempo con loro.
«Perché te ne sei andato, ieri?» sussurrò. Non aveva intenzione di chiederglielo, non in quel momento e non in quel modo, ma le parole le erano sfuggite di bocca.
Era una domanda troppo impellente, e sentì lo stomaco chiudersi per l'anticipazione della risposta.
Severus non rispose subito. Sospirò e alzò il volto al cielo, osservando le nuvole bianche che contrastavano con la volta celeste. Hermione notò come il sole che filtrava dalle foglie creasse giochi di luce sulla sua camicia nera, alternando macchie di luce a zone d'ombra.
«Ho fatto molti sbagli in vita mia, Hermione» rispose lui con voce cupa.
Hermione continuò a fissarlo corrugando le sopracciglia. Era una confessione?
«Cosa intendi?» chiese. Ancora la sua voce era un sussurro. Deglutì a vuoto, iniziava a capire che quella che stavano per avere non sarebbe stata una conversazione facile.
Severus incrociò le braccia sul petto e allungò le gambe, apparentemente era una posa rilassata, ma Hermione vedeva la linea tesa delle spalle e della mascella.
«Kathleen è nata dal peggior Mangiamorte possibile» iniziò lui, lentamente. Hermione spostò lo sguardo sulla figlia, confusa. In quel momento la bambina stava giocando con la sabbia con un altro bambino, intenti a fare dei disegni con dei bastoncini.
«E Mangiamorte non lo era nemmeno. Grayback era un animale buono solo a spaventare i nemici e convincere i lupi mannari che perdere il controllo una volta al mese fosse divertente» proseguì, la voce che si faceva man mano più cupa.
Stette un momento in silenzio, come per raccogliere i pensieri, ed Hermione non osò interromperlo.
«C'è stato un momento della mia vita in cui quasi l'ho ammirato. Lui non si vergognava delle sue origini, di ciò che era diventato. Lo capisci questo?» chiese voltandosi nella sua direzione.
Hermione sussultò leggermente: sembrava così preso dal suo monologo da essersi dimenticato di lei, ma a quanto pare non era così.
Lui agitò una mano come se la risposta non fosse importante. «Probabilmente no. In ogni caso, era prima che capissi che lui era disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere il suo obiettivo. Il fine giustifica i mezzi, ma anche questo è un concetto che tu non puoi capire. Comunque, questa era una delle migliori qualità dell'Oscuro Signore»
Si fermò un momento, per giudicare quanto fosse buona la parola che aveva appena usato. Non lo era, ma probabilmente non gliene vennero in mente altre, perché proseguì.
«Ciò che molti di voi dell'Ordine non eravate in grado di comprendere era come molti maghi potessero unirsi alla sua causa. Il Signore Oscuro non ricorreva alla violenza per convincere - era solo una forma per punire, ma questo lo si scopriva sempre quand'era toppo tardi, o un mezzo per ottenere la verità, che spesso già conosceva. No, per convincere a passare dalla sua parte sapeva essere... persuasivo. Scopriva ciò che più desideravi, e non si fermava finché non l'avessi ottenuto. Poteva essere qualsiasi cosa: potere, ricchezza, gloria. Potevi ottenere tutto se eri disposto a rispettare i suoi ordini»
Un'altra pausa, breve, solo il tempo di prendere il fiato. «Ed era bravo, in questo. Potevi star certo che ciò che avevi chiesto ti sarebbe stato dato, e anche di più»
Si fermò di nuovo. Aveva lo sguardo perso davanti a sé, come se stesse analizzando momenti ormai persi nel tempo, solo a lui accessibili.
Hermione si chiese cosa volesse dirle, ma non l'avrebbe interrotto. Sentiva quella confessione come qualcosa di profondamente intimo, un dono che lui le stava offrendo.
Si chiese se ciò che lui le stava dicendo l'avesse detto anche ad altri. Desiderò di no, di essere l'unica ad avere accesso ai suoi pensieri più intimi, ma non era sicura.
«In questo, io e Fenrir eravamo sorprendentemente simili» storse le labbra, come se la frase avesse un sapore troppo amaro per essere pronunciata, ma continuò. «Ciò che desideravamo, ciò che avevamo chiesto, era la stessa cosa: essere accettati per ciò che eravamo, essere apprezzati nonostante il resto del mondo ci vedesse come feccia»
Sputò le ultime parole con cattiveria, e per Hermione fu fin troppo facile immaginare a chi si stava riferendo.
«Lui era un lupo mannaro ai margini della società, ed io... io ero un reietto per natura. Non mi interessava la questione della purezza del sangue, quando mi sono unito ai Mangiamorte l'ho fatto esclusivamente per un senso di rivalsa. Quando il Signore Oscuro mi ha impresso il suo Marchio io mi sono sentito per la prima volta parte di qualcosa, apprezzato. Il mio valore, le mia capacità... le mie potenzialità, finalmente erano state riconosciute»
Si fermò di nuovo, ed Hermione notò come le sue parole fossero in grado di evocare immagini e sensazioni. Non le era difficile, adesso, immaginare perché Severus Piton, giovane sedicenne non apprezzato e alla ricerca del suo posto nel mondo, si fosse immischiato in qualcosa più grosso di lui.
Severus riprese, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. «Tutto questo prima di accorgermi di ciò che era veramente, ma questa è un'altra storia. Quel che sto cercando di dirti è che io e Grayback, sostanzialmente, siamo uguali» concluse.
Passarono diversi attimi di silenzio prima che Hermione capisse che aveva finito. Si sentiva frastornata, la testa imbottita come se fosse appena scesa da una di quelle giostre che girano su se stesse a velocità folle.
«Non è vero» si costrinse a dire attraverso le labbra intorpidite. «Tu non sei come lui... Ciò che hai fatto-» si fermò, senza sapere come continuare.
«Hai salvato Harry e tutti noi, e ancora adesso hai aiutato Kathleen. Tu sei una persona buona, Severus» finì, sporgendosi in avanti e prendendogli una mano tra le sue.
Lui la guardò, il viso non tradiva nessuna espressione, ma gli occhi erano un tumulto così violento da non poter capire quale emozione stesse per avere il sopravvento.
«Come puoi crederlo veramente?» chiese lui sussurrando. Sembrava una supplica, un gemito sofferente, ed Hermione si sentì stringere il cuore.
«Come puoi tu non vederlo» ribatté invece, dolcemente.
Lui aprì la bocca, probabilmente aveva sulle labbra già pronta una lista dei motivi per cui non si riteneva una persona da ammirare, ma Hermione non voleva ascoltarli. Si sentiva scaldare da una sensazione nuova, mai provata prima, che la faceva sentire piena dalla punta dei piedi fino alla testa.
Ora pensava di comprendere il motivo per cui si era allontanato, il motivo di quel non posso.
Ma era tornato, e le aveva spiegato.
«Non dire niente!» si affrettò a dire. Non voleva che lui rovinasse quella sensazione.
Anche se era impossibile che succedesse. Lui la guardò, e a poco a poco la tempesta nei suoi occhi iniziò a placarsi. Hermione pensò che ci sarebbe potuta morire, nei suoi occhi, e non avrebbe sofferto.
Lui la guardava con una tale intensità che si sentì arrossire. Non sapeva neanche quando si era avvicinato, sciogliendo le braccia e posando la mano che non stava stringendo la sua sullo schienale dietro di lei.
Strinse forte la mano e si accorse di avere le dita intrecciate con le sue. La stava per baciare. Pregò che la stesse per baciare.
«Mamma!»
Kathleen si avvicinò di corsa fino a sbattere con la pancia contro le gambe della madre. Hermione si scosse, ma era troppo frastornata per rispondere.
«Ho sete» disse Kathleen, senza accorgersi di nulla.
Hermione le porse la bottiglia con gesti automatici, ma si sentiva ancora le guance scottare. «Vieni a sederti» disse, non voleva che Kathleen bevesse correndo in giro.
La bambina aveva già tolto il tappo, ma si avvicinò.
«Bleah! Mamma non voglio mettermi vicino a te. Guarda, c'è uno scarafaggio!» gridò facendo una smorfia disgustata e andando a sedersi vicino a Severus.
Hermione alzò gli occhi al cielo, aveva l'impressione che Kathleen avrebbe scelto di sedersi vicino all'uomo anche se non ci fosse stato nessun animale.
«Tecnicamente, è uno scarabeo» puntualizzò, scacciando l'insetto con un gesto della mano.
Ma Kathleen non stava più ascoltando: restituì la bottiglietta e scappò via veloce com'era arrivata.
Hermione la seguì con lo sguardo osservandola giocare. Sorrise senza accorgersene.
«Se siamo fortunati, stasera dormirà»
Quando si voltò notò gli occhi di Severus già su di sé e un sorriso malizioso agli angoli dalla bocca. Si accorse di ciò che sembrava voler implicare la sua frase e arrossì.
«Non intendevo in quel senso!» si affrettò ad aggiungere, ma lui sogghignò.
Hermione si sarebbe offesa se quel ghigno non fosse stato così simile ad una risata.
 
 
 
Alla fine Kathleen si era addormentata davvero relativamente presto.
Hermione chiuse la porta della sua camera con un senso di vaga apprensione.
Severus le aveva somministrato la pozione un'ora prima tramonto, e nonostante la luna fosse sorta già da tempo non c'erano state complicazioni.
Si sentiva speranzosa, ma in fondo lui gliel'aveva detto che avrebbe funzionato.
Fece un paio di passi in avanti trovandosi affianco al divano. Lui era dall'altro lato, le braccia consente, ma rilassato. Hermione non avrebbe mai immaginato che avrebbero passato un pomeriggio insieme al parco discorrendo di qualsiasi cosa per poi mangiare insieme.
Come una famiglia.
E adesso?
«Allora» iniziò titubante, avvicinandosi ancora. Ora erano distanti solo per un paio di passi. «Cosa fai quando un esperimento va a buon fine?» chiese.
Dal modo in cui lui la guardò pensò fosse una domanda sciocca, ma era la prima a cui fosse riuscita a pensare.
Severus la studiò per qualche momento prima di sciogliere le braccia ed estrarre la bacchetta.
«Solitamente» iniziò, facendo apparire una bottiglia e due bicchieri. «Faccio un brindisi»
Riempì i bicchieri e gliene porse uno con estrema naturalezza, poi alzò la mano nella sua direzione.
«Al successo!» disse.
Hermione fece toccare i loro bicchieri incontrando il suo sguardo sopra le loro mani tese. «Al successo!»
 
 
Come da un bicchiere fossero finiti ad aver bevuto tre quarti della bottiglia era un passaggio che continuava a sfuggirgli. Purtroppo, sentiva la testa troppo ovattata per pensarci adeguatamente.
Stese le gambe, incrociando le caviglie e scivolando un po' di più sul divano. Hermione, al suo fianco, era seduta con le gambe piegate sotto il corpo e il capo poggiato sulla mano. Il gomito che reggeva il suo peso scavava un solco leggero nello schienale.
Era bella, pensò.
Aveva il bicchiere ancora mezzo pieno, ma lo vuotò prima di allungarsi per posarlo sul basso tavolino davanti a loro. Con la mano adesso libera iniziò a disegnare cerchi leggeri sull'avambraccio di Severus, che sentiva la pelle bruciare al suo tocco.
«Parlami dei tuoi viaggi»  sussurrò Hermione contemplando la pelle pallida che rabbrividiva sotto i suoi polpastrelli.
«Cosa vuoi sapere?» chiese lui.
Hermione ci pensò mordendosi il labbro, e Severus si perse ad osservare la sua bocca dimenticando all'istante cosa lei gli avesse chiesto.
«Qual è stato il tuo preferito» rispose alla fine.
Severus impiegò il suo tempo a rispondere, occupato ad osservare come l'alcool le avesse acceso le guance e i capelli scompigliati sfuggiti dall'acconciatura.
Ad essere sincero, avrebbe avuto qualche idea per spettinarla ancora di più.
«Il Perù» rispose con voce roca. «È un luogo pieno di magia ancora sconosciuta, scomparsa con le antiche popolazioni»
La spiegazione cadde nel vuoto. Era difficile concentrarsi, con tutto quel liquore in corpo e lei che lo toccava in quel modo.
Si voltò nella sua direzione trovandola vicina ed Hermione scelse quel momento per alzare gli occhi.
Forse fu la sua aria scarmigliata, forse gli occhi innocenti, o forse la percentuale di alcool nel suo sangue. O ancora, più precisamente, fu il sentimento che si era fatto strada nel suo petto.
Posò il bicchiere senza curarsi di accertarsi che non ne avesse versato il contenuto per terra, poi affondò la mano nei suoi riccioli e la avvicinò. Si concesse solo un attimo per osservare ancora i suoi occhi chiusi e le labbra socchiuse, poi la baciò.
Sentì una scarica elettrica percorrerlo dalla base della schiena fino alla nuca, e approfondì il bacio. Assaggiò le sue labbra morbide che avevano il retrogusto del liquore prima di accarezzarle con la lingua.
Hermione gemette e lui accolse quel gemito come acqua. Le morse il labbro inferiore come tante volte le aveva visto fare e la avvicinò ancora di più a sé.
La sentì rispondere al bacio con uguale intensità mentre le sue mani iniziavano a percorrere la sua schiena e si fermavano sulla nuca. Si trovò a soffocare un gemito quando lei gli tirò un labbro.
Non stava baciando una ragazzina, e quel pensiero gli mandò un'ondata di calore che si concentrò tutta sul basso ventre.
Si staccarono leggermente, per riprendere fiato. Severus si beò dei suoi occhi così vicini, ma non le diede il tempo di riprendersi che si era già impossessato della sua bocca.
Hermione rispose ansimando leggermente, piantando le unghie nella sua schiena. Evidentemente, condivideva il suo pensiero sul non essere abbastanza vicini, perché un attimo dopo si sedette sulle sue ginocchia, le cosce aperte a stringere le sue gambe.
Severus drizzò la schiena per raggiungere le sue labbra e immergersi completamente in lei. Sentì le sue mani viaggiare sui bottoni della sua camicia e fece lo stesso.
Le apri la camicetta con foga, avido di accarezzare la sua pelle con il palmo aperto. Fece aderire le sue dita completamente, percorrendole l'addome, la vita stretta, la schiena. Risalì con le mani, accarezzandole i seni.
Hermione gemette, gettando la testa indietro. Severus ne approfittò iniziando a baciarle la gola e la clavicola.
«Cristo, Hermione» ansimò, baciandole il solco tra i seni. «Fermami adesso, o non sarò in grado di farlo»
Lei fece risalire una mano sul suo collo fino ad afferrargli i capelli sulla nuca in un pugno stretto, costringendolo ad alzare il viso.
«E allora non farlo» gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo. Severus la trasse a sé finché la loro pelle nuda non fu a contatto. Hermione strinse le cosce strofinandosi contro la sua erezione, e Severus gemette nella sua bocca.
Le accarezzò le gambe mentre lei infilò le mani sotto la sua camicia per toccare la sua schiena.
Fu un attimo, e si irrigidì.
Lei non poteva saperlo, ma Severus era certo che l'avesse vista. Probabilmente, nel suo bagno, aveva pensato che tutti i segni fossero il risultato delle torture dell'Oscuro Signore, ma non era così.
Hermione toccò con i polpastrelli i bordi slabbrati della sua cicatrice, e Severus si sentì percorrere da un brivido.
Come aveva potuto dimenticarsene?
Senza rendersene conto si alzò, spostandola di lato.
Iniziò a camminare, passandosi le mani sul viso e cercando di cacciare dalla mente le immagini che l'avevano assalito. Sentì Hermione parlare, ma non riuscì a capire cosa stava dicendo. Nella sua testa, suo padre si ergeva imponente con la cintura in mano. Cosa aveva fatto per meritarsi quella punizione? Non lo sapeva, ma era ciò che meritava, perché era soltanto un moccioso sporco e anormale.
Si sentì afferrare le braccia e si fermò. Hermione era davanti a lui, bellissima nella sua camicia aperta e gli occhiali luccicanti di lussuria.
Diglielo! ordinò una voce dentro di lui. Erano così tanti anni che non la sentiva che Severus faticò a riconoscerla.
Spiegale perché pensi di non essere in grado di fare da padre a sua figlia!
Ma la riconobbe. Era l'unica che gli avesse mai detto di seguire il cuore, l'unica che gli aveva detto di scusarsi con Lily fini a rendersi ridicolo pur di cercare di salvare il loro rapporto.
Non sei come tuo padre, Severus!
Un solo consiglio gli aveva dato, in tutta la sua vita. Glielo aveva sussurrato con gli occhi cerchiati e il labbro spaccato da un pugno. "Non far soffrire una donna, Severus. Mai, per nessun motivo".
E aveva fallito, fallito nell'unica promessa che le aveva fatto. Non era riuscito a fare altro che far soffrire le donne che aveva amato: sua madre, Lily, e ora Hermione.
Non ne aveva forse avuto la prova la sera prima, di quanto fosse in grado di annientarla?
Aprì la bocca, ma non ne uscì niente.
 
Hermione lo guardò con gli occhi sgranati, poi sentì la rabbia invaderla.
«Che significa?» sibilò, puntando i pugni sul suo petto. «Perché non mi dici niente, Severus? Perché continui ad avvicinarti e illudermi e-»
«Basta, Hermione» lui le cinse dolcemente i polsi e li allontanò, ma Hermione si scrollò le sue mani di dosso.
«No, io ti dico basta» gridò. «Sono stufa dei tuoi tira e molla! Non puoi fare il bello e il brutto tempo a tuo piacimento e pensare che io ti assecondi. Ho una figlia a cui pensare e tu non puoi-» Si fermò ansimando, il petto che si alzava in fretta al ritmo del suo respiro.
«Non posso aspettarti per sempre» constatò con un sussurro. Ma le fece male ammetterlo, tanto che iniziò a sentire il cuore oppresso.
Lui irrigidì la mascella ed Hermione vide scomparire dai suoi occhi la sfumatura di fragilità che era presente. Finché non l'aveva vista sparire non si era accorta fosse lì, e subito si pentì di ciò che aveva detto.
Dopo tutto ciò che lui le aveva rivelato quel pomeriggio come poteva parlare in modo così superficiale?
«E allora non farlo» rispose lui, e un attimo dopo scomparve.
Hermione sentì un verso strozzato crescerle nella gola. Si premette le mani sul petto cercando di allentare la tensione che sentiva, ma senza riuscirci.
Crollò sulle ginocchia fissando il punto in cui lui era rimasto, la camicia aperta e le lacrime a rigarle le guance.
   
 
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