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Autore: Mirty_92    13/04/2020    1 recensioni
Jane si è appena dichiarato. Lisbon, per lui, ha rinunciato alla sua partenza e prima di riprendere servizio all'FBI di Austin, ha ancora una settimana di libertà. Ma che settimana l'aspetta? Entusiasmante, speciale, fuori dagli schemi? E chi può dirlo. Lei sa solo che se al suo fianco ci sarà Jane allora tutto andrà bene.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. La notte più lunga della mia vita, almeno finora

2. La notte più lunga della mia vita, almeno finora


Ok, ora so che ore sono ed è veramente tardi. Sono le due di notte ormai. La stanchezza dell’intera giornata inizia a pesarmi sulle spalle come un macigno e ho gli occhi che si chiudono ma sono ancora qui, in una spoglia sala d’attesa del pronto soccorso dove ho lasciato Jane circa venti minuti fa. Sfoglio svogliatamente un opuscoletto informativo sui vari tipi di dolore, illustrato con delle divertenti vignette a fumetti. Ma non ci sto prestando molta attenzione. Lo ammetto, sto solo cercando di non addormentarmi.
“La signorina Lisbon? Teresa Lisbon?” Un’infermiera dall’aria gentile mi sta chiamando.
“Eccomi.” Scatto in piedi, a rapporto.
Alle sue spalle vedo Jane che cerca maldestramente di avanzare con le stampelle.
“Abbiamo visitato il signor Jane. Tutto apposto. È una semplice slogatura. Un paio di giorni e sarà come nuovo. Nel frattempo però raccomandiamo riposo assoluto. Sarebbe meglio non sforzare la caviglia.”
“D’accordo, la ringrazio.”
“E di che. Dovere. Buona notte, signorina Lisbon. Signor Jane, riposo assoluto e si rimetterà in fretta.”
Vedo Jane sfoderare uno dei suoi sorrisi migliori e mi chiedo come quell’infermiera non si sia sciolta lì, ai suoi piedi. Sono anche trafitta da una strana sensazione. Gelosia? No, non è possibile. Non è da me. Eppure…
“Ehi, Lisbon, andiamo? Ricorda che hai promesso che saresti venuta con me a qualunque condizione.”
“Non c’è bisogno di fare il saputello. Me lo ricordo perfettamente, Jane.” Gli apro la porta d’uscita e finalmente siamo fuori. Mi sembra di respirare davvero solo ora. Il cielo è scuro, immenso, punteggiato qua e là da stelle piccole ma luminose.
“Puoi chiamare tu un taxi? Con queste stampelle faccio un po’ fatica a fare altro.” Sembra quasi malizioso e lo guardo di sott’occhi. Mi fissa con sguardo attento e mi sento arrossire. Mi viene in mente il nostro bacio. Sono passate solo poche ore, non ne abbiamo più parlato ma da quel momento siamo stati sempre insieme. Ed ora dove mi vuole portare? Di sicuro non partiremo subito per Austin. È veramente molto tardi e io, ribadisco, sono davvero molto stanca. Ma con Jane non si può mai sapere.
Il taxi arriva poco dopo. Sento a mala pena che Jane gli dà delle indicazioni ma mi ha fatto allontanare apposta perché “Altrimenti che sorpresa è?”, così mi ha detto.
Lascio cadere nel baule l’unico bagaglio a mano che mi sono portata da quando siamo partiti alla volta di Miami per seguire quello che doveva essere il mio ultimo caso all’FBI di Austin, caso che poi si è rivelato tutto un trucchetto di Jane per chiedermi di non partire. Solo ora mi accorgo che non ho più saputo nulla su come si sia concluso.
“Lisbon, ci sei?”
Jane mi chiama da dentro il taxi. Mi siedo dietro, stavolta accanto a lui che, appoggiate le stampelle tra le gambe, mi prende la mano. Sono un attimo impreparata a questo suo gesto e il mio cuore fa una piccola capriola, mancando un battito.
“Rilassati. Non ti voglio mica sbranare. Non ti sto portando in qualche luogo oscuro” sogghigna. “Non riuscirei a farla franca in queste condizioni.” Le sue ultime parole mi sfiorano l’orecchio sinistro e io deglutisco. Dannato, Jane! Che mi stai facendo?
Si allontana appena da me ma continua a tenermi la mano mentre il suo sguardo si sposta sulla strada. Mi sembra di percepire il suo sorriso giocoso. Rimango a fissarlo e anche così, nel buio, noto che è affascinante da togliere il respiro. Sì, ora lo posso ammettere e penso davvero di poterlo dire senza farmi troppi problemi. Mi ha detto che mi ama. È stato davvero fantastico, o meglio, imbarazzante da morire all’inizio. Tutti quegli occhi che mi guardavano! Ma poi il suo modo così semplice e titubante di parlarmi mi ha letteralmente stretto il cuore in una morsa di tenerezza. E io provo le stesse cose per lui. Mi sento la testa pesante mentre mi sembra di sentire ancora il sapore delle sue labbra sulle mie. Sento la sua voce un po’ ovattata. “Lisbon, svegliati. Siamo arrivati. Non posso portarti in braccio. È già bello che non lo debba fare tu con me.”
Apro con fatica gli occhi. Noto che l’autista mi ha aperto la portiera e tiene in mano il mio bagaglio. Riconosco quell’ingresso. L’ho lasciato solo quella sera stessa. È l’hotel Uccello Blu. Non ci posso credere. Siamo ancora qui. Io e Jane e nessun altro questa volta. Vedo che lui mi raggiunge con due grandi balzi senza quasi far fatica ora. Come è possibile che abbia già preso dimestichezza con quelle robe? È appena stato dimesso, per l’amor del cielo!
Pago il tassista che se ne va ringraziandoci e poi mi concedo un attimo per guardare Jane.
“Allora, bella addormentata, andiamo, ti accompagno nella tua stanza.”
Mi precede tutto allegro e io non posso far altro che seguirlo. “Jane, dubito che abbiano ancora delle stanze a quest’ora.”
“Nah, non ti preoccupare. Non penso abbiano dato via le nostre e poi, ce ne basterebbe anche solo una non trovi?”
Mi blocco un istante, stordita, mentre lui scoppia a ridere. “Dai, Lisbon, tranquilla.”
Alla reception la signorina che fa il turno di notte si accorda con Jane. Non so come ci sia riuscito ma, effettivamente, una delle due stanze che lui aveva prenotato una settimana fa, è ancora disponibile. Mentre prendiamo l’ascensore per raggiungerla in modo più agevole per lui, mi confessa che è la sua stanza, quella dove si sono presentate le assassine di Greta De Iorio. Il mio cervello si mette subito in moto.
“Le assassine? Le avete prese? Raccontami subito tutto!”
“Ehi, ehi… calmati. Non eri stanca morta, bella addormentata?”
Non riesco a resistere e gli pizzico il braccio.
“Ahi, e questo per cosa era? Cosa ho fatto?” Mi guarda imbronciato e di fronte a quella sua espressione così buffa non posso non ridacchiare. Mi precede ancora una volta e apre la porta della sua stanza. Come ormai il giorno prima, rimango abbagliata dalla bellezza di quelle camere. La sua è pressoché identica alla mia solo con colori diversi. Noto però che sembra essere stata sistemata in fretta e furia.
Se è stato il luogo della cattura di due assassine, beh, Jane deve essere stato davvero persuasivo per lasciarsela consegnare. Avrà usato qualche trucchetto. Spero che l’indomani non mi toccherà sistemare la faccenda con Abbott se solo non avessero finito di fare tutti i rilievi del caso.
“Non ti preoccupare. Abbott ha chiuso il caso. La stanza è tornata agibile praticamente da subito.”
Non posso fare a meno di sospirare. Li becca sempre, tutti i miei pensieri. Ormai non gli chiedo più nemmeno come fa. Sono un libro aperto per lui e non solo io per fortuna.
“Allora? Mi vuoi raccontare o no come è andata?” Incrocio le gambe e mi sistemo meglio sulla poltrona, ora perfettamente sveglia.
“Non ci penso neanche.” Si allontana e va a sedersi sul letto, molla le stampelle a terra, si toglie l’unica scarpa che indossa, e poi si lascia cadere a peso morto sul copriletto color sabbia.
E no, questo è troppo! Prima mi attira qui con la storia della risoluzione del caso e poi non mi dice nemmeno una parola? Non mi arrenderò stavolta. Mi precipito di fronte a lui, in piedi con le braccia sui fianchi e le gambe divaricate. Lo guardo con superiorità e lo sfido con lo sguardo. I suoi occhi azzurri si piantano nei miei occhi verdi e in lui vedo una scintilla che mai avevo notato prima di allora. Desiderio? Sento la mia salivazione azzerarsi e in un attimo ripenso al nostro bacio. Ne voglio un altro, subito, ora. Dischiudo appena le labbra e vedo che i suoi occhi l’hanno notato. È un attimo. Lui si rimette a sedere, mi afferra per una gamba e non so come mi ritrovo sul letto, più o meno sdraiata accanto a lui. D’accordo Jane. Giochi sporco. Vuoi continuare con i tuoi trucchetti ma giuro che ce la farò a farmi raccontare la fine del caso. Diamo inizio alle danze. Cerco di sistemarmi meglio girandomi su un fianco e fissando nuovamente i suoi occhi nei miei. Anche lui si gira e mi sistema i capelli dietro l’orecchio. Una mossa lenta, studiata, con la quale mi costringe ad avvicinare il mio volto al suo. Non mi nego. Voglio quel bacio tanto quanto lui. Gliel’ho letto nello sguardo. Così le nostre labbra si uniscono di nuovo, incastrandosi perfettamente come se non avessero fatto altro in tutta la loro vita. I nostri respiri si fondono, divengono via via più esigenti e io per un istante perdo la lucidità che mi ero prefissata di mantenere pur di sapere tutto sul caso. Mi stacco appena e, passando una mano tra i suoi capelli, avvicino il suo orecchio alle mie labbra. “Allora, me lo dici come hai chiuso il caso?” Glielo sussurro soltanto ma dal suo sospiro capisco che, sotto sotto, non sono riuscita a fregarlo. Se l’aspettava, dopotutto. Si ricompone un attimo, si mette a sedere e vedo che è pronto a negoziare.
“D’accordo, Lisbon. Facciamo un patto. Ci rilassiamo un momento, tu fai una bella doccia mentre io ti aspetto qui e sai perfettamente che non andrei da nessuna parte. Poi, se dopo la doccia vorrai ancora sapere del caso, te lo racconterò. Ci stai?”
Faccio finta di pensarci un momento. Ho paura che ci sia in ballo qualcos’altro. Sento però di aver davvero bisogno di una doccia anche se ormai si sono fatte le 3. E se queste sono le sue condizioni… beh, potrei cedere a patto di… “Ad una condizione” aggiungo.
“Non mi sarei aspettato niente di meno.” Alza gli occhi al cielo, quasi esasperato.
“Andata per la tregua di rilassamento e la doccia, ma dopo che mi avrai raccontato tutto mi devi promettere che riposeremo. L’infermiera si è raccomandata, riposo assoluto. E non devi fare storie.” Patti chiari, amicizia lunga. Mi pare si dica così. Anche se l’amicizia nel nostro caso specifico, ora come ora, non è contemplata. E per fortuna, aggiungerei!
“Ok, come vuoi tu!” Mi fa uno militaresco cenno di assenso.
Scuoto il capo. Incorreggibile!
Decido di non perdere tempo. Mi precipito in bagno e, senza nemmeno accorgermene, mi chiudo dentro a chiave. Oddio, Teresa! Non avrai paura di Jane? Che ti succede? Mi appoggio un momento con la schiena alla porta e respiro profondamente. Sono in una camera di un albergo di lusso da sola con Jane. Ancora non ci credo! E stanotte, o quel che ne resterà, dormirò con lui. Basta! Non voglio continuare ad assillarmi. Sembro una quindicenne.
Accendo l’acqua della doccia e mi spoglio. Subito il vapore inonda il locale bagno. C’è un ottimo sapone all’olio di argan che avevo già provato prima della mancata cena di ieri. Rivivo per un attimo quel momento in cui mi ero preparata per cenare con Jane. Mi ero sistemata con cura. Non sapevo nemmeno io quale fosse il reale motivo. Continuavo solo a ripetermi che era per via dell’ultimo caso che avrei seguito con lui. Ma forse, già inconsciamente, pensavo ad altro. Mi rivedo con indosso quell’abito lungo, leggero, rosa ciclamino che lui mi aveva fatto trovare in camera. Ecco un’altra cosa che devo chiedergli. Cosa avesse avuto in mente per quella serata.
L’acqua calda continua a scorrere lenta sul mio corpo e i miei nervi iniziano a rilassarsi. Sento l’adrenalina abbandonarmi e un sorriso tranquillo fa capolino spontaneamente sulle mie labbra. Tengo gli occhi chiusi e mi concentro solo sul rumore dell’acqua che scorre. Quando ormai sento di essere completamente serena, esco dalla doccia e mi avvolgo nell’accappatoio morbido dell’albergo. Mi metto anche un asciugamano a modi turbante attorno ai capelli bagnati e guardo il mio riflesso nell’enorme specchio sopra il lavandino. Sono semplicemente radiosa. Ho gli occhi che mi brillano. Ed ora non ho più nemmeno sonno. Socchiudo la finestra e una leggera brezza marina entra nel locale. Respiro a fondo. Sono pronta. Giro la chiave nella toppa e uscendo mi avvicino in fretta al mio borsone da viaggio per recuperare la biancheria che non mi sono nemmeno presa la briga di portare nel bagno con me prima della doccia.
“Finalmente! Ce l’hai fatta! Ero quasi convinto che fossi scappata dalla finestra. E non avrei nemmeno potuto verificarlo perché ti eri chiusa dentro.”
La voce di Jane mi coglie alla sprovvista.
“Jane!”
“Sì?” Mi rivolge uno sguardo innocente da dietro le mie spalle. Troppo vicino a me.
“Mi hai spaventata! Dovresti stare a letto. Non ti fa bene sforzare l’altra gamba.”
Muove in aria le mani come per scacciare una mosca molesta. “Ah, bazzecole.”
Lo guardo con aria di rimprovero, battendo un piede a terra. “Non eravamo d’accordo così. Stai già venendo meno al patto?”
“Ah, no. Hai detto che avremmo riposato solo dopo averti raccontato tutto del caso. Io, tecnicamente, non ti ho ancora raccontato nulla.”
Accidenti, riesce sempre a fregarmi!
“Sì, ma…” cerco di protestare ma lui, ancora una volta, mi stupisce. Mi prende la mano e mi riporta, saltellando sulla gamba sana, verso il letto.
“Aspetta, Jane! Devo, io devo… cambiarmi.”
“Cambiarti?” mi guarda perplesso.
“Sì, devo mettermi qualcosa addosso. Capito cosa intendo?” Sembro paranoica. Un sospettato sotto accusa. E, come se non bastasse, avvampo. Questa cosa mi sta sfuggendo di mano. Non mi ero mai resa conto di essere così predisposta ad arrossire. Oppure è colpa di Jane. Sì, deve essere così. È sempre colpa di Jane.
“Beh, sempre tecnicamente, qualcosa addosso ce l’hai già. Quell’accappatoio è morbido e ti sta bene. Per me puoi anche stare così.” Alza le spalle e mi sorride. Sembra sincero ma lo so che sta gongolando nel vedermi in difficoltà.
“Allora, vuoi che ti racconti o no del caso?”
Non c’è nulla da fare. Sa sempre qual è la mossa giusta. Non trattengo uno sbuffo di disappunto ma mi accomodo sul letto, appoggiata alla testiera e incrocio fermamente gambe e braccia cercando di coprirmi alla meglio con l’accappatoio.
Lui si sdraia accanto a me e solo ora lo noto. Si è tolto giacca e gilet e se ne sta in camicia. Ha le maniche arrotolate fino ai gomiti e la camicia gli esce disordinata dai pantaloni. Sembra rilassato, non è da lui. Questo mi fa sorridere e, ovviamente, se ne accorge.
“Lo so che non è da me presentarmi così sciatto ma è tardi. E poi qui ci sei solo tu. Confido nel fatto che non lo sbandiererai ai quattro venti. Anche se quando ero un fuggiasco ero decisamente messo peggio. Magari un giorno te lo dirò come andavo in giro.”
Non mi lascia più nemmeno il tempo di replicare. “La smetteresti per un attimo di leggermi nella mente?” Sono un po’ infastidita.
“D’accordo, d’accordo. La smetto.” Alza le mani in segno di resa.
“Avanti, sputa il rospo. Ti ascolto.”


“Beh, diciamo che avevi messo su un bel salottino da thè qui dentro. Per fortuna c’erano Abbott e Cho pronti ad intervenire.”
“Pronti ad intervenire è un azzardo. Se tu non te ne fossi andata ci saresti stata tu a proteggermi da tutta quella gente armata.”
Alzo gli occhi al cielo. “Armata ma innocua a quanto pare. Non mi sembravano pronti a spararti a bruciapelo. E poi ricorda che sei stato tu a costringermi ad andarmene. Mi hai usata!”
“Ti ho già chiesto scusa per quello, pensavo fossimo andati oltre.”
“Certo, certo. Hai sempre ragione tu.”
“Sì, sempre.” Improvvisamente Jane mi blocca sul letto rotolandosi su di me ma reggendosi per non pesarmi addosso.
“Ehi, ma che stai facendo?” sgrano gli occhi ma sono compiaciuta e lui lo nota.
“Pensavo che sarei stato più comodo a pancia in giù.”
“Sopra di me?”
“È un esperimento il mio. Che ne pensi?”
Colgo una leggera titubanza nei suoi occhi e, nonostante cerchi di essere spavaldo, ho avvertito anche una lieve incertezza nella voce.
Forza Teresa! Adesso tocca a te!
Sfodero uno sguardo strano, quasi malizioso e gli sorrido. “Per essere un esperimento la partenza non è niente male.” Gli cingo le spalle con le mie braccia e sento l’accappatoio allentarsi. Questo mi provoca un brivido e non è decisamente per il freddo. Sento che anche lui l’ha notato. Non mi devo fermare, non mi voglio fermare. Allora lo bacio. È un bacio diverso da subito. Ce ne accorgiamo entrambi. È profondo, forte, succulento. Il turbante cede immediatamente sotto la pressione delle sue mani e in un momento sento le sue dita aggrovigliarsi attorno ai miei capelli ancora umidi per avvicinare ancora di più la mia testa alla sua. Come se davvero fosse possibile, solo per sentirmi più vicina. Sospiro e inarco la schiena involontariamente verso il suo corpo ma qualcosa mi infastidisce. Il mio accappatoio è decisamente più morbido dei suoi vestiti e, nonostante lo apprezzi davvero vestito in camicia e pantaloni, adesso mi sembrano fuori luogo. Non posso credere a quello che sto pensando. Voglio Jane. Lo voglio.
Interrompo un istante il bacio per mettere in atto un piano contro la scomoda situazione dei suoi vestiti ma colgo una leggera smorfia di dolore sul suo viso.
“Che c’è?”
“Ehm, nulla… solo una fitta. Penso tu abbia inavvertitamente avvolto la mia caviglia malandata con la tua gamba. Non che la cosa mi dispiaccia, Lisbon… però non sono riuscito a controllare il dolore.”
“Oh, Jane! Scusa, scusami tanto. Mi sono completamente dimenticata della tua caviglia.” Cerco di mettermi seduta, sciogliendo effettivamente le mie gambe aggrovigliate alle sue.
Lui si solleva appena sugli avambracci e riprende a baciarmi con un ritmo più lento mentre la mia razionalità torna a poco a poco.
“Jane” mugugno sulle sue labbra. “Jane aspetta. È meglio se ci fermiamo. Devi rispettare il patto. Dopo il racconto del caso avremmo dovuto riposare, ricordi?”
Mi guarda malizioso. “Mi pare che fino a poco fa non ti importasse molto del patto, o mi sbaglio?”
“Oh, andiamo, Jane! Ok, sì… hai ragione… ma ora me ne sono ricordata ed è per il tuo bene. Davvero.”
Guardo i suoi occhi che sono sicura essere un riflesso dei miei. Brillano ma hanno ancora uno sprazzo di lucidità, lo vedo.
“Ok, va bene agente Lisbon. Per questa volta rispetterò le regole.” Si riappropria della sua parte di letto ma nel farlo mi attira a sé e mi cinge con le braccia. Mi ritrovo naturalmente con la testa appoggiata al suo petto, i miei capelli sparpagliati sulla sua camicia che, mi accorgo solo ora, ha un bottone o due di troppo slacciati nella parte alta. Gli intravedo la canottiera e, ancora una volta, sento un brivido percorrermi la spina dorsale. Lo guardo e mi sorride e io… fatico a mantenermi calma, lo ammetto. Mi accoccolo come meglio posso tra le sue braccia, avvolgendolo con un braccio al livello dell’addome ma soprattutto incurante del fatto che il mio accappatoio si sta quasi aprendo, occupata come sono a non avvolgergli ancora le gambe attorno alla caviglia slogata.
“Comoda?”
“Sì. E tu?”
“Direi di sì. Anche se con una visuale così potrei faticare a riposarmi.”
Lo guardo dubbiosa e vedo che il suo sguardo è fissato non troppo innocentemente sulla scollatura dell’accappatoio che si è aperta parecchio rivelando parte dei miei seni.
“Accidenti, Jane!” Arrossisco e lo colpisco con un piccolo pugno sulla spalla prima di tentare di coprirmi, anche se con scarsi risultati visto che comunque non ho nessuna intenzione di abbandonare il suo abbraccio.
“Ahi, non essere crudele! Non ho detto nulla di male in fondo. Ma non puoi tendere un’esca così allettante e pretendere che non ti dica nulla.” Ammicca e non mi lascia aggiungere altro perché si sporge appena per spegnere l’abatjour sul comodino dal suo lato del letto. Curiosamente non mi sono accorta che era l’unica fonte di luce rimasta nella stanza da quando sono uscita dal bagno. Sto perdendo colpi, sto abbassando la guardia. Sarà la stanchezza, sarà l’eccitazione, sarà Jane. È sempre colpa di Jane, alla fine.
Ora il buio ci avvolge tutto intorno. Mi stringe ancora a sé e io mi aggrappo ancor più a lui. Sento che le sue labbra mi sfiorano l’attaccatura dei capelli.
“Buonanotte, Teresa. E buon riposo.”
“Buonanotte, Patrick.” E stacco finalmente la spina.

 

Angolo Mirty_92

Ciao a tutti! Eccomi qui con il secondo capitolo. Da paura! Nel senso che non pensavo di pubblicare così velocemente ma le parole sono scaturite come un fiume in piena. Una sola considerazione generale. Ho messo il rating arancione a questa fanfic ma mi sono accorta che è la prima storia in assoluto che cercherò di scrivere con questo standard e, onestamente, non so se ne sono capace e non so fino a che punto potrei spingermi. Spero di essere in grado di gestire bene la situazione perché credo fermamente che non serva descrivere chissà cosa per far emozionare un lettore. Ed essendo io una lettrice abbastanza esigente, credetemi, mi rendo conto quanto possa essere difficile parlare di scene piccanti ma soprattutto farlo bene.
Non so se riuscirò in questo intento ma voglio comunque provarci. Fatemi sapere qualcosa se vi va, le critiche costruttive sono sempre ben accette!

E con questo vi saluto!

A presto

Mirty
  
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