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Autore: _Robertino_    13/04/2020    0 recensioni
Anna e Marco, l'adolescenza, i giorni e le emozioni condivise. Tutto questo in un intreccio di avvenimenti in un percorso di crescita dei due protagonisti tra scuola e vita quotidiana.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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L’aria già frizzante di quel tardo pomeriggio avvolgeva i corpi dei due ragazzi coperti da quegli indumenti ancora leggeri. Nel poco tratto di strada dalla piazzetta al primo bar le loro teste furono completamente svuotate. Nessuno dei due riuscì a pensare nulla, a qualcosa sul significato di quell’abbraccio di qualche istante prima. Entrambi avevano solo voglia di arrivare a destinazione e scaldarsi. In due minuti arrivarono a un grande piazzale pieno zeppo di bici e scooter sgangherati, dove quello di Marco forse, a confronto, era quello messo meglio. Marco salutò un gruppetto di compagni che facevano capannello di fronte alla fontana. Al passaggio della coppia, il gruppetto, sfoggiava a bassa voce una lista di commenti e banalità. Marco e Anna tirarono dritto e si sedettero ad un tavolo per due persone. Il caldo del locale li rianimò e si guardarono ancora una volta. Lesto arrivò quello che aveva l’aria di essere un cameriere: uno spilungone in camicia bianca e pantaloni neri attillati, il quale sfoggiò un sorriso e attese che proferissero parola. - Un tè caldo per me... - Un succo A.C.E. ...grazie! Il cameriere indietreggiò come a non voler rompere quella bolla di silenzio che Anna e Marco si erano costruiti in quel pomeriggio che ormai era inoltrato verso la sera. Quel silenzio andava rotto, in un modo o nell’altro. Ovviamente nessuno dei due osava fare il passo decisivo fino a quando Anna sospirò e prese la parola: -“Ascoltami...non so veramente da dove cominciare ma...mi dispiace... Mi dispiace molto per te. Lo so che sei arrabbiato, solo, deluso e non ce la fai più ma ti facevo diverso, pensavo che a tutto questo, con il tempo reagissi come di solito fai quando non la fai passare liscia a qualcuno. Con la convivenza in classe per un anno, qualcosa ho visto... Ora però non so cosa ti succede. Sei spento Marco, non sei tu. So di averti tenuto sulle spine e di non averti aiutato, con tutto il bisogno che avevi e che hai ancora oggi, ma non ti nascondo che ho tifato per te, perché tu tirassi fuori quello che sei e rialzassi la testa. Forse non basta... ” Gli occhi di Anna si fecero lucidi, il piccolo locale si andava svuotando come a preservare quell’aura di segreto che si era costruita tra i due. Il cameriere, intanto, arrivo con il tè e il succo A.C.E., ancora una volta, in maniera discreta si allontanò. Anna proseguì: “Quando avrai il compito del debito formativo?” – “Lo stesso giorno del primo compito in classe di matematica. A metà ottobre... so un ca...” Marco, anche se il locale era vuoto, abbassò la voce. -“Ho bisogno di te Anna, devo recuperare assolutamente matematica...” – “Seh... cosi mantieni il motorino e continui a girarmi intorno sperando che succeda qualcosa... ” – “Al diavolo il motorino, Anna, è una questione di orgoglio personale. Questo pomeriggio poteva sembrare che io fossi in silenzio e con la testa altrove ma non è cosi. Ho ascoltato ogni tua parola, punteggiatura compresa, e hai ragione, io non ero cosi, io giravo per l’istituto a testa alta. Oggi mi sembrava di essere un primino che aveva persino paura della sua ombra. Inoltre è vero, è un anno che ti ronzo intorno e proprio grazie a questa stupida sfrontatezza con cui vado in giro, non sono stato in grado di chiederti di fare semplicemente un giro come finalmente ho fatto oggi.”. Fece una pausa, ingurgitò in un colpo il succo A.C.E. e poi fece un gran sospiro. Anna non sapeva che dire e solo dopo qualche attimo stretta tra le spalle sussurrò “Scusa” e finì il suo tè. Appoggiò la tazzina e guardò Marco arrossendo. -“Scusami, nemmeno io in tutto questo tempo ci ho capito niente, presa dalla voglia di scalare una chissà quale classifica di studente dell’anno, quando potevo rimanere accanto a chi ne ha bisogno. E tu ne hai. Facciamo un patto: in questo tempo che ti separa da questo dannato debito da sanare, appena ho finito di studiare ti raggiungo a casa e ti aiuterò. Tu però, promettimi che non mollerai e continuerai a studiare per recuperare tutto quello che c’è da recuperare ed essere promosso. Ci stai?” Per Marco quelle parole erano acqua che disseta una gola secca da chissà quanto tempo, rimase con lo sguardo vuoto fisso su Anna e solo dopo qualche minuto sussurrò un “si” misto a lacrime. I mesi successivi a quell’incontro erano fatti di quella complicità tra compagni di classe che Anna e Marco avevano perso. Arrivò il fatidico giorno della prova e Marco, dopo due ore, prima che scoppiasse di fronte ai compagni, corse al bagno, si lavò la faccia mentre rideva. Prima di consegnare aveva guardato all’infinito il foglio, era sicuro di avercela fatta. Qualche giorno dopo arrivò il tanto sospirato 7 che significava per Marco la riconquista della dignità e di orgoglio. Incrociò Anna per i corridoi la quale fece in tempo a dire solamente: “Allora?”. Marco rimase in silenzio, prese Anna per un braccio, si appartarono dietro un muro della scuola e la guardò fissa negl’occhi. Dopo qualche istante disse solo “Grazie.”, sfiorò il suo viso e rimase ancora una volta con gli occhi puntati in quelli di Anna. Lasciò cadere il braccio, si volto e senza dire nulla riprese il lungo corridoio. Non osò fare di più, in quel mese e mezzo aveva capito più cose che in una intera vita senza appigli, come la sua famiglia. Anna a sua insaputa era stata l’insegnante migliore che avesse avuto.
   
 
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