La dama in Giallo
La Gringott di domenica mattina era
silenziosa. Pansy era sulla porta dell’ufficio di Blaise e
guardava il salone.
Era così strano. Neanche un folletto. Nessun dipendente. E
poi non c’era neanche
Brianna. Ah, no. Non si chiamava così. Come si chiamava? Ah,
sì, Bridget.
“Pansy?” Si voltò verso Blaise che la
chiamava da dentro l’ufficio.
Lui e la Granger avevano avuto una piccola
discussione su come gestire la cosa con il Ministero. Secondo la ex
Grifondoro
dovevano assolutamente informare qualcuno, mentre Blaise invece voleva
prima
vederci chiaro. Non era sicura di come si fossero messi
d’accordo.
Lui le fece cenno di avvicinarsi.
“Tiriamo giù le coperture dai quadri?”
Lei annuì. Per sicurezza li avevano appesi e incantati tutti
e tre. Non
avrebbero potuto andare da nessuna parte. Ora però dovevano
scoprirli.
Blaise tirò fuori la bacchetta e fece
cadere la stoffa che copriva il quadro di campagna. Il contadino
dormiva
ancora. Pansy lo guardò bene. Non aveva potuto farlo due
giorni prima perché
non sapevano bene come interpretare la cosa. Era lui. Il tipo che
intrecciava i
canestri nel suo ufficio. Si voltò verso gli altri.
Cosa dovevano fare? Vide Blaise far
cadere un’altra copertura.
“Per Godric!”
Blaise si voltò verso la
moglie di Potter. La rossa aveva spalancato la bocca e indicato il
quadro con
il cacciatore, quello che a Pansy faceva orrore. Lo guardò.
Effettivamente
l’espressione del cervo trasmetteva sofferenza.
“Fammi indovinare, hai già visto il
quadro, giusto?” La Granger si avvicinò per
osservarlo meglio.
Fece una smorfia anche lei e
disse: “Il
cacciatore e il cervo ci sono anche al Ministero. Nel quadro
nell’ufficio di
Harry”. La rossa annuì. Oh, Merlino.
“Ma i quadri che ci sono al Ministero
non sono protetti magicamente?” chiese alla Granger.
Ginny gemette. Forte.
“Harry ha
ricevuto in regalo il quadro. Ma io non lo volevo a casa. Non volevo un
cacciatore che sparava a un cervo. Così gli dissi di
portarlo in ufficio. Non pensavo
che…” Si portò una mano alla bocca.
Merlino! Era stata colpa sua!
Hermione le si avvicinò e le mise una
mano sulla spalla. “Su su. Non è stata colpa tua.
Però avresti potuto immaginare
che al Ministero non venisse controllato ciò che ci si porta
da casa…”
Vide la Parkinson gettare una brutta
occhiata a Hermione e questa sostenere il suo sguardo.
“Beh, è vero. È così che
stanno le
cose!” La mora sbuffò.
“È colpa di Harris. Di nessun altro.”
“Penso ci sia qualcun
altro con
Harris. Un… complice” Blaise aveva parlato
guardando il quadro.
Alzò la bacchetta per scoprire la
signora vestita di giallo. Sperò che si fosse vestita. E che
non urlasse.
La Granger alzò un sopracciglio. “Tu
dici?”
Alzò le spalle. “Ci sono troppe cose.
O Harris aveva un capoccione così oppure si è
fatto aiutare.”
“Oppure ha aiutato qualcuno”. Tutti si
girarono verso Pansy.
“Come?” Anche lei alzò le spalle.
“Sembra un piano bello complesso. I
quadri con il San Mungo e il Ministero. Una maledizione difficile da
fare e
ancora più difficile da diagnosticare. Il momento giusto per
non fare curare
Potter. Tutto è un po’ troppo…
complicato da gestire. Personalmente ho visto
Harris un po’ di volte e non mi sembrava tutto
questo… Genio del crimine.”
“Ok. Allora partiamo da quello che
sappiamo. Sappiamo come spiava il San Mungo e il Ministero. E il terzo
quadro?
Chi è?”
Nessuno rispose. Pansy si avvicinò al
terzo quadro. Blaise fece cadere la stoffa e tutti osservarono la
signora
vestita di giallo che si lamentava facendosi aria con il ventaglio.
“Ehm…
Buongiorno, signora.”
Pansy sorrise al quadro. La signora le
sorrise. “Oh, buongiorno cara. Che piacere vedere finalmente
qualcuno. Sono stata
al buio così tanto tempo…”
Sospirò e guardò anche gli altri.
Quando il suo sguardo si fermò su
Blaise le sue guance divennero rosse e si coprì con il
ventaglio.
“Ci scusi se la disturbiamo…”
Iniziò
la Granger. La signora del quadro la guardò e
sbatté ancora il ventaglio.
“Chi sei, ragazzina?”
“Io sono Hermione Granger. Posso
chiederle il suo nome?” La signora si mise più
composta, irrigidendo la
schiena.
“Io sono la contessa Helena Luisa Petty-FitzMaurice,
della Cornovaglia”. E sventolò
ancora un po’ il ventaglio.
“È
un piacere
conoscerla. Chissà che vita importante ha avuto, signora
contessa!” Pansy
guardò la Granger che cercava di ingraziarsi il quadro. Ma
la contessa non
parve particolarmente interessata.
“Sono ancora
signorina” precisò con sufficienza.
“Mi permetta di
presentarmi, signorina Helena, sono Blaise Antonio Zabini.”
E l’ex Serpeverde s’inchinò al suo
cospetto. Questa volta la contessa fu più colpita.
“È uno straniero?” Lui sorrise. Pansy
l’aveva visto fare a Hogwarts a così tante
ragazze, quel sorriso, che sbuffò.
“Ho origini italiane, mia cara
contessa.”
“Oh, Italia?” Ora la contessa Helena
era ancor più colpita. Spostò il ventaglio da
davanti al busto e scoprì il
vestito.
“Ma che bel vestito che ha, contessa!”
La Granger ci stava provando ancora. La contessa però le
lanciò
un’occhiataccia.
“Non posso ricambiare il complimento.
Mi dispiace. A nessuna delle tre”. E osservò la
stanza, squadrando le tre
ragazze.
Pansy si fece avanti. “Oh, nessuno di
noi può permettersi un abito così bello. Ultima
moda francese, giusto? Vedo
anche del pizzo chantilly e non del semplice macramè. Lei
dev’essere
un’intenditrice, contessa. Se dopo vuole darmi il nome della
sua modista…”
La dama in giallo sorrise. Bingo.
“E tu, cara, chi sei?” Pansy fece una
riverenza, ma non si chinò troppo, proprio come le avevano
insegnato tempo
prima.
“Pansy Penelope Parkinson, sono una
discendente del VI Duca di S.Ives”. Il sorriso della matrona
divenne ancora più
ampio.
“Davvero, cara?”
“Sì, dalla parte di mia madre, milady.”
Blaise la guardò
sconcertato. Come
aveva fatto a inventarsi una cosa del genere? Era stata brava. La
contessa
Helena ora pendeva dalle sue labbra.
“Oh, cara. Me lo
ricordo, il duca. La sua
tenuta confinava con quella di mio padre…” E
sospirò. Un sospiro… come lo
avrebbe potuto definire? Mah… Era tutto…
femminile.
“Ho sentito dire che fosse un gran
bell’uomo, Simon…” E Pansy
ammiccò in direzione del quadro. Ora la contessa
ridacchiò.
Qualcosa disse a Blaise che non si
stava inventando niente. Ok, però si stava tirando per le
lunghe.
“Ehm…” Tossicchiò. Le due
streghe non
sposate si girarono verso di lui, con uno sguardo arrabbiato.
“Non bisognerebbe interrompere due
dame che fanno conversazione, Blaise…” Pansy lo
fulminò con un sguardo.
“Ma.. Lo chiami per nome? Siete
intimi?” La contessa lo guardò con ancora
più attenzione. Ok, ora basta.
“Sentite…” Ora anche la Granger lo
guardava male.
“Oh, siamo cresciuti insieme. Le
nostre famiglie si conoscono da sempre” mentì
Pansy.
“Lei invece? Ha avuto una bella vita?”
Blaise sospirò ancora.
“Non mi sono sposata” rispose la dama
in giallo.
“Oh, non è necessario sposarsi, per divertirsi.
Cosa le piaceva fare?” La dama sventolò ancora il
ventaglio.
“Oh, sì, mi sono divertita lo stesso!”
Merlino, aveva ammiccato! “Simon ne sapeva qualcosa. Ma ho
anche conosciuto
letterati e poeti. Il mio salotto era uno dei più
frequentati all’epoca. Vivevo
a Mayfair, io!” Sventolò ancora il ventaglio.
“Quindi le piace la gente. Ma qui è
tutta sola. Gli altri quadri non sembrano persone socievoli con cui
parlare di
letteratura…” La contessa storse il naso in una
smorfia e scosse la testa. “Va
di solito a trovare qualcuno, non so, un suo familiare o se stessa in
un altro
quadro? Dove magari è raffigurata in una
biblioteca?”
Pansy era stata bravissima. Sorrise.
Vide sorridere anche la Potter e la Granger. “Oh, non ho
molti posti dove
andare. Purtroppo i miei quadri sono andati o distrutti o chiusi in
qualche
cantina incantata. Ma fino a poco tempo fa…”
Sìììì…?
Pansy sorrise. “Dove
andava?”
“Oh, andavo a casa di un mio nipote. Beh,
un pro-pro-pro-nipote, a dir la verità. Un ragazzo
così a modo. E anche bello.
Ma a casa non c’era mai..”
“È la zia del dottor Denys Mills?” La
dama sorrise ancora.
“Sì, cara, lo conosci? Lui è
così
gentile. Ha appeso un quadro della famiglia di mia sorella Dorothea in
corridoio.
Ci sono anch’io anche se sono un po’ più
giovane. E vado da lei. Ma poi è
successa quella cosa… Oh, come mi dispiace…
È stato così brutto…”
“Cos’è successo?”
“Oh, un mago malvagio... È venuto… Ha
fatto tanta confusione. E ha lanciato incantesimi sul povero
Denys…” Pansy
sentì un brivido lungo la schiena. Non era morto, vero?
“Ma… Harris? È stato il signor
Harris?”
“Il signor Harris che era qui?” Chiese
la dama e poi scosse la testa. “No. Un altro mago. Ma poi
è venuto a casa sua
anche il signor Harris. È successa una gran confusione.
Quando il mago cattivo ha
aggredito Denys, ha mandato un gufo al signor Harris e lui è
andato là. Ma poi
mi ha tolto dalla parete e mi ha messo in cantina. Non me lo aspettavo.
Era
sempre stato così gentile, con me. Mi chiedeva sempre di
Dorothea e della sua
famiglia…”
“E le chiedeva anche di Denys?” Il
quadro annuì.
“Sì, voleva sapere cosa facesse e
quando andava a casa, se abitasse da solo e cose così.
Chiedeva sempre. Era
così gentile…”
“Ok, e se ora noi le chiedessimo un
grosso favore, lei sarebbe disposta ad aiutarci?”
“Ah. Non saprei. Cosa vorresti che
facessi per aiutarti?”
“Vorrei che andasse da Dorothea, ma
senza farsi notare da chi c’è in casa e che riesca
a guardare quello che sta
succedendo. Penso che Denys sia nei guai e vorrei aiutarlo. Se le
chiedessi di
spiare a casa sua senza dire niente a nessuno, lo potrebbe
fare?”
“Mi fai tornare da Dorothea?” Pansy
annuì.
“Potremmo trovare la
maniera di farla
appendere vicino al quadro di Dorothea, così che anche lei
potrebbe venire a
trovarla. Le piacerebbe?” Hermione aveva seguito tutto il
discorso e aveva
deciso di intervenire. La Parkinson era stata brava. Ora bisognava solo
capire
cosa stesse succedendo a casa del dottore.
La dama in giallo la guardò senza
storcere la bocca, per la prima volta.
“Sì. Mi piacerebbe. Vi
aiuterò.”
Zabini alzò la bacchetta e tolse
l’incantesimo di protezione al quadro. La contessa
sparì subito. “Ora resta
solo un problema” disse ancora Hermione.
“Ossia?” Ginny era rimasta in silenzio
per tutto quel tempo. Era un record, lo sapeva. Ma forse era stanca.
Era stata
tutta la notte a dormire vicino a Harry, nonostante sapesse benissimo
che non
avrebbe potuto svegliarsi. Ma aveva detto di volerlo fare per non
creare
sospetti.
Si girò verso la Parkinson. “Tu sai
dove abita il dottore?”
“No, non ci sono mai stata…” Merlino!
Si voltò verso il moro, quando lo sentì
sospirare.
“Ma penso di sapere come risolvere la
cosa.”
“Parkinson, quando questa
storia sarà
finita e Harry starà bene, sei invitata a cena a casa
nostra. E ti farò
assaggiare le torte di mia mamma!” La piccola Weasley
sorrideva stanca.
“Sì, però… Niente
Goldstein!” Blaise
non si rese conto di averlo detto ad alta voce.
Ginny alzò un
sopracciglio guardando
Zabini. Oh oh. Le era sfuggito qualcosa. Sorrise sorniona.
“Facciamo così, Zabini: potrai venire
anche tu”. Lui sorrise e annuì.
La Parkinson sbuffò rumorosamente.
“Veramente non ho ancora accettato.
Prima sistemiamo questa cosa. Cerchiamo Denys e salviamo il mio
lavoro.”
***
L’infermiera si era presa
una pausa.
Stava bevendo una tazza di tè su una delle poltrone nella
sala relax e aveva
appoggiato i piedi sul tavolino.
Pansy la osservava sotto il mantello
di Potter. Si avvicinò e si sedette sul suo bracciolo.
Scostò appena il
mantello per farsi vedere e chiamò l’infermiera:
“April”.
Lei alzò gli occhi e la riconobbe.
“Pansy!”
Era stupita. Per forza. Non poteva stare lì.
“Vieni con me.”
La prese per mano e la trascinò in uno
sgabuzzino. Chiuse la porta alle sue spalle e si tolse il mantello.
“Salve” disse
April, l’infermiera, al
quartetto che si era ritrovata davanti. Un ragazzo moro (un bel ragazzo
moro!),
la moglie di Potter, la salvatrice del mondo magico e Pansy.
Ebbe quasi paura. “Che succede?”
La dottoressa le rispose: “Abbiamo
bisogno di aiuto. Adesso non posso spiegarti tutto tutto, ma devi
fidarti di me.”
“Io mi fido di te, Pansy, lo sai.
Tutti qui non capiscono cos’è successo e io non
riesco a spiegarlo quando me lo
chiedono, perché non lo so” disse onestamente.
“Tu sai dove abita il dottor Mills?” La
guardò stranita.
“Perché questa domanda? Il dottor
Mills è nel tuo ufficio, ora, se vuoi
vederlo…”
“Quello non è Denys, April”.
Aprì la
bocca. Davvero? Sorrise. Poi il sorriso sparì.
“Che vuol dire che non è lui?”
“Pensiamo sia un altro. Dobbiamo però
trovare il vero Denys, quindi, tu sai come andare a casa
sua?” Oh, se non era
lui allora…
“Ma Denys sta bene? E poi, da quanto
tempo questo qui, non è lui?” chiese ancora.
Pansy guardò
l’infermiera. Che domanda
strana. “Almeno da lunedì scorso.
Perché?” Lei divenne rossa e scosse la testa.
“Ok, niente, niente…” Ma sorrise.
Sperò che Denys non si fosse comportato male con lei. Il
vero Denys. Perché gli
avrebbe lanciato qualche maledizione di sicuro.
“Sì, comunque, posso
smaterializzarmi a casa sua”.
“Preferiremmo di no. Sarebbe meglio
fuori dal suo appartamento o anche in strada. Non dentro,
però”. Helena aveva
detto che a casa sua c’era qualcuno. Qualcuno a cui era
meglio non svelare
quello che sapevano.
L’infermiera annuì ancora. Poi si
voltò verso gli altri. Giusto.
“Scusa, hai ragione, non vi ho
presentato: Ginny, la moglie di Potter, e Hermione Granger le conosci
già
immagino. Lui invece è Zabini. Eravamo tutti a Hogwarts,
insieme.”
April li guardò tutti e
tre. Le due
donne le aveva già viste sì. Erano salvatrici del
mondo. Chiunque le conosceva.
Il bel ragazzo moro, invece… Quando guardò il
ragazzo che non conosceva, lui
sorrise.
“Piacere, Blaise Zabini…”
“Blaise!” esclamò, girandosi verso
Pansy.
Blaise della scuola? Il famoso Blaise?
Pansy le aveva parlato di quel ragazzo. Tanto. Tantissimo. Sorrise
vedendo le
guance della sua amica colorarsi.
“Pansy mi ha parlato…”
“Sì, dai, andiamo. Smaterializziamoci
insieme. Poi io aiuto gli altri”. La prese per un braccio.
Ok. Prima le cose
importanti. Ma vide uno sguardo incuriosito sul viso del moro.
Si prepararono e Pansy la prese
sottobraccio.
Si materializzarono in una
soffitta.
“Ma dove siamo?”
“In cima alle scale. Ho pensato che
fosse la cosa più comoda…”
“Sì, sì, hai ragione”. Si
misero il
mantello e scesero le scale.
“Blaise, eh?” disse April. Sapeva cosa
sarebbe successo. Non aveva fatto il suo nome apposta.
“Già.”
“Il tipo di Hogwarts?”
“Già”. L’infermiera
ridacchiò.
“Non ti vedo da quasi una settimana.
Cosa hai fatto in questa settimana, dottoressa?”
“Oh, smettila, April.”
“Smettila tu, Pansy. Voglio i
particolari. Me li merito per averti ascoltato mentre eri ubriaca e
piangevi di
non aver fatto niente a Hogwarts!” Sospirò.
Però era vero. April era formidabile.
Ed era una buona amica.
“Siete stati a letto insieme?”
“April!” Per fortuna sulle scale non
c’era nessuno.
Ma l’infermiera sorrise sorniona. “Mi
sa di sì. Com’è?”
“Dai…” Ma dovette sorridere
perché
l’amica continuò
“Oh, quindi è bravo. Ti piace ancora
eh?” Sentì il viso andarle a fuoco. Doveva ancora
capire cosa provava per
Blaise.
“Eccoci. Questa è la porta.”
La voce di April la riscosse dai suoi
pensieri.
Ok. Annuì.
“Allora
Zabini?”
“Cosa c’è?”
“Che succede con la Parkinson?”
Blaise sospirò. Oh, Merlino.
Imprigionato in uno sgabuzzino con due donne.
“Niente.”
“Già.”
La Weasley ridacchiò.
Avrebbe voluto tirar fuori la
bacchetta. “E io che pensavo stesse con Malfoy!”
“Hogwarts è finito tanto tempo fa,
Weasley…” Lei ridacchiò ancora. Da
quando suo marito non era più in pericolo
era tornata la ragazzina fastidiosa che si ricordava.
“Malfoy si è sposato un mese fa. Ho
visto l’articolo sulla gazzetta del profeta” disse
la Granger.
“Quindi adesso Zabini ha il campo
libero, no?” disse la rossa all’amica.
“Io le piacevo anche prima!” Non si
rese conto di averlo detto ad alta voce. Le ragazze sorrisero.
“Sei tornato a Londra per lei?” chiese
più gentilmente la Granger. Lui alzò le spalle.
“Sono venuto a indagare su Harris”. La
Granger sollevò un sopracciglio.
“Però non è proprio il lavoro che fai
di solito. O no?” Lo guardò ma lui non le rispose.
“Sai, io al ministero, spesso
controllo le pergamene. Ho visto quello che fai di solito. Ti cerchi
sempre
posti lontani o lavori rischiosi… E questo problema alla
Gringott… Non sembra
proprio quel genere lì…” Blaise avrebbe
preferito una cruciatus.
Sì. Era tornato per lei. Quando aveva
ricevuto l’invito di Draco aveva pensato che sarebbe stato
fantastico
rivederla. Era stufo di girare a vuoto a cercare un posto dove stare,
quando
era sempre solo. Si sceglieva solo ragazze che le assomigliassero o che
gliela ricordassero
per qualche motivo. Ma poi… Non erano lei. Nessuna era lei.
Era stufo di
pensare a Pansy quando era sotto la doccia o quando non riusciva a
dormire. Oh,
Merlino, a parte quando lavorava, pensava sempre a lei ed era passato
così
tanto tempo! Così aveva deciso che il matrimonio di Draco
sarebbe stata la sua
svolta.
L’avrebbe rivista e avrebbe provato a
cambiare qualcosa. Oppure avrebbe deciso di impegnarsi a fare
qualcos’altro. Anche
se aveva immaginato di trovarla tormentata e sconvolta dal matrimonio
di Draco.
E invece no. Lei era tranquilla e in gran forma. Stava benissimo.
E Blaise aveva avuto paura che lei si
fosse lasciata alle spalle anche lui, oltre a Draco. Invece aveva
scoperto
tutte quelle cose su di lei. E a lui piaceva sempre di più.
E anche lui piaceva
a lei. Quello era stato così sconvolgente. Tanto tempo a
pensare che a lei non
piacesse e poi… Sospirò.
Alzò gli occhi quando le ragazze
tornarono.
***
Pansy aspettava pazientemente al
Ministero. Le avevano detto che poteva essere una cosa lunga.
Guardò la Potter
che giocava nervosamente con la fede. Quando si accorse che la stava
guardando,
la rossa smise e le lanciò un sorriso triste.
“È difficile stare qui ad aspettare
che tornino, eh?”
“Già”. Davvero. Come faceva lei quando
Potter andava in missione?
“Perché non vai a casa?” La rossa
alzò
le spalle.
“Casa mia è vuota. È triste essere
lì
senza Harry. Non è come… gli altri
giorni…” Annuì. Doveva essere triste
davvero.
“E perché non vai a casa dai tuoi o da
qualcuno dei tuoi fr…”
“Non sei costretta a parlare con me,
sai?” La piccola Weasley (e non le era mai sembrata
così piccola come quando si
era raggomitolata su se stessa poco prima) la guardò negli
occhi.
“Anch’io sono nervosa” le
confidò e la
rossa annuì.
Chissà cosa stavano facendo Blaise e
la Granger… Erano riusciti a entrare in casa da Denys? Lo
avevano trovato?
Stava bene? E Blaise, stava bene? Gli era successo qualcosa?
Sospirò.
“Allora dimmi, Parkinson, cosa c’è fra
te e Zabini? È vero che è tornato a Londra per
te?”
Come? Pansy spalancò la bocca.
***
Blaise era pronto. La Granger aveva
spalancato la porta con la bacchetta ed erano entrati.
Nell’ingresso non c’era
nessuno. Si erano divisi. Uno a destra e una a sinistra. A
metà del corridoio,
uno dei quadri si agitò. Lo guardò. Una figura
gli fece un cenno strano. La
guardò bene. Era la contessa. Gli indicò in quale
stanza guardare. Le sorrise e
annuì. La stanza in questione era chiusa. Sentì
dei movimenti all’interno. Vide
la Granger tornare dall’altro corridoio e le fece cenno. Lei
annuì a si
avvicinò alla porta.
Quando spalancò la porta lui entrò con
la bacchetta spianata. Davanti a lui, un mago occhialuto, con i capelli
biondi
sporchi e spettinati, era seduto davanti a un calderone appoggiato a un
tavolino basso. Stava mescolando. Non vedeva se avesse in mano la
bacchetta.
“Expelliarmus” gridò, mentre la
Granger lo immobilizzava. Mestolo e bacchetta volarono nella stanza e
si
depositarono sul pavimento. Si chinò a raccogliere la
bacchetta del mago e se
la mise in tasca, avvicinandosi al corpo steso dell’uomo. Lo
guardò in faccia,
ma non lo riconobbe.
“Dov’è il dottore?” gli
chiese. Lui
ghignò e non rispose. Gli diede un calcio. E poi un altro.
“Zabini!” La Granger lo richiamò,
toccandogli un braccio. “Cerchiamolo”.
Ma Blaise non si fidava a lasciarlo
solo. Quando la Granger uscì dalla stanza, lo
schiantò. Giusto per essere sicuri...
Erano solo in due, non voleva che scappasse.
Nel corridoio prese il quadro della
contessa e lo portò dentro.
“Signore, per piacere, se si dovesse riprendere,
urlate e io torno a schiantarlo.”
Si avviò nel corridoio. “Granger?”
“In fondo al corridoio!” gridò la
strega. Seguì la sua voce e si ritrovò in una
camera da letto. Doveva essere
quella del ragazzo. Lui era addormentato, steso sul letto. Aveva ancora
la
divisa dell’ospedale. Probabilmente l’avevano colto
di sorpresa al lavoro o
appena rientrato a casa.
Si avvicinò al letto e lo guardò. No.
Non era addormentato, sembrava… morto.
“Non è morto. Respira. Penso sia morte
apparente. Gli daremo una pozione stimolante.”
Blaise annuì ma poi disse: “E se fosse
come per Potter? Se fosse la maledizione che diceva Pansy?”
La Granger guardò ancora il dottore.
“La Maledizione laterale? Hai ragione, potrebbe
essere…”
“Forse è meglio se lo portiamo al San
Mungo.”
La riccia scosse la testa. “Sarebbe un
po’ strano dover spiegare perché il dottore di
quel reparto si trova lì come
paziente. Da chi lo facciamo visitare? Probabilmente
c’è anche l’altro
dottore…” Giusto. Non ci aveva pensato.
“Vado a prendere Pansy? Che dici?
Porto il tipo che c’è di là al
Ministero e poi vado a prendere Pansy. Ti spiace
rimanere qui?”
La riccia scosse la testa.
“Va bene.”
Hermione seguì Zabini
fino alla stanza
del calderone, dove trovarono il mago senza conoscenza vigilato dal
quadro. Ma
cosa…
“Ma l’hai schiantato?”
Lui alzò le spalle. “Non mi fidavo”
Oh. Ok. Vide il moro prendere il mago
da sotto le ascelle e poi caricarselo in spalla.
“Torno subito”.
Lei annuì mentre si smaterializzarono.
***
Blaise si materializzò
al Ministero e
dovette usare l’ascensore per recarsi al livello due.
Lasciò in custodia il
mago e cercò il sostituto di Potter per fare rapporto,
lasciare la bacchetta
del fermato e poter andare da Pansy, ma quando svoltò
l’angolo del corridoio
vide due ragazze che chiacchieravano su uno dei divani della sala
d’attesa e si
fermò.
Sorrise nel vedere Pansy e quando lei
alzò lo sguardo, riconoscendolo, qualcosa si mosse nel suo
petto.
Lei appoggiò la tazza sul divano (che
si rovesciò) e gli corse incontro, ma quando fu a pochissimo
da lui si fermò e
si morse il labbro. “Blaise, stai bene!”
Certo che stava bene. Che domanda era?
Quando Pansy vide Blaise svoltare
l’angolo del corridoio prima dell’ufficio di
Potter, non riuscì a contenere la
gioia. Si alzò in piedi e gli corse incontro, ma quando si
rese conto che lui
era immobile, si arrestò velocemente prima di finirgli
addosso.
Lo osservò. Stava bene. Non era
successo niente. Non vide la Potter raccogliere la tazza che aveva
fatto cadere
né pulire il divano con la bacchetta, ma la sentì
benissimo quando li raggiunse
e le sussurrò: “Guarda che lo puoi abbracciare, mi
assicurerò che non arrivi
nessuno, mentre vado di là”.
Pansy non se lo fece ripetere due
volte e si buttò su di lui. Gli cinse il collo con le
braccia e nascose il viso
contro il suo petto. Che agitazione! Che paura aveva avuto. Il suo
cuore batteva
a mille.
“Mi hai aspettato?” le chiese lui.
Certo che lo aveva aspettato. Che domanda stupida!
“Certo. Cosa dovevo fare? Per Salazar,
ero così in pensiero…” E
sospirò. Lui ridacchiò. Ma cosa…?
“Ehi, non ridere di
me!”
Blaise non riuscì a
contenere una
risatina. Lei era stata in pensiero? Si sentì invaso da una
gradevole
sensazione. Come il caldo del camino e il tepore di una coperta, come
tornare a
casa dopo tanto tempo. Le cinse la vita e se la strinse a
sé, mentre si chinava
a baciarla. Era a casa.
Lui la stava baciando! Dentro al
Ministero. Al livello degli Auror. Merlino! Si staccò
velocemente e gli chiese
senza fermarsi: “Non ti sei fatto niente?
Dov’è la Granger? Avete trovato Denys?
Come sta? E l’altro mago?”
Lui rise ancora e le disse di non preoccuparsi.
Blaise voleva solo abbracciarla
ancora, ma avevano delle cose urgenti. “Vieni con me, andiamo
dal sostituto di
Potter che gli spiego alcune cose, gli consegno la bacchetta del mago
che
abbiamo portato qui e ti porto da Denys. Non siamo sicuri che stia
bene. Devi
venire a visitarlo. E dopo andiamo al San Mungo”. Pansy aveva
annuito e seguito
tutto quello che lui aveva detto.
Si avviarono verso l’ufficio di Potter
e dopo aver lanciato un’occhiata dietro di loro, le mise una
mano sul sedere.
“Ehi, giù le…”
“Ho una gran voglia di te, lasciami
almeno questo…” E si chinò a baciarle
il collo. La sentì sospirare ma
allontanarsi.
“No, no”. Il suo viso era rosso,
mentre cercava di allontanarlo.
“Ok, va bene…” La lasciò.
“Ma solo
fino a stasera”. Lei rise.
Ebbe quasi paura che gli cedessero le
ginocchia.
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