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Autore: Fuffy91    08/08/2009    1 recensioni
Come Bella aveva supposto, era una motocicletta da corsa, ultimo modello, nera e lucente, con fiamme rosse sul parabrezza, molto caratteristica. Alla guida, c’era un vampiro, a giudicare dalla leggiadra con cui smontò, il cuore muto e l’odore dolciastro che emanava. Aveva il viso coperto da un casco rosso da corsa e il corpo sottile e sinuoso, nonostante l’altezza, sottolineata da stivali a spillo dodici centimetri, superflui, a dir poco, fasciato da un’aderente tuta in pelle nera lucida, con la zip sul davanti che evidenziava un abbondante decoltè. Togliendosi il casco inutile, una cascata di ricci stretti, color rosso brace cadde sulle sue spalle e sulla schiena, incorniciando un viso dai tratti delicati, con una bocca di rosa che rivelò un sorriso abbagliante, non appena i suoi occhi neri come la pece e grandi incontrarono i loro dorati e crucciati. “ Salve!” Questa è la mia nuova storia su Twilight, con un nuovo personaggio uno stravolgere la vita tranquilla della famiglia Cullen! Che succederà? Scopritelo, cliccando sul titolo! Baci baci Fuffy91! ^__________________^
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di donne...di vampire!^^'
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Capitolo3

Bella.

 

Dopo la domanda di Carlisle, vidi la vampira dai capelli fiammeggianti, guardarlo per un attimo seria ed immobile, come un soldato che deve fare una deposizione al suo generale. Ma l’impressione durò poco, visto che, al trascorrere di soli cinque secondi, il suo viso pallido quanto i nostri si illuminò di un sorriso, avanzando verso la moto e prendendo dal porta-oggetti uno zainetto nero e tintinnante di portachiavi.

Una volta recuperato e messo su una sola spalla, lo raggiunse parandosi davanti a lui. Mi permise di analizzarla meglio, mentre Renesmee si agitava nelle mie braccia, ridendo a qualche ricordo che ora non voleva mostrarmi. Era molto alta, quasi quanto Rosalie, nonostante i tacchi degli stivali vertiginosi. Il suo aspetto, nonostante fosse simile al loro, aveva un non so che di ignoto, misterioso, che mi induceva a sapere di più. Eppure, con quei riccioli stretti e disinibiti, quel visino angelico e quell’aria trasognata, sembrava tanto una bambina troppo cresciuta con l’idea di non sapere il motivo preciso per cui si trovasse lì.

“ Lo sai, speravo tanto che tu me lo chiedessi, Carlisle.”

“ Ebbene?”

Disse lui, calmo e pacato, ma stranamente nella sua voce gentile notai un moto di inquietudine.

“ Beh, ho deciso di vivere con te.”

A quel punto, tutti si guardarono sbalorditi e sentii chiaramente i miei occhi sbarrarsi e le mie labbra creare una “O” muta, che subito si richiuse, non appena incrociai gli occhi dorati di Edward, che mi guardò per un attimo imperturbabile, anche se conoscevo le sue espressioni abbastanza bene da capire che era concentrato a valutare i pensieri e le parole di Carlisle, che si passò una mano sul viso, improvvisamente stanco, anche se quando rincontrò nuovamente lo sguardo scuro della vampira di nome Celine, le concesse un sorriso gentile.

“ Posso chiederti il motivo, Celine? Non fraintendermi, sarei felice di accoglierti nella mia famiglia, ma perdonami se mi concedo qualche dubbio, visto che non ci vediamo da…sessanta, novanta anni?”

“ Centosette precisi.”

“ Beh si, è decisamente molto tempo.”

Terminò lui, meditando su qualcosa che solo Edward poteva, in quel momento, poteva conoscere.

“ Dico, sei impazzita?!”

Esplose improvvisamente Rosalie, avanzando verso di lei minacciosa e guardandola truce, mentre Emmett cercava di trattenerla con un braccio.

“ Ti presenti qui, minacciando di uccidere nostra madre e poi, come se niente fosse, chiedi a Carlisle, tutta innocente, di far parte della nostra famiglia? Tu hai qualcosa di storto in quel cervello che ti ritrovi!”

Concluse, ringhiandole contro quelle parole. Mentre Emmett cercava di calmarla, sorridendo divertito dalla furia della campagna, Celine la soppesò con lo sguardo e soffiandole un ciuffo biondo dorato che le era caduta dalla fronte, la sorpassò sorridendole quasi comprensiva, come se fosse lei da biasimare.

“ Lo sai, Barbie cara, non dovresti arrabbiarti così tanto. Ti si formano le rughe sulla fronte e diventi a dir poco orrenda.”

Rosalie la guardò sbigottita, mentre vidi un sorrisino albeggiare sulle labbra del folletto vicino Jasper, concentrato, evidentemente, a calmare l’animo inquieto di Rosalie. Dopo un po’, sembrò riuscirci, visto che con un sospiro, Emmett la lasciò ponendosi al suo fianco e stringendole la vita, mentre lei continuava a lanciare sguardi infuocati alla chioma rossiccia davanti a lei.

Con passo cadenzato si diresse verso Esme, baciandola a sorpresa e veloce sulla guancia destra, regalandole un sorriso affabile.

“ Perdonami, fiorellino, per lo spiacevole equivoco che si è venuto a creare poco anzi. Non si verificherà più, te lo prometto.”

Disse con una faccia da cerbiatto desideroso di bacche, e a quel punto seppi che Esme non avrebbe resistito. Infatti si allargò in un sorriso tenerissimo, abbracciandola materna.

“ Oh, ma certo che ti perdono, Celine. E se vuoi far parte della nostra famiglia, io ne sarò ben lieta.”

Celine sembrò quasi commossa, ma stranamente c’era qualcosa nel suo sguardo che non mi convinceva, mentre abbracciava stretta Esme. Edward osservò Carlisle che sospirò, ricambiando il suo sguardo con uno impotente e scuotendo la testa sorridente.

“ Non so. C’è qualcosa che non mi torna, in quella vampira.”

Confessai ad Edward, che annuì stringendomi alla vita e accarezzando la gamba di Renesmee con le dita, mentre lei rideva per il solletico.

“ Si, anche Carlisle è sospettoso.”

“ Ha detto di averla già conosciuta, centosette anni fa. Che può volere da lui, ora?”

Gli chiesi, osservando come lui la scena di Celine che correva verso la porta di casa Cullen seguita da Esme e dai loro fratelli.

“ Non lo so. Continuo a credere che sia uno scudo come te. Anche se, non sono convinto che lei ne sia cosciente.”

“ Cosa hai letto nella mente di Carlisle?”

Edward mi osservò, mentre lasciavo che Renesmee corresse tra le braccia di Alice, che la condusse per mano in casa, portando uno sguardo di intesa ad Edward, che annuì sorridendo, come lei.

“ Ha valutato le cause che avrebbero potuta portarla da lui. Mancanza di denaro, bisogno di aiuto…ha ripensato anche al loro primo incontro. Mi sono sorpreso di sapere che sia avvenuto prima ancora di incontrarmi. Non sono riuscito a capire il perché della loro separazione.”

Poi sorrise.

“ Ma Alice lo scoprirà di sicuro. Ha intenzione di bombardarla di domande.”

Risi a quelle parole.

“ Tipico di Alice.”

 

 

 

“ E così…tu e Carlisle vi conoscevate.”

Sentii chiedere Alice a Celine, sedendosi al suo fianco su uno dei lati del divano ad angolo, in pelle bianco latte.

“ Si. Io e Carlisle ci siamo conosciuti a Chicago. Mi ha colpito subito, perchè indossava un completo nero molto ricercato e raffinato e un cappello da Casablanca bianco. Molto bello, davvero. E poi, ovviamente, era un vampiro come me, quindi…”

Si interruppe, visto che Alice le fece una nuova domanda.

“ Perché non ci racconti un po’ di te?”

Celine la guardò per un attimo eterno, indecisa se raccontare di sé o no, ma poi si aprì in un sorriso ricambiato da Alice e iniziò a raccontare.

“ Beh, sono nata a Londra, nel 1900. La mia famiglia era una tipica famiglia benestante. Mio padre, William Banner, faceva il bancario di professione, mentre mia madre, Diana Wilson Banner, si occupava della mia educazione. Adoravo mio padre e sopportavo la vivacità di mia madre. Tuttavia, era fin troppo egoista e un giorno mi rivelò, senza troppi indugi, che mio padre non era proprio mio.”

Alice scosse la testa, senza capire.

“ Cioè? In che senso?”

Celine scrollo le spalle disinvolta.

“ Nel senso che non era proprio il mio vero padre. Mia madre mi disse che, in realtà, ero figlia del suo amante, conosciuto prima del matrimonio con Banner. Se non ricordo male era un Lord, morto in guerra, non rammento il nome.”

Concluse, sorridendo senza emozione.

“ Deve essere stato terribile per te, scoprirlo così, all’improvviso.”

Ancora una volta, la stranezza di quella vampira mi sconvolse. Infatti, reagì alle parole di rammarico di Esme con una risata cristallina.

“ Veramente, no. Insomma, ero fin troppo intelligente per capire che qualcosa non tornava. Mia madre era bionda, mio padre bruno, nessuno della loro famiglia aveva avuto parenti dai capelli ricci e di questo colore così peccaminoso, a parere di coloro che a quel tempo frequentavo.”

Disse con un sorriso e intrecciando i suoi ricci fra le dita affusolate, continuando con aria pensierosa.

“ Solo quel attraente Lord londinese era famoso per i suoi ricci rossi. Penso che sia proprio per causa loro che mia madre si invaghì di lui. Era famosa per la sua frivolezza. Forse è solo per gli agi che il mio povero padre poteva offrirle, che lo sposò, anche se sono convinta che non fosse nemmeno innamorata del bel Lord. Mi disse che avrebbe tanto voluto che il bambino che scoprì di portare in grembo fosse quello di William, ma fu con orrore, la notte in cui mi dette alla luce, di vedere quella testolina rossa sbucare dalla copertina rosa in cui mi avevano avvolto. Fortuna che avevo i suoi stessi occhi, azzurri, se non ricordo male.”

Ci rifletté sopra, guardando il soffitto con aria assorta. Mi stupii che ricordasse così tanti particolari della sua vita umana. Di solito, i ricordi sbiadivano con il passare degli anni, ma in lei sembravano molto più che vividi.

“ Però, sono convinta che tua madre amasse te, più del Lord o di tuo padre.”

Le dissi, mentre lei mi osservava stringere Renesmee, che si acciambellò sul mio petto, chiudendo gli occhi sorridente. Celine sorrise dolce e malinconica.

“ Si, immagino di si. Ero l’unica cosa che aveva fatto di bello nella vita. L’unica che l’avesse gratificata come donna e come madre. Si, penso proprio che mi amasse, ma credo solo per compiacere sé stessa.” Sorrise amara: “ Ve l’ho detto, era fin troppo egoista.”

Guardò con sguardo lontano la grande vetrata che affacciava sulla vegetazione florida del bosco, ascoltando lo scrosciare delle acque del fiume e il fruscio delle foglie degli alberi smosse dal vento.

“ Come sei diventata vampira?”

Chiese Alice, stanca del silenzio meditabondo che si era venuto a creare.

Celine si accese di entusiasmo a quella domanda, stupendomi ancora di più. Infatti, per tutti i membri della famiglia Cullen, il momento della trasformazione era il più vivido e il più terribile e nessuno lo aveva raccontato con piacere e con un sorriso, nonostante la calma innaturale che avevano mostrato. Quindi fu giustificato il mio stupore, nel costatare l’entusiasmo, quasi il divertimento che Celine aveva elargito nel narrarlo a tutti loro.

“ Fu un’esperienza a dir poco esilarante. I miei genitori erano appena deceduti da un attacco nemico che mandò a fuoco la nostra casa. Io ero distrutta, capirete, naturalmente. Avevo perduto in un solo colpo i genitori e la casa in cui abitavo. Non avevo nessuno, i miei parenti si consideravano più che generosi per aver provveduto al funerale, non mi sopportavano un granché. Probabilmente, avevano capito da un pezzo che io non ero la vera figlia di William, e così le rispettive famiglie, nonostante il dolore, si odiavano e l’unica cosa che avevano in comune era il fatto di odiare me.”

Disse tutto questo sorridendo, tanto che io ed Edward ci scambiammo uno sguardo confuso, mentre gli unici che sembravano divertirsi erano Carlisle, che la osservava sorridente, seduto sulla poltrona, con accanto Esme, e la stessa Celine che, ignorando lo sconcerto di tutti, continuò a narrare la sua storia.

“ Oh, ma sto divagando. Dov’ero rimasta? Ah, si! Il funerale. Beh, dopo che tutto terminò, incluso l’ultimo saluto dato ai miei più che orripilanti parenti, vagai per le strade di Londra, con indosso un orrendo vestito nero e due fiocchi neri a trattenere i miei ricci. Tutto sommato, non ero male, considerando che il nero mi è sempre stato d’incanto. Ad ogni modo, non so come, ma gironzolando senza una meta e con la testa sgombra da ogni pensiero, mi ritrovai in un vicolo oscuro, dove da lontano si vedeva l’insegna di una locanda. Senza pensarci, mi ci intrufolai. Ricordo di essermi seduta al bancone, mentre uomini e giovani soldati brindavano e si ubriacavano contenti, ignorandomi deliberatamente. Tutto ad un tratto, vidi una mano pallidissima porgermi un piatto di verdure e carne molto appetitoso e fu allora che lo vidi. Si chiamava Nathan, era un vampiro molto affascinante. Occhi rossi, viso d’angelo, un sorriso amichevole e seducente, capelli neri e disordinati, vestiti modesti. Un vero schianto!”

Esclamò annuendo e sospirando adorante. Poi continuò, osservando Alice sognante.

“ La prima cosa che mi disse fu <> Ovviamente non risposi, ero troppo sopraffatta dalla sua bellezza per riuscire a spiccicare parola. Ma lui non si curò del mio mutismo, e ridendo sottovoce- a mio parere non avrebbe mai dovuto farlo, visto che per poco non svenni- infilzò una foglia di lattuga con una forchetta e fece per imboccarmi: <> mi disse poi, mentre mangiavo la lattuga che lui mi stava porgendo. Andammo avanti così finché non finii tutto il cibo che c’era in quel piatto, e ancora non capisco come abbia fatto Nathan a non vomitare, guardandomi mangiare da così vicino. Immagino che la puzza deve essere stata orribile.

“ Comunque sia, dopo aver mangiato, mi prese per mano e passeggiammo per i viali di Londra. Dopo mi portò in quello che doveva essere il suo rifugio, facendomi stendere sul suo letto. Lui si stese accanto a me e mi guardò a lungo, finché alla fine, mi parlò, con voce sommessa, quasi emozionata:<< Celine, tu sei la fanciulla più bella che abbia mai conosciuto. Saresti una compagna perfetta, per me. Vorresti esserlo?>> In quel momento, non capii il significato di quelle parole, fatto sta che non appena non potei fare a meno di annuire, Nathan mi baciò. Pensa, il mio primo bacio, da un vampiro bellissimo e galante!”

Sospirò e rise gioiosa, al ricordo.

“ Si, immagino.”

Rispose Alice, ammiccando verso me ed Edward. Lui le sorrise, baciandomi la fronte mentre io risi sottovoce. Già, il mio primo bacio era stato con un vampiro bellissimo, galante e mio, solo mio. Scoprii che io e Celine, in fondo, avevamo molto in comune.

“ E poi, ti trasformò quella notte?”

Le chiese Edward e lei gli concesse un’occhiata languida che non mi piacque molto.

“ Si, pasticcino. Ovviamente provai un dolore atroce. Furono i tre giorni e le tre notti più terribili di tutte. Ma del resto, lo sono state anche per voi, immagino. Quando mi risvegliai, ero ancora su quel letto, con lo stesso vestito nero. Ero viva, nonostante avessi atteso la morte e soprattutto ero come Nathan, che mi guardava sorridente da una sedia a dondolo all’angolo di quella squallida stanza.

Ricordo perfettamente che si alzò e con i miei nuovi occhi da vampira super potenziata, mi sembrò ancora più bello ed elegante. Quando parlò fu uno shock sentire la sua voce. Era ancora più bella di quanto ricordassi. Mi disse, tendendomi una mano:<< Vieni, mia Celine. Andiamo via di qui, insieme.>> Stavo per afferrare la sua mano, ma c’era qualcosa che non andava. Qualcosa che non mi tornava. Per quale motivo avrei dovuto seguirlo? Per quale scopo? In fondo non lo conoscevo nemmeno tanto bene. Anzi, non sapevo nulla di lui, a parte il nome. Fu così che mi accorsi di quello che in realtà Nathan mi aveva fatto, e di quello che io non avrei mai, a mente fredda e razionale, permesso che lui mi facesse. Mi aveva sedotta, rapita, in un certo senso, e poi, egoisticamente, mi aveva trasformata nel mostro che lui era in realtà, solamente perché voleva fare di me la sua compagna.”

Mentre raccontava, il suo sguardo brillante di ossidiana, divenne ancora più oscuro, le sue sopracciglia si crucciarono e la sua voce si fece rabbiosa, sottolineata dai pugni chiusi.

“ La sua compagna…sua…che diritto aveva di definirmi sua? Chi era lui? Solo il demone con la faccia d’angelo che mi aveva trascinato in un’immortalità che non avevo chiesto. E così quello che avevo etichettato da umana come il mio salvatore, il mio principe, si tramutò nel mostro che detestavo con tutta me stessa da vampira. Si, lo odiai, lo odiai talmente tanto che lo uccisi senza pensarci due volte.”

Quando finì la tragica fine della sua storia, si riscosse guardando fisso Carlisle che ora la guardava triste e desolato. Celine abbassò lo sguardo di rimando, quasi imbarazzato dal suo biasimo. Carlisle odiava la violenza, e questo forse Celine lo sapeva bene.

“ Lo uccidesti? Ma come? Eri una neonata. Non avresti avuto possibilità contro un vampiro adulto, a meno che non saresti stata sufficientemente addestrata.”

Disse Jasper, incapace di credere che una Celine-neonata avesse battuto un vampiro di gran lunga superiore per età ed esperienza.

“ Neonata? Scusami, biondino, non ho afferrato bene. Guarda che io avevo appena compiuto diciotto anni, quando Nathan mi trasformò. Non ero certo una neonata.”

Disse, quasi inorridita all’idea. Questo dimostrava la poca esperienza di Celine nel gergo dei vampiri. Era come se fosse vissuta anni luce dall’universo che da soli sei anni, io ero entrata effettivamente a far parte, anche se sapevo molto più di lei già prima di diventare una vampira a tutti gli effetti.

“ Neonato, si definisce un vampiro appena nato o un umano divenuto da poco vampiro, se preferisci.”

Spiegò Jasper, con un sorriso al suo ultimo commento.

“ Ah! Ora capisco.”

Annuì, con gli occhi sbarrati per lo stupore.

“ Credo che anche Nathan lo fosse.”

Costatò Edward, accarezzandomi i capelli. Lo guardai a bocca aperta. Si, in effetti, era possibile, se visto dal suo punto di vista. Sarebbe stata la soluzione più ovvia. Anche Jasper sembrò dello stesso parere, visto che annuì.

“ Sarebbe più realistico. Anche se, per trasformarla, deve aver avuto una grande padronanza di sé. Una cosa che, per un neonato, non deve essere facile.”

Commentò, pensieroso.

“ Però, anch’io sono riuscita a contenere la mia sete, una volta trasformata.”

Dissi io, seguita poi da Rosalie.

“ Si, e magari, era realmente innamorato di Celine da sapersi domare.”

Tutti la guardarono, per poi focalizzare la loro attenzione, me inclusa, su Celine che si alzò sbuffando.

“ Oh, che importanza ha, ormai! L’ho ucciso più di cento anni fa. È storia vecchia, superata, morta, sepolta e battezzata da qualche  vescovo poco devoto.”

Concluse quasi irritata, per poi essere trascinata a forza sul divano da Alice, che con un sorriso e trattenendola ancora con un braccio, le disse cordiale.

“ Non mi sembra che abbiamo ancora finito. Raccontaci come hai trascorso questi anni da sola. Sono curiosa di saperlo.”

Concluse con tono soave, sorreggendosi il mento con la mano destra e sorridendo innocente. Celine la guardò sospettosa per poi sorridere maliziosa.

“ Certo che non ti arrendi facilmente, eh, bambolina?”

Le chiese retorica, facendola sghignazzare e un coro di campanelli risuonò nella stanza.

“ No, mai.”

Rispose Alice, scuotendo la testa.

“ E va bene, d’accordo. Continuerò la storia della mia eterna esistenza. Diciamo che, una volta bruciati i resti di Nathan e distrutto tutto ciò che lo riguardasse, come una furia, mi inoltrai nella Londra gonfia di pioggia. Per anni mi nutrii di uomini, il più delle volte esseri abbietti che pensavano a due cose: il sesso e il denaro. Orribile! Come si può far girare la propria vita in funzione di queste due cose? È assurdo! Ma ho imparato, nel corso degli anni, che gli umani sanno essere molto prevedibili e a volte scelgono le strade più semplici per appagare i loro insulsi desideri.”

“ Non sono tutti così.”

Dissi io, leggermente piccata da quelle parole che, in verità, corrispondevano parzialmente al vero.

Celine mi osservò, per poi sorridermi comprensiva.

“ Non lo metto in dubbio. Infatti parlavo in generale. Non c’è motivo di scaldarsi, zuccherino.”

Concluse, regalandomi un sorriso malizioso.

“ Continua, ti prego.”

La incitò Alice e dopo uno schiocco di lingua per riorganizzarsi le idee, continuò come lei desiderava.

“ Beh, diciamo che, alla lunga, ero stanca di Londra, così decisi di partire alla volta di altre città. Arrivai a Chicago. Erano tempi duri, c’era la guerra. Odiavo la guerra, mi metteva irritazione. Ad ogni modo, un lato positivo c’era: soldati feriti e pasti abbondanti ogni giorno.”

Sorrise ad Alice, che non ricambiò, visto l’argomento. Ma Celine non ci badò e continuò il racconto.

“ Fu lì che incontrai Carlisle. In un giorno di nebbia, in uno dei quartieri più soggetti ai turbamenti dello scontro, anche se un tempo era il più prospero. Lo vidi uscire da un edificio, mentre salutava una donna che doveva essere un’infermiera, visto l’odore di medicinali di cui i suoi vestiti erano carichi. Mi stupii che non la aggredisse e mi sorprese di più vederlo salutare calorosamente altri individui, passanti da quelle parti. Appena mi vide, si fermò e mi fissò per molto tempo. Poi si decise a sorridermi e mi salutò educatamente per oltrepassarmi come se niente fosse.”

Lo osservò imbronciata. Carlisle le sorrise, forse proprio come centosette anni fa, per poi continuare al suo posto.

“ Immagino lo trovasti inaccettabile, non è vero Celine? A giudicare dallo sguardo di fuoco che mi lanciasti, direi di si.”

Sembrò quasi che volesse trattenere una risata. Edward, dietro di me, rise accanto al mio orecchio, facendomi nascere un sorriso involontario e uno sguardo interrogativo. Lui mi sorrise e mi sussurrò:

“ Ascolta.”

Nello stesso momento, Celine sbuffò irritata.

“ Certamente. Non ero mai stata ignorata da un uomo, per di più vampiro come me, in modo così esplicito e non curante. Inaccettabile!”

Poi si protese verso di lui, minacciosa.

“ Ora mi devi spiegare che cosa c’era che non andava in me? Ero più che bellissima, quella sera, e non dire che non è vero!”

Lo minacciò puntandogli un dito contro. A quel punto, Carlisle scoppiò in una sonora risata.

“ Oh, Celine, ma non avevi nulla che non andasse.”

Celine scosse la testa, incredula.

“ Non è vero, altrimenti non mi avresti ignorata così deliberatamente.”

Gli disse, quasi oltraggiata nell’orgoglio.

“ Beh, certo il tuo aspetto era un po’ insolito, devo ammetterlo. Ma…”

“ Insolito?! Come sarebbe a dire, insolito? Ero più che normale, invece!”

Ribatté, ancora risentita. Carlisle le sorrise calmo.

“ Beh, se consideri normale avere foglie fra i ricci, indossare un paio di scarpe differenti, un vestito da signorina di altri tempi,  con una gonna ridottissima e stracciata…oh, si, eri perfettamente nella norma.”

Concluse placido, ma con un brillio ironico negli occhi ambrati. Quelli scuri di Celine si accesero di indignazione e, reprimendo un ringhio di disapprovazione, volse il capo lontano dai loro sguardi divertiti.

“ Non è affatto divertente. Non sei per nulla galante, Carlisle, per nulla.”

Disse dura, alzandosi e dirigendosi decisa verso la portafinestra.

“ Suvvia, Celine. Non prendertela. Scherzavo.”

Celine, ferma con la mano destra sulla maniglia della porta di vetro, lo osservò a lungo, finché con un sospiro, ritornò a sedersi accanto ad una composta ed ancora ridente Alice. Dopotutto, era impossibile non credere alla sincerità immacolata del Dottor Cullen.

“ Va bene, ti credo. Però dovete comprendere. Non ero del tutto civilizzata, e poi avevo sempre viaggiato da sola e adoravo le gonne corte. E poi, gli uomini non ne erano scandalizzati, anzi. Le donne, invece, beh…d’altronde, per loro, era tutto frutto del diavolo, ogni cosa non fosse uguale a loro. Ridicolo! Sono contenta di non essere morta in quel secolo bigotto.”

Concluse con voce delicata, facendo ridere sonoramente Emmett e sorridere addirittura Rosalie.

“ Ma, alla fine, voi due vi siete parlati?”

Disse Alice, facendo il punto della situazione, ed indicando sia lei che Carlisle.

“ Oh, si, naturale. Dopo averlo insultato per bene e dopo che lui avesse smesso di ridire, mi invitò a fare una passeggiata, per i viali devastati di Chicago.” Sorrise al ricordo, malinconica. “ Non posso dire che non sia stata la notte più bella e produttiva della mia vita. Carlisle mi aveva affascinato. Per tutta la notte, mi aveva parlato di sé, dei suoi viaggi, dei suoi tentativi di trovare un’altra via che potesse preservare la sua parte umana, secondo lui, ancora presente nel suo essere immortale. E i suoi occhi dorati mi confermarono che ci fosse riuscito. Il furbetto continuò a persuadermi con discorsi a dir poco ipnotici, ma alla fine dovette cedere. Io ero irremovibile e forse anche un po’ arrogante, lo ammetto.”

Terminò, con un sorrisino amaro e una scrollata di spalle. Edward disse calmo.

“ Chi non lo è stato?”

Celine lo guardò e gli sorrise riconoscente.

“ Poi, cosa è successo?”

Le chiese cordiale Alice, con un misto di curiosità e premura nei suoi confronti, visto che la sottrasse allo stato di compianto in cui stava per cadere. Infatti, Celine ritrovò il suo sorriso luminoso, portando le braccia aperte sullo schienale del divano morbido, sospirando beata.

“ Una volta salutato Carlisle, lasciai Chicago e andai nell’America Latina. Lì incontrai parecchi come me, nomadi che non avevano casa né amici. Alla fine, non mi piacque più vivere così e decisi di dare una svolta alla mia esistenza. Per ricominciare a vivere, dovevo fare come Carlisle, vivendo fra gli umani. E fu così che ricominciai gli studi, sfogliando ed istruendomi nelle biblioteche pubbliche. Passarono gli anni, mi trasferii a New York, terra di promesse. Lì, trovai un lavoro come impiegata in una rivista di alta moda. Cominciai a fare la modella e conobbi molti personaggi altolocati e famosi pubblicamente. Tra questi, c’era il ricco John Mistrot. Era così affascinante, un umano brillante e un eccellente affarista. Lavorava nel campo del petrolio. In breve, divenni una delle sue più care amiche. Mi consideravo più che soddisfatta, visto che riuscivo ad avere rapporti stretti con uno e più umani. Ma, alla fine, mi stancai anche di Mistrot, che divenne troppo insistente, a mio parere. La sera in cui cominciò a fare discorsi strani sul suo e il mio futuro, come per esempio il volermi sposare, mettere su famiglia, ecc. lo abbandonai di punto in bianco, uscendo definitivamente dal campo della moda e del successo. Ma dico, io sposarmi con un petroliere, umano, per giunta? Ma per favore, non diciamo eresie!”

Esclamò indignata e sbuffando, e notai che era un gesto che compiva ogni volta che qualcosa la irritava.

“ Di certo, non poteva sapere che, in realtà, fossi una vampira e che, se avessi solo voluto, avrei potuto cibarmi di lui in ogni momento. E credetemi, quella sera, non so cosa mi abbia trattenuto dal non farlo.”

Sogghignò quasi divertita e compiaciuta al pensiero di non averlo fatto, anche se, dal bagliore arancio che oltrepassò i suoi occhi assetati, non ne ero molto sicura. Fu molto astuta da glissare elegantemente l’argomento, continuando la sua storia e trafficando con la tasca destra del suo zainetto, cacciandone una scatoletta bianca che riconobbi come un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una, proprio nel momento in cui parlò. Non credevo che i vampiri potessero fumare.

“ Comunque sia, lasciatami alle spalle Mistrot, eclissai verso i bassifondi di New York e lì, in un locale jazz, lo incontrai, mentre ordinava un doppio whisky ghiacciato, senza alcuna intenzione di berlo. L’odore dolciastro della sigaretta che stava fumando mi arrivò dritta al naso. Incredibile, quanto fui stupida.”

“ Chi era?”

Chiese incuriosita Alice, come tutti del resto, me inclusa.

Celine sorrise, malinconica e dolce allo stesso tempo, osservando la sigaretta di marca maschile consumarsi fra le sue dita, senza fumarla. Ma poi la spense e la gettò nel portacenere di cristallo sul tavolino, sbuffando irritata.

“ Nessuno. Non ne vale la pena nemmeno di parlarne. Non so neppure io perché l’ho fatto. Vi prego, ignorate tutto. Oh, perché ho ancora questo stupidissimo pacchetto di sigarette?”

Si chiese irritata, per poi buttarselo alle spalle e gettarlo dritto nel cestino vicino al portaombrelli.

“ Avevo deciso di smettere. I polmoni non ne risentono, ma si diventa indipendenti come gli umani. Fortuna che io ho smesso circa ottanta anni fa.”

Concluse sorridendo.

“ Ma allora, perché avevi il pacchetto ancora in borsa?”

Chiese sbrigativa Rosalie. Celine sorrise amara.

“ Per ricordare.”

Sussurrò misteriosa, senza aggiungere altro. Nessuno osò indagare oltre. Era ovvio che quella storia le provocasse dolore ma in cuor mio, non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine vivida di una figura scura, seduta al bancone di uno squallido locale jazz della vecchia New York, il ghiaccio tintinnante nel bicchiere di doppio whisky inviolata, la nebbiolina di fumo dolciastro della nicotina avvolgerla. Ma, come gli altri, preferì sorvolare.

“ Beh, a parte i miei più che spiacevoli incontri indesiderati, me ne andai anche da New York e tornai a Londra. Lì mi unii ad una band punk molto famosa in vari quartieri londinesi. Sapevo suonare benissimo la chitarra, e con quella elettrica facevo faville. Tutto filò liscio, finché un giorno, per rabbia, non mi nutrii del batterista, troppo insistente, come Mistrot. Odio i tipi insistenti.”

Lo disse con rabbia e un ringhio malamente celato mi fece capire al volo il motivo per cui abbia reagito in modo così impulsivo e cinico.

“ Da quel punto in poi la mia vita fu tutto sesso e rock’n roll.”

Disse, ritrovando l’allegria e sorridendo a tutti, anche se il suo sguardo sembrò incupirsi.

“ Teoricamente, si intende. Diciamo che, amavo divertirmi, prendere la vita alla leggera, cibarmi quando mi capitava, frequentare gente poco raccomandabile, ma tanto, tanto simpatica. Pensavo che quel modo di vivere potesse cancellare quel vuoto che da tanto, fin troppo tempo, mi portavo dentro. Che illusa! La verità era che, nonostante fossero trascorsi tanti anni, ero rimasta la solita, piccola, insignificante ragazzina con i fiocchi nei ricci rossi e il vestitino nero indossato al funerale di entrambi i suoi genitori, rimanendo impalata ed inerme di fronte alle loro lapidi, con gli sguardi indignati e disgustati, di quella che doveva essere il resto della sua famiglia, contro.”

Ora sembrava parlare quasi tra sé, lo sguardo vacuo, come quello di Alice durante una visione, che ora deglutiva irritata, mentre vedevo Emmett stringere i pugni, Esme con gli occhi gonfi di lacrime che non potevano sgorgare, Carlisle rammaricato ed Edward irrigidito e teso dietro la mia schiena.

Io stessa, non riuscivo a trattenere un senso di pena per quella ragazza, mentre stringevo forte Renesmee, ormai addormentata sul mio grembo.

Celine si riscosse scuotendo la testa e sorridendo contenta a tutti, soprattutto a Carlisle, con ancora il rammarico dipinto sul volto perfetto.

“ Fu in quel momento che ripensai a te, Carlisle. Tu sei stato l’unico a trovare una strada migliore di quella che chiunque altro mi avesse fin ora mostrato. Quella notte, a Chicago, ero troppo affamata di esperienze per poterti ascoltare o forse troppo immatura per accettare me stessa. Ma poi mi sono pentita della strada che io stessa avevo scelto e che, senza accorgermene, mi stava portando poco a poco alla distruzione. Così, ripensando alle tue parole, ho cominciato a cibarmi di soli animali, vivendo in baite dove l’odore degli uomini era quasi inesistente. Ero brava ad interagire con loro, forse più affabilmente di qualsiasi altro vampiro. Il problema era solo riuscire a controllarmi e dopo tanti tentativi, ci sono riuscita, mi sono abituata all’odore acerbo delle bestie di cui mi cibavo, ignorando quello prelibato degli umani. O almeno, a livello autodidatta. Volevo prepararmi bene, così da non deluderti una volta che ti avessi incontrata.”

Gli disse, sorridendogli entusiasta, forse ripensando ai suoi sforzi, compiuti in tutti quegli anni di parziale solitudine.

“ Una volta finito il, come dire, periodo di riabilitazione, ho deciso di intraprendere il viaggio che mi avrebbe condotto da te. E così, eccomi qui.”

Disse indicandosi ed avvicinatasi a lui, lo abbracciò fulminea.

“ Per favore, non mi cacciare via. Ti prometto che farò la brava, promesso. Però, ti prego, non dirmi di no.”

Gli disse, con voce emozionata ma ferma, abbracciandolo stretto, come a non volerlo più lasciare.

Carlisle portò lo sguardo su tutti loro, esaminando ogni viso. Io gli sorrisi ed Edward annuì e solo al suo ultimo giudizio, lo vidi rilassarsi e sorridere dolce a Celine, ricambiando il suo abbraccio.

“ E va bene, Celine. Puoi restare qui, con noi.”

Lei si illuminò e i suoi ricci infuocati sembrarono più elettrici che mai.

“ Oh, grazie Carlisle. Non ti deluderò, vedrai.”

Poi passò ad abbracciare tutti, ringraziandoli e quando arrivò a me, Edward e Renesmee, abbracciò titubante Edward, guardandomi ed ammiccando, forse ricordando il ringhio involontario di poco prima o forse perché era realmente in imbarazzo fra le sue braccia.

Poi toccò a me, ed era la prova del nove, visto che avevo tra le braccia Renesmee addormentata.

Vidi Edward irrigidirsi e le braccia attorno alla mia vita farsi più salde. Per sicurezza, avvolsi lo scudo intorno a lei ma sembrò non servire a nulla, visto che lei riuscì ad accarezzarle il visino arrossato e poi baciarle la guancia dolcemente, per non svegliarla.

“ Che carina questa zolletta di zucchero.”

E mi sembrò sincero il suo sorriso privo di qualsiasi doppio senso.

Poi abbracciò goffamente me, visto che ancora stringevo Nessie a me, sussurrandomi all’orecchio.

“ Come te, zuccherino, del resto.”

Se avessi potuto, sarei arrossita, visto il tono mellifluo e malizioso con cui mi aveva rivolto quel complimento. Si staccò ridendo della mia espressione, come il sorriso sghembo di Edward.

“ Beh, dove alloggerò? Sul divano?”

Esme rise.

“ Ma no, cara. C’è una bella stanza degli ospiti che ti aspetta.”

“ Che domani allestiremo a tuo piacimento.”

Concluse Alice, abbracciandola per la vita, arrivandole, con tutta la testa, alla spalla.

“ Come vuoi, bambolina. Oh, il mio bagaglio.”

Corse al divano per poi tornare un secondo dopo con il suo zainetto in spalla.

“ Chi vuole accompagnarmi? Perché non tu, zuccherino?”

Bella rimase sbalordita, sentendosi presa in causa e, stranamente, cominciando ad abituarsi a quel nomignolo.

“ Va bene, ti accompagno.”

Dissi, lasciando che Renesmee scivolasse fra le braccia del padre, accoccolandosi, con un mugolio di protesta, sul suo petto duro e tiepido, per lei, ritrovando il sorriso. Celine osservò con interesse ed amore la scena.

“ Carino e pure premuroso. Bel colpo, zuccherino.”

Mi disse, ammiccando verso Edward e facendomi imbarazzare, mentre lui e gli altri sghignazzavano.

“ Va bene, va bene, bambolina. Vieni anche tu, prima di farti venire un attacco isterico.”

Disse sorridente e trasognata Celine ad Alice, che impazzì di gioia, trascinandola su per le scale, mentre Celine afferrava lei.

“ Sei uno scudo, vero?”

Le chiese, mentre Alice correva ad aprire la porta della sua nuova camera. Celine la guardò senza capire.

“ Come, zuccherino?”

 

 

 

 

 

 

Celine non sa di essere uno scudo, o fa solo finta???? Se volete scoprirlo, non perdete il prossimo cap!! Non ci sono stati commenti, anche se ringrazio tutti coloro che hanno letto i capitoli precedenti!!! Non vi sono piaciuti, forse??? Fatemelo almeno sapere!!! ^__^ Baci baci Fuffy91!!!

P.S. Ho cambiato il titolo in “Il Giglio Rosso”!!! Mi è sembrato più indicato!!!

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