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Autore: Crudelia 2_0    15/04/2020    7 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: come sempre, grazie a tutti voi, e complimenti a chi ha indovinato! Come si dice, a pensare male ci si azzecca. Comunque, capitolo breve ma intenso, questo, potremmo dire, e soprattutto difficile da scrivere.
Ancora come sempre, fatemi sapere che ne pensate.
Un abbraccio,
Crudelia
P.S.: ho pubblicato una piccola one-shot senza pretese, Intermezzi, che si pone come prequel di questa long. Se volete passare e farmi sapere le vostre impressioni siete più che benvenuti.
 
 
 
 
Di male in peggio
 
 
 
Ginny fu svegliata da un ticchettio insistente. Ancora con gli occhi chiusi, impiegò un attimo a ricordare.
La sera prima lei e Harry avevano condiviso un'altra tazza di the, parlando di tutto e niente fino a tarda ora come non succedeva da molto tempo. Erano accoccolati sul divano, e probabilmente lì si erano fermati.
Questo spiegava il suo mal di schiena. Si alzò stiracchiandosi per sciogliere i muscoli contratti, e andò alla finestra, dove il gufo che li aveva svegliati picchiava imbronciato il vetro.
«Arrivo, arrivo» bisbigliò, sistemandosi i capelli arruffati.
Harry, alle sue spalle, sbadigliò rumorosamente, gli occhi appannati sotto i capelli in disordine.
«Novità?» chiese per abitudine, pensando al caffè che avrebbe guastato fra pochi minuti. Non ricevendo risposta, si voltò.
Ginny era rimasta immobile alla finestra, la Gazzetta del Profeta appena consegnata tra le mani e le guance pallide. Con una pessima sensazione alla bocca dello stomaco Harry si avvicinò.
Ginny aspettò che finisse di leggere sopra la sua spalle, poi incontrò i suoi occhi, ora del tutto svegli. Non ci fu bisogno di parlare.
 
 
 
Lucius sedeva composto alla lunga tavola imbandita. Davanti a lui erano ordinatamente disposti dieci vassoi. Inutilmente, dal momento che erano più di vent'anni che la sua colazione consisteva in una tazza di the e una fetta di pane tostato imburrata.
Fetta che in quel momento giaceva abbandonata dopo solo un morso nel piatto. Anche il the si era fatto freddo, ma l'uomo se lo portò alle labbra senza curarsene: tutta la sua attenzione era catturata dall'edizione della domenica della Gazzetta del Profeta.
Dovette rileggere l'articolo tre volte prima di scuotersi, poi si alzò deciso a fare tutto ciò che era in suo potere per aiutare qualcuno senza uscire dai confini del suo castello. Scrisse un biglietto, sapendo che sarebbe stato ignorato.
 
 
 
Hermione aveva male agli occhi, di nuovo. Era la seconda notte che non dormiva e i cerchi sotto gli occhi si erano fatti più marcati, ma non si era truccata, non era importante.
Quando la sera prima, finalmente, era riuscita ad alzarsi, incurante dell'ora si era infilata sotto la doccia: si sentiva ancora il suo odore addosso. Quando poi era crollata sul letto non era riuscita a prendere sonno fino alle prime ore del mattino, quando il cielo ormai iniziava a rischiararsi.
Anche se era domenica aveva chiesto a Ginny di stare un paio d'ore con Kathleen. Era l'unica di cui si fidava visto il soggetto in questione.
Ora aveva i palmi sudati e lo stomaco in subbuglio, ma premette il campanello con un sospiro risoluto. Avrebbe voluto più tempo per riflettere sulla sera prima, ma pensava che risolvere subito sarebbe stato meglio, nonostante l'ultimo rimasuglio di mal di testa causato dal troppo bere.
La porta si aprì dopo attimi in cui il cuore si infranse contro il suo sterno con violenza, poi lui comparve.
Sotto gli occhi aveva segni scuri e un'ombra di barba sul mento, segni che condivideva lo stesso disagio di Hermione, ma gli occhi erano una lastra di ghiaccio nero.
Hermione si sentì senza fiato. «Dobbiamo parlare» esalò, cercando di fingersi più decisa di quanto in realtà fosse.
«Sì, dobbiamo» rispose Severus, e si voltò lasciandola sola sulla soglia. Hermione sbatté le palpebre, sorpresa e confusa: fra tutte le reazioni che si era aspettata, quella era la più inaspettata.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle. Lui era nel salotto, Hermione lo vide ricevere una lettera via gufo e gettarla senza riguardo sul tavolo, in mezzo ad un mucchietto di altre buste, alcune aperte, molte chiuse.
Corrugò la fronte, iniziando a capire che qualcosa non andava, e non era la loro discussione della sera precedente.
Severus si voltò e incrociò le braccia sul petto. «Avanti, ti ascolto» disse.
Hermione schiuse la bocca per la sorpresa. «Tu ascolti me?» chiese piccata. «Non pensi dovrebbe essere il contrario?»
«Avanti, Hermione, non fingere. Ormai la farsa è caduta»
«Ma-» scosse la testa, senza capire. «Non so di cosa stai parlando» incrociò le braccia, imitando la sua posa e decisa a non farsi intimidire.
«Ah, non lo sai» sibilò velenoso. Hermione notò con allarme che aveva assunto lo stesso tono compiaciuto di quando interrogava Harry e il responso sarebbe stata una T, quando li scopriva in corridoio e aveva finalmente un motivo per punirli.
«Ecco di cosa sto parlando!» disse gettandole addosso qualcosa.
Hermione sentì un fruscio e prese tra le mani tremanti quello che si rivelò essere l'edizione domenicale della Gazzetta del Profeta.
Era ancora confusa, e arrabbiata, ma con preoccupazione chinò lo sguardo sulla prima pagina. L'immagine di un Severus accigliato ricambiò il suo sguardo prima che la sua attenzione fosse catturata dal titolo scritto in grossi caratteri.
 
Severus Piton: eroe redento o Mangiamorte ancora fedele?
 
«Non può essere» sussurrò, sopraffatta dal panico che iniziava ad attanagliarle il petto.
Alzò gli occhi sgranati e sconvolti su Severus, ma lui si limitò ad alzare lentamente un sopracciglio, guardandola con superiorità.
Hermione tornò a scrutare il quotidiano senza che lui avesse bisogno di insistere ulteriormente, spinta da una morbosa curiosità.
 
Tutti noi conosciamo la storia del famoso Severus Piton, fedele braccio destro dell'ormai sconfitto Signore Oscuro e scagionato con l'aiuto di alcuni facoltosi membri dell'Ordine della Fenice come lo stesso Harry Potter e Minerva McGranitt.
Ci siamo tutti commossi quando abbiamo scoperto la sua storia: Mangiamorte convinto che abbandona il lato oscuro per proteggere il figlio della donna che ha sempre amato e sconfiggere finalmente il Male.
Ma è davvero così?
Fonti del tutto attendibili e a lui vicine mi hanno raccontato che l'ex professore non è così convertito come ci ha fatto credere.
"Quando ho ricevuto il Marchio Nero mi sono sentito apprezzato" ha affermato il professore in un momento in cui si rilassava osservando innocenti bambini giocare in un parco. "Il Signore Oscuro era bravo, scopriva ciò che desideravi e faceva di tutto perché tu lo ottenessi".
Ma non finisce qui! Ciò che più sconvolgerà i miei fedeli lettori sarà scoprire il modo in cui ha parlato di un altro Mangiamorte: l'attuale scomparso Fenrir Greyback.
"Io e Fenrir siamo uguali" ammette chiamando l'ex (o forse no?) compagno confidenzialmente per nome. "Io lo ammiro, lui non si è mai vergognato delle sue origini e di ciò che è diventato. È giusto che i suoi geni abbiano seguito.
" continua.
La mia fonte non ha voluto rivelare altro, spaventata da questo ritorno al passato dell'uomo e dalle sue possibili reazioni.
Ma la domanda è, cari lettori: la lealtà di Severus Piton è mai cambiata? Abbiamo accettato nel nostro mondo un uomo ancora fedele all'Oscuro Signore?
 
Hermione si prese il suo tempo rileggendo l'articolo più volte.
Non era possibile, non poteva essere. Non voleva crederci.
«Non può essere» ripeté in un sussurro strozzato che le rese la voce acuta.
Alzò di nuovo gli occhi su di lui, la gola asciutta, ma Severus continuava a guardarla con la stessa rabbia malcelata.
«Non puoi pensare davvero che sia stata io» disse, abbandonando le braccia lungo i fianchi, ma continuando a stringere il giornale. Nonostante il tono incredulo era presente anche una vena di esasperazione.
«A quante persone pensi che abbia rivelato ciò che ho detto a te?» chiese, mantenendo a stento il controllo della voce.
Hermione sussultò. Allora era vero, era l'unica con cui si era confidato.
Sentì la tristezza farsi spazio nel groviglio degli altri sentimenti. Non era giusto. Era infantile e forse arrendevole pensarlo, ma non era giusto.
«Non l'avrei mai fatto, Severus» sussurrò. Iniziava a sentirsi schiacciare dal peso di quell'articolo. Non solo le accuse sulla sua lealtà, ma soprattutto le insinuazioni di come lui si rilassasse osservando bambini.
Come aveva fatto, poi?
 
Bleah! Mamma non voglio mettermi vicino a te. Guarda, c'è uno scarafaggio!
Tecnicamente, è uno scarabeo.
 
Ma certo, come aveva potuto non accorgesene? L'aveva addirittura catturata e imprigionata in un barattolo, poteva non averla riconosciuta?
Sì. Sì, poteva.
Era troppo intenta ad ascoltare l'uomo che aveva affianco e ad elaborare il significato intrinseco delle sue parole per notare un insetto insignificante.
Ma insignificante non era, affatto.
«E poi perché avrei dovuto farlo?» chiese, aggressiva. Sapeva che la sua rabbia era solo una facciata, adesso, per proteggersi dal suo errore. Come sapeva anche che assumere quel tono e porre quelle domande l'avrebbe fatta apparire agli occhi dell'uomo esattamente quello che lui pensava fosse: colpevole.
«Non lo so, dimmelo tu» rispose lui, e per la prima volta mostrò segni di sofferenza sul suo viso. «Cosa ti ha offerto, soldi?» E fece cadere le braccia lungo i fianchi, troppo pesanti per mantenere la loro posizione di difesa.
«E mi sarei venduta per così poco secondo te?» Possibile che non la conoscesse affatto, arrivando a credere che si sarebbe fatta corrompere?
«Pensi che non sappia cosa vuol dire crescere un figlio da solo?» sibilò velenoso.
«Oh, e come protesti? Tu non hai figli!» ribatté gridando, gettando i fogli che ancora aveva in mano sul tavolo.
Vide il giornale travolgere le lettere e farle cadere a terra. Alcune si scoprirono e riuscì a leggere qualche parole: traditore, bugiardo, assassino.
Si fermò ansimando.
Aveva esagerato, ma tutte le emozioni che aveva provato in quel periodo erano turbinate così in fretta dentro di lei da farle perdere il controllo. Ma più di tutto, più dei dubbi che Severus nutriva nei suoi riguardi (che una parte del suo cervello, quella incrollabilmente logica, poteva anche comprendere), era la delusione.
Hermione non era arrabbiata con Severus perché credeva che lei avesse spifferato per quattro soldi i suoi pensieri, era arrabbiata con lui perché la sera prima se n'era andato.
Tornò a guardarlo, la bocca già piena di frasi ragionevoli, di scuse e spiegazioni, ma le parole le morirono sulle labbra quando vide la sua espressione.
Non era rabbia, quella avrebbe potuto gestirla, era disgustoso.
«Severus...» iniziò, facendo un passo nella sua direzione. Ma lui la fermò, arretrando e alzando una mano per fermarla.
«Vattene, Hermione» gemette, la stessa accorata preghiera di quella sera sulla veranda. Hermione si sentì stringere il cuore al suono della sua voce: tutta la furia era scomparsa, lasciando il posto ad un'arresa impotenza. «Non ho bisogno di qualcuno che mi rinfacci i miei errori» continuò.
«Severus, se solo tu mi lasciassi spiegare» disse in fretta.
«Spiegare?» la interruppe, sputando la parola con scetticismo. «Spiegare cosa, Hermione, che mi hai preso in giro? Io mi sono fidato di te, ti ho aiutato e questo» disse raccogliendo il giornale e agitandolo nella sua direzione. «Questo è il tuo ringraziamento?»
Si fermò un momento a prendere fiato, ed Hermione lo guardò senza parole, gli occhi sempre più grandi.
«E cosa pensavi di ottenere ieri sera, altre confessioni nel tuo letto? In fondo un uomo appagato dice qualsiasi cosa, questo lo devi sapere anche tu!»
«No! Io-»
«E Kathleen? Hai coinvolto anche una bambina nella tua messinscena? Tutti quegli abbracci, quei discorsi, quanto di tutto questo era vero? Cosa hai offerto a lei per-»
Lo schiocco del palmo contro la guancia interruppe quel fiume di parole.
«Non osare» disse con tono fermo, il mento sollevato. Gli avrebbe permesso tutto, ma non insinuare che l'affetto di Kathleen fosse falso.
Non sua figlia, quello no.
Severus voltò lentamente il capo fino a far incontrare i loro sguardi. Aveva la mascella contratta e gli occhi fiammeggianti, ma Hermione non si fece spaventare dalla potenza della sua rabbia.
Abbassò piano la mano. Erano così vicini che se solo si fosse sbilanciata avrebbe fatto aderire i loro corpi.
Una parte di lei la sfidò a farlo. Un abbraccio. Bastava un abbraccio per sanare le loro distanze, per dimostrargli che l'amore che provava per lui, pur non avendolo mai dichiarato, non era finto.
Ed era la voce di Kathleen ad insistere. La voce della sua bambina che la guardava con occhi lacrimosi perché l'unica cosa che davvero desiderava era l'unica che Hermione non gli dava: un papà. Ma il suo orgoglio, il suo amor proprio ferito, gridava a pieni polmoni la sua protesta.
Strinse i denti con forza, impedendo alle lacrime che sentiva pizzicare dietro le palpebre di fare altra strada.
Amava sua figlia, amava se stessa e amava l'uomo che aveva davanti, ma capì che tutti e tre non potevano coesistere, non senza un sacrificio.
Era disposta a sacrificare se stessa per quell'unione?
No.
Con il cuore pesante fece un passo indietro, aprendo la bocca per dire le parole che Ron aveva desiderato gridare all'uomo per sei anni.
«Sei proprio uno stronzo!»
 
 
 
Il Mondo Magico era arretrato in molti modi, ma non quando una voce si doveva diffondere.
La notizia riguardante Severus Piton impiegò mezza giornata a raggiungere gli angoli di Londra, anche i più bui. I giorni seguenti furono consumati da bisbigli fatti di bocca in bocca ad ogni occasione: davanti alle vetrine di Diagon Alley, in attesa di comprare il pane, fra un sorso e l'altro di una Burrobirra e un'Acquaviola.
Le malelingue continuarono senza che le occhiate e le labbra serrate della Preside McGranitt potessero far niente per fermarle, alimentate dai sorrisini compiaciuti di Rita Skeeter. Circolarono senza sapere che l'articolo che le aveva scatenate era stato sufficiente perché una relazione ancora non iniziata finisse, perché due cuori si spezzassero e perché una bambina dovesse scoprire che, senza un motivo apparente, aveva perso l'uomo in cui riponeva le sue infantili speranze.
Ma tutte queste erano voci, volatili e astratte. E, soprattutto, non erano ciò che interessava all'uomo.
Avvolto da stracci sudici, impiegò giorni prima di riuscire a mettere le mani sul giornale. Era ormai stropicciato e ingiallito, ma ancora chiaramente leggibile.
Quando ebbe la conferma ai suoi sospetti l'uomo si lasciò andare a quella che, da lunghi anni, fu la sua prima risata.
 
 
   
 
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