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Autore: ONLYKORINE    19/04/2020    3 recensioni
Harriet si è finta una maestra per potersi unire alla carovana che sta attraversando la valle per raggiungere l'ovest dopo la fine della guerra di secessione. Ma non è veramente una maestra, se ne rende conto quando non sa rispondere a una domanda che sembra relativamente semplice che le pone un bambino che ha appena conosciuto. E voi lo sapete, cos'è la pace?
Genere: Generale, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA COPERTA CALDA

 

“È una bocca in più da sfamare” disse Wording, il fabbro.

“Lasciamolo qui” azzardò Harrison, il manovale.

“È un cattivo presagio” concordò Mrs. Smith, la moglie del pastore.

Harriet sbuffò nervosamente, ma non poteva fare molto.

Era da sola, non poteva chiedere aiuto a nessuno. Era l’unica sopravvissuta della sua famiglia all’ennesima rapina avvenuta due mesi prima e ora si trovava da sola, sola a sedici anni. Aveva perso tutto con l’incendio che era stato appiccato dai banditi per impossessarsi delle terre di suo padre e lei era scappata di nascosto, facendo credere di essere perita nelle fiamme.

Si era unita alla carovana che attraversava la valle diretta a ovest dopo due giorni e ora si trovava in mezzo a quelle persone che la guerra e le privazioni avevano reso ciniche e fredde, capaci anche di abbandonare un bambino a un atroce destino.

Avevano detto che a ovest si stava bene e anche loro sarebbero stati meglio. Harriet non ne era convintissima, ma stare con loro era meglio che morire nella cittadina dove era nata e che era stata predata dai banditi. Poteva sopravvivere. Forse. In quei pochi mesi a stretto contatto con quelle persone, aveva dovuto fare i conti con tantissime cose sconosciute. Come la fame. O la mancanza di speranza.

Ora doveva riuscire a non condannare quel bambino a morire di fame.

“È un bambino!” esclamò, incredula. “È un bambino! Non possiamo lasciarlo qui! Morirebbe di sicuro!” La sua rabbia si sentiva nel tono della voce e lei la percepiva vibrare nel torace. Non avrebbero fatto morire un bambino. Lei non lo avrebbe permesso.

Si voltò verso Smith, il pastore, e lo incendiò con gli occhi. “Sono sicura che nostro Signore non insegna a lasciar morire di fame un bambino così piccolo! E abbandonarlo sarà sicuramente un cattivo presagio!” L’uomo abbassò gli occhi. Tutti li abbassarono. Tutti tranne Wording.

“Allora prendilo tu, Harriet, dividerai la tua parte con lui, se ti fa piacere. Altrimenti rimarrà qui” sentenziò alla fine l’uomo, a capo della carovana. Harriet annuì, convinta, alzandosi dal suo posto intorno al fuoco e avvicinandosi al bambino che, seduto in disparte, aveva assistito a tutta la scena.

“Vieni, piccolo” lo incitò, porgendogli la mano. Il bambino non sorrise, la guardò con quegli occhi scuri e si alzò da terra, porgendole la mano. “Come ti chiami?” gli chiese Harriet, stringendogli la mano con affetto mentre lo accompagnava lungo l’accampamento.

Era abbastanza sicura che parlasse la sua lingua. Non aveva i lineamenti degli indiani ed era stato trovato vicino ai cadaveri di due persone dalla carnagione chiara. Non sembrava neanche messicano. Il piccolo, però, non le rispose. Harriet sospirò ancora.

Guardò il bambino e lui ricambiò il suo sguardo. Sembrava che, anche lui, non avesse nient’altro che il vuoto che Harriet gli vedeva negli occhi.

Harriet aveva fatto credere agli altri della carovana di essere una maestra, anche se conosceva solo le basi dell’istruzione: leggere, scrivere e fare di conto. Aveva letto i libri della biblioteca e possedeva qualche testo, ma il resto, non lo conosceva per niente. Ma a quella gente bastava poco. Niente storia, geografia o arti del disegno e del ballo: volevano soltanto che i loro figli crescessero con un minimo di conoscenza e lei poteva insegnarlo.

Quando arrivò al suo giaciglio, fra il carro di Finn O’brien, l’irlandese, e quello del pastore Smith, fece sedere il bambino. Il poverino aveva dei vestiti logori addosso: avrebbe dovuto trovargli degli indumenti al più presto.

“Non mi vuoi dire come ti chiami?” gli chiese ancora, accarezzandogli la guancia mentre lo faceva sdraiare e lo copriva con il proprio mantello.

W’iam” rispose il bambino, con una vocina sottile sottile, ma senza essere spaventato.

“William?” chiese lei, perché il bambino aveva parlato male, come se non fosse abituato. Lui annuì e si coricò, portando le mani sul viso e girandosi sul fianco.

Harriet stette a guardarlo alla poca luce del falò che ancora bruciava e quando William si addormentò gli accarezzò la testa. Era piccolo: forse sei o sette anni. Ed era un orfano, come lei. Non lo avrebbe abbandonato. E chissà, forse sarebbe riuscita a riempire quegli occhi di qualcosa di buono.

***

Il giorno dopo, quando si svegliò, Harriet si alzò velocemente e corse al carro di Finn.

“Buongiorno” disse al ragazzo che stava legando le corde dietro al carro. Finn O’brien era di sicuro più vicino ai venti che ai trent’anni, con una folta barba rossa e gli occhi chiari, ma ciò che piaceva di più a Harriet era il comportamento gentile nei suoi confronti. E rispettoso. Non aveva mai provato a infilarle le mani sotto la gonna, come aveva invece più volte provato a fare Harrison, che aveva l’età del povero padre di Harriet.

“Buongiorno, miss Harriet” le rispose il giovane irlandese, toccandosi la falda del cappello.

“Avete bisogno di latte per il burro?” chiese la ragazza. Tutte le mattine Harriet si offriva di mungere le mucche di Finn e lui in cambio le lasciava prendere una tazza di latte per fare colazione. Avere una mucca era l’equivalente di possedere una piantagione di cotone, in mezzo al niente della valle. Il ragazzo annuì senza voltarsi del tutto verso di lei. La ragazza corse a prendere il secchio e si mise all’opera.

Quando finì, portò il secchio a Finn, lui le diede la tazza di latte come pagamento e Harriet corse verso il giaciglio, dove il piccolo William si stava svegliando. Si sedette vicino a lui e gli porse la tazza. Il bambino spalancò gli occhi e prese il contenitore con entrambe le mani. La ragazza lo guardò bere, felice che lui si gustasse quella bevanda.

“Di giorno camminiamo e ci spostiamo verso ovest, io faccio la… maestra… ai bambini della carovana. Oggi verrai con noi anche tu e seguirai le mie… lezioni” spiegò al bambino, un po’ nervosamente. Non erano proprio lezioni, quelle che teneva ai bambini, e spesso si dimenticava di dare veramente degli insegnamenti. Il bambino finì il latte e lei prese la tazza per riportarla al suo padrone quando, alzandosi, se lo trovò davanti: Finn aveva osservato la scena e la guardava con uno sguardo strano.

Aveva sentito che si era dichiarata maestra con quell’incertezza, forse? Abbassò gli occhi e si avvicinò per restituirgli il contenitore, quando lui si allontanò verso la speciale zangola legata al carro: era un contenitore con il coperchio, dove Finn metteva il latte e il movimento del carro l’agitava abbastanza da creare il burro senza bisogno di farlo a mano. Lo raggiunse e quando glielo diede, lui lo riempì ancora per metà e glielo restituì.

“Perché?” chiese lei.

“Avete dato il vostro latte al bambino” spiegò solamente lui, indicando con il capo il giaciglio. Harriet non se lo fece ripetere e lo finì prima che lui ci ripensasse.

“Grazie. Stasera vi aiuto ancora” disse lei, sorridendo. Finn fece solo un altro cenno con il capo e prese la tazza. Harriet scappò via e tornò da William.

Quando la carovana riprese il cammino, Harriet tenne il bambino per mano e si circondò di tutti gli altri, raccontando una storia, come faceva la mattina.

“Joseph, non ti allontanare” ammonì uno dei bambini che corse dietro a un rotolo di rovi spinto dal vento.

“Poi ti prendono gli indiani, ti fanno prigioniero, devi combattere e fare la guerra!” esclamò Mary, la figlia del pastore, di nove anni. I suoi genitori non vedevano di buon occhio i nativi, perché erano stati rapinati più volte da loro e ne parlavano sempre male. Il povero Joseph tornò subito indietro e si mise buono buono in fila.

“Maestra, c’è la guerra nel posto dove stiamo andando?” chiese Jamie, che aveva paura di tutto, ma sapeva contare velocemente.

“No, Jamie. Non c’è la guerra” lo rassicurò. Alcuni di loro avevano vissuto le battaglie della secessione. La puzza degli spari, il fragore delle lame, le grida, il sangue. Ogni persona di quella carovana aveva visto qualcuno morire. Un parente, un amico, un vicino. Per quello erano tutti così cinici. Per colpa della guerra. Una guerra che si erano da poco lasciati alle spalle. Purtroppo i combattimenti avevano creato tanti banditi e molte persone che avevano perso tutto si erano organizzate per prendersi ciò che volevano con la forza. Come era successo a Harriet e alla sua famiglia. Purtroppo chi aveva vissuto la guerra l’aveva ancora davanti agli occhi, anche se era finita. Anche se non c’erano più spari.

“Se non c’è la guerra, allora c’è la pace” precisò Mary, da brava scolaretta.

“Pa..ce. Cos’è la pace?” chiese William, alzando il viso verso Harriet. La ragazza si bloccò. Il bambino non conosceva il significato della pace?

“Sai cos’è la guerra? Quando i cattivi sparano sulle persone e loro muoiono? E ci sono tutti i rumori come il temporale e tu hai paura e tremi perché pensi che possano uccidere anche te?”

Harriet tentò di fermare le domande di Mary ma il viso di William che annuiva le impedì di farlo. Avevano trovato il bambino sporco e affamato, accanto ai cadaveri in avanzato stato di decomposizione di quelli che immaginava fossero i suoi genitori e senza nient’altro che quello che avevano addosso. Forse anche loro erano stati rifugiati di guerra. Persone che avevano perso tutto ed erano scappate. Oppure erano state rapinate mentre fuggivano. Strinse più forte la mano del bambino, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

“Ecco, dove non c’è la guerra, c’è la pace” rispiegò Mary.

“Ma cosa è?” chiese ancora il bambino. Harriet non riuscì a parlare. Come spiegare la pace a un bambino? Cosa dire?

“La pace è quando nessuno ti brucia la casa.” La voce di Mary ora era un po’ incerta.

“O quando non ti svegli di notte con gli spari” si accodò Jeremiah.

“Quando nessuno spara su qualcun altro” disse un altro.

Harriet aveva il magone in gola. Anche lei aveva vissuto quelle cose. Sapeva come si sentivano i bambini. Ma lei aveva anche vissuto in periodi tranquilli. Per lo meno, ne aveva il ricordo.

William però sgranava i suoi occhioni senza capire. Possibile che non avesse sperimentato altro che guerra e desolazione, quel bambino? Forse anche gli altri. Forse era compito di Harriet insegnare loro la pace. Ma lei non era veramente un’insegnante. Non sapeva come fare.

“Forse la pace è quando tutto va bene” spiegò Jamie. Harriet gli sorrise.

“Sì, sicuramente hai ragione, Jamie” lodò il bambino la ragazza.

Non poté dire nient’altro perché non ci riuscì. Ma continuò a guardare William che non cambiò espressione, continuando a guardarla con quegli occhioni tristi. Cosa aveva visto il bambino? Non sembrava particolarmente scosso, ma poteva essere che fosse diventato così insensibile a causa di ciò che aveva vissuto.

“Ditemi una cosa bella che vi piacerebbe fare quando arriveremo nell’ovest, una cosa che si fa quando cnon c’è la guerra” propose Harriet, appena riuscì a parlare.

“Fare dolci con la mamma?” propose subito Mary, sorridendo. Harriet annuì.Tutti i bambini fecero a gara per parlare e la giornata volò.

Quando arrivò la sera, Harriet prese da parte William e gli chiese: “Tu non hai risposto. C’è una cosa che ti piacerebbe fare quando arriveremo nell’ovest?” Il bambino alzò le spalle e non rispose. Non sapeva cosa dire? Che vita aveva fatto quel bambino?

Doveva assolutamente portare un po’ di pace in quegli occhi. Però prima doveva scoprire cosa fosse. Fece sdraiare William ma lei, non riuscendo ad addormentarsi, si rialzò e fece due passi all’interno del cerchio dei carri.

Non lontano dal fuoco morente vide Finn che osservava il cielo. “Finn” lo chiamò.

Lui si voltò e portò la mano alla fronte. “Miss Harriet”.

“Finn… Cos’è la pace?” chiese. Non aveva saputo rispondere alla domanda di un bambino. Cosa avrebbe fatto una volta arrivati nell’ovest? Non poteva di sicuro fare l’istitutrice.

“Quando sei felice, c’è la pace” rispose lui. Ecco, avrebbe potuto rispondere così. Chiunque era più bravo di lei. Sospirò annuendo, senza sapere che lui al buio non poteva vederla.

“Grazie, Finn. Siete sempre prezioso”. Si incamminò per tornare verso il suo giaciglio.

“Miss Harriet…” la chiamò. “Quando voi siete vicino a me, io sento la pace” disse.

Harriet si voltò. “Siete un uomo buono, Finn. Io…” Si avvicinò a lui. “Vi meritate di più di qualcuno che si spaccia per ciò che non è. Sapete… Non sono veramente una maestra” ammise.

“Se i bambini imparano ciò che è giusto, non c’è bisogno di altro.”

“Non so neanche cos’è la pace.”

“Nel vostro cuore sapete benissimo cos’è. Le parole devono essere semplici, per poter spiegare bene le cose. Non c’è bisogno di grandi discorsi” disse lui, poi si toccò la fronte e si allontanò.

Cos’era per lei la pace? Harriet chiuse gli occhi e ci pensò. Era serenità. Era mangiare a tavola con la sua famiglia. Accarezzare un cucciolo. Non avere paura del futuro. Avevano ragione un po’ tutti. Quando andava tutto bene, era pace. Quando eri felice, era pace. Quando le cose ti facevano stare bene, era la pace.

Dopo aver riflettuto un po’, corse verso il giaciglio e si stese accanto a William. Il bambino si svegliò e lei gli confidò: “Non so spiegarti cos’è la pace. Per ognuno è differente. Ma quando stai bene, sei felice e dormi sapendo che domani sarà una bella giornata, è la pace. È dentro di te. Da nessun’altra parte. Non è quello che succede. È come ti senti”. Il bambino, probabilmente ancora mezzo addormentato, annuì e si tirò la coperta sul viso.

“Dove hai preso questa coperta?” gli chiese lei, stranita.

“Finn. Dice che la pace è una coperta calda che scalda il cuore.”

Harriet girò il viso verso il carro dell’Irlandese e lo vide in piedi vicino alla ruota anteriore. La luce del falò era troppo lontano, ma lei riuscì chiaramente a vedere il suo sorriso, mentre si toccava la fronte in segno di saluto.

Un brav’uomo. E una coperta calda. Accarezzò i capelli del bambino e si addormentò, sperando che la pace facesse il suo effetto.

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***Chissà se posso dire di aver quasi superato il blocco... vabbé spero vi piaccia comunque... Traccia contest, qui sotto. Max 2500 parole

   
 
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