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Autore: Crudelia 2_0    19/04/2020    8 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: ah, ragazzi, ve l'ho detto che amo l'angst, vero? Capitolo per lo più di passaggio, senza colpi di scena (ma arriveranno, dovrete solo pazientare un pochino), ma spero lo gradirete ugualmente. Nel frattempo, grazie a chi ha recensito, recensisce e recensirà (e un grazie speciale a chi mi ha inserito tra gli autori preferiti. Cioè, wow!, è un onore che spero di non deludere!).
Un abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
Solitudine
 
 
 
Hermione sentì un gufo picchiare alla finestra e sussultò. Si assicurò circospetta che Kathleen fosse impegnata e prese la busta che l'allocco le stava porgendo. Un'altra occhiata di sottecchi, poi la aprì.
Con sollievo, scoprì la cartolina che Harry e Ginny le avevano mandato dalle loro vacanze.
Sospirò, il suo segreto era ancora al sicuro.
«Kat, è anche per te» chiamò.
Kathleen arrivò di corsa ed Hermione le porse la cartolina, perdendosi ad osservarla.
Non che fosse davvero un segreto, aveva semplicemente evitato di sbandierare la paternità di Kathleen all'intera società. E quella riga, sebbene imboscata in un articolo con l'intento di gettare fango su qualcun altro, l'aveva fatta sussultare appena l'ebbe riletto con più attenzione e calma.
Soprattutto calma, e distanza da una certa persona.
Sapeva che se si fosse scoperto nessuno l'avrebbe accusata - di fatto, lei era la vittima - ma sapeva quanto le persone potessero essere crudeli, e non voleva che Kathleen si trovasse catapulta in un mondo dal quale veniva esclusa per una colpa che non era sua.
In ogni caso, le persone che sapevano la verità erano ben poche. Esclusa se stessa e Severus, rimaneva Bellatrix, che non era un problema, e Greyback. Se soltanto ci fossero stati dati certi su quest'ultimo sarebbe stata molto più tranquilla.
L'incognita era decidere se includere Kathleen o meno.
Sebbene Hermione avrebbe preferito di no, la scelta più razionale e meno protettiva avrebbe imposto il contrario. Kathleen avrebbe compreso finché fosse rimasta una bambina, ma una volta cresciuta l'avrebbe perdonata?
Hermione conosceva la risposta, perché sarebbe stata la stessa che avrebbe dato lei se si fosse trovata nella stessa situazione: no.
Aveva mentito ai suoi genitori per proteggerli e li aveva persi, non avrebbe fatto lo stesso errore con sua figlia.
Sospirando si avviò verso il divano. «Kathleen, vieni. Dobbiamo parlare»
Kathleen si avvicinò con espressione curiosa. «Cosa c'è?» chiese.
«Devo dirti una cosa» rispose Hermione, facendole segno di sedersi al suo fianco. Kathleen obbedì, arrampicandosi sul divano e sedendosi con le gambe raccolte sotto il corpo.
Hermione le accarezzò una guancia con un sorriso. «Ti ricordi quello che ti ho raccontato su tuo padre, vero?» Iniziò esitante.
«Sì, mamma, tutto» annuì la bambina seria.
Hermione si morse un labbro, indecisa su come continuare. «C'è una cosa che non ti ho detto» sospirò. «Ma devi promettermi che, se te lo dico, non andrai mai a cercarlo»
«Perché?» chiese Kathleen, confusa.
«Perché anche se sei sua figlia non vuol dire che non ti farebbe del male» cercò di spiegare.
«Ma nessun papà fa male ai suoi figli!» ribatté Kathleen.
Hermione strinse le labbra. Era un discorso complesso per una bambina di soli cinque anni, ma era importante che capisse.
«Kathleen, quello che sto cercando di dirti è che tuo padre non è morto, ma nessuno sa dove si trova. Anche quando sarai grande, Kat, devi promettermi che non andrai mai a cercarlo» finì guardandola negli occhi.
Kathleen la guardò con i suoi grandi occhi neri. Sembrava pensare, e per un momento Hermione temette che le avrebbe risposto di no, che se aveva un papà lo voleva anche incontrare.
«Va bene, mamma. Mi hai detto che era cattivo, io ci credo. Te lo prometto!» finì, seria.
Hermione si sentì invadere dal sollievo e si sporse per abbracciare la figlia. Se la strinse al petto, affondando il viso nei suoi capelli profumati di bambina.
«Grazie, tesoro» sussurrò.
Sentì le braccia della figlia stringersi al suo collo. «Ti voglio bene, mamma» sussurrò.
«Anche io, amore» rispose baciandole la testa. «Anche io»
Hermione rimase sul divano a godersi il calore che Kathleen le trasmetteva, seduta sulle sue ginocchia e intenta a giocare con i suoi capelli..
«Mamma?» esordì dopo un paio di minuti la bambina.
«Sì?» Rispose Hermione.
«A me non fa niente se non ho un papà, sto bene con te» iniziò, la fronte corrugata per la concentrazione. Hermione non disse niente, aspettando il ma che sapeva sarebbe arrivato.
«Posso chiederti una cosa?» chiese infatti.
«Certo, ti ascolto»
Kathleen tentennò ancora un momento, rigirandosi una ciocca dei capelli della madre attorno ad un dito. «Perché Severus non viene più da noi?»
Hermione si sentì stringere il cuore. Sospirò, poggiando il mento sulla testa della figlia.
«Ci ha aiutate: la pozione ha funzionato» cercò di spiegare, sforzando di ignorare le immagini che si presentavano nella sua mente.
«Ma io pensavo fosse nostro amico» si lamentò Kathleen, strascicando le vocali.
Hermione chiuse gli occhi. Non avrebbe pianto.
Lasciò che il silenzio si allungasse fra loro, prendendo il posto di una risposta. Poi, con una carezza, scostò la figlia da sé.
Non le chiese se l'uomo le mancava, ritenne più saggio cambiare discorso. «Preparati, usciamo»
«Dove andiamo?»
Hermione si schiarì la voce. «A prendere un gelato»
 
Alla fine prendere il gelato si era rivelata la decisione giusta: Kathleen non aveva più nominato Severus, né fatto altre domande sul padre naturale.
Avevano parlato della settimana passata, la prima di vacanza, e iniziato a fare progetti per le prossime settimane in cui Hermione non avrebbe lavorato. Avevano deciso una gita allo zoo e una al mare e, per una volta, entrambe furono felici di poter fare progetti senza lo spettro della luna piena su di loro.
Le vacanze erano il momento dell'anno che Hermione preferiva: poteva finalmente stare con la figlia senza interruzioni. Tuttavia, quei giorni erano macchiati da una malinconia che, ostinata, non voleva andarsene.
Due settimane. Erano passate due settimane da quando l'aveva visto.
Cacciò il pensiero, alzandosi dalla panchina su cui erano sedute.
«Kat, che ne dici di accompagnarmi a prendere dei documenti?»
Non avrebbe dovuto, ma tutto ciò che desiderava era avere la mente occupata.
Per sua fortuna, Kathleen acconsentì.
 
 
 
Le gite al Ministero, infine, divennero quasi un appuntamento settimanale.
Mai come quell'estate Hermione aveva lavorato a casa, ma solo in quei momenti sentiva la pressione che le attanagliava il petto allentarsi.
Durante la giornata riempiva lei e Kathleen di attività: entrambe potevano infatti sfoggiare un'abbronzatura invidiabile. Ma la stanchezza non era mai abbastanza da permetterle di dimenticare quel pensiero.
Non si riteneva una donna capace di permettere ad un uomo di scombussolare il suo intero essere, ma spesso si sentiva affondare dal peso dei ricordi che avevano condiviso.
Anche lui non trovava pace per il modo in cui si erano lasciati l'ultima volta?
Non sapeva darsi una risposta, e a volte non era neanche sicura di volerne una.
 
 
 
Tre settimane.
Tre settimane senza di lui.
Ma non era questo il pensiero di Hermione mentre attraversava l'atrio semideserto del Ministero. No, assolutamente.
La cartella che stringeva al petto era gonfia di documenti, si sarebbe fermata in ufficio soltanto per posarla e prenderne un altro paio. Pochi minuti.
«Mamma, posso buttare una moneta nella fontana mentre ti aspetto?» chiese Kathleen, occhieggiando l'elfo domestico d'oro.
«Certo» rispose Hermione frugando nella borsa in cerca di una moneta. Non aveva problemi a lasciare Kathleen da sola. Non solo perché sapeva essere una bambina responsabile e ormai conosceva il Ministro, ma soprattutto perché la guardia che controllava le bacchette all'arrivo, seppur sepolta dietro il suo giornale, non mancava mai di gettare qualche occhiata a sua figlia.
In ogni caso, come aveva predetto, non ci vollero più di due minuti.
Quando tornò nell'atrio trovò Kathleen intenta ad osservare con attenzione qualcosa nelle profondità della fontana.
«Mamma!» la chiamò quando la vide. «Guarda, ho incontrato lo zio Percy e mi ha fato un'altra moneta!» Le disse entusiasta mostrandole una moneta d'oro tenuta tra indice e pollice.
Come la madre, Kathleen era l'unica bambina in grado di trovare Percy interessante. La verità era che era affascinata da tutto ciò che l'uomo conosceva.
«Che bello! Da gettare nella fontana?» chiese Hermione ricambiando il sorriso.
«Mmmh» pensò la bambina imbronciando le labbra. «Non so, perché- oh, mamma guarda! È l'amico di Severus!»
Hermione si voltò in direzione dello sguardo di sua figlia, perso oltre la sua spalla. Dall'altra parte dell'atrio, appena uscito dall'ascensore, c'era Lucius Malfoy.
Alle sue spalle, Severus.
Hermione fece appena in tempo a chiedersi come Kathleen facesse a conoscerlo prima che lo stomaco iniziasse a fare le capriole e il cuore a batterle fin nelle orecchie.
Come se vedesse il mondo attraverso un velo, Hermione vide Kathleen partire di corsa e buttarsi a stringere i fianchi di Severus. Come al rallentatore, registrò le dita lunghe dell'uomo accarezzare la nuca della bambina stringendola brevemente a sé.
Non era possibile. No, no, non lo era.
Si accorse di aver seguito la figlia quando si fermò davanti ai due uomini, un groppo a serrarle la gola e gli occhi che pizzicavano.
Severus alzò lo sguardo, incatenando i loro occhi, ed Hermione si ritrovò costretta a ricordarsi come respirare. Il cuore le batteva ad una velocità tale da farle male, ma più di tutto soffriva perché anche lei avrebbe voluto imitare la figlia, premere il suo corpo contro quello solido dell’uomo e sentire la forza delle sue bracciaavvolgerla.
I palmi le formicolarono ricordando il calore della sua pelle, le sue labbra si schiusero in attesa. Di una parola o di un bacio, non avrebbe saputo dirlo.
«Miss Granger» la voce strascicata di Malfoy ruppe l'incantesimo tra i loro sguardi. «Che piacere. E qui la piccola... Granger, un piacere rivederti» finì, calcando leggermente il cognome come se sapesse.
«Anche io mi ricordo di te» rispose Kathleen con schiettezza. Aveva alzato la testa, ma con una mano si teneva ancorata alla camicia di Severus. «Ma non so come ti chiami» finì dopo una pausa, la bocca storta in una smorfia di disappunto.
Malfoy rise sorpreso, quasi di gusto, ed Hermione si stupì che un uomo del suo calibro fosse capace di un gesto del genere. Ma poi, rifletté, Lucius era padre, e le era fin troppo chiaro come diventare genitori potesse cambiare le persone.
Lo studiò mentre si presentava a Kathleen come un gentiluomo, stringendole la mano e facendola sorridere compiaciuta. Il discorso proseguì, ma lei smise di prestarci attenzione.
Non era l'unica ad essersi accigliata: quando voltò la testa trovo gli occhi di Severus su di sé.
Come se ancora non fosse abbastanza, il cuore le saltò in gola.
Sentì la bocca secca. I cerchi scuri sotto gli occhi che gli aveva visto l'ultima volta si erano fatti più accentuati. Sebbene sbarbato, era chiaro nella tensione delle sue labbra quanto quelle settimane l'avessero impensierito.
Perché, allora, non si era presentato alla sua porta?
«Dobbiamo andare» esordì lui con tono duro, distogliendo lo sguardo. Prese Malfoy per un braccio e lo costrinse a fare un passo indietro.
«Suvvia, Severus, non è così che si salutano due signore» sorrise affabile Malfoy, come se non si fosse accorto del loro gioco di sguardi.
«Dove andate? Non vieni con noi?» chiese Kathleen innocente. Aveva alzato i grandi occhi su Severus e, per la prima volta, lui esitò.
Strinse la mascella e si fermò a mezzo passo, e tanto bastò alla bambina perché si aggrappasse di nuovo alla sua camicia con i pugni stretti.
«Kathleen» sussurrò Severus, evidentemente colpito dalla reazione della bambina. «Devo accompagnarlo a casa» spiegò, posando le sue grandi mani su quelle più piccole della bambina, cercando di dissuaderla a lasciarlo andare.
«Perché? Non può andarci da solo?» insisté.
«Kathleen, basta» cercò di intervenire Hermione, ma, con orrore, si accorse che la sua voce tremava. Strinse i denti, imponendosi che non avrebbe permesso alle lacrime che le pizzicavano gli occhi di scendere.
«No, non può» rispose Severus, ritrovando un po' della sua compostezza.
«E perché?» Ma questa volta una lacrima si unì al tono lamentoso, rotolando sulla guancia. «Perché non vieni con noi?»
Severus sospirò. Poi, con un gesto che aveva già compiuto, ma nessun altro aveva visto, si chinò a raccogliere la goccia con il pollice.
«Vai con la mamma, Kathleen» le bisbigliò con una dolcezza che Hermione non gli aveva mai sentito. Anche Malfoy si era fatto serio, ma lui stava osservando la madre: non si era perso il cambio di espressione, da preoccupata tenerezza a disperata tristezza, né gli occhi pericolosamente lucidi.
«Ma io voglio stare con te» biascicò Kathleen, tirando su con il naso.
Severus espirò lentamente, ma fu ben attento a non alzare gli occhi per incrociare quelli della madre. Hermione, d'altro canto, si sentiva pietrificata, combattuta tra la voglia di evitare alla figlia quella sofferenza e il desiderio che Severus accettasse la sua offerta.
«Stavi gettando monete nella fontana prima, giusto?» Lei annui, le labbra strette per il repentino cambio di argomento.
«Ecco, lanciane una anche per me» continuò Severus porgendole una moneta.
Per accettarla Kathleen fu costretta a lasciarlo e Severus ne approfittò svelto per alzarsi e fare un passo indietro. Fece un cenno veloce con il capo, senza guardare nessuno, poi afferrò Malfoy per un gomito e lo trascinò verso i camini.
Hermione chinò la testa, sentendosi sconfitta ed amareggiata. Vide Kathleen infilarsi la moneta in una tasca, e non poté fare nulla per l'unica lacrima che le bagnò una guancia.
 
 
 
Tre settimane e due giorni.
Tre settimane e due giorni, ma non stava tenendo il conto.
Con le mani immerse nella schiuma nel lavandino, Hermione pensava esattamente a questo.
Lavare i piatti non era essenziale, ma mai come quella sera sentiva il bisogno di tenersi impegnata. L'occupazione che aveva scelto, tuttavia, le lasciava fin troppo margine di pensiero.
Tre settimane e due giorni.
Aveva finto di non soffrire finché era stata la rabbia a mantenere viva la loro separazione, ma da quando l'aveva rivisto si sentiva opprimere da un peso che le impediva di respirare, di dormire, di vivere.
Aveva fatto in modo che Kathleen fosse ancora più impegnata di prima, per evitare che si facesse domande, e aveva ottenuto buoni risultati: dopo cena la bambina crollava stremata, l'assenza dell'uomo in un angolo della sua mente.
«Mamma?»
«Sì?»
«Posso andare a giocare?»
«Sì»
Sapeva, però, che era solo questione ti tempo. Per quanto sarebbero riuscite a reggere quei ritmi?
Non a lungo, purtroppo.
La verità era che Hermione non voleva rispondere perché sapeva chi delle due avrebbe sofferto di più. Kathleen era una bambina, le sarebbe passato, avrebbe dimenticato con il tempo, ma lei? Lei sarebbe riuscita a rendere quella crepa nel suo cuore dolorosamente e irrimediabilmente vera?
Ricordava quanto Ginny soffrisse per Harry nonostante cercasse di dimenticarlo con altri ragazzi, e quanto tempo era occorso perché Ron smettesse di guardarla con occhi pieni di rimpianto, desiderio e sofferenza.
Ma, più di tutto, sapeva quanto i suoi sentimenti si erano fatti forti, quanto sentiva la mancanza delle sue carezze e dei suoi baci.
Sarebbe andata avanti, senza di lui, ma sapeva che mai più avrebbe provato simili sentimenti per qualcuno.
«Mamma?»
«Sì?»
«Ho lavato bene i denti?»
«Sì»
Si rigirò il piatto tra le mani togliendo il sapone da entrambi i lati.
Quanto tempo ci sarebbe voluto, per lei?
Non le importava dimenticarlo, sapeva che non ci sarebbe riuscita, tutto quel che desiderava era smettere di sentire il cuore battere con quella forza quando vedeva una lettera arrivare via gufo, le interiora contorcersi quando il campanello suonava, la testa iniziare a ronzare quando, anche da lontano, vedeva un uomo con i pantaloni neri e la camicia bianca.
Era masochista, da parte sua, desiderare ancora una speranza?
Forse no, se non ci fosse stato tutto quel non detto che c'era fra loro. Perché lui non le aveva permesso di dirlo, quel ti amo che si sentiva incastrato tra lingua e palato.
Forse si, dal momento in cui lui le aveva spedito per posta, pur di non vederla, il restante della pozione per Kathleen. Un addio, il suo, che altro?
«Mamma?»
«Sì, Kathleen, cosa c'è? Che altro, ancora?»
Il piatto le scivolò tra le mani cadendo nell'acqua e schizzando tutt'attorno. Hermione si accorse di aver alzato la voce e vide gli occhi sgranati di Kathleen. Si era ammutolita, chiedendosi cosa avesse fatto.
Chiudendo il rubinetto, Hermione si appoggiò con le mani al piano della cucina. Sospirò, gli occhi chiusi, preparandosi a scusarsi e spiegare alla figlia che non era colpa sua.
«Mamma, stai piangendo?»
La voce sottile di Kathleen le fece aprire gli occhi. Toccandosi la guancia scoprì di averla bagnata.
«Perché sei triste?» Le chiese Kathleen. Hermione sentì la sua mano calda sulla guancia e crollò in ginocchio, soffocando in malo modo un singhiozzo.
Kathleen le gettò le braccia al collo, e in risposta Hermione la strinse forte a sé.
«Non devi piangere, mamma. Non essere triste» cercò di consolarla la figlia.
A quelle parole Hermione sentì un'altra ondata di lacrime sommergerla. Affondò il viso nell'incavo tra il collo e la spalla della figlia, stringendo gli occhi.
«Non è colpa tua, amore» sussurrò. Sforzò la voce ad uscire dalla sua gola serrata, ma faticò a tenerla sotto controllo.
«Lo so, mamma. Anche a me manca Severus»
A quelle parole Hermione non poté impedirsi di gemere, un verso strozzato di dolore. Si sbilanciò all'indietro, poggiando la schiena sugli sportelli della cucina e tirando Kathleen sulle sue gambe. Se la strinse al petto, cercando di trarre da quell'abbraccio un po' di conforto per entrambe.
Certo che l'aveva capito, che lo sapeva. Per sua fortuna e sventura, Kathleen aveva la sua stessa intelligenza intuitiva.
Senza più dire una parola, madre e figlia rimasero sul freddo pavimento di piastrelle finché le guance di entrambe non furono di nuovo asciutte. Nel silenzio rotto solo dai loro battiti del cuore, Hermione aspettò che il respiro della figlia diventasse pesante e regolare. Quando successe la portò nel suo letto.
Insieme, abbracciata alla figlia, quella notte Hermione riuscì a dormire.

 
   
 
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