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Autore: Matagot    21/04/2020    2 recensioni
Hogwarts, 1995.
Cedric Diggory è morto al termine del Torneo Tremaghi, Voldemort è tornato e l'Ordine della Fenice è stato da poco ricostituito.
Il Ministero sta portando avanti una propaganda negazionista, a discapito di Harry Potter e Albus Silente, per evitare il panico collettivo che aveva colpito la popolazione magica una quindicina di anni prima. Lord Voldemort ha modo di agire nell'ombra, rimpolpare i propri ranghi e gettare le basi per la Seconda Guerra dei Maghi.
Ma un nuovo player è in agguato, la Plume Blanche sta per fare il suo ingresso nella Storia Moderna Inglese.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Ma petite lapine,

Se ti venisse mai recapitata questa lettera, purtroppo significherà che io sarò morto.
Avrò tentato in tutti i modi, credimi, avrò lottato per rimanere in vita, per te e per Guillaume, ti prego di perdonarmi se non ci sono riuscito.
Mi manchi Olivia, mi sei mancata da subito, da quando ho preso la decisione di spedirti lontana dalla Francia e forse non rivederti mai più.
So che, accogliendoti con me quando eri solo una bambina con le trecce, probabilmente ti ho condannato ad una vita difficile e piena di sacrifici e ciò mi duole.

Mi dispiace di non averti dato un’infanzia più spensierata, più giocosa, ma dovevo prepararti, addestrarti, dovevo essere un genitore coscienzioso e scegliere tra come avrei voluto trascorrere serenamente il tempo con te o insegnarti, anche duramente, ciò che ti avrebbe potuto un giorno salvare la vita, perché io stesso, accogliendoti, ti avevo messo in pericolo mortale. Avrei voluto far sapere al mondo che eri la mia bambina, lo avrei urlato ai quattro venti con orgoglio, se ciò non ti avesse reso un bersaglio per i miei nemici. Mi dispiace per la segretezza che ti abbiamo imposto da sempre.

Sei stata un’allieva perfetta, ma petite lapine, caparbia e capace. Tu eri, se possibile, ancora più motivata di me, facevi di tutto pur di imparare ad imbrigliare la tua enorme ed instabile energia magica, anche tu avvertivi che ti sarebbe sfuggita di mano con conseguenze nefaste altrimenti.
L’Incanto Fidelio che ti proteggeva è ancora attivo e il Custode Segreto ora è Guillaume. Lui custodisce tutto, le tue origini, i tuoi poteri, i tuoi anni trascorsi con noi in Francia e l’intera missione.

Spero che nel momento in cui ti riceverai questa lettera, Guillaume sia ancora in vita. Se così non fosse, ho rivelato una parziale verità ad Albus Silente (è anche lui ora Custode Segreto, ma solo di ciò che gli ho rivelato), il preside di Hogwarts, che dovrebbe averti consegnato questa lettera. Puoi fidarti di lui, ma petite lapine, è un mago estremamente capace, mosso dalla volontà di rendere questo posto migliore, non ti avrei affidato a nessuno di meno degno. Ho comunque ritenuto prudente non rivelargli le tue origini, le tue capacità o l’eredità che ti spetta.

Se qualcuno, oltre a Guillaume o Albus Silente, dovesse farsi vivo, ti prego di stare all’erta e non fidarti, bambina mia, nemmeno se si presentasse come membro de la PB. Stai sempre con gli occhi ben aperti, non potrei mai perdonarmelo se ti succedesse qualcosa.

Guillaume dovrebbe incontrarti a breve, nel giro al massimo di un mesetto. Lui ti proporrà di lavorare insieme e portare avanti l’operazione, ha la mia benedizione nel far ciò, perché io sono sicuro che se qualcuno possa aiutare a mettere fine a questo conflitto, saresti decisamente tu. Ti prego però, bambina mia, di non accettare se non è ciò che ogni fibra del tuo essere vuole. Non accettare se hai dei dubbi o anche solo la più piccola remora, perché questa vita è tutto o niente e io non ti giudicherò se non vorrai iniziare questo cammino.

Il mio unico pensiero sei tu e il mondo che vorrei che tu vivessi.
 
Ti voglio bene infinitamente, sempre e per sempre.
Papà
 
 
Olivia vide che le parole, così come erano apparse al suo tocco, scomparvero non appena posò la lettera sul tavolo. La tentazione di conservare quella lettera sempre e per sempre era micidiale, ma lei sapeva che non poteva, sarebbe stata una prova schiacciante che poteva tradire tutto il suo passato. Conosceva il codice, l’avrebbe dovuta bruciare, ma nulla al mondo l’avrebbe convinta a distruggere le ultime parole che Christophe voleva fargli avere.
 
D’altronde lo scritto appare solo al mio tocco.
 
Un lieve tocco di bacchetta e trasfigurò la pergamena in un anonimo fermaglio per capelli celeste, che ripose con cura all’interno del suo baule.
Celeste, come le pareti di camera sua nella casa in cui era cresciuta.
Celeste, come il colore preferito di Guillaume.
Celeste, come gli occhi di Christophe.
 
**
 
I bagni delle ragazze erano sempre affollati, un po’ perché la fila comprendeva sempre almeno tre o quattro persone, un po’ perché erano utilizzati come salotti per la condivisione degli ultimi, scottanti gossip.
Calì Patil e Lavanda Brown, Grifondoro, quinto anno, informate sugli ultimi gossip, nient’altro di rilevante, stavano intrattenendo una frivolissima conversazione su chi fosse il ragazzo più carino di Hogwarts. Starnazzavano come ochette da passeggio, mentre controllavano il trucco davanti allo specchio e non si curavano nemmeno di abbassare il tono di voce.
“Oh, Roger Davies ha messo su proprio due belle spalle quest’estate, hai visto? Potessi essere un Animagus, diventerei la sua divisa da Quidditch!”
Olivia alzò gli occhi al cielo. Non condivideva troppo la verve civettuola che molte ragazze del suo anno stavano adottando, figurarsi poi se faceva dire loro delle sciocchezze del genere.
 
Insomma, un Animagus si trasforma in un animale, Maledetto Salazar! Lo dice la parola stessa! E poi non si può scegliere ciò in cui ci si trasforma, dipende dalla natura intrinseca della persona! Non mi sorprende che vadano sempre in giro in coppia, probabilmente una riesce a lanciare Lumos e l’altra Nox!
 
Ma Olivia Robin tenne per sé tutte quelle considerazioni. C’era solo una ragazzina del primo anno in fila davanti a lei, ormai quel supplizio fatto di risatine e cicalecci stava per terminare.
“Beh, poi c’è sempre Zabini. Peccato che sia uno stronzo e un Serpeverde, perché è davvero un bel ragazzo, l’altra notte ho sognato che io e lui…”
Altre patetici risolini riecheggiarono tra le pareti del bagno, ma non durarono a lungo. Pansy Parkinson, Purosangue, Prefetto di Serpeverde, quoziente intellettivo mediocre, bulla e si vocifera ex ragazza di Draco Malfoy, entrò in bagno accompagnata da alcune amiche e subito si avvertì il gelo calare. Fu come se qualcuno avesse scagliato un Silencio ad ampio raggio, dato che i chiacchiericci allegri si dispersero subito. Insieme a lei entrò il suo profumo preponderante, un aroma misto di zucchero filato e fragola che riempiva le narici di chiunque fosse a meno di tre metri da lei.
 
Potrebbe essere l’occasione giusta, mi chiedo solo come… Come posso fare?
 
“Oh ti prego Brown, continua a deliziarci con le tue fantasie erotiche su Blaise, ne sarà disgustato.”
 
Il sorriso si spense sulle labbra di Lavanda. Nonostante si fosse appena spalmata in faccia tonnellate di trucco, sbiancò visibilmente e per un attimo sembrò sul punto di svenire.
“Lasciala perdere Lav, probabilmente Zabini non lo sentirà mai, perché nemmeno lui riuscirà a tollerare la puzza di caramella avariata in cui si avvolge la Parkinson.”
Calì Patil tentò di consolare la sua amica e nello stesso tempo minare l’autorità da bullo che Pansy Parkinson e la sua faccia da carlino si erano arraffate negli anni.
“Cinque punti in meno a Grifondoro per la tua insolenza Patil. E cinque in meno anche a te Brown, per le zozzerie che vai cianciando su un Purosangue come Zabini, maledetta traditrice del tuo sangue che non sei altro.”
Millicent Bulstrode e Daphne Greengrass ridacchiarono come matte nel vedere le reazioni delle Grifondoro, a metà tra il boccheggiante e l’indignato. Il bagno era gremito, ma nessuno osò fiatare, la sentenza di Pansy Parkinson era calata veloce come una ghigliottina affilatissima.
“Se avessi letto il regolamento scolastico, sapresti che quei cinque punti sottratti a Lavanda verranno reintegrati poiché sottratti senza cognizione di causa Parkinson, ma effettivamente bisognerebbe essere in grado di leggere.”
 
Speriamo che funzioni. Speriamo che sia riuscita a capire che le ho dato della stupida e che faccia scoppiare un pandemonio. Andiamo, Parkinson! Andiamo!
 
Olivia mostrava il solito viso da brava ragazza, quello che aveva addolcito anche i professori più pregni di rancore verso gli studenti, e sorrideva in modo gentile. Alcune ragazze sgranarono gli occhi, altre trattennero il fiato. Le risatine della Bulstrode e della Greengrass si spensero come un incendio sotto un acquazzone.
“Robin, non hai alzato la mano prima di rispondere e non c’è quella Sanguemarcio della Granger con cui contenderti il titolo di Fastidiosa Secchiona dell’anno, perché ti sei disturbata a parlare?”
La Serpeverde fece una breve e grottesca imitazione di Robin in classe, saltellando sul posto con la mano alzata per rispondere. La porta del cubicolo si aprì e Pansy Parkinson, incurante della fila, spinse di lato la bambina del primo anno che sarebbe dovuta entrare. Sghignazzando, mosse qualche passo verso la toilette, ma un braccio le sbarrava la strada.
“È inutile che fai la bulla solo per sfogare la tua frustrazione amorosa, a tutte capita di prendere delle palate in faccia, anche se quella che ti tira Malfoy da più di sei mesi è pesante, ma non per questo ci comportiamo come degli scimmioni con le Pluffe girate.”
 
Ecco, l’hai detto, brava, hai tirato fuori Malfoy, che salta da una ragazza all’altra dal Ballo di Ceppo e torna da lei solo quando si è stufato. Incrociamo le dita, arrabbiati Parkinson, andiamo!
 
“TACI E FAMMI PASSARE, MALEDETTA FRIGIDA! FURUNCULUS!”
 
Pansy Parkinson aveva estratto le bacchetta in modo fulmineo e l’aveva puntata contro Olivia. Poche scintille verdi brillarono dalla punta della bacchetta del Prefetto, ma l’incantesimo non sortì l’effetto desiderato. La scena si svolse così velocemente che le ragazze intorno a loro ci impiegarono qualche secondo a realizzare cosa fosse successo. Lo sguardo di tutte era posato sulla Serpeverde.
Un’isterica Pansy Parkinson fu accompagnata dalle sue amiche in infermeria, ululando e lanciando imprecazioni contro Olivia Robin, mentre il viso, le braccia e il petto le si riempivano di pustole e bolle giallastre. Pansy si lagnava, piangeva e urlava di come quella secchiona l’avesse aggredita alle spalle alludendo ad un interesse verso il suo ragazzo, millantando di farla espellere nel giro di qualche ora grazie alle conoscenza dei suoi genitori e all’influenza che esercitavano sul consiglio studentesco.
Olivia era totalmente illesa, non pareva nemmeno essersi mossa.
 
“Penso che sia il tuo turno.”
La Corvonero sorrise alla bambina del primo anno che la precedeva nella fila, accennando con il mento alla toilette. La ragazzina, che la stava guardando con gli occhi spalancati e la bocca che disegnava una piccola O meravigliata, la ringraziò sotto voce prima di fiondarsi in bagno.
Olivia Robin alzò lo sguardo e vide che tutti gli occhi delle presenti, anche quelli di Mirtilla Malcontenta che le aveva raggiunte pochi secondi prima, attirata dal baccano, la fissavano.
“Oh insomma ragazze, non guardatemi così! Era solo un Sortilegio Scudo non verbale, riflette la fattura che tenta di colpirlo, non l’ho aggredita io! Su avanti Lavanda, riprendi a fare la classifica dei più carini di Hogwarts!”
 
**
 
Guillaume sapeva cosa fare.
Avevano sempre temuto, lui e Christophe, che qualcosa del genere potesse capitare. Spesso Guillaume si era ritrovato a pensare che ogni tanto il suo Double si lasciasse prendere un po’ troppo la mano, che gli fosse stata instillata la segretezza fin troppo in fondo, che ormai la paranoia iniziasse a prendere il sopravvento.
Era fermamente convinto che il duro addestramento, sia psicologico che fisico, avesse ‘rotto’ le anime di troppi giovani, li avesse condotti alla pazzia e al delirio, condannandoli a vivere la vita con il sentore che qualcosa stesse sempre tramando nell’ombra. Tanti, alla soglia dei quarant’anni, si erano ritirati a vita privata a causa della sindrome di stress post-traumatico e sapeva che la PB aveva istituito un reparto segreto presso l’Ospedale Jeanne D’Arc, dedicato totalmente alla riabilitazione e all’eventuale soppressione dei soggetti troppo problematici per ritirarsi autonomamente dal lavoro e vivere sotto copertura nel programma di protezione testimoni.
Non condivideva il metodo che la PB utilizzava per gestire il suo personale, con troppa razionalità ai limiti dello spietato, ma si era poi sempre convinto che tutto ciò avvenisse per uno scopo più alto, la stabilità socio-politica europea valeva sicuramente questo sacrificio, come il Presidente dell’organizzazione ripeteva sempre.
 
Guillaume era a casa sua, una piccola villetta in legno dipinto di bianco e celeste, con vista sulla spiaggia. Stava contemplando placidamente il tramonto spettacolare che si rifletteva sul mare, screziando di arancione l’acqua che danzava implacabile al ritmo della corrente.
I suoi occhi accarezzarono tutto il panorama, come se tentasse di imprimersi quella visione nella mente, per dirgli addio.
Quel panorama era stata la cosa che li aveva colpiti di più, l’elemento che aveva convinto sia lui che Christophe ad acquistare quella piccola villetta.
 
Era il momento. Adagiò una lettera di addio in cui spiegava le motivazioni del suo suicidio nella cassetta delle lettere all’inizio del vialetto che lo avrebbe condotto alla sua abitazione. Si era espresso con sincerità, aveva riversato tutto sé stesso in quelle parole, così intrise di dolore per la perdita dell’amato, della sua incapacità di reagire a questa situazione terribile e dello sconforto vergognoso che gli aveva generato l’essere congedato dalla sua organizzazione. Non riusciva più ad esistere, semplicemente. Aveva ammesso di sentirsi inutile, usato e ferito, terminando con una frase rivolta ai suoi compagni ricercatori, in cui li esortava a combattere per il bene superiore e in cui li pregava di perdonare il suo ultimo, estremo gesto.
 
Aveva un’aria spettrale Guillaume, pesanti occhiaie nere davano al suo sguardo una parvenza tetra e folle, non mangiava da qualche giorno e non si lavava da altrettanto. Chiunque, vedendolo, avrebbe asserito che si trattasse di un vecchio clochard che doveva averne viste tante e di molto brutte. Giunse in salotto con passo lento e strascicato, come se gli costasse tutta l’energia che ancora poteva serbare in corpo. Barcollò, ormai stremato.
 
Rise.
Gli uscì un riso come un latrato, il suono grattava in modo strano contro le pareti secche della gola. Rise in modo malato, maniacale, sinistro, prima di alzare in aria la sua bacchetta e sussurrare compiaciuto una sola parola.
Ardemonium.
 
Il Fuoco Maledetto avvolse istantaneamente la casa in legno. Corse veloce, come animato da una coscienza senziente che lo pilotava verso i punti della casa da attaccare. Pezzi di soffitto iniziarono a cadere dopo qualche secondo, ormai tizzoni ardenti che alimentavano le fiamme, avvolgendo tutto ciò che circondava l’uomo. Tutto brillava di fiamme, tutti i ricordi, tutte le foto, tutto l’arredo, tutto stava bruciando.
Tutta la loro vita sarebbe stata cancellata da lì a non molto.
 
Lui rideva, continuava a ridere, Guillaume non era scosso dai singulti di risa da così tanto tempo che ben presto tutti quegli spasmi gli avevano fatto venire i crampi all’addome.
 
 
Il lunedì mattino i giornali Babbani annunciavano la morte di Guillaume Boulevardier, cinquantanove anni, celibe, docente di Epigrafia Greca alla Université Lumière Lyon 2, a causa di un incendio scatenato da una fuga di gas all’interno della sua casa al mare vicino a Nizza. A darne il triste annuncio nessuno dei familiari.
   
 
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