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Autore: Frottole    21/04/2020    1 recensioni
James Sirius Potter era sempre stata una persona considerevolmente ragionevole. Chiunque, chiunque fosse passato sotto suo esame aveva un´etichetta. O un nome. O una ragione. Come Sean, Nally, Fred. Abby. Come Harry Potter. Come lui. Draco Malfoy.
Finché non era arrivato il giorno della gita, al suo settimo anno, di metá dicembre... dove James aveva cominciato a vedere e…non era piú riuscito a chiudere gli occhi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo V











Syrma appoggió i piedi sudi sulla moquette bianca e soffice, sbilanciandosi con il palmo delle mani sprofondato nel materasso in cui era seduta da una buona mezz´ora, decidendo, finalmente di alzarsi. Si mosse silenziosa mentre le sue compagne dormivano ancora profondamente, raggiungendo il loro bagno in comune. Lí le piastrelle erano gelide e i capezzoli – coperti da una leggera vestaglia di lino – si inturgidirono dal freddo; si guardó allo specchio, quello che prendeva tutta la parete di fronte a lei e cercó di trovare qualcosa di se stessa in quel riflesso scadente.
Era a pezzi. E aveva saltato la bellezza di due giorni di lezione – fingendo una febbre da cavalli con la Mcgranitt; grazie a Merlino, o qualsiasi altra simile entitá, non aveva mai saltato un giorno di scuola in sette anni e la Preside non aveva esitato nel crederle ciecamente.
Una fiducia che si era guadagnata dopo anni di duro lavoro e obiettivi sempre piú rigidi. Perché lei ne era sicura, nessuno dei professori o delle altre persone in generale non si sarebbe fidato di lei se non avesse dimostrato che non era come suo padre. O suo nonno. O come il suo bisnonno. O qualsiasi altro essere che avesse il suo stesso dna. Per quel motivo anno dopo anno aveva dato sempre di piú, fino a trovarsi a quel punto. Quel preciso punto dove lei si fissava allo specchio e non vedeva una studentessa modello, brillante, educata, professionale. Ma solo… un cadavere.
Un involucro martoriato, magro – malato – che aveva provveduto a torturare.
Lasció cadere la camicia da notte ai suoi piedi, notando con la coda dell´occhio la spina dorsale che sembrava voler bucare la pelle – cosí pallida da apparire trasparente. Aprí il getto della doccia, entrandoci velocemente, lasciando che il getto, sempre piú bollente, le inzuppasse i capelli aggrovigliati.
La veritá era che aveva paura. Non aveva il coraggio di affrontare suo fratello, che aveva rinunciato a partecipare al concorso per prendere parte alla gita per la sua scenata. Non aveva il coraggio di guardare Joshua negli occhi – che non aveva lasciato la sua stanza fino al giorno dopo, dove si era assicurato che aprisse di nuovo gli occhi dopo ore di coma profondo. E Weasley, la Parkinson, Carl. E James Potter.
Oh, James Potter.
Lei non avrebbe mai potuto dimenticare la sua voce, mentre vagava nel nulla assoluto – dove l´unico rumore e il battito incessante del suo cuore. E quello dei suoi ricordi. Syrma non avrebbe mai potuto dimenticare il suo cullarla fino alla fine, con dolcezza, gentilezza, amore. Come di solito si amano i bambini. E lei era rinata proprio cosí… ad un passo dalla morte. Con l´amore. Non era stato violento. Lui non l´aveva strappata dall´oblio… le aveva solo mostrato l´uscita. E sulla propria pelle, Syrma non aveva mai provato qualcosa di simile. Come se non essere mai stata amata l´avesse uccisa ancor prima della sua morte effettiva.
Con un gesto secco chiuse il getto d´acqua, uscendo dalla doccia e avvolgendosi in un grande asciugamano bianco; si asciugó i capelli con un colpo della sua bacchetta, poggiata sul grande lavandino di porcellana rosa, lasciando che cadessero in una morbida cascata lungo la schiena. Indossó velocemente la divisa, uscendo dal bagno per infilarsi il mantello con lo stemma Serpeverde ben visibile sul petto.
Senza un filo di trucco lasció la stanza con la sua borsa a tracolla – camminando silenziosa lungo i corridoi deserti della camerata femminile. Erano le sette di mattina e lei aveva bisogno di prendere aria prima che la calca di studenti invadesse Hogwarts – ancora dormiente. Uscí dai dormitori senza troppi intoppi e si diresse lontano dai sotterranei – per raggiungere il giardino principale della scuola.
Il sole aveva giá inondato le grandi arcate che antecedevano la Sala Grande, insieme al cinguettío dei passerotti. Erano alla fine di Novembre, ma le temperature erano ancora abbastanza sopportabili, quindi prese posto su uno degli scalini attorno la fontana magica, zampillante. Afferró dal pacchetto nella sua borsa una delle sue sigarette alle rose, accendendosene una con fare nervoso.
Il cielo non aveva una nuvola e sembrava un buon giorno per un nuovo inizio. O almeno per riparare qualcosa di rotto. Aspiró ancora una volta dalla sigaretta, socchiudendo gli occhi senza sentire nient´altro che un venticello freddo schiaffeggiarle leggermente il viso – colorandole almeno le guance scarne.
Era la stessa cosa che aveva pensato tre giorni prima quando aveva preso quella roba insieme all´Alcool e l´altro dosaggio di pillole che assumeva regolarmente. Che era un buon giorno per morire. O almeno per affrontare un nuovo inizio. Forse aveva bisogno veramente di aiuto. Era diventata autodistruttiva e quello che era iniziato come un "proteggersi" la stava portando esattamente dove non voleva arrivare.
<< Stai meglio >>
Syrma giró la testa di scatto, incontrando la faccia ancor piú pallida di Fred Weasley – fermo con le mani nelle tasche a pochi metri di distanza da lei. I capelli rosso fuoco facevano a pugno con le occhiaie violacee, ma sembrava piú tranquillo ora, mentre esaminava la sua faccia alla ricerca… alla ricerca dell´orrore che avevano vissuto l´altra notte. << Giá >> bisbiglió in risposta, con le labbra piene secche e sgretolate. Ciccó sul pavimento e Fred prese posto accanto a lei, ma sempre distante – come se non volesse rompere quella bolla di beatitudine con la sua ingombrante presenza. << Sono contento >>
Syrma sorrise appena, gli occhi due specchi di ghiaccio.
<< Sicuro? >> scherzó appena, bloccando le dita con l´altra mano nel tirare la sigaretta, cercando di tenere – come sempre – le sue emozioni sotto controllo. << Ci hai fatto prendere un grande spavento >> mormoró Fred, serio come non lo era mai stato in tutta la sua vita.
Guardó all´indietro, verso il cielo, facendo peso sui palmi aperti. << Non so perché lo hai fatto… se la situazione ti é sfuggita di mano o se lo hai fatto di proposito e non mi interessa. Ma credimi, non é cosí che risolverai le cose. >> la sua espressione era di pietra mentre afferrava una sigaretta dalla sua borsa coi libri, le mani sudate nell´accenderla.
<< E tu che ne sai? >> lo sfidó Syrma, accendendosi nel sentirsi giudicata.
<< Io sono il fantasma di un morto che non ho mai conosciuto. Ed é cosí da quando sono venuto al mondo, con questo nome e questa faccia. Sono quello che loro vogliano che io sia. Sono quello divertente, simpatico, energico. E mio padre, ogni volta che non assecondo qualche sua idea o battuta, mi guarda per quello che sono: un ragazzino stupido che vive nell´ombra dello zio morto >> disse Fred, stringendo appena i pugni nel parlarle senza freni, gli occhi ridotti a due fessure. << Come figlio non valgo niente e non sono nemmeno la metá di quello che era zio Fred, perché solo l´idea della guerra mi fa cagare sotto. Perché mi piace fare battutine, ma non il negozio dove mio padre vuole chiudermi dopo Hogwarts >> continuó, scuotendo la testa. Dalla rabbia passó alla tristezza cosí velocemente che Syrma se ne rese conto solo quando lo vide sorridere – come un miserabile.
Sí. Erano dei miserabili, era quella la veritá.
<< Io non conosco nessun altro Fred all´infuori di te. >> bisbiglió Syrma.
Non ci fu bisogno di dire o fare nient´altro, perché lui la guardó con gli occhi leggermente sgranati. << Ma ho conosciuto tuo padre, una volta… e sono sicura al cento percento che anche se lui ha avuto un altro Fred nella sua vita, vede te per quello che sei. Suo figlio >> continuó, alzandosi da quei gradini e spazzolandosi il retro del suo mantello. Lo guardó un´ultima volta e lui inclinó leggermente la testa per guardarla dal basso.
<< Beh… anche tu, per me, sei l´unica Malfoy che abbia mai conosciuto >> rispose, strappandole un altro piccolo sorriso, mentre lei lo salutava con un piccolo cenno della testa – per ritornare all´interno  e dirigersi verso la Sala Grande.
Il tavolo dei Serpeverde era ancora abbastanza vuoto e Syrma si sedette al suo solito posto, abbassando la testa sul piatto e cercando di mandare giú qualcosa anche se controvoglia. Erano giorni che non mangiava nulla. E stava male. La sua magia sembrava volersi spegnere insieme al suo corpo e in quel momento non poteva proprio permetterselo.
Si verso del caffé nero nella tazza, annusando l´odore quasi deliziata. Adorava l´odore dei chicchi e del caffé appena fatto – quasi le riempiva lo stomaco, oltre che le narici.
<< Ciao, bella addormentata >> Zabini prese posto alla sua destra, strappandole un piccolo sobbalzo sorpreso e anche il toast alla marmellata dalle mani. << Devi mangiare qualcosa di piú sostanzioso di un toast e il caffé >> cinguettó, minaccioso, afferrando una bella porzione di salsicce e uova e sbattendogliele nel piatto. << Tutto questo non riuscirebbe a mangiarlo nemmeno Hagrid >> sbuffó Syrma, ma Joshua non volle sentire ragioni.
Le passó una forchetta e si versó a sua volta il caffé, senza toglierle gli occhi di dosso. << O mangi o racconto a tuo fratello quello che é successo >> la sua voce era miele e cianuro, cosí Syrma prese quella maledetta forchetta e cominció a mangiare, furiosa. << Va bene cosí? >> disse, con la bocca piena e gli occhi pronti ad uccidere, e Joshua annuí, felice come un bambino.
<< Benissimo! >> rispose, avvicinandosi quel poco che gli permise di darle una leggera e maliziosa spallata. << Sai… Potter non ti toglie gli occhi di dosso >> le sussurró all´orecchio, facendole l´occhiolino. La ragazza non osó alzare gli occhi dal piatto – ingurgitando una sorsata di caffé per non strozzarsi, figendosi indifferente. << Stará pensando che ho qualche problema con la droga >> sibiló, ironica, facendosi guardare male dal ragazzo di colore – che con un gesto della mano sembró scacciarla via come una mosca molesta.
<< Quanto sei melodrammatica, santo Merlino! >> sbuffó, afferrando un pó di pancetta dal vassoio al centro della tavolata, che subito lo rimpiazzó con dell´altra pancetta fresca. << Tu gli piaci >> Syrma lo guardó impassibile.
<< Smettila di dire stronzate e mangia >> e con quello chiuse il discorso proprio con l´arrivo di Samuél, che prese posto accanto Joshua. << Potevi svegliarmi stamattina >> sbuffó, senza nemmeno dire buongiorno.
<< Non sono il tuo elfo domestico, Samuélito >>
Samuél si riempí il piatto con la sua colazione, rigorosamente fatta di crossaint e caffé – perché mangiare le uova di prima mattina non se ne parlava nemmeno lontanamente. << Ben ritrovata, Caposcuola Malfoy >> salutó Syrma con un gesto della testa, ma quella non lo calcoló nemmeno di striscio – sulle sue come sempre.
<< Sbaglio o Potter sembra molto interessato a quello che stiamo facendo? >> borbottó, guardandosi alle spalle con un cipiglio ad increspargli la fronte.
<< Sí. Penso che gli piaccia la progenie di Satana >>
Samuél lo guardó strano e Syrma non riuscí a trattenersi di colpirlo dietro la testa con la mano aperta. << Mi hai fatto male, mannaccia a te! >> disse Joshua, mantenendosi il collo.
<< Saresti tu la progenie di Satana? >> rise Samuél, per poi guardarsi ancora una volta alle spalle. << Mi sa che hai proprio ragione… ma non ha la fidanzata? >> continuó e rimase quasi di ghiaccio quando lei conficcó un coltello nel tavolo proprio a pochi centimetri di distanza da lui. << Se giri di nuovo quella testa di cazzo che ti ritrovi, giuro che il Crucio sará una carezza confronto a quello che ti faró io >> Samuél inghiottí a vuoto e mimó di cucirsi bocca con l´altra mano.
<< Cominci a perdere il controllo, principessa >> Joshua le scoppió a ridere in faccia, soddisfatto e Syrma evitó di mostrargli il dito medio proprio per non dargli alcuna soddisfazione. Prese la sua borsa e si alzó, scuotendo i capelli biondi con un gesto secco. Uscí dalla Sala Grande sapendo di essere osservata e si affrettó a raggiungere i bagni di Mirtilla Malcontenta – chiudendosi la porta alle spalle.
Si accese l´ennesima sigaretta, sospirando pesantemente. Aveva Difesa contro le Arti Oscure insieme ai Grifondoro da lí a quindici minuti e l´idea le piaceva poco e niente. Lei non doveva spiegazioni a nessuno e se Joshua lo sapeva, comportandosi di conseguenza, gli altri erano un´altra storia.
Tiró nervosamente, mentre l´odore di rose si espandeva per il bagno e la porta si apriva di scatto – mostrando un James Potter abbastanza affannato. << Sei quí >> disse, chiudendosi la porta alle spalle. E quel tonfo sordo le sembró il tonfo delle sbarre quando si chiudono – lasciandoti in trappola.<< Giá. >>
Era contro i lavandini, come a volersi proteggere, con la sigaretta tra le labbra piene e pallide.  << Stai bene? >>James cercava di incontrare il suo sguardo, inutilmente, perché lei guardava con continuitá la carta bruciare sotto i suoi occhi ogni volta che aspirava. << Sto bene >> rispose in un sussurro e allora lui annulló la distanza tra di loro, raggiungendola con due falcate e afferrandola per un polso sottile.
<< Perché non mi guardi? >> sbottó, scuotendola appena, come una bambola di stoffa.
<< Mi hai fatto prendere un colpo a quella cazzo di festa, lo sai? E ora vorresti anche fare l´indifferente? No, fiorellino, con me non funziona cosí >> era fuori di sé, con i capelli scompigliati e gli occhi simili a due lame. Allora lei alzó la testa per incatenare lo sguardo al suo. << E come funziona con te? >> lo guardó in segno di sfida e lui la strattonó ancora piú vicino a sé.
Stava per dire qualcosa quando furono interrotti dalla porta che si apriva e si girarono entrambi per scontrarsi con la figura di Nally O´Connor – che aveva un sopracciglio che quasi le sfiorava l´attaccatura dei capelli. << Ho interrotto qualcosa? >>
James la lasció andare di scatto e Nally rise, battendo le mani con scherno << Certo che a predicare bene e razzolare male voi Potter lo fate bene >> disse, con quel pizzico di perfidia che la distingueva.
<< Questi non sono affari che ti riguardano, O´Connor. O sbaglio? >>
Gli occhi di Syrma si scontrarono con quelli ambrati di Nally. Sembrava una lotta tra titani e nessuno delle due aveva intenzione di abbassare le armi. << É che non mi piacciono i bugiardi. Specie se poi la tua fidanzata viene a rompermi le palle… ma a quanto pare non aveva tutti i torti… >> disse la Diurna, scuotendo la testa, impietosita, e James congeló. << Ti ha detto qualcosa? >> domandó, prerentorio e l´altra lo guardó tra un misto di pena e disgusto. Chiedendosi come avesse fatto uno stronzo del genere a piacerle.
Lo aveva sempre visto con occhi diversi. Con occhi... innamorati. Offuscati. Chiusi. Perché lui non era lo splendido Cavaliere dall´armatura splendente. No.
<< Solo che la Malfoy é la figlia di un Mangiamorte pentito a cui piace fingersi Santa >> rise – senza peró suscitare nell´altra la reazione voluta. Syrma continuó a fissarla, immobile, le dita lunghe e pallide simile a ragni, le labbra strette in una linea sottile, pallida.
<< Credi davvero che io abbia paura di te? >> rise la Malfoy, lasciandosi andare con la testa all´indietro e mostrando i denti bianchi come perle simili a quelli di uno squalo. Erano poche le cose a metterle paura, a dire la veritá. 
Perché se non ti spaventa la morte, sono poche le cose che riescono a intimorire.
<< L´unico nemico impossibile da distruggere é la cara Signora con la falce, mio piccolo inutile scarto. E fin da piccola mi hanno insegnato il Crucio e lo Scherma, dolce mezza vampiretta >> continuó, mortalmente seria. Era cosí pallida da pareggiare con Nally e se non avesse sentito il suo cuore battere – la prima volta che l´aveva vista – avrebbe pensato che Syrma fosse una di loro. Un raro pezzo di marmo, con l´anima persa e dannata e le emozioni un ricordo relegato in un cassetto blindato. Come lei.
Un semplice mezzo morto che cammina tra la gente normale – che osserva il tempo scorrere inesorabile, senza essere in grado di fermarlo… e senza esserne vittima. << Te la scopi? >> Nally si rivolse a James, ignorando le sue parole, la sua sfida e quest´ultimo la fissó come se fosse impazzita.
<< Ma che cazzo stai dicendo? >> sibiló allora il Grifondoro, infuriandosi.
<< Deliri? Hai qualcosa che non va nel cervello? >> aveva le mani chiuse a pugni e l´aria di chi ne aveva abbastanza. << Sono stanco di essere giudicato per ogni fottuto passo che faccio! Voi non siete un cazzo di nessuno per dirmi chi essere o come comportarmi. Né tu, né Abby e né nessun altro! Non devo dare spiegazioni a nessuno. Io non sono mio padre e il mio nome non é Harry Potter, quindi faccio quello che voglio! >> e con quelle parole veloci – che inciampavano tra di loro in un mix di ansia e rabbia – uscí dal bagno, come una furia, mollando entrambe nel bagno.
Entrambe si guardarono prima di inseguirlo a passo svelto. Ma lui non sentiva richiami. Camminó spedito tra i corridoi come un pazzo assassino e nessuno osó fermarlo per chiedergli dove andasse – data la sua espressione – cosí arrivó senza alcun intoppo, senza contare le due ragazze alle sue spalle, nell´aula di Difesa Contro le Arti Oscure, tenute da Rawain Robberdars, una valorosissima ex Auror a cui la Mcgranitt aveva chiesto il favore di insegnare qualcosa di veramente concreto ai ragazzi e nello stesso momento proteggerli da qualsiasi pericolo.
Ma James sembrava non sentire ragioni. Aveva spento il cervello e a stento la vide quando entró in classe – proprio come non vide il resto dei suoi compagni – concentrandosi solamente sulla chioma liscia e corvina di Abby, seduta in prima fila come al solito. << Se pensi che io sia il tuo burattino, amore mio, hai completamente sbarellato sui binari >> disse, arrivandole ad un metro di distanza – quasi come se avesse paura di andarle troppo vicino, cosí tanto da poter perdere il controllo – mentre lei girava la testa di scatto e il resto della classe si zittiva, sconvolta.
<< O che io debba fare e dire quello che vuoi tu. Il mondo non gira attorno a te, principessa, e se al tuo fianco vuoi la fotocopia di mio padre… cosa cazzo devo dirti? Scopati mio padre, perché con me hai chiuso! >>
E James Sirius Potter fece click.

 
***

 
<< Mi dici cosa ti é saltato in mente? >>
James quella volta non riuscí ad abbassare gli occhi, continuando a sostenere quelli duri della Mcgranitt, seduta come un´imperatrice su quella grande poltrona. Silente era alle sue spalle e lo osservava silenzioso, come tutte le volte che si era ritrovato in quell´ufficio per un motivo o per un altro. << Prendi un biscotto >> gli ordinó e l´altro non fece domande, abituato a quel comportamento strano – afferrando uno zuccotto dalla scatola, masticando controvoglia.
<< Ultimamente sembra che tu mi stia dando piú problemi del solito, Potter >> disse, burbera, con gli occhialini appena calati sul naso. La Mcgranitt aveva tutta l´aria di essere centenaria, con quelle rughe che le solcavano il volto e lo sguardo di chi ha visto piú del dovuto; aveva le spalle ricurve, come se vi ci avesse portato il mondo, e i sorrisi rari di una madre severa. << Dice la Professoressa Robberdars che hai urlato contro la signorina Finnegann qualcosa a proposito di tuo padre >>
Se Silente aguzzó le orecchie, fingendo come sempre che il fatto non gli riguardasse come una vecchia pettegola, James questa volta distolse lo sguardo – come un bambino arrabbiato. << Tutti si aspettano chissá cosa da me solo perché sono il figlio del grande Harry Potter >> la sua voce era bassa, capricciosa e le mani si tormentavano tra loro – nervose.
<< Ma… io sono solo James. >> bisbiglió, alzando appena gli occhi nocciola su di lei che gli sorrise, addolcita. La Mcgranitt si tolse definitivamente gli occhiali dal naso, sospirando. << Anche tuo padre era solo Harry, quando ha varcato le soglie di questa scuola – spaventato come un pulcino e disorientato.
Sono le scelte che facciamo a stabilire chi siamo, James, non le nostre radici. E tu sarai anche la fotocopia sputata di tuo padre e tuo nonno, ma non sei loro >> gli disse, poggiando una mano nodosa sulla sua. << E proprio come per tuo padre, io voglio solo il meglio per te. Quindi vedi di comportarti come si deve o potrai dimenticarti della gita al Castello dei Cronos >> e non scherzava.
Ma la sua mano era ancora lí. Salda, ferma. Solida come un´antica roccia. << Grazie, professoressa Mcgranitt >> mormoró, alzandosi dalla poltroncina con il biscotto ancora tra le mani.
<< Non cosí in fretta, James. Tuo padre sta arrivando. >>
James la guardó con occhi fiammeggianti, ma era troppo tardi: il caminetto alle spalle della donna giá scoppiettava – annunciando la faccia stanca di suo padre. << Ottima mossa! >>
<< Ehi, tu! Non osare rivolgerti alla preside in questo modo! >> sbottó Harry, cercando di togliersi di dosso tutta quella polvere volante – rendendo il tappeto persiano sotto i loro piedi un vero e proprio schifo. << Che ci sei venuto a fare quí? >> James incroció le braccia al petto ed Harry, ancora in divisa, lo guardó con gli occhi verdi contratti.
<< Continui a fare l´idiota, James? Ti avevo avvertito che ne avevo abbastanza! >> era davvero arrabbiato e sembrava sfinito, con una barba incolta di un paio di giorni e le occhiaie.
<< Di questo ne abbiamo discusso prima del tuo arrivo, Harry. Ha giá chiesto scusa e non credo che questo sia il motivo della tua visita >> disse la Mcgranitt e a quelle parole James lasció andare le braccia lungo i fianchi.
<< É successo qualcosa a casa? >>
Non era stata lei a convocarlo per la scenata di quella mattina. Era stato lui a chiedere di poter venire a scuola e indossava ancora la sua divisa di Auror, questo stava a dire che non era tornato a casa. << No. Avevo bisogno di parlarti. Avrei chiesto anche la presenza di Al, ma ho saputo che non é stato ammesso con i test >> rispose Harry, sfilandosi il mantello dalle spalle e lasciandolo andare sul pavimento. James annuí, tenendo omesso – con faccino assolutamente innocente – che era stato lui a minacciarlo, constringendolo ad andare male dopo la faccenda con l´erba. << Poi mi dirai cos´é successo, visto che anche Malfoy non é stato ammesso. >> continuó, sorridendo angelico, come se davvero non conoscesse cosí bene i suoi figli da non sapere quando mentivano o meno.
<< Chiedilo a lui >> rispose James, facendo spallucce – visto che non erano affar suoi – spingendo il mento in avanti, come a volerlo spronare a sputare il rospo.
<< C´é una cosa che devi fare per me >> Harry fece un paio di passi avanti, preoccupato, mordendosi appena le labbra sgretolate. << Una cosa importante. >>
James lo guardó confuso, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare; erano poche le volte che suo padre si era presentato a scuola in tutti quegli anni e anche quella richiesta suonava strana alle sue orecchie – abituato al fatto che lui non chiedesse aiuto nemmeno con una bacchetta puntata alla gola.
<< Ho bisogno che tu tenga gli occhi aperti durante questa gita. C´é qualcosa che si muove, un´aria pesante in giro e io non mi fido per niente degli Spagnoli >> i suoi occhi smeraldini si spostarono su Silente, che lo guardó penetrante attraverso gli occhialetti a mezzaluna. << I Malfoy sono nei guai… hanno aggredito casa sua l´altro giorno >> sbuffó, scuotendo la testa. La Mcgranitt guardó James, preoccupata.
<< Niente di grave, solo per questo la signorina Malfoy non é stata informata. É stata una scelta dei suoi genitori >> disse frettolosa, strappandogli un sospiro di sollievo, come se la corda che gli aveva stretto la gola fosse scomparsa improvvisamente. E suo padre non ci mise molto a fare due piú due. << C´é qualcosa che devo sapere? >>
James alzó gli occhi al cielo.
<< Se anche ci fosse, non sono affari che ti riguardano >> ma suo padre non era un cane che lasciava facilmente l´osso, per questo poggió le spalle al muro e incroció le braccia. << Ti sto chiedendo aiuto, James. E so che per te sembra tutto un gioco, ma non lo é >> la sua voce era dura e James odiava quando faceva cosí. O quando diceva che per lui niente aveva significato. Che amava distruggere, dare le cose a fuoco, calpestare i castelli di sabbia.
Quando diceva che era un bambino capriccioso incapace di prendersi le proprie responsabilitá. E James proprio non riusciva a capire di quali cazzo di responsabilitá parlasse. << Syrma ha avuto un periodo duro con… >> tossí, furioso con se stesso. << con se stessa e io sto cercando di andarle dietro >> sibiló – distogliendo lo sguardo.
Harry lo guardó sorpreso.
<< Oh. >> disse, sbattendo ripetutamente gli occhi << beh, questa é una bella cosa >> continuó, mentre Silente annuiva, con quel sorriso enigmatico che non aveva nemmeno mai cercato di decifrare. << Ritornando al discorso di prima… ci saranno alcuni Auror con voi e anche se abbiamo cercato di prendere persone piú estrane ai fatti, potresti vedere qualcuno di conosciuto. Quindi profilo basso >> James annuí, con sicurezza, e suo padre lo raggiunse in un paio di falcate, poggiando una grossa mano sulla sua spalla – che a quell´etá non era nemmeno cosí tanto grande – con i capelli come i suoi sparati in aria e la consapevolezza che sarebbe stato sempre casa. Ovunque fosse andato.
Oltre qualsiasi rancore provato.
<< Tieni d´occhio la Malfoy e tieniti lontano dai guai, ci siamo intesi? >> finí, facendogli una fugace carezza sulla guancia. James lo guardó preoccupato, ma non proferí parola. Rimase muto, mentre la sua testa lavorava impazzita, inondata di nuove informazioni ed enigmi.
Cosa stava succedendo? E perché doveva tenere d´occhio proprio lei?
<< Ora vai in classe >> lo esortó Harry e cosí James – dopo un ultimo e veloce abbraccio – salutó la Mcgranitt e uscí dall´ufficio per la scala a schiocciola, lasciandoli soli. Agitati. 
<< Spero solo di non dovermene pentire… >>
<< Oh, andiamo! Devi avere fiducia dei tuoi ragazzi, Harry >> Albus Silente ridacchió appena, sospirando. << Mi ricordano entrambi te alla tua etá… anche se devo dire che James ha ereditato la forza di sua madre. E il suo prendersi cura degli altri senza volere nulla in cambio >> continuó, mentre Harry sbuffava.
<< Vorresti dire che io voglio sempre qualcosa in cambio? >>
Silente scoppió in una risata divertita, scuotendo la testa.
<< Proprio cosí, ragazzo mio. Lascia stare quel ragazzo e vedrai che andrá tutto al proprio posto >> cinguettó, giovale come sempre. Harry sorrise, triste. << Io mi fido di James. É delle altre persone che non mi fido. E questa situazione mi puzza. Prima gli Spagnoli ci mandano questa soffiata, con tanto di esca perfetta, poi attaccano gli Zabini e infine i Malfoy…
Qualcosa si sta muovendo e non é qualcosa di positivo >> sibiló, guardando fuori dalla finestra – dove il cielo azzurro faceva bella mostra di sé – con occhi lontani, persi altrove.
Ovunque e da nessuna parte.
<< Sta arrivando una tempesta, professor Silente e sará meglio correre ai ripari prima che sia troppo tardi >> bisbiglió, sfiorandosi la cicatrice con mani tremanti. Lui la ricordava la guerra. E ricordava quell´aria che sapeva di zolfo e paura. Aspettativa ed eccitazione. Ansia e libidine.
Lo sentiva scorrere nel sangue, simile all´adrenalina, e l´odore di morte era cosí tangibile da avvertire il gelo nell´aria.
Il vento stava cambiando. Harry James Potter sapeva com´era. Cos´era. Che forma avesse. Quale volto o voce. E non poteva fare a meno di rispondere.
<< Faremo a turni, gli Auror presenti sotto copertura ci diranno tutto quello che succede all´interno e appena succederá qualcosa, noi entreremo in azione >> disse, deciso, impugnando la sua bacchetta e sentendola sfrigolare tra le dita. Viva. Eccitata.
<< Non succederá nulla >> la Mcgranitt aveva gli occhi severi puntati su di lui ed Harry annuí, speranzoso << lo speró anch´io >> sospiró, mimando poi un mezzo inchino.
<< Grazie per avermi permesso di venire quí, professoressa Mcgranitt. Il prossimo appuntamento per uno degli incontri all´Ordine é stato fissato per martedí. Ci sará anche Kinglsey >> la informó, dedicandole un ultimo saluto prima di afferrare la polvere volante e immergersi nuovamente in quel casino che era viaggiare con il camino.
Cercando di non rispondere a quel richiamo di sangue che gli ribolliva dentro, convincendolo sempre di piú che qualcosa stava andando irrimediabilmente storto.
   
 
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