+REVERSE
Prologo:
Luciel
L'allarme rimbombò per tutta l'aeronave.
L'Ēlýsion
era il più esteso e il più rigoglioso dei tre continenti che
componevano il mondo di Gea: chiamato comunemente Isola di
Smeraldo per il suo ecosistema e
per la sua posizione nel cielo tra le bianche nubi, era
abitato un tempo solamente dagli Angeloi, gli unici, veri portatori
del Verbo dell'unico, vero Dio del Sole.
Un
Dio benevolo, che aveva plasmato numerosissimi animali, pianeti,
persino universi, ma che amava solo e unicamente la sua creazione più
perfetta: gli Angeloi, per l'appunto. Li amava talmente tanto da
desiderare che mantenessero in eterno quella perfezione e quella
purezza, arrivando persino ad ammonirli di non permettere
mai a nessun'altra creatura di stabilirsi sull'Ēlýsion.
E,
con quell'avviso che gravava sulle loro teste, il tempo continuò a scorrere inesorabile.
Il feroce ruggito di un drago.
Il
Dio del Sole, però, un giorno si svegliò annoiato: dopo essersi
seduto sul suo trono infuocato, guardò e riguardò le proprie
preziose creazioni, fin quando non volle provare la loro lealtà.
Erano
trascorsi secoli, forse addirittura millenni, ma il divieto doveva
ancora essere chiaro nelle loro menti.
Si
alzò, si affacciò alla finestra del mondo, osservò quel pianeta
perfetto un'ultima volta con un sorriso colmo di rammarico.
Infine
scatenò la più pura, infuocata distruzione.
Gli
uomini e le altre infime creature cercarono ovunque riparo, giungendo
infine sull'isola perfetta degli Angeloi, i quali però rifiutarono
ogni forma di contatto per rispettare il loro Dio.
Perché
questo era il suo volere.
Perché
loro erano i suoi servitori più devoti.
Il
benevolo Dio del Sole, tuttavia, non parve soddisfatto.
Il
cigolio disperato delle macchine.
Rifletté
e rifletté per giorni e giorni, finché non notò un Angelos tanto
particolare: Luciel, il più devoto tra i servitori devoti, il più
bello e il più rispettato.
A
lui, il magnanimo Dio del Sole, infiammò il cuore con il sentimento
dell'Amore: un nobile dono da parte della divinità, che permise
all'Angelos di vedere con occhi diversi una giovane umana -la
razza più infima, priva di qualsivoglia potere o utilità-
gravemente ferita, in punto di morte. La soccorse, la medicò e le
restò accanto fino a trasformare l'Amore indotto in un
sentimento sincero, vero, simile all'Amore Puro che un tempo lo legava alla Divinità.
Anche altri Angeloi, notando il muto consenso del Dio
magnanimo, seguirono l'esempio del loro capo e iniziarono ad aiutare
quel popolo misto. E così, ben presto persero la loro immacolata
purezza e la terra, un tempo tanto rigogliosa, mutò a tal punto da
divenire l'ombra di se stessa, un centro tanto corrotto quanto
fiorente per il commercio e per l'industria.
Industria,
che silenziosamente iniziò a spodestare dal trono del mondo l'unico,
vero Dio del Sole.
Il
crepitio infernale delle fiamme.
Solo
a quel punto, il Dio del Sole si dichiarò oltraggiato e condannò
tutte le creature a una vita misera, priva del suo Amore e della sua
Luce. Il mondo sprofondò quindi per giorni e giorni nelle tenebre
più totali e soffocanti, accrescendo il terrore nel creato e la
soddisfazione nella Divinità, finché Luciel non compì un atto estremo: sostituì il Sole divino con
tre Soli artificiali, permettendo alla vita di scorrere nuovamente
come un tempo.
Sconvolto,
il magnanimo Dio del Sole fu divorato dalla sua stessa follia, che lo
consumò fino al totale esaurimento della sua Luce.
Un
roco sospiro.
Tuttavia,
non tutti gli Angeloi accettarono quell'empio parricidio e così, per
preservare la loro devozione, si distaccarono dai confratelli e si
spinsero lontano, sulle impervie montagne solitarie del glaciale
continente Averno. Lì, nel cuore delle catene montuose, fondarono le loro città, la loro
capitale.
Ricostruirono
templi, palazzi, case.
Innalzarono
barriere, muraglie, fortezze.
E
così, recidendo ogni contatto con il mondo esterno, vissero in pace
per oltre duecento anni.
Un
ampio sbadiglio assonnato.
Ma
erano solo vecchie storie.
Fiabe
raccontate per giustificare una terribile, precaria situazione,
incolpando un nemico comune delle proprie disgrazie.
Dabi
si mise seduto sulla branda disfatta ed inspirò l'aria satura di
carbone e legna bruciata.
Persino
nella sua cabina riusciva a sentire il rombante cigolio degli
ingranaggi della sala macchine, spinti al massimo della loro potenza.
Quel rumore costante e disperato gli ricordò il pianto angosciato di
una madre, i lunghi bracci meccanici volti a proteggere il pargolo
con tutte le loro forze.
Un
eco terribilmente reale.
Assordante.
“Andrà
tutto bene,
te
lo prometto.”
Senza
aspettare il crollo della propria psiche, particolarmente vulnerabile
in quei momenti di estrema sonnolenza, cercò di concentrarsi su
qualcosa d'altro: così, mentre la spettrale, eterea energia
vitale azzurra riprendeva una forma definita alle sue spalle, simile a delle magnifiche falci di luna infuocate, strinse con movimenti
divenuti ormai meccanici le numerose cinghie dei suoi stivali lunghi
fino a metà coscia.
Pensò
a Magne.
Già,
Magne. Per quanto potesse impegnarsi a buttare combustibile nella
fornace, non sarebbero mai riusciti a seminare con quel catorcio
volante una squadra di Drakoning dell'Impero.
Dannazione.
Non
avevano avuto un attimo di tregua.
“Andrà
tutto bene,
piccolo
mio.”
La
nave virò bruscamente e il giovane, ancora intento a chiudere le
ultime fibbie, si ritrovò a scivolare verso la testata del letto.
All'inizio
lentamente, solo una lieve pendenza.
Poi
la pendenza aumentò al punto da ritrovarsi schiacciato contro la
parete, con tutte le cianfrusaglie che gli cadevano addosso.
Ciarpame che finì inevitabilmente per smarrire il cammino nell'unta, aguzza
selva oscura, tra l'altro.
Sospirò,
battendo la testa contro il metallo un paio di volte.
E
caddero matite.
Cartine
lunghe.
Un
bussolotto di farmaci per prevenire la chinetosi.
Con
una nota nostalgica, si ritrovò tra le mani persino il pacchetto di
sigarette che aveva condiviso anni or sono con Hawks.
Quando
anche i vecchi cardini che reggevano la pesante scrivania
minacciarono di staccarsi, pensò bene che forse era meglio
abbandonare quel dannato sgabuzzino ed uscì, indossando nel
frattempo in fretta e furia il cappotto consunto in pelle nera.
Con ampie falcate percorse la piattaforma sospesa sulla sala macchine,
resa viscida -più viscida del solito- da una colatura malsana
di sangue. Il generoso donatore, il brillante Overhaul, capo
della Shie Hassaikai, stava lottando per rimanere cosciente,
seppur le gravi ferite alla testa e alle braccia medicate alla bell'e
meglio compromettessero la sua lucidità, già, probabilmente,
compromessa in principio.
Pallido,
stremato, privo di poteri... non avrebbe visto la luce di una nuova alba.
Però
si ostinava comunque a indossare quell'assurda, eccessiva,
tamarra... maschera fosforescente, simile al becco di un
uccellaccio del malaugurio, visto che, anche ad un passo dalla
morte, doveva mantenere una sorta di parvenza pericolosa,
autorevole.
A
quell'attenta riflessione, Dabi sorrise divertito.
«
Gli serve un medico.» Chronostasis,
fidato braccio destro di Overhaul, si avvicinò -per quanto gli
fosse possibile, date le continue scosse all'aeronave- con fare
minaccioso.
«
Uhm... forse sarebbe meglio un sacerdote. Non è vero,
Birdie-Boss?» mantenendo la sua flemma iconica, l'Angelos
dalle fiammeggianti ali azzurre rivolse un ghigno feroce al cadavere
ambulante, che comunque -contro ogni sua più rosea aspettativa-
a quella provocazione cercò di avanzare, passo dopo passo.
Il
sottoposto si voltò subito a soccorrerlo, ma Overhaul lo allontanò
con un fiacco movimento del braccio, anche se ciò gli costò il già
precario equilibrio.
Cadde
di schiena contro il muro.
« Nessuno... mi ha ancora... ucciso.» con un tono di voce rauco, più rauco del solito, estrasse dal taschino interno della giacca -color verde militare con l'aggiunta di una sobria pelliccia fucsia, perché lo stile prima di tutto- una busta sigillata di pasticche.
Vinto
da violenti tremori, cercò comunque di ingoiare quelle pastiglie,
tutto pur di spingersi oltre i limiti, pur di esagerare, pur di
dimostrare di essere superiore al resto degli scarti umani.
Una
sorta di Ikaros moderno, il protagonista di un'altra
drammatica storia per bambini. E Dabi rimase visibilmente affascinato
dinnanzi a quell'oscuro baratro di pura, semplice follia umana che
accomunava i due eroi sventurati.
A
interrompere la tragedia nella sua scena clou fu però una violenta
scossa, la più violenta fino a quel momento: Overhaul, scivolando
nel suo stesso sangue nel vano tentativo di rimanere stabile, batté
la testa contro la balaustra e perse inevitabilmente coscienza.
Finalmente.
« Al piano di sotto c'è la cucina. Sbarazzati dei piatti -se sono ancora interi- e stendilo sul tavolo da pranzo. Sistemato il casino là fuori, vedremo come operare.» l'Angelos, dopo quelle indicazioni, iniziò ad arrampicarsi con estrema agilità sulla scaletta a pioli.
Chronostasis
sfiorò la pistola appesa alla cintura, nascosta sotto l'ampio,
lungo cappotto bianco che indossava.
Non
disse alcuna parola.
Poi,
malvolentieri, eseguì gli ordini.
« Ehi! EEEEHI! Stai mancando di rispetto al nostro capo?! EHHH!»
Dabi
evitò appena in tempo il feroce attacco dall'alto di un gallo
meccanico, un ammasso di leve, bulloni e ingranaggi dai colori fluo,
in netto contrasto col resto dell'intelaiatura completamente nera. Lui era Mimic, il... contabile.
Percepiva
la presenza di un Daemon all'interno di quel bizzarro giocattolo,
eppure era davvero insolito che una creatura
discendente da una stirpe antica, estremamente orgogliosa, nonché
venerata al pari di dèi, si affezionasse ad una macchina.
O
peggio: ad un semplice essere umano.
Dalla
botola improvvisamente aperta, spuntò anche la faccia mascherata di
Twice.
«
Ehi, Dabi, il capo ti stava cercando! Ha un compito per te: ha detto
che sarà qualcosa di estremamente eccitante!»
«
Non vedo l'ora.» pronunciata quella frase con un tono estremamente
tagliente, Dabi risalì anche gli ultimi gradini con uno scatto
felino, ignorando il continuo starnazzare del pollo sotto di lui.
Prima
di uscire, guardò un'ultima volta Overhaul, incosciente con il capo
a ciondoloni contro al petto.
Pur
sapendo tutte le motivazioni del caso per cui Shigaraki si era
interessato a quella banda tanto da accettare di reclutarli, ancora
non riusciva ad andare oltre, a vedere qualcosa di buono in loro:
l'organizzazione “Shie Hassaikai” non era poi così
famosa, sembrava un semplice accrocco mal assortito di gentaglia
vestita in maniera stravagante, comandata -tra l'altro- da un
folle visionario.
Sorrise.
Oh, beh, in
effetti, forse avevano diversi punti in comune.
Il
rumore assordante delle eliche.
E
si ritrovò nel mezzo di una tormenta, aggrappato ad una cavo,
sospeso nel vuoto.
Lui
e Shigaraki avevano due concezioni diverse di “eccitante”.
O
forse no.
Sta
di fatto che doveva sghiacciare le eliche dell'aeronave, perché
l'ammasso di ferraglia stava perdendo velocità e soprattutto
quota, quindi rischiavano non solo di venir braccati dai dragoni
dell'Impero, ma anche di schiantarsi contro le montagne impervie
dell'Averno. E l'idea di poter riabbracciare dopo tanto tempo la sua
amata famiglia, quella folle setta religiosa priva di
scrupoli, lo motivò a tal punto che si impegnò al massimo nel
suo lavoro.
Le
sue ali iniziarono ad inglobare sempre più energia vitale, che fu
immediatamente convertita in fiamme azzurre dopo un vorticoso moto
serpentiforme nei palmi delle mani.
Doveva
sbrigarsi.
Per la sua gabbia toracica vibrò il ruggito di un drago.
Mancava
un'ultima fila di eliche, ma era esausto: la testa girava come una
trottola, il respiro era affannoso, sudava e tremava visibilmente per
il gelo che gli stava ghiacciando persino le ossa.
Si
sedette sull'ala, con la schiena premuta contro il ventre dell'aeronave.
Socchiuse
gli occhi.
Un
altro drago fu abbattuto.
Ascoltò
il ringhio straziante della bestia morente, sentì il lontano
schianto sulle montagne dimenticate da Dio.
Riaprì
gli occhi cadenti, osservò le piccole fiamme azzurre che danzavano
silenziose impedendo al ghiaccio di riformarsi.
Azzurro.
E
rosso.
Sollevò
il capo e si ritrovò a fissare le iridi cremisi di un Drako, a
pochi metri di distanza sotto al velivolo. A quel punto, mentre la gola
del dragone rosso s'illuminava accumulando fiamme ardenti, il
fisico di Dabi iniziò a muoversi in maniera autonoma, ignorando
sia
la mente, sia il dolore straziante dei muscoli ridotti allo stremo.
Le
sue ali s'espansero al punto da inglobare il resto del corpo in
un'unica, arcana, infuocata magia angelica: l'ultimo atto, per
lui. Come il dio del Sole, sarebbe morto divorato dal suo stesso
potere, ma in fondo questo era il suo destino fin dal principio.
Così,
nel momento esatto in cui il drago rigettò fiamme incandescenti,
l'energia azzurra impattò violentemente contro la colonna di fuoco.
E
anche quel continente, che mai aveva visto la luce, conobbe per un istante il bagliore del giorno.
“Tōya!”
Una
voce gli tuonò nella testa.
Inizialmente
credette che fosse ancora un ennesimo ricordo d'infanzia, di sua
madre, dei suoi fratelli, che ogni tanto tornavano tutti insieme ad
assillarlo negli incubi più vividi.
E
sorrise, ripensando alla terribile ironia di morire divorato da
fiamme cremisi.
Poi
però, quando un arpione avvolto da una candida brina trapassò il
cuore del dragone, riuscì quasi a riconoscere il suo benefattore:
quel potere... era
solo un frammento di vecchie memorie, però gli ricordò una
gentile brezza.
Il
drago precipitò.
La
luce spettrale si spense.
Natsuo.
Fine Prologo!
+REVERSE:
canzone che ho riscoperto dopo anni frugando nelle cartelle del
computer. Visto che riassume bene il senso di questa fanfiction, ho
deciso di usare questo titolo. In ogni caso, consiglio vivamente la
versione con Lily e Ritsu Namine.
Angeloi/Angelos: per le ali, mi sono ispirata al gioco di Diablo della Blizzard. Più nello specifico, le ali di Dabi sono simili alle ali di Auriel. Cavolo, adoro troppo il suo design.
Stivali di Dabi: mi sono innamorata degli stivali di Undertaker (Kuroshitsuji) alle medie. La cotta non è ancora passata.
Maschera di Overhaul: non giudicarmi, stavo ascoltando in loop la canzone “POP/STARS” delle “K/DA”.
Cucina/sala operatoria: qualcuno ha detto... “Master and Commander”?
Mimic: anche se ho adattato il suo aspetto all'ambientazione generale della storia, mentirei spudoratamente se dicessi che non l'ho fatto per avere un pollo meccanico nel roster dei personaggi.
Dabihaul: grazie ad AO3 ho scoperto questa coppia. Grazie ad AO3 ho iniziato ad apprezzare questa coppia. Per colpa di AO3 sono arrivata a scrivere questa storia.
Drakoning/Drako: sì, anche io ho qualche perplessità sul nome. Prima era ancora peggio: “Drakoking” o “Drakoknight”. Poi ho scoperto che, cambiando una lettera, il risultato suonava bene.
Todobaku: arriverà nel prossimo capitolo.
Angolo
dell'Autrice + ringraziamento speciale:
Buonasera,
oppure buongiorno. Da me sono l'una passata di notte... quindi...
buonanotte?
In
ogni caso, sono contenta che siate arrivati a leggere fin qui: al di
là delle visualizzazioni che ci saranno, fa sempre piacere quando un
lettore riesce a resistere fino alle note dell'autore.
Ecco... beh, grazie.
Ho
passato un lungo periodo non particolarmente facile: tra la
situazione a casa pesante da gestire emotivamente, le
mie mancate ambizioni per il futuro e la mia snervante insicurezza, mi
sono particolarmente chiusa in me stessa. Anche tornare a scrivere
e a pubblicare qualcosa dopo tutto questo tempo non è stato
facile, però in qualche modo volevo dire un “grazie” a quelle persone che mi stanno vicino, sia nei miei piccchi di gioia, sia nei miei baratri di tristezza.
Probabilmente, senza questo supporto, sarei annegata da tempo nella mia apatia.
E
a tal proposito, parlando di persone speciali... beh, mi dispiace.
Giuro,
lo giuro, mi sono davvero impegnata: ho iniziato a scrivere
qualcosa su Saint Seiya, su One Piece persino con mesi d'anticipo
per rispettare la “data” prefissata per me tanto
importante. Il risultato? Ti ho trascinato accidentalmente in un nuovo anime
per colpa del mio troppo entusiasmo.
Qualcosa dev'essere andato storto.
Per
il tuo compleanno volevo dedicarti qualcosa su Albafica, Minos, Ace o... beh,
qualsiasi altro personaggio. Su Crocus, ecco. Sì, una bella
fanfiction su Crocus.
Dannazione.
Dopo le teorie di Bike&Raft, non riuscirò più a vedere il
personaggio in un'ottica positiva.
Comunque,
mi sono impegnata. E ho scartato tanti fogli word. Se vedevi il mio
cestino sempre pieno, non è perché mi dimenticavo di svuotarlo
(perché tendenzialmente sono una casinista sempre e comunque).
No, cioè sì, ma anche no. È perché non riuscivo ad andare
oltre la mezza pagina.
E
la mezza pagina è come lo scoglio del terzo capitolo: annientano
completamente i miei buoni propositi.
Comunque,
mi sono impegnata e alla fine mi sono detta: “Ehi, sai cosa
sarebbe figo? Sarebbe figa una fanfiction con elementi steampunk,
uniti alla mitologia greca, con l'aggiunta di un po' di Cristianesimo
e... insomma, magari un pizzico di Giappone. Il tutto condito da
tamaraggine. Tanta tamaraggine.”
Il
mio cervello, dopo un iniziale “che succede?”, ha risposto con un sonoro “che cazzo stai dicendo?”,
ma appena ho inserito tra gli elementi anche un pollo meccanico...
bon, si è risolto tutto il conflitto. E ho iniziato a scrivere.
Già,
qualcosa è andato decisamente storto.
Spero
di aver alleggerito un po' i toni di questo eterno sproloquio: in
ogni caso, mi dispiace per il fatto che alla fine il risultato non
sia la storia che avevo pensato in principio. Mi dispiace di averti
trascinato in un nuovo fandom. Mi dispiace per il mio entusiasmo
molesto.
Ma
spero che accetterai i miei ringraziamenti: grazie per essermi amica,
la mia migliore amica... praticamente, la mia sorella adottiva.
Grazie per questi anni di amicizia (quanti? Nove? COSA? Non puoi
dirmi che sono già nove anni. Probabilmente ho sbagliato i calcoli.
Sono le due di notte, dopotutto. E no, non lo rileggerò, fanculo agli
errori, ma sono sul punto di piangere come una fontana
già adesso). Grazie per il tuo supporto, per la tua sincerità,
per le risate, per le piccole follie quotidiane.
Grazie
per tutto.
Un
giorno finiremo la saga di Kingdom Hearts. Un giorno riusciremo a
vincere a Quidditc-... no... quello no, ho i ancora traumi. Beh, un
giorno, almeno, ti consegnerò il regalo.
Prima
o poi.
Ma
per ora, in ogni caso, voglio augurarti un buon compleanno e spero
che sia un giorno felice perché, davvero, te lo meriti.
Tanti
auguri!
E
un gigantesco panda-abbraccio!
Per
te, un Dabi pusher, un favoloso Er Tucano, la grattugia di Shigaraki
e un molesto Pollo-Hawks. Poi, vabbeh, se vogliamo estendere la lore,
anche un Kuzanick, un caldo abbraccio di Akainu, Kizaru the Pooh e
una trota di mare (in questa categoria rientra anche Ace, non
preoccuparti).
E,
ovviamente lui, il bellissimo nonno Sion. E zio Cheng di Mo Dao Zu
Shi. E quel personaggio di quella serie cinese che stai seguendo,
che per me sarà sempre Shang.
Ma
quindi è morto per davvero?
Nel
dubbio,
è
ancora in circolazione.
Con
affetto, un'amica davvero disastrata.