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Autore: Crudelia 2_0    23/04/2020    7 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: lo so, è così tardi che questo è praticamente un aggiornamento di giovedì. Ma, a mia discolpa, posso dire che sono stata così impegnata che ho dovuto partorire questo capitolo in un paio d'ore, perdonatemi gli errori che sicuramente ci saranno. Prima che mi condanniate alla gogna: no, non è finito qui, ma diventava troppo lungo e impossibile da pubblicare in serata. Quindi: volevate il capitolo, questo è ciò che vi tocca. 
Ovviamente si scherza, non vi ringrazierò mai abbastanza!
Un forte abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
 
 
L'intervento di Kathleen
 
 
 
 
Il penultimo giorno di agosto si erse su una Londra sonnacchiosa grigio e carico di nubi. Il risultato fu una cappa di afa e umidità capace di togliere il fiato.
A dar moto agli eventi che avrebbero mosso i giorni seguenti furono, in ordine, un uomo che aveva il vanto di essere passato inosservato per cinque anni, Ginny Weasley, Lucius Malfoy e, infine, Kathleen Granger.
 
 
 
Il primo era avvolto da una sudicia coperta sul tetto di un palazzo di fronte all'abitazione. Per quella sera aveva preso tutte le precauzioni possibili per non perdere il controllo. Precauzioni che avevano incluso un furto, un cadavere nascosto alla periferia della città e una buona dose di fortuna. Il cielo coperto, infatti, gli garantiva la stessa coperta fornita dalla pozione che custodiva con cura nella tasca superiore della camicia sbrindellata.
Stringendo tra le mani una tazza di caffè che aveva visto giorni migliori, iniziò la sua attesa.
 
 
 
Fra tutti, Ginny fu l'unica ad agire con scopi puramente altruistici.
Lei ed Harry erano appena tornati da una vacanza al sud dell'Inghilterra e Kathleen ed Hermione erano venute a trovarli.
Harry, che sfoggiava una discreta abbronzatura in grado di evidenziargli gli occhi verdi, rincorreva la bambina per tutto il prato, facendole emettere strilli acuti quando riusciva ad acchiapparla. Hermione li osservava con i gomiti appoggiati alla veranda, un bicchiere di limonata ghiacciata tra le mani.
Se Ginny non avesse già saputo tutto quello che tormentava l'amica l'avrebbe comunque indovinato: solo la sofferenza per un uomo, infatti, era in grado di far assumere agli occhi quella sfumatura di desiderio negati e agonia malcelata.
«Mi chiedo perché non lo lasci perdere» disse aggiungendo l'amica e appoggiandosi con il bacino sul legno. In quel modo poteva osservare tutte le espressioni di Hermione, e subito vide un lampo di dolore offuscarle gli occhi.
«Proprio tu me lo chiedi, Ginny? Dovresti capire...» rispose con un sorriso di triste ironia. La gettò un'occhiata, ma subito riportò gli occhi sulla figlia.
Ginny si morse un labbro, riflettendo.
La capiva, certo. Anche finita la guerra Harry aveva avuto ritrosie a ricominciare la loro storia interrotta troppo presto, eppure era riuscita a convincerlo.
Ovviamente, aveva impiegato mesi di vestiti scollati e sguardi languidi alternati a broncetti offesi, ma l'aveva convinto. E Harry lo sapeva, l'aveva sempre saputo, che era quella la scelta giusta, ma la paura poteva prendere il sopravvento.
E questa era un'altra cosa che Ginny capiva fin troppo bene.
Ciò che invece le era oscuro era perché Piton continuava a rifiutare una donna come Hermione. Ma, in fondo, da un uomo con il suo passato non ci si poteva aspettare altro.
«Che ne dici di una serata fra sole donne? Io, te e Kathleen?» le chiese, quasi per caso.
Hermione ci pensò mordendosi un labbro. «Non so. Non mi sembra una buona idea: c'è la luna piena e poi-»
«Kat!» la interruppe Ginny chiamando la bambina a gran voce. «Che ne dici di un pigiama party stasera?»
La bambina e Harry si fermarono al centro del prato, ansimanti, a guardarla.
«E io?» chiese Harry, il labbro inferiore sporto in avanti e un tono di voce da bambino innocente.
«Oh, tu potrai chiedere a George» liquidò la questione Ginny con un cenno della mano e uno sbuffo.
Allo stesso tempo, Kathleen accettò con un salto felice e un urletto che le fece alzare le braccia al cielo. Harry fu svelto ad approfitarsi di quel gesto iniziando a farle il solletico, e il loro gioco riprese.
«Ormai è andata» sospirò Ginny tornando ad appoggiarsi, fingendo di essere dispiaciuta.
Hermione la guardò con rimprovero, ma il sorriso sulle sue labbra era troppo evidente ad entrambe.
«Ah, Hermione, cosa faresti senza di me» si vantò Ginny, spingendosi una ciocca di capelli sulle spalle con fare teatrale.
 
 
 
In una tenuta nelle campagne inglesi, senza che nessuna delle due donne potesse saperlo, si era appena svolta una scena analoga. Condita da ironia e non detti Serpeverde.
Lucius sorseggiava dal suo bicchiere pigro, un sorrisetto beffardo a curvargli le labbra sottili. Se avesse saputo che vedere Severus innamorato fosse stato così divertente avrebbe fatto in modo di farlo succedere prima, per allietarsi anche gli anni passati di forzata reclusione.
«Per essere un uomo sposato, Lucius» iniziò Severus allontanando con gesti lenti il bicchiere ancora mezzo pieno. «Sei di vedute preoccupantemente aperte» finì. Parlava con voce strascicata, ma era lontano dall'essere ubriaco. Semplicemente, parlava riflettendo.
Il sorriso di Lucius sfumò in un ghigno.
«La vita è troppo breve per non passarla tra le gambe di qualcuno così disposto... ad aprirle»
L'occhiata che ricevette non poté nulla contro la risata maliziosa che gli era nata nel petto.
Decisamente, si stava divertendo.
Una parte di lui era consapevole che stare in casa così a lungo, con la sporadica compagnia di moglie e figlio e la troppa frequentazione di sbronze e pozioni contro il mal di testa lo stavano facendo ammattire, ma quel giorno gli era fin troppo chiaro il motivo della sua ilarità.
Che avesse torto, però, era tutto da dimostrare: se davvero avesse creduto nella fedeltà incondizionata il suo matrimonio non sarebbe certo durato così a lungo. A confermarlo, in più, era la fine che aveva rischiato di fare Severus: morire per proteggere il figlio della donna che aveva amato e mai stato ricambiato.
Lucius, almeno, aveva ben chiare le prerogative della vita: recluso, sì, ma vivo.
«Forse, amico mio» decise di rispondere infine. «Ma se non prendi tu il boccino lo farà la squadra avversaria»
Con un ultimo sorso di liquore si godette la vista di Severus che si irrigidiva e poi, come scottato, si alzava e usciva dallo studio. Ormai doveva essersi già smaterializzato quando il bicchierino che aveva posato con tanta violenza smise di vibrare sul basso tavolino di legno pregiato.
Scuotendo la testa con una smorfia a metà tra il divertito e l'esasperato, Malfoy si versò un altro bicchiere.
 
 
 
L'ultima ad agire, ma forse la più importante, fu Kathleen.
Aveva preso la sua decisione ormai da giorni, con una caparbietà e una decisione infantili e del tutto egoistici. Adesso, però, esitava.
Con i piedi nudi sullo sgabello di plastica che la aiutava ad arrivare al lavandino, si guardava allo specchio. Assomigliava alla mamma, lo sapeva e glielo dicevano tutti, ma gli occhi erano di quel padre e lei proprio non voleva.
Se avesse fatto quello che voleva fare, però, sarebbe diventata proprio come lui: cattiva.
Passandosi la boccetta tra una mano e l'altra corrugò la fronte. Aveva paura, ma era convinta che se l'avesse fatto sarebbe tornato. E, una volta tornato, tutti sarebbero stati più felici, soprattutto lei e la mamma. La mamma, specialmente.
Pensando a ciò che era successo pochi giorni prima, Kathleen prese la sua decisione: aprì la boccetta e la vuotò nel lavandino.
 
 
 
«Mamma, sono stanca. Posso andare a dormire?»
Hermione si voltò verso la porta. Kathleen era andata in bagno da poco, e lei era rimasta con Ginny sul divano.
«Di già?» chiese sorpresa. Kathleen era entusiasta della serata e non le era sembrata per nulla stanca.
La bambina strinse le labbra e annuì. Aveva le mani strette sull'orlo della maglietta ed Hermione la guardò preoccupata.
«Va bene, allora» disse alzandosi. «Vieni a salutare zia Ginny»
Kathleen si avvicinò di corsa e la cinse in un abbraccio frettoloso. «'Notte» farfugliò prima di fiondarsi nella sua cameretta.
Ginny la guardò interdetta per qualche secondo prima di alzare gli occhi su Hermione, ma anche la madre era rimasta a guardare la porta in cui la figlia era scomparsa con la bocca schiusa.
«Torno subito» bisbigliò come scusa, ma senza guardare l'amica.
Quando entrò nella camera della figlia, Hermione la trovò già sprofondata nel letto e con le coperte tirate fino al naso.
«Tutto bene?» chiese sottovoce, avvicinandosi e sedendosi sul bordo del letto. Iniziò ad accarezzare con mano lieve i capelli di Kathleen, ma lei si limitò, ancora una volta, ad annuire soltanto.
«Sei sicura?» insistette dolcemente.
Kathleen mosse la testa fino a far sbucare la bocca e il mento da sotto le coperte. «Sì, mamma. Ho solo sonno» fece una pausa, le labbra strette come se stesse pensando. «Zio Harry mi ha fatto correre tanto oggi» aggiunse.
Ad Hermione sembrava una scusa, ma Kathleen aveva gli occhi grandi e l'espressione triste ed insistere non le sembrava il caso.
«Ho visto. Ti sei divertita?» chiese allora.
Kathleen annuì di nuovo, ma per la prima volta un sorriso timido si affacciò sul suo viso.
Leggermente rincuorata, Hermione smise di fare domande. Si limitò a stare a fianco della figlia, canticchiando a bocca chiusa, finché i suoi occhi non si chiusero e il suo respiro si fece pesante. Solo allora si alzò, le lasciò un bacio sulla fronte ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
 
«Si è addormentata» disse una volta raggiunta Ginny sul divano. L'amica si era presa la libertà di preparare un the e le porse una tazza.
«Si sarà stancata, oggi» ipotizzò, ma anche il suo tono era esitante.
Hermione sospirò e prese un sorso della bevanda, che sentì scendere calda fino allo stomaco.
«Mi piacerebbe crederlo, ma la verità è che soffre anche lei» ammise, senza il coraggio di guardare in faccia l'amica.
Riconoscere che Kathleen soffriva a causa sua era doloroso. Se non fosse stato per lei, o meglio, se si fosse dimostrata più distaccata e meno presa, forse la bambina non si sarebbe affezionata così in fretta e con quella intensità a Severus. La scena di qualche sera prima, poi, l'aveva segnata. Hermione si era accorta di come, a volte mentre stava giocando, lo sguardo di Kathleen si facesse perso, la fronte corrugata e la bocca premuta sottile a rincorrere un'idea o un pensiero che era evidentemente spiacevole.
Si sentiva colpevole. Avrebbe dovuto proteggerla e invece aveva incastrato entrambe in una rete di sofferenza.
«Forse potresti fare qualcosa per rimediare» le arrivò la voce di Ginny.
Anche se sapeva che l'amica lo faceva in buona fede, Hermione si voltò piccata a quelle parole. Era facile, pronunciarle, ma in concreto cosa avrebbe potuto fare?
Rincorrerlo al Ministero e ridicolizzarsi davanti a Lucius Malfoy e a chiunque altro di passaggio? Raggiungerlo a casa sua e farsi sbattere fuori un'altra volta? Scrivergli una lettera che quasi sicuramente avrebbe stracciato prima ancora di leggere?
Diede le spalle all'antica e si diresse verso la finestra, la bocca tesa in una linea amara.
Se non avesse avuto così male al cuore ogni volta che anche solo lo pensava, se lo stomaco non avesse deciso di chiudersi in morse dolorose ad intervalli del tutto irregolari e apparentemente casuali forse avrebbe anche avuto la lucidità di pensare. Ma era difficile. Troppo. Maledettamente e dolorosamente difficile.
Scostò la tenda e alzò gli occhi al cielo. La brezza che aveva iniziato a soffiare quel pomeriggio aveva spazzato ormai quasi tutte le nuvole: il primo brandello di luna iniziava ad intravedersi tra gli strascichi di una nuvola. Hermione rimase a guardarla finché il suo primo raggio non iniziò ad illuminare la strada sottostante.
Per un attimo le parve una lama di speranza, poi accadde.
 
 
 
Severus non era ancora a letto. Ad essere sinceri, era più che consapevole che non sarebbe riuscito a dormire, quindi riteneva inutile coricarsi e passare le ore a rigirarsi tra lenzuola bollenti.
Molto meglio, invece, fingere di leggere la pagina che ormai da più di mezz'ora aveva davanti.
Aveva bevuto troppi caffè, e adesso il suo cervello continuava a riproporgli ad oltranza le frasi di Lucius contornate dal suo ghigno malefico.
Sapeva bene dove poteva ficcarsele, le sue frasi di circostanza. Nel...
Non finì il pensiero che il telefono iniziò a suonare.
Forse la caffeina, forse il presentimento che gli strinse lo stomaco a quel suono, ma più probabilmente l'idea di chi potesse essere l'unica persona che l'avrebbe chiamato lo fece scattare in piedi ed acciuffare l'apparecchio prima ancora che il secondo squillo sferzasse l'aria.
«Pronto?»
«Professor Piton? Sono Ginny Weasley»
«Wesley? Cos-»
«Non c'è tempo. Deve raggiungerci a casa di Hermione. Si tratta di Kathleen»
 
 
 
Tre minuti dopo stava bussando alla porta che fin troppo gli era familiare. Si sforzò di ingoiare il disagio che gli stava salendo dallo stomaco, ma con la gola secca si rivelò più difficile del previsto.
La porta si aprì silenziosamente, ad accoglierlo la faccia pallida di Ginevra Weasley.
«Professore» bisbigliò lei facendosi da parte.
«Weasley» rispose con un cenno della testa. Entrò nella casa e scandagliò l'ambiente con lo sguardo in cerca di un qualsiasi indizio. Quando non ne trovò, esclusi i cocci di una tazza buttati alla bell'e meglio sul tavolo, si voltò verso la sua ex studentessa.
Aveva la domanda già pronta sulle labbra, ma lei lo precedette. «Sono di là» gli spiegò continuando a parlare sottovoce e indicando con il mento la camera di Kathleen. «È meglio che entri da solo.» Esitò ancora un momento, poi deglutì e si voltò verso la cucina.
Severus la guardò allontanarsi, poi si diresse con passo spedito verso la porta. Sentiva uno sgradito senso di dejà vu, ma non riusciva a spiegarsene il motivo.
C'era la luna piena, lo sapeva (come se avesse potuto dimenticarsi di un evento tanto importante per quella bambina che anche importante lo era, per lui), ma la sua pozione avrebbero dovuto funzionare. Aveva funzionato davanti ai suoi occhi, per Salazar!
Bussò con una nocca, ma non aspettò la risposta. Abbassò la maniglia con la consapevolezza che se avesse dovuto aspettare non avrebbe più trovato il coraggio per incontrarla.
Il cuore mancò un battito quando la vide, ma lo ignorò.
Si avvicinò in silenzio, i suoi occhi addosso che si facevano man mano più grandi. E la voglia di baciarla non era mai stata così forte.
Si schiarì la gola.
Hermione era seduta sul bordo del letto con Kathleen tra le braccia, la testa appoggiata alle sue cosce.
Severus si abbassò in ginocchio davanti a loro e osservò la bambina. Era pallida e sudata, le labbra secche erano socchiuse in cerca di aria e tutto il corpo sembrava scosso da brividi violenti.
«Cos'è successo?» chiese, il sussurro rendeva la sua voce ancora più roca.
«Non lo so. Voleva dormire perché era stanca e quando è spuntata la luna è successo» spiegò Hermione. La voce le tremava e aveva gli occhi lucidi e Severus provò l'istinto di allungare la mano e stringere la sua.
Provò a sopprimerlo, ma poi il loro sguardi si incontrarono e rimasero incatenati per secondi che ebbero il potere di dilatarsi. Sentì il battito violento del cuore contro le costole e per la prima volta in vita sua agì senza curarsi delle conseguenze: allungò la mano e strinse quella di Hermione. Sentì le sue dita ricambiare la stretta con forza e disperazione, e chinò nuovamente lo sguardo.
Kathleen ansimava, ma non mostrava aggressività come la prima volta che l'aveva vista in balia della luna piena. Le toccò la fronte e la sentì bagnata di sudore freddo e appiccicoso.
Involontariamente, lei spostò il viso in direzione della sua mano e Severus intravide le iridi scure.
Come un'illuminazione, tutto si collegò nella sua mente con una chiarezza che solo chi ha conosciuto lo stesso male può riconoscere.
Tremiti. Incoscienza. Sudorazione fredda.
«Ha preso la sua pozione?» chiese con apprensione. Hermione sussultò e lui capì di essere stato troppo irruento, ma non se ne preoccupò.
«Hermione!» la richiamo. Lei aveva aperto le labbra, ma non aveva risposto abbastanza in fretta.
«Sì, gliel'ho data» bisbigliò, sulla difensiva.
«Non hai capito» quasi la interruppe lui, in fretta. «L'hai vista mentre la prendeva?»
Un lampo di comprensione le attraversò veloce lo sguardo. Severus non aspettò la conferma per alzarsi in piedi.
«Dove la tieni?»
«In bagno. Lo sportello in alto» rispose, ma lui era già uscito.
Ritornò pochi attimi dopo con una boccetta tra le mani. Senza guardarla, con gesti rapidi e precisi di un medico costrinse la bambina ad aprire la bocca ed ingoiare la pozione.
Ad Hermione non sfuggì la tenerezza delle sue dita sulla pelle della bambina e alzando gli occhi, incontrando quelli di Ginny che per il trambusto si era affacciata alla porta, si accorse di non essere l'unica.
Un lampo di trionfo le invase il petto, perché finalmente anche l'amica vedeva il motivo per cui non era stata capace a lasciarlo andare, ma fu rapido a scomparire.
Sulle sue gambe, Kathleen iniziò a tossire.
Prima che avesse il tempo di agire Severus infilò le mani sotto le ascelle della bambina e la aiutò a sedersi. Kathleen diede ancora un apio di colpi di tosse, poi aprì gli occhi.
Severus la guardò attentamente, una ruga di concentrazione tra le sopracciglia.
«Stai bene?» le chiese.
Kathleen alzò gli occhi verso Hermione, al suo fianco, poi chinò in fretta la testa. Annuì un paio di volte, le labbra serrate.
«Kathleen» iniziò Severus, la voce leggermente piegata in una vena severa. «Perché non hai preso la pozione?»
La bambina alzò la testa di scatto con gli occhi sgranati, era evidente che non si aspettava di essere scoperta così in fretta.
«L'ho presa!» si sforzò di dire, la voce resa acuta e tremante dalle lacrime che minacciavano di scendere.
«No, non è vero» disse duro Severus. Era certo di ciò che aveva visto: una crisi d'astinenza, pura e semplice.
Kathleen lo guardò e gli occhi le si riempirono di lacrime. Cercò di trattenere un singhiozzo, ma subito dopo un altro la scosse tutta facendole sobbalzare le spalle.
Hermione allungò una mano con l'intento di abbracciarla, ma la bambina si sbilanciò in avanti buttandosi tra le braccia di Severus.
L'uomo, per istinto, la cinse con una mano e gettò l'altra indietro per attutire la caduta. Alzò gli occhi su Hermione, confuso, ma lei non poté che ricambiare la sua incomprensione.
Sebbene, nel profondo, avesse già capito tutto.
«Non serve a niente piangere, bambina» disse tornando a rivolgersi a Kathleen. La voce bassa e carezzevole suonava dolce, ma non nascondeva una nota impacciata. «Però rispondi»
«Io- io» tentò Kathleen, la faccia affondata nel petto di Severus e le mani strette sulla sua camicia, così forte da far sbiancare le nocche.
«La mamma era triste e io-» Un altro singhiozzo. Severus alzò gli occhi su Hermione e vide la sua espressione. Nascondeva la bocca con una mano, ma le lacrime impigliate tra le ciglia sapevano di tenerezza e comprensione.
«Se io stavo male tu tornavi» confessò infine. I singhiozzi si erano leggermente placati, ma ancora non dava segno di voler mostrare il viso.
Severus cercò di scostarla gentilmente per le spalle, ma lei si mostrò irremovibile.
«Non andare via!» gridò la bambina. L'angoscia che sentì nella sua voce fece stringere la mascella a Severus e nascere un fiotto di senso di colpa nel suo petto. Aveva un sapore acido e bruciava come bile, Severus si obbligò ad ignorarlo, ma sentì nascere nelle sue mani lo stesso desiderio della bambina di stringerla in un abbraccio.
Facendo forza, la alzò sul letto. Inginocchiato fra le sue gambe cercò i suoi occhi.
«Kathleen, ascoltami»
   
 
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