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Autore: Pawa    23/04/2020    13 recensioni
Il Piombo Ambrato si manifesta di nuovo e inspiegabilmente e Trafalgar Law si trova impossibilitato a utilizzare il suo Frutto del Diavolo.
Costretto dalle circostanze a recarsi su un arcipelago dove divampa un'epidemia dai sintomi più disparati e si verificano omicidi insensati, con l'aiuto e il sostegno della sua ciurma, dovrà trovare una cura per gli isolani e una per se stesso.
Il Piombo Ambrato, però, è più rapido e devastante che mai...
(Dal capitolo I)
Sangue.
Centilitri e centilitri di sangue, misti a sostanze più pastose, che poteva tranquillamente riconoscere come membrane cellulari e carne umana.
"(...)Pen, che diavolo succede?!” Tutti e diciannove i restanti Hearts li avevano raggiunti, ma non li aveva degnati d’attenzione..."
(Dal capitolo II)
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall'imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
Genere: Drammatico, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°° Il Mostro Bianco °°

 

 


- Capitolo XI -

 


     Quando Trafalgar Law si era svegliato aveva quasi perso un battito nell’accorgersi che non sentiva più le gambe.
Poi si era dato del coglione e altrettanto aveva fatto nei confronti di Shachi, che col suo corpo gli aveva schiacciato i nervi degli arti inferiori per tutta la notte e quello era il motivo per cui non li percepiva più.
Si era districato dalla stretta dei fratelli ancora profondamente addormentati e appena libero aveva distintamente avvertito il sangue circolare nei propri polpacci e questi essere colti da un fastidioso formicolio vagamente doloroso.
Forse erano davvero un po’ troppo cresciuti, loro tre, per poter giacere nello stesso letto avvinghiati in quel modo, ma nonostante tutto non se ne pentiva.
Era servito a rincuorarli vicendevolmente e poi a riscaldare il corpo di Law.
Il medico, infatti, per la prima volta dopo giorni sentiva di avere una temperatura corporea pressoché nella norma.
Scendendo dal materasso dopo aver scavalcato Penguin con un po’ di difficoltà, si era accinto a raggiungere il proprio armadio per procurarsi almeno un paio di maglioni onde evitare di disperdere quel calore che quel giorno gli era stato gentilmente concesso da fratelli e malattia.

“Buongiorno, capitano!” La voce entusiasta di Bepo l’aveva colto alle spalle poco distante da lui.

“Buongiorno, Bepo.” Law, leggermente sorpreso che il Visone non l’avesse ancora abbracciato, l’aveva raggiunto per le coccole mattutine senza tentennamento, conoscendo la propria cabina a memoria, supponendo che fosse ancora sdraiato ai piedi del proprio letto.
Effettivamente lì si trovava, ma, dopo che il giovane comandante l’aveva toccato e ancora l’orso non aveva mosso un muscolo, Law gli aveva passato le mani sul viso e aveva teso l’orecchio, sospettando di un fatto.
E questo si era rivelato fondato, giacché si era reso conto che il proprio navigatore era ancora tra le braccia di Morfeo, tanto da star leggermente russando.

Il chirurgo non aveva saputo se ridere o scuotere il capo a quella constatazione. Tra tutti i visoni di Zou lui si era certamente accaparrato il più insolito, ne era certo. D’altronde sospettava che non fosse abilità comune dei Mink dormire in maniera senziente o, per essere più precisi, essere affetti da una forma di sonnambulismo che permetteva una comunicazione logica e razionale durante il sonno.

Law si era rimesso in piedi.
Non aveva idea di che ore fossero, ma se i suoi fratelli stavano ancora dormendo doveva essere non più tardi della mattina, poiché anche se stanchi, si premuravano sempre di essere attivi e produttivi molto prima di mezzogiorno.

Si era diretto verso la porta, inciampando in una delle pigne di libri sul pavimento, che risultavano essere l’unico vero e ignoto ostacolo alla sua cieca camminata. Di fatti non erano oggetti fissi di cui avrebbe potuto rammentare la posizione, ma si muovevano sul suolo della sua stanza in base ai suoi frenetici ragionamenti e alle sue ricerche, nonostante fosse un mistero come arrivassero sul pavimento dalla sua scrivania o dal suo letto.
Mentre imprecava sottovoce una maledizione contro a se stesso, poiché era colpa sua se aveva appena pestato il povero mignolo del piede contro quella sbilanciata torre di conoscenza, si era chiesto in che stato versasse la sua cabina.
Sperava non risultasse troppo disastrata e, seppur in disordine, avesse una parvenza di eleganza, perché giusto la sera prima aveva ospitato nientemeno che Sengoku il Buddha e non voleva aver fatto brutta figura.
Certo ora il vecchio marine era il suo nonnino, per quanto ancora dovessero entrambi abituarsi a quel nuovo rapporto e l’utilizzo di quell’appellativo era perlopiù ironico, ma accogliere il soldato in una discarica era l’ultimo dei desideri di Law.
D’altronde, sebbene amasse poggiare i piedi sulla tavola mentre era seduto e rivolgesse il dito medio alla gente come fosse un saluto, si reputava un uomo piuttosto raffinato e ci teneva al giudizio altrui sotto questo punto di vista.

Si era appuntato mentalmente di mettere a posto la propria stanza nell’eventualità in cui ce ne fosse stato bisogno, conscio di non potersi dedicare a molte altre attività nel proprio stato di salute, mentre si recava verso la sala ricreativa.
Quando con le dita aveva percepito che la parete che stava tastando non era più di freddo metallo, ma era costituita da un legno liscio e massiccio, aveva capito di essere giunto a destinazione.

Ikkaku aveva rialzato lo sguardo da un libro di Law per posarlo proprio sul ragazzo.
“Captain, buongiorno! Ti serve qualcosa?”

Lui si era addentrato nella stanza alla ricerca di uno dei divanetti e quando l’aveva trovato e aveva constatato che non era occupato, vi si era sdraiato con le gambe a penzoloni da uno dei braccioli.
“Volevo solo sapere che ore sono.”

Presupponeva non fosse tanto presto e quindi difficilmente i suoi nakama si trovavano ancora in cucina, dunque si era diretto in quella stanza solitamente molto frequentata dopo la colazione, desideroso di un po’ di compagnia.
Quello era il suo reale obiettivo, ma quel minimo di orgoglio che gli era rimasto non glielo avrebbe fatto ammettere.
Almeno non ancora.

“Le dieci precise.” La ragazza aveva richiuso il libro, assicurandosi di inserire tra le pagine quel plico di appunti riportanti una calligrafia elegante eppure confusionaria, che dopo anni di sforzi, oramai lei la decriptava con estrema facilità.
Una manciata di fogli che in quel momento consisteva nella cosa più preziosa che lei possedesse.

Si era alzata dalla propria poltrona decidendo di sedersi in quell’angolo lasciato libero tra la testa del suo capitano e la fine del divano.

Lui aveva percepito i cuscini piegarsi sotto un nuovo peso e ne aveva subito intuito la ragione.
Si era spinto fino a far riposare il proprio capo sopra le cosce di lei, conscio di non darle fastidio.
La riccia si era rilassata contro il morbido schienale, gioendo silenziosamente dell'affettuosità che dimostrava il suo comandante in quei giorni, mentre con una mano iniziava a pettinargli i capelli perlopiù bianchi.
Ormai aveva capito che quel gesto gli piaceva e quella piccola scoperta l’aveva teneramente colpita, dunque non mancava occasione di compiere quei lenti movimenti.

“Gli altri dove sono?”

“Perlopiù in laboratorio a testare vari esperimenti per la tua cura.”

Il medico aveva annuito appena.
“Mamma e papà stanno dormendo nel mio letto, invece.”

Ikkaku si era abbandonata ad una piccola, ma sincera risata per il modo in cui Law si era riferito ai suoi fratelli ed era certa di sapere chi dei due fosse la madre.
“Hanno lavorato fino a tardi. Si meritano un po’ di riposo.”

“Come tutti su questa nave, temo. Ci ritroviamo in circostante piuttosto sfiancanti.”

“Vero…” Ikkaku aveva abbassato lo sguardo sul corpo dell’amico. I vestiti gli ricadevano tremendamente larghi, tanto che a malapena si vedeva il movimento del suo petto, segno che aveva perso molto peso eliminando massa magra, poiché altro non possedeva.
Tra tutti gli Heart Pirates era il capitano quello più provato da quella situazione.

“Tu che facevi?”

La domanda del moro l’aveva ridestata dalla sua triste contemplazione.
“Studiavo... anche se sappiamo come curarti, farlo è tutt'altro che semplice e sono così ansiosa che potrei dimenticarmi perfino come si inserisce una flebo. Quindi sto studiando e ristudiando almeno la parte teorica.”

Law aveva emesso un indecifrabile mormorio alle parole della compagna.
Poi aveva sbuffato.
“Ikkaku, sei la miglior assistente in medicina che abbia mai avuto. Shachi e Penguin sanno operare solo perché mi sopportano da più anni di te, ma questo non ti rende meno abile di loro. Sono certo che farai un ottimo lavoro.”

Lei aveva interrotto per un attimo i movimenti della sua mano, che aveva preso a tremare.
“Non posso permettermi di sbagliare. Nessuno di noi può.”

Anche se non l'aveva esplicitato, Law l'aveva sentito forte e chiaro.
C'è la tua vita in gioco.
Il medico ne era ben consapevole, ma non poteva fare nulla al riguardo se non tentare di consolare e tranquillizzare i propri amici, sperando di essere davvero in grado di farlo.
Aveva lentamente annuito col capo, serrando le labbra prima di parlare nuovamente.
“Non sbaglierete. D'altronde, vi ho insegnato io.”

La pirata aveva riso al tono falsamente pavoneggiante di Law e questi aveva sinceramente sorriso udendola.
Oramai sul Polar Tang c'erano solo deboli pieghe degli angoli delle labbra e qualche timido ridacchiare. Trafalgar Law non era il tipo che andava in giro tutto il tempo con un sorriso a trentadue denti, ma molti dei suoi compagni sì e lui era abituato a vederli felici e amava saperli sereni.
Non sopportava più quell'aura di depressione che aveva avvolto il sommergibile e se per alleviare il peso dal cuore di ognuno doveva iniziare a fare lo scemo, beh, era cresciuto con Shachi e Penguin.
Poteva dannatamente farcela e l'avrebbe fatto in quanto capitano e responsabile del benessere di ogni membro della propria ciurma, nonché in quanto loro amico.

“Oh, perdonatemi grande dio della medicina. Non volevo indirettamente dubitare dei vostri egregi insegnamenti.”

“Per questa volta ti grazierò,” la supponenza con la quale impregnava le parole gli sembrava terribilmente familiare, seppure giocosa e qualche parte del suo cervello gli aveva poi suggerito che era merito della frequentazione con un certo fenicottero se riusciva a darsi tanta importanza semplicemente aprendo bocca. Dio, se la sua mente era messa male. Come ci era arrivato a pensare a Doffy? E da quanti anni non lo chiamava Doffy? “ma non cadere più in errore.”

Le risa di Ikkaku l'avevano rallegrato una seconda volta e aveva poi percepito la sua mano minuta tornare a lisciargli i capelli.
“Non lo farò!” Si era spostata sul divanetto in una posizione più comoda, tirando il corpo dell'amico più vicino. “Sai... non stavo totalmente scherzando chiamandoti “dio della medicina”. Secondo me, tra neanche mezzo secolo, la gente inizierà a lodarti.”

Law aveva emesso uno sbuffo strafottente, scuotendo il capo.
“Perché sono l'unico pirla armato di bisturi, non laureato in medicina, che va in giro in un sottomarino giallo?”

“Law! Diamine, non sminuirti! I tuoi colleghi sai dove possono mettersela la laurea? Dacché sei in circolazione, hai trovato cure a malattie incurabili. Hai operato con successo casi considerati già persi. Hai portato ad un progresso in questo campo che non sarebbe stato eguagliato neanche in trecento anni!” Aveva volutamente omesso che la malattia più crudele con la quale il dottore aveva avuto a che fare non fosse stata mai totalmente debellata e ora era tornata ad attanagliarlo, ma tutto il resto era la più pura e ineccepibile verità.
Prima di Law i medici non osavano neanche guardare un morto. Ora li studiavano, scoprendo informazioni fondamentali per salvare altre vite.
Prima di Law la tecnologia a servizio della medicina era a dir poco arretrata. Poi lui aveva capito che esaminare parti del corpo non visibili esternamente era importante tanto quanto avere strumenti precisi e facili da usare e ora gli ospedali potevano vantare di radiografie e una vasta gamma di attrezzi da lavoro.
Prima di Law le operazioni al cuore e al cervello, per citarne solo un paio, erano quasi sempre impossibili. Ora esistevano i cardiochirurghi ed i neurochirurghi.

Ikkaku avrebbe potuto continuare con la lista delle incredibili novità che il suo capitano aveva donato al mondo della scienza e della sanità, ma l'aveva visto ghignare in maniera assolutamente bastarda e dunque si era preparata alla cazzata che avrebbe detto di lì a poco.

“Cerchi di farmi arrossire? Sarebbe bello, vista la mia carnagione attuale.”

Appunto.
“Cretino, guarda che è vero. Sei una leggenda...” Gli aveva posato una mano sul petto, mentre l'altra ancora gli accarezzava la testa, in una sorta di abbraccio. “... la medicina non sarà più la stessa dopo di te. Sarai ricordato come il padre della medicina moderna per sempre. Ne sono sicura, ci scommetterei la testa.”

Law, seppur avesse tentato di deviare il discorso o perlomeno di dargli poca importanza, minimizzando e facendo dell'ironia, era infine rimasto quasi stordito da tanti complimenti. Non si sentiva all'altezza di essi, pensava fossero l'ennesimo elogio ingiustificato da parte di uno dei suoi devoti Hearts, ma poi le parole di Ikkaku l'avevano fatto riflettere.
Aveva ripensato a tutti quelli che erano stati i suoi studi, a tutte le sue scoperte e infine i suoi successi.
Forse era troppo onorevole un titolo come quello che aveva proposto con certezza la riccia, ma per la prima volta in vita sua Law si sentiva davvero consapevole del peso che lui aveva in quell'epoca.
L'aveva migliorata dal punto di vista della salute e in modo repentino e assolutamente efficace.
Si sentiva tremendamente vanitoso a pensarlo, gli era estraneo darsi tanta importanza, eppure allo stesso tempo ricordava che era ciò che i suoi amici gli ripetevano tutti i giorni.
Era ciò che affermavano, chi con convinzione e perfino chi con invidia, i medici con cui condivideva i suoi nuovi farmaci e nuovi metodi per permetterne la diffusione.
Era ciò che, con le lacrime di gioia agli occhi, gli gridavano estasiati i suoi pazienti.
Se lo pensavano in tanti, allora, forse, era vero.

Poteva essere quello il modo in cui un detentore della D incideva sul destino dell'umanità?

Non ne aveva idea, forse era così, ma in ogni caso gli sarebbe piaciuto venire ricordato per il suo contributo alla scienza, nonostante le maldicenze su quelli della D.

Aveva sorriso nuovamente ed era un sorriso genuino e, per Ikkaku, assolutamente bellissimo.
“Chissà, magari mi dedicano qualche statua. Farà bene a tutti un paio di cessi in più per i gabbiani.”

Si sentiva ancora strano abbandonandosi a quell'idea, ma in qualche modo lo confortava. Aver lasciato un segno positivo nella sua breve e attanagliata vita riusciva a lenire parte del dolore che anche in quel momento, rilassato e in compagnia di una cara amica, percepiva in ogni cellula del suo corpo.

Poteva trattarsi di un equo riscatto per tutto quello che aveva sofferto.
Forse era l'unico regalo che gli aveva riservato il mondo, contro cui aveva sempre dovuto arduamente lottare, ora che la sua esistenza pareva essere giunta al termine.

“Sarebbe troppo poco! E se fossi nelle generazioni future, pulirei le tue statue tutti i giorni. Comunque, pensa più in grande!”

In qualche modo la conversazione aveva ripreso i toni giocosi del loro precedente scambio di battute, pur mantenendo una nota seria, giacché Ikkaku era convintissima di quanto affermava e Law, un po' volente e un po' inconsapevole, si stava facendo influenzare da lei.
“Mh... magari anche una piazza? Piazza Trafalgar suona bene.”

“Suona benissimo, sì.”

Ikkaku aveva chiuso gli occhi, decidendo di godersi quel momento. Anche se avevano finito per scherzarci su, lei non aveva dubbi che il suo capitano era parte imprescindibile della storia, che aveva inciso significativamente sul destino di tutti, permettendo efficaci soluzioni alla maggior parte dei malanni e un'aspettativa di vita decisamente più lunga.
Nel placido silenzio che si era andato a creare, Law si era abbandonato a quelle lievi carezze della compagna, chiedendosi se fossero davvero così piacevoli o se le sue emozioni erano amplificate dal Piombo Ambrato anche in quel caso.
Da bravo uomo di scienza, si era ripromesso di sperimentarle nuovamente una volta che fosse guarito, per poter fare un paragone.
Sempre se fosse sopravvissuto.

Un ovattato rumore di piedi nudi che si avvicinavano aveva attirato l'attenzione di entrambi.
“Oh, ecco dove ti eri cacciato.”

A Law non serviva vedere per sapere che oltre a Penguin che aveva palesato la propria presenza parlando, ci fossero anche Shachi e Bepo.
“Vi mancavo già?”

I suoi amici di più vecchia data si erano limitati a un leggero ghigno come risposta, ben consci che Law non potesse accorgersene e si erano a loro volta accomodati sui divanetti accanto al suo, anche se Shachi non era rimasto a sedere composto per molto. Si era allungato verso il fratello minore, colpendolo giocosamente su una spalla.
“Da quando in qua sei così coccoloso?”

L'altro aveva accennato ad una smorfia divertita e aveva volutamente finto di sistemarsi più comodamente sulle gambe della compagna.

“La verità, Shachi...” Si era intromesso Penguin. “...è che ne approfitta per farsi viziare.”

A quelle parole Law avrebbe volentieri aperto un occhio per fissarlo in modo beffardo.
“Detto dall'uomo che mi vizia da tredici anni non sembra un gran rimprovero.”

“Già, Penguin non è mai stato bravo a dirti di no. A malapena ti trattiene sulla nave quando ti vengono idee folli. Mi dispiace.”

L'Hearts più grande aveva guardato incredulo il visone, che senza tanti giri di parole aveva appena sminuito tutto il lavoro che aveva fatto negli anni come fratello maggiore e come fedele subordinato del suo più giovane capitano. Quell'orso poteva sembrare un peluche timido e dolce, ma non si faceva troppi scrupoli quando doveva parteggiare per il suo migliore amico.
Beh, non che gliene facesse una colpa e poi erano palesi l'affetto e l'ironia nelle sue parole.
“La cocciutaggine è tutta farina del suo sacco e io non ho colpe se mi da retta una volta su cento.”

“Ma no, dai...” Il diniego di Law era carico di una nota di ilarità e il fratello si era già preparato alla frecciatina che sarebbe arrivata. “... ti ho ascoltato quando mi hai sconsigliato di intervenire nella guerra di Marineford.”

Penguin aveva sbattuto gli occhi perplesso.
“Scusami? Mi pare che a Marineford ci siamo andati e ci sono parecchi testimoni.”

“Non ho detto che ho fatto come volevi, ma solo che ti ho dato retta. Non ti ignorerei mai.”

Gli altri avevano riso, tanto per le parole di Law quanto perché consapevoli che quel suo modo strafottente di fare era molto più simile al suo solito comportamento. Poteva essere un vago sentore che si sentiva bene in quel momento, almeno psicologicamente.
Il pirata di Pleasure Town aveva scosso il capo divertito.
“Ah beh, grazie tante per darmi ascolto solo per fare esattamente l'opposto. D'ora in poi userò la psicologia inversa con te.”

“Non prendertela con me, ma con Shachi. È lui che mi ha sconsigliato di ascoltarti.”

Il ragazzo si era voltato verso il rosso con le sopracciglia sollevate e una faccia che palesava di star attendendo chiarimenti.
Shachi aveva fissato Bepo e Ikkaku in cerca di aiuto, ma mentre il mink era molto più interessato a strofinare la testa pelosa contro la mano che Law lasciava cadere dal divano, la riccia aveva solo potuto guardarlo a sua volta serrandosi le labbra per trattenere un sorriso, che se le fosse sbocciato sarebbe presto degenerato in una risata. Lei sapeva perfettamente dove sarebbe finito quel discorso.

“Beh, ecco... potrei essermi espresso su un certo fatto...”

“Ossia?”

L'altro aveva tentennato ancora un po', ma poi lo sguardo del fratello l'aveva costretto a parlare. “Sai che il mio sogno è quello di avere un salone di bellezza, no*? E uso il tempo presente, visto che quello che ho qua sul Tang non so se sia proprio la realizzazione di quel sogno, cioè, è frequentato solo da Ikkaku e chi deve farsi barba e capelli e...” Aveva saggiamente deciso di non tergiversare e aveva ripreso le redini del discorso. “...perciò diciamo che io di certe cose me ne intendo e penso di potermi permettere di giudicare, quindi...”

“Taglia corto, Shachi.”

“Mi ha detto di non ascoltare i tuoi consigli di moda. Ergo, è colpa tua se riesco ad abbinare pantaloni arancioni maculati e felpa gialla.”

Il rosso era sbiancato alla spifferata del compagno.
“Che cazzo, Law! Non-...” Le parole gli erano morte in gola mentre Penguin gli si buttava addosso bloccandolo contro ai cuscini. Era evidente che erano entrambi ben lungi dal litigare sul serio e c'era tanta gaiezza mal nascosta nei loro toni, ma quel piccolo e innocuo scontro era perfetto per sciogliere i nervi e non solo dei due diretti interessati.

Al capitano sarebbe piaciuto vederli azzuffarsi come sempre facevano per ogni cavolata sin da quando erano bambini, ma doveva accontentarsi di percepire i loro movimenti. Dopo poco aveva udito Shachi emettere un suono che era il perfetto misto tra un pigolio strozzato e un gemito e Law poteva solo immaginare che quell'infido del pinguino gli stesse torcendo un braccio dietro la schiena. Aveva ridacchiato insieme a Bepo e la fanciulla di bordo, ma poi un colpo di tosse l'aveva sorpreso e si era affrettato ad alzarsi puntandosi su un gomito per sporgere la testa oltre il bordo del divano.
Si era portato una mano alla bocca, mentre le voci nella stanza si ammutolivano e aveva chiaramente sentito qualcosa di caldo, umido e denso insinuarsi fra le sue dita e gocciolare sul pavimento.

“Captain...” La zampa di Bepo aveva circondato l'altra sua mano e l'orso gli aveva prontamente lasciato dei fazzoletti nel pugno.
Law si era messo a sedere, premendosi i fazzoletti contro le labbra e maledicendo gli altri piccoli colpi di tosse, che continuavano a portargli il sangue in bocca da chissà quale parte lesa del suo corpo.
Ikkaku gli aveva posato una mano sulla schiena e i suoi fratelli gli si erano avvicinati. Poteva perfettamente vedere, nonostante la cecità, tutti i loro volti sfregiati da paura e apprensione.
Ancora una volta aveva rovinato un momento di spensieratezza senza che potesse fare qualcosa per impedirlo e nonostante il suo buon proposito di pochi minuti prima, per cui si era ripromesso di confortare e divertire i propri compagni.

Aveva abbassato il capo, a disagio, dopo che la tosse si era placata.

Il silenzio che era seguito era stato imbarazzante o almeno così era parso a Law.
“Mi spiace, non me l'ero aspettato. Non mi sentivo così male.”

Bepo aveva scosso il capo, alzandosi in piedi e regalando al proprio capitano il più affettuoso garchu della storia dei visoni. La sua pelliccia folta e morbidissima riusciva sempre a rasserenare l'animo del medico.
“Lo dici sempre a me, Captain: non ti scusare! Cosa hai fatto di sbagliato?”

Law si era asciugato freneticamente il sangue dal mento ed era sul punto di sottolineare quello che per lui era l'ovvio.
Aveva ricordato a tutti la situazione terribile nella quale si trovavano. Era una fonte di depressione ambulante, dannazione.
Prima che potesse ricadere tra i propri stessi dubbi e timori, però, si era imposto di trattenersi e riacquistare compostezza.
Aveva deciso di non essere più un peso, bensì un supporto per gli altri in quella guerra contro al Piombo Ambrato e anche se forse l'avrebbe persa e oramai, anche se non intendeva arrendersi, poteva accettare l'idea, non avrebbe più permesso alla malattia di schiacciare anche la sua psiche e il suo orgoglio. Certamente non le avrebbe più concesso di spaventare i suoi compagni quando si poteva tranquillamente evitare.
Aveva inspirato profondamente, mentre percepiva il peso di uno dei suoi fratelli che piegava la seduta accanto alla sua. Shachi gli aveva messo una mano sulla spalla.
“Hey, ti sei ripreso?”

Il medico aveva annuito leggermente, continuando a pulirsi il sangue dalle dita con rapidi movimenti, poi aveva ghignato sorprendendo quasi più se stesso che i compagni.
“Io sì, del tuo braccio possiamo dire lo stesso?”

L'amico era rimasto spiazzato per qualche istante, poi aveva sbuffato fintamente oltraggiato.
“Starebbe benissimo se qualcuno non avesse fatto la spia!”

Law non si era preoccupato di ribattere, giacché ci avevano già pensato Penguin e Bepo, che sembravano particolarmente intenti a sfottersi l'un l'altro quel giorno o forse desideravano perseverare con quell'atmosfera allegra. Il capitano si era appoggiato allo schienale, cercando di rilassarsi e schiarire la voce, che gli pareva rauca. Sembrava essergli passata qualsiasi cosa avesse avuto fino a qualche secondo prima ed aveva preso un altro lungo respiro.
Ikkaku si era rannicchiata al suo fianco e lui non aveva mosso un muscolo per scostarla.
Effettivamente i suoi fratelli avevano ragione quando sostenevano che lui non era mai stato tanto affettuoso in vita sua, ma ora che la sua esistenza era incerta sentiva il bisogno di dimostrare ai suoi amici quanto fosse legato ad ognuno di loro. Era consapevole che già lo sapessero. Nessuno lo conosceva meglio del suo equipaggio, in ogni sfumatura del suo complicato carattere, ma forse era giunto il momento di essere un po' meno pragmatico.
Faceva piacere a loro quanto bene a lui stesso.

La sua determinazione a fingere che nulla di spiacevole fosse successo e la complicità degli altri avevano fatto sì che il tempo passasse in fretta e nessuno vi aveva badato. Soltanto quando Uni aveva fatto capolino nella sala ricreativa per comunicare loro che il pranzo era pronto avevano guardato l'orologio. Prima che si alzassero, però, Law aveva dato voce ad un pensiero che gli frullava in testa da un po'.

“State facendo esperimenti sul mio stomaco?”

Pen era rimasto in silenzio per qualche istante, sorpreso dalla domanda che proprio non si aspettava.
“Sì, ma solo su alcuni tessuti. Vuoi saperne di più?”

Il medico aveva scosso il capo.
“No, volevo solo capire se potevate reinserirmelo.”

“Come?” Tutti e cinque i suoi compagni l'avevano fissato sbigottiti.

Lui aveva scrollato le spalle, sentendosi gli occhi di tutti puntati addosso.
“Essendo ancora sotto il controllo dell'Ope Ope, dovrebbe risultarvi facile.”

“Sì, ma non è questo il punto, Cap'. L'avevamo esportato sia per capire com'eri messo ed elaborare un piano sia per evitare che il resto del tuo corpo si contagiasse tanto in fretta.”

“Già, ma visto come sono conciato ora, credo che sul secondo punto abbiamo fatto fiasco. O meglio, forse ha rallentato l'avvelenamento, ma attualmente non credo faccia differenza se il mio stomaco sta dentro o fuori di me.” Si era messo ad appallottolare i fazzoletti sporchi del suo sangue ormai secco, sperando che paresse solo un gesto disinvolto e non uno di nervosismo. Perché sì, era nervoso nel proporlo. Ciò che la sua richiesta implicava e che sperava gli altri non cogliessero, era che non voleva rischiare di star vivendo i suoi ultimi giorni attaccato a delle flebo. Voleva del cibo vero. Mangiare era uno dei più banali piaceri che la vita riservava a qualunque essere vivente e non vedeva perché privarsene. Inoltre la sua non era una resa alla malattia, bensì una precauzione. Se fosse sopravvissuto non avrebbe avuto alcunché da rimproverarsi e se invece non ce l'avesse fatta, almeno non avrebbe avuto il più stupido dei rimpianti.
“Tra l'altro, io non sono in coma, costretto in un letto. Mi muovo, lavoro e ho bisogno di molte più energie delle poche che mi riservano le flebo. Credo che mangiare sul serio possa anche aiutare il mio corpo a contrastare la malattia.”

Gli Hearts si erano guardati l'un l'altro, perplessi.
Non impazzivano all'idea di mettere un altro blocco di Piombo Ambrato dentro al corpo del loro comandante, anzi, temevano di farlo, ma di fatti avrebbe cambiato qualcosa? Law era già quasi totalmente contagiato e dal suo breve resoconto pareva avere ragione sotto ogni aspetto, il che non era una novità.
Il loro capitano decideva sempre con saggezza e c'era la possibilità che riappropriandolo dell'organo ne traesse un piccolo vantaggio.

Bepo aveva cercato gli occhi di Uni ed aveva fatto un unico cenno col capo.

“Bene...” Aveva esordito l'uomo. “...dirò a quel panzone del nostro chef di tenervi il cibo in caldo.”
 
***

     “Sapete...” Clione aveva attirato l'attenzione dei nakama, perlopiù concentrati a fissare il posto a capotavola. “...penso non esista un bambino più felice del nostro capitano ultra ventenne che si ingozza di cibo.”

Tra le risa che erano seguite, Law era riuscito a far udire a tutti il suo “'Fanculo, Clione” bofonchiato tra un boccone e l'altro.
“E poi,” Aveva rincalzato il discorso, una volta divorato il proprio piatto. “sto mangiando solo riso in bianco, non mi pare questa grande abbuffata.”

“Beh, non potevi pretendere molto altro. Non mangi seriamente da troppi giorni e il tuo stomaco è debole.”

Law aveva agitato una mano per indurre Penguin a tacere.
“Lo so, lo so. Anche se ora sono il vostro paziente moribondo resto sempre il grande medico a cui dedicheranno piazze e monumenti. Giusto, Ikkaku?” Non necessitava della vista per sapere verso dove allungare il proprio pugno in attesa che l'altra lo battesse col proprio.

“Parole sante, Doc.” La riccia aveva prontamente ricambiato il gesto, lasciando positivamente allibiti il resto dei corsari.

“Cosa cazzo ci siamo persi?”

Il capitano aveva lasciato che fosse Ikkaku a spiegarsi e quasi gli era venuto da sorridere all'entusiasmo della compagna, che continuava ad elargirgli lodi e infine aveva davvero piegato le labbra quando aveva udito il boato di consensi dell'intero equipaggio.

“E noi viaggiamo con te, è incredibile!”
Altro che pirati.

“Captain, sono orgoglioso di essere un Hearts!”
Un ammasso di fangirls aveva reclutato.

Afferrando il piatto, l'aveva spinto contro il braccio di Bepo.
“Sai se ce n'è ancora?”

L'orso si era affrettato a dargli altro riso e non si era potuto trattenere dall'esprimere la propria felicità.
“È un miracolo vederti fare il bis. Dovremmo toglierti lo stomaco più spesso, mi dispiace.”

Law aveva annuito, ben consapevole che normalmente assumeva la maggior parte delle proprie fonti di energia attraverso litri di caffè, tre ore di sonno a notte se andava bene e filtrando l'aria come una dannata spugna di mare faceva con l'acqua.
Riflettendoci, poteva prendere in considerazione l'ironico suggerimento del navigatore.

“Capitano,” Law aveva alzato la testa come se prossimo a guardare Jean Bart, ma aveva atteso che l'altro continuasse tenendo la palpebre abbassate. “cos'hai intenzione di fare con gli isolani?”

La sala da mensa era calata nel silenzio. Nessuno tra i Pirati del Cuore voleva più alzare un dito per quelle persone, non importava quanto il loro terrore potesse essere comprensibile. Era già tanto se non le avevano uccise dopo quello che avevano fatto al loro comandante ed era proprio grazie a lui che erano state risparmiate. Sempre a lui, però, spettava l'ultima decisione e se avesse scelto di continuare ad aiutarle con la somministrazione della cura, gli Hearts avrebbero serrato i denti, ingoiando il rospo, e li avrebbero assistiti.
Il medico aveva posato la forchetta per pulirsi le labbra col tovagliolo.
“Resteremo ancorati qui per un altro po'.” Aveva udito distintamente rochi gemiti che venivano malamente soppressi, ma aveva continuato. “Questo non significa che continueremo a fare da crocerossine a queste persone. Non ho più nulla da spartire con loro e se hanno bisogno, possono chiedere ai marines. La mia parte l'ho fatta e sono soddisfatto.”

I corsari avevano immediatamente stravolto il loro umore, guardando raggianti il loro capitano. Quelle erano le parole che desideravano udire. Adoravano e rispettavano il lavoro del loro Doc e la sua devozione per esso, ma giunti a quel punto era più che giusto che mettesse la parola fine a quell'intricato caso clinico.

“Il mio intento...” Law aveva richiamato l'attenzione generale. “...è quello di fare rifornimento e passare questa settimana in tranquillità. Credo sia meglio se stiamo attraccati visto quello che dovremo affrontare di qui a breve. Almeno ci evitiamo il pensiero della navigazione.”

Gli Hearts avevano annuito entusiasti. Non avevano nulla in contrario a quel piano. Salpare avrebbe significato allontanarsi da un'isola che aveva portato solo spiacevoli avvenimenti, ma avrebbe anche comportato che meno persone avrebbero lavorato alla cura per il loro comandante, giacché qualcuno si sarebbe dovuto occupare della navigazione e nessuno poteva sapere se le correnti burrascose del Nuovo Mondo non avrebbero peggiorato la salute di Law.
Non sembrava particolarmente voglioso di affrontare un maremoto.

“È chiaro a tutti?” Aveva concluso Trafalgar.

“Aye, aye, Captain!”
 
***

     Il Piombo Ambrato non aveva dato tregua al corpo già esausto di Law nei giorni che erano seguiti.
La tosse immancabilmente accompagnata dal sangue non lo aveva abbandonato una sola notte dacché poteva nuovamente contare tutti gli organi all'interno del suo corpo. Quasi certamente gran parte di quello che sputava erano frastagliate piccole parti del suo straziato stomaco, ma c'era anche la complicità di qualcos'altro che stava morendo dentro di lui e le visite mediche di Shachi e Penguin non erano riuscite a stabilire cosa fosse.
Nonostante questo e la drastica riduzione delle sue ore di riposo e quindi anche delle sue energie, Law non si era pentito di poter essere tornato a mangiare.

Cieco, debole e sempre più sbadato, non aveva grandi svaghi se non il cibo e la compagnia del proprio equipaggio.

In quei giorni di sofferenza era stato insieme alla sua ciurma più di quanto non lo fosse stato in un anno di navigazione.
Gli faceva piacere ed era interessante scoprire come passavano il tempo mentre lui, solitamente, se ne stava rintanato in laboratorio a sfornare idee geniali e inventare qualcosa di traumatico, come diceva White Fox.

Certo non potevano passare tutto il tempo insieme. Nelle ore diurne i suoi compagni si dedicavano allo studio e all'approvvigionamento della nave presso il mercato dell'isola, che gli abitanti in via di guarigione stavano ripristinando, mentre Law bazzicava pigramente da una stanza all'altra, alla ricerca di qualcuno libero dalle proprie commissioni. Il medico aveva tentato di dare un contributo alla ricerca in laboratorio, ma con suo orrore e somma tristezza, pareva che un ragionamento particolarmente complicato e approfondito gli causasse l'emicrania e gli bastava la più breve ed innocua distrazione per dimenticare all'istante quello a cui stava pensando.
Lui, il medico più in gamba di tutti i tempi, che era considerato uno dei più grandi geni del mondo, non riusciva a rammentare una fottuta frase circa l'elaborazione della sua cura.
Penguin e Ikkaku avevano insistito che non doveva preoccuparsi e che il suo aiuto l'aveva già dato, ma Law non aveva voluto ascoltare delle merdose parole di commiserazione. Aveva raggiunto la sua stanza più velocemente che poteva, inciampando e facendosi un male della miseria, ma si era alzato anche se barcollante ed aveva proseguito. Si era buttato sul letto sfatto, che non si prendeva più la briga di sistemare.

E Dio, quanto disperatamente aveva pianto.

Aveva già notato che la sua memoria a breve termine stava diventando sempre più vaga, non era una novità quella a cui era andato incontro e non era accaduta da un giorno all'altro, ma verificarlo definitivamente era stato tutt'altro che facile da accettare.
Era stato frustrato, incazzato, aveva subito l'ennesimo e micidiale colpo al suo orgoglio, ma almeno era riuscito a non dare un nuovo fardello ai propri amici.
Si era rinchiuso nella sua cabina e si era sfogato contro al proprio cuscino, non sulla spalla di uno dei suoi fratelli, che poi sarebbe andato a sua volta a cercare il conforto di altri Hearts.
In qualche modo a Law era servito ed era riuscito a calmarsi e tornare a camminare a testa alta, per fronteggiare a schiena dritta quella che era la sua battaglia.
Non avrebbe ceduto nemmeno così, mezzo scemo e mezzo ritardato, ridotto al più ignorante dei dottori, a quella troia di una malattia.

Al quarto giorno della fatidica settimana, il medico si era svegliato con l'ormai solito formicolio alle gambe, che a quel punto non poteva più attribuire come causa del peso di Shachi su di sé, e fremiti in tutto il corpo. Si era diretto stancamente in cucina per fare colazione, fermandosi di tanto in tanto, poggiato alla parete, per riprendere fiato ed era riuscito a rilassarsi solo una volta seduto.
Aveva mangiato molto e con gusto, dunque avrebbe dovuto avere tutte le forze necessarie per alzarsi e andare nella sala ricreativa con gli altri, che attendendo i risultati di alcuni test, volevano organizzare qualche gioco per distrarsi.

Tutto ciò che i Pirati del Cuore avevano potuto fare era stato udire il tintinnio di alcune posate e poi di una serie di piatti che si frantumava al suolo, trascinati sul bordo della tavolata dalla tovaglia a cui si era aggrappato Law mentre crollava a terra.
Bepo l'aveva immediatamente soccorso insieme ai compagni.
“Captain!”

Il capitano aveva alzato il busto a fatica e solo grazie all'aiuto del visone. Aveva sbattuto la testa per terra, totalmente preso alla sprovvista da quella caduta, e presto gli sarebbe sorto un ematoma sulla fronte, ne era sicuro. Aveva serrato un pugno sulla tuta arancione del suo vice, portandosi l'altra mano ad afferrare una coscia, il volto sfigurato da incredulità e disprezzo.
La presa sulla sua gamba si era fatta sempre più stretta, le unghie si sarebbero conficcate nella carne se non fosse stato per i vari pigiami che stava indossando.

Eppure non gli avrebbero fatto male.

La realizzazione era un dannato colpo basso, qualcosa di arduo da mandare giù o forse di impossibile.
“Non sento più le fottute gambe.”

Ma non si sarebbe arreso.


 
°° FINE CAPITOLO °°



* Nella Novel su Law (che sto cercando di riportarvi in versione estesa) approvata da Oda, viene detto che il sogno di Shachi è quello di avere un salone di bellezza e mentre a Pleasure Town Penguin lavorava come cameriere, Bepo in un cantiere e Law in una clinica (a tredici anni era già stimato dal dottore che l'aveva assunto *-* Io piango arcobaleni ogni volta che ci penso) Shachi era riuscito ad ottenere un posto come estetista.
Non ho messo l'avvertimento spoiler a questa nota perché vi sto parlando solo di dettagli sui quali nemmeno la Novel si sofferma molto, ad eccezione di quel che concerne Law, ma allo stesso tempo, che Law fosse un medico già da bambino era cosa nota già dal manga e se qualcuno non se lo ricordava, comunque, penso potesse immaginarlo visto quanto è abile xD

***

Eccoci tornati, ragazzi!


Puntualmente in ritardo, ma ecco il nuovo capitolo.
Si tratta di un capitolo di transizione, quindi non è molto avvincente, ma è servito per far prendere certe decisioni a Law, tra cui la scelta nei confronti degli isolani e la sua risolutezza a non farsi più affliggere dalla malattia, almeno non davanti ai compagni.
Possiamo definirlo anche un capitolo psicologico, credo.
Voi che dite?

Se andate a rileggere e analizzare certe parti, vi informo che ho buttati alcuni indizi su avvenimenti dei capitoli futuri... sono un po' nascosti, ma ci sono tutti!


Giunti a questo punto il nostro doc è più un relitto, che altro, ma è determinato a non mollare e quindi devo chiedervelo: secondo voi si salverà?

Come sempre mi farebbe piacere avere un vostro parere, un ragionamento o formulazione di ipotesi (come fa qualcuno xD) . Io attendo speranzosa ♥
 
  • Scusate se il disegno allegato è così bruttino. L'ho fatto molto di fretta! Ma giuro che so fare di meglio. Per chiunque fosse interessato al fanbook relativo a questa storia o voglia ulteriori informazioni o aggiornamenti, può chiederlo direttamente nel commento o tramite messaggio privato.
  • Se volete seguire i miei disegni, talvolta relativi alle mie fanfiction, ecco il mio Instagram: https://www.instagram.com/pawa_art/?hl=it
    Potete seguirmi e mandarmi liberamente messaggi anche lì, sono sempre disponibile a rispondere!

A presto,
baci
Pawa

 
 
   
 
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