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Autore: franci893    23/04/2020    3 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Ciao a tutti.

E' veramente surreale tornare a pubblicare qualcosa dopo quasi tre anni di assenza, e mi voglio scusare con tutte le persone che, per tutto questo tempo, hanno atteso invano un segno di vita da parte mia. Non mi ero dimenticata di questa storia, affatto, ma per tutta una serie di motivi mi sono allontanata dalla scrittura, in una sorta di pausa di riflessione, e ho lasciato tutto in stand-by. Più volte, in questi anni, ho cercato di riprendere in mano le file, ma avevo l'impressione di non essere più in grado di portare avanti la storia, di dare la giusta voce a quei personaggi che per me, ormai, erano diventati qualcosa di più che meri soggetti immaginari trasportati sulla carta. Chi scrive lo sa, queste relazioni non sempre sono idilliache e per un po' di tempo le nostre strade si sono divise. Ma ho sempre voluto tornare e concludere questa storia e così, complice questo periodo surreale che tutti stiamo vivendo, ho deciso di riprovarci e stavolta i personaggi hanno fatto sentire la loro voce. 
Chiudo questa lunghissima introduzione ringraziando le persone che, in questi anni, mi hanno scritto incoraggiandomi a continuare, i vostri messaggi sono stati davvero importanti per me! Grazie di cuore, davvero. Spero di non aver deluso la vostra attesa.

Francesca

 


20.
 

Winchester, aprile 1068

 

Gli ultimi raggi di sole si arrampicavano pigramente lungo le pareti della sala del trono, quasi volessero aggrapparsi alle mura di pietra per non essere strappati via dall’incedere della notte.
La sala appariva deserta, se non per la figura silenziosa di un uomo nella penombra che osservava assorto i giochi di luce che il tramonto dipingeva sulle pareti, mentre accarezzava sovra pensiero la superficie lignea dello scranno sui cui sedeva.
Sebbene fosse salito al trono da poco più di un anno, Guglielmo aveva l’impressione che gli appartenesse da sempre: tra i suoi numerosi successi, la corona inglese rappresentava il suo vanto personale, forse per le molte difficoltà incontrate lungo il percorso o, forse, per la smania cieca con cui lo aveva a lungo inseguito.
Guglielmo amava il potere e non ne aveva mai fatto mistero: questo suo tratto, mal visto dai suoi rivali, era stato una delle chiavi della sua ascesa al potere, prima in Francia, e poi in Inghilterra. Tuttavia, non era impetuoso come molti lo dipingevano. Sapeva prendere decisioni ponderate quando necessario perché era ben conscio che il potere, una volta ottenuto, poteva sfuggire alla presa come acqua tra le dita, senza i dovuti accorgimenti.
Il trono inglese non rappresentava un’eccezione.
Il susseguirsi nel passato recente di sovrani anglosassoni e danesi avevano ampiamente dimostrato il fascino mortale che esercitava su chiunque vi posasse sopra gli occhi: Guglielmo era consapevole di essere solo l’ultimo di una lunga lista.
- Venite avanti – ordinò alla figura silenziosa che attendeva nella penombra.
- Vostra Maestà – l’uomo si chinò in ossequio – un messaggero è appena giunto con la notizia che la duchessa Matilda è arrivata in Inghilterra. Il corteo si è già messo in cammino verso Winchester.
Guglielmo non manifestò alcuna reazione, se non un breve cenno del capo.
Sebbene fosse trascorso più di un anno dalla sua incoronazione, nessuno sul suolo inglese aveva ancora visto la futura regina. Guglielmo non aveva voluto affrettare i tempi, si era prima assicurato di rafforzare la propria posizione, sul piano militare e diplomatico.
Ora, l’incoronazione della moglie Matilda come regina di Inghilterra avrebbe aggiunto un nuovo tassello al suo piano di conquista, consolidando la sua autorità come sovrano.
- Se non c’è altro, puoi andare – disse.
L’uomo fece per ritirarsi quando le porte della sala furono aperte con un rumore sordo, seguito da un vociare concitato.
Guglielmo balzò in piedi, mentre le guardie fermavano il nuovo arrivato.
- Fatemi passare! – esclamò quest’ultimo, cercando di scansarle e di dirigersi verso il re.
Non appena lo riconobbe, Guglielmo ordinò loro di lasciarlo andare.
- Sir Conrad – mormorò, tornando a sedersi – vi credevo fuori Londra.
- Vostra Maestà – Conrad si inginocchiò – giungo ora da York, con notizie di rilevante importanza.Guglielmo gli fece cenno di alzarsi e di continuare.
- Ho le mie buone ragioni per credere che Edgar voglia lasciare l’Inghilterra per dirigersi alla corte di re Malcolm.
Seguì un momento di silenzio, mentre il re assorbiva la notizia.
Edgar the Atheling, unico erede di Edoardo il Confessore, era stato proclamato sovrano subito dopo la morte di Harold ad Hastings ma, a differenza del suo predecessore, si era subito sottomesso a Guglielmo, offrendogli la corona. In cambio, gli erano state garantite protezione e fiducia del re.
A quanto pare, entrambe erano state mal riposte.
- Ne siete sicuro?
- Ne ho la quasi totale certezza. Le mie fonti mi hanno riferito che la madre e le sorelle si trovano già in Scozia. Crediamo che Edgar voglia raggiungerle, e chiedere protezione a Malcolm.
- Ma certo – mormorò il re, in tono sprezzante.
Edgar era un povero ingenuo; Guglielmo non aveva dubbi che il re scozzese avesse incontrato poche difficoltà a persuaderlo a partire, allettandolo con chissà quali promesse.
- Sappiamo che si trovava a Londra, fino a tre giorni fa, quindi deve essere partito da poco tempo. Possiamo ancora fermarlo – affermò Conrad – io e i miei uomini potremmo partire già stanotte.
Guglielmo rimase in silenzio. Le dita della mano destra tamburellavano frenetiche.
- No – disse infine – non abbiamo prove concrete che Edgar si stia dirigendo in Scozia. Se lo catturassimo e lo riportassimo a Londra, i ribelli sassoni lo potrebbero usare come pretesto per sollevare il popolo contro di noi. Sapete meglio di me che al momento non abbiamo bisogno di fronteggiare altre rivolte. Quanto successo a Exeter è stato un ammonimento che non possiamo sottovalutare.
- Avete ragione, Maestà, ma non possiamo permettere che Edgar raggiunga la Scozia, sapete meglio di me quanti nobili sassoni vi hanno già trovato rifugio. Se riuscisse ad arrivare a Edimburgo, con il loro appoggio e quello di Malcolm potrebbe tentare di riprendersi il trono. E’ una possibilità che non potete escludere.
Guglielmo si fermò a riflettere sulle parole di Conrad.
In cuor suo, dubitava fortemente che Edgar possedesse le capacità di organizzare un’azione militare in grado di rovesciare il proprio esercito, né tantomeno che potesse ribaltare l’equilibrio politico alla cui realizzazione Guglielmo si era dedicato anima e corpo. Per quanto riguardava Malcolm, il re scozzese era una pedina che non lo preoccupava più del dovuto: fino a quel momento, infatti, si era limitato a portare avanti piccole scaramucce oltre confine, a riprova di quale codardo fosse.
Tuttavia, in parte Conrad aveva ragione. Edgar era solo l’ultimo di numerosi nobili sassoni che si erano rifugiati presso la corte scozzese, e non c’erano dubbi che Malcolm ne volesse trarre personale vantaggio; d’altronde, era assetato di potere quanto lui.
- Sapete quanti uomini sono al suo seguito?
- Una piccola scorta, tre o quattro cavalieri, non di più. Non ha voluto destare sospetti.
Guglielmo annuì.
Il tamburellìo delle dita si fece più intenso.
- Voi pensate che qualcuno lo stia aiutando, vero?
Conrad chinò il capo in cenno di assenso.
- E sapete chi?
Conrad tentennò, incerto su come procedere.
- Aspetto una risposta.
- Le mie fonti mi hanno riferito di movimenti sospetti, su al nord. A York negli ultimi tempi si è registrata la presenza di numerosi uomini armati, e non sono soldati di Vostra Maestà. Questo l’ho appurato con i miei stessi occhi.
Il re aggrottò la fronte.
- York?
- Sì, Vostra Maestà.
- Credevo che in Northumbria la situazione fosse relativamente tranquilla, ad eccezione di qualche sconfinamento degli scozzesi. Voi stesso me lo avete riferito nelle vostre ultime missive.
- Ed era così, Vostra Maestà. Ma negli ultimi tempi qualcosa è cambiato: il conte Morcar non ha fatto mistero di volermi evitare, e suo fratello sembra sparito nel nulla. La notizia della fuga di Edgar ha rafforzato i miei sospetti e per questo ho voluto recarmi immediatamente a Londra di persona.
- Capisco.
Il tamburellìo delle dita cessò, di colpo.
- Tornate a York. I vostri sospetti possono avere un fondamento, ma ho bisogno di prove certe prima di agire.
- Ma, Vostra Maestà…-
- Non posso permettermi che scoppi un altro focolaio di rivolte al Nord. Portatemi le prove e allora agirò di conseguenza.
- Sì, Vostra Maestà.
- Per quanto riguarda Edgar, me ne occuperò personalmente.
Conrad fece per dire qualcosa, ma Guglielmo alzò una mano in segno di silenzio.
- Farete ciò che vi ho ordinato, Sir Conrad. E’ tutto, per ora.
- Sì, Vostra Maestà.
Una volta rimasto solo, Guglielmo si strofinò gli occhi con un gesto stanco.
Le tenebre erano calate nella sala del trono. Un’altra notte insonne lo attendeva al varco.

 

*

I fili d’erba oscillavano confusamente mossi dalle raffiche di vento primaverile, creando l’illusione di essere immersi in uno specchio d’acqua verdeggiante: qua e là, macchie variopinte spezzavano quella fantasia uniforme, indizi silenziosi di fiori selvatici.
Accovacciata in mezzo a quel tripudio di colori e profumi, Lynn osservava attentamente il terreno circostante, sfiorando i fusti dei fiori e analizzando la forma delle foglie. Fino a quel momento, la sua ricerca aveva dato buoni risultati, eppure non sarebbe stata soddisfatta finché non avesse trovato quello che stava cercando.
- Lynn, possiamo andare adesso?
La voce di Briain ruppe la sua concentrazione e, sollevato il capo, lo vide correre verso di lei.
- Non ho ancora finito. Hai trovato quello che ti avevo chiesto?
Il bambino sbuffò.
- I fiori sono tutti uguali.
- Ci hai almeno provato?
- Tu hai trovato quello che stavi cercando?
- Chi ti ha insegnato a rispondere alle domande con altre domande? - gli chiese.
Briain sbuffò nuovamente, facendole capire che non era interessato né a raccogliere fiori, né a rispondere alle sue domande.
Con un sospiro Lynn si mise in piedi.
- Torniamo al castello? - chiese il bambino, speranzoso.
- Non ancora.
- A me sembra che tu abbia raccolto abbastanza fiori – osservò lui, indicando il cesto pieno.
- Se tu mi avessi aiutato, ora avremmo già finito – ribatté lei, incamminandosi lungo il pendio per tornare nel bosco.
Il bambino le trotterellò dietro, mugugnando una risposta che il vento portò via con sé.
Era evidentemente annoiato, e Lynn si sentì un po’ in colpa, tuttavia non se l’era sentita di uscire da sola: l’immagine dell’uomo a cavallo continuava a riemergere nella sua mente, nonostante fossero passati diversi giorni dal loro incontro e nulla fosse accaduto da allora.
A volte aveva quasi l’impressione di essersi immaginata tutto, e se fosse stato così sarebbe stato molto più facile scrollarsi di dosso quella sensazione di disagio, come al risveglio da un incubo.
Aver portato Briain con sé aveva lenito in parte quella sgradevole sensazione, ma una parte di lei era rimasta sempre in allerta, temendo che quell’uomo potesse ricomparire da un momento all’altro.
Non appena raggiunsero i margini del bosco, imboccarono il sentiero che portava alla radura in cui si trovava il vecchio capanno di pietra; camminavano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Di tanto in tanto Lynn prestava attenzione al terreno e, finalmente, poco prima di sbucare nella radura, scorse quello che cercava.
- Vieni Briain, l’ho trovata! – lo chiamò.
Il bambino si inginocchiò accanto a lei.
- Nel prato c’erano fiori decisamente più belli – osservò perplesso.
Dal terreno sbucavano timidamente dei piccoli fiori violacei circondati da foglioline cuoriformi.
- Non sempre i fiori più belli sono i più utili – disse Lynn, mentre con mano esperta ne iniziava a raccogliere piccoli mazzetti – prendi questa pianta qui: nessuno la nota, nascosta com’è nel sottobosco, eppure ha delle proprietà miracolose.
- Del tipo?
- Si può ricavare un olio che aiuta a curare le ferite e a cicatrizzarle. Oppure si può usare contro la tosse: quando eri malato, la usavo insieme ad altre erbe per preparare le tisane che poi ti davo da bere.
- Ecco perché erano così cattive.
Il bambino non era evidentemente affascinato dalle proprietà terapeutiche delle piante.
- Inoltre, dicono che questa erba aiuti a tenere lontano le streghe.
- Le streghe non esistono.
- Questo lo dici tu.
- Lo sanno tutti che è così.
- Ah sì? Lo sapevi che a volte, nelle notti senza luna, le streghe lanciano incantesimi sulle mucche, di modo da stregare il latte?
- Questo non è vero!
- Oh si, invece!
Briain la guardò pensieroso.
- Io non l’ho mai sentito dire.
- La mia balia ripeteva sempre un antico adagio: “io ti porto l’edera terrestre, l’acqua benedetta e il sale e scompaio fra le nuvole; ma non scordarti che tu mi devi latte, burro e cacio”.
- E cosa vuol dire?
- In questo modo scongiuri gli effetti dell’incantesimo.
Briain ci pensò su e poi scrollò la testa.
- Lo chiederò a Tristyn – disse, alzandosi in piedi.
A quanto pareva anche la storia delle streghe non aveva fatto breccia nel suo interesse.
Quel bambino trascorreva decisamente troppo tempo con suo marito.
Con un sospiro Lynn finì di raccogliere i rametti di edera e li ripose con cura insieme agli altri fiori.
Briain, nel frattempo, aveva già raggiunto la radura e stava accarezzando la cavalla legata fuori dal capanno.
La ragazza si sentì invadere da un moto di affetto e ripensò a quanto si fosse abituata alla sua presenza, nonostante fossero trascorsi pochi mesi da quando lo aveva portato con sé al castello.Il bambino si era integrato perfettamente nel tessuto sociale e gli uomini di Tristyn lo avevano preso sotto la loro ala protettiva: stravedeva per Stefan, e lo seguiva ovunque come fosse la sua ombra.
Forse avere un figlio mio sarebbe così, pensò, senza però indugiarci troppo.
- Lynn, andiamo adesso? - la chiamò Briain.
- Arrivo!
Percorrendo velocemente la distanza che li separava, andò ad aprire la porta del capanno.
- Vieni a darmi una mano, e poi torniamo al castello, d’accordo?
Il bambino annuì, rassegnato e l’aiutò a dividere e mondare le diverse piante: alcune vennero messe ad essiccare, altre furono avvolte in panni asciutti per essere portate subito al castello ed essere messe a macerare.
- Queste a cosa servono? - chiese Briain, osservando le numerose fiale contenti polveri e tinture di colore variegato.
- A molte cose. Questa, per esempio – disse Lynn, afferrando una boccetta – si può usare quando una persona non respira bene, massaggiandola sul petto. Si fanno macerare i fiori secchi per due settimane nell’alcol e si ottiene la tintura: il colore viene dai fiori, che sono gialli.
- Quindi con ogni pianta puoi curare delle cose diverse? - chiese Briain, per la prima volta veramente interessato a quello che gli stava raccontando.
- Certo, dalla tosse al mal di pancia alle ferite.
Lynn gli fece vedere diverse tinture e unguenti che aveva preparato nei mesi precedenti, mentre il bambino si galvanizzava sempre di più.
- Ma queste erbe servono anche se qualcuno ti infilza con una spada? O ti colpisce con una freccia?
- Sono ferite molto gravi, non sempre le erbe funzionano. Ma possono aiutare, in alcuni casi. Di solito si preparano degli unguenti da spalmare sulle ferite, di modo da aiutarle a cicatrizzarsi.
- E se il nemico ti sbudella? E se un cavallo ti schiaccia con le zampe?
Quella discussione stava decisamente sfuggendole di mano.
- Penso che sia ora di tornare al castello. Aspettami fuori, mentre finisco di mettere a posto.
Il bambino obbedì, lasciandola sola.
Lynn iniziò a riordinare le boccette, e solo allora si accorse che c’era qualcosa che non andava: la ragazza rimase a fissare imbambolata le fiale allineate, quasi le potessero rivelare qualche verità segreta. Gli unguenti per curare le piaghe e le ferite erano scomparsi, insieme ad alcuni tonici.
Forse li aveva portati al castello, e non se ne ricordava: negli ultimi mesi erano successe talmente tante cose che faceva fatica ad avere sempre la mente lucida.
- Lynn, andiamo?
La voce di Briain la riscosse dai suoi pensieri.
Scacciando la strana sensazione che si era impadronita di lei, ripose quanto le serviva nel cesto e uscì dal capanno, chiudendo con attenzione la porta.
Salì in sella al cavallo insieme al bambino e imboccarono la strada verso casa ma prima di lasciare la radura, Lynn si voltò indietro: la sagoma silenziosa del capanno si stagliava in lontananza, immersa nell’erba verdeggiante bagnata di rugiada; i rami degli alberi carichi di gemme frusciarono cullati da un refolo di vento e le ombre si allungarono sulla radura.
Lanciando un’ultima occhiata, Lynn fece schioccare le redini e imboccò il sentiero, senza più guardarsi indietro.

 

   
 
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