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Autore: witchakko    26/04/2020    1 recensioni
[ORIGINAL] - Questo è un messaggio che rivolgo a tutti i lettori e non: fate in modo di non perdere mai la speranza, la luce dentro di voi: non smarritevi. Se così fosse, fate in modo che non sia troppo tardi.
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“Dimmi, sperduto agnello”, pronunciò con tono freddo e costante, quasi stesse recitando, “cosa brami con tanta impotenza? Speranza, o forse desideri abbandonarti alla genuina pace?"
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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luce perduta
Luce perduta

“Sei tu l’artefice del tuo destino, ma non perdere mai la tua strada e, soprattutto, il tuo obbiettivo.” Le sagge parole che recitavo con frequenza a me stesso riecheggiavano nella mia testa, ma era ormai troppo tardi.

Tutto iniziò con il suono di un carillon, una dolce melodia che mi spinse a chiudere gli occhi e immergermi in un profondo sogno. Persino in quest’ultimo il suono del carillon non cessava, decidendomi così di seguire quelle misteriose note. Non sentivo i miei passi, il suono era più forte di qualsiasi altra cosa. Il luogo era distorto, il buio pesto regnava. Gocce di sudore si erano ora liberate, costringendomi ad asciugarmi con le mani tremanti. Le ginocchia cedettero, un attacco di panico. Desideravo sentire qualcosa contro i miei passi timorosi, ma l’ignoto e l’oscurità mi stavano inghiottendo, sentendoli quasi godere dal piacere. “Un’ottima preda, il buio lo terrorizza a tal punto?”, sicuramente sarebbe quello che avrei sentito, mi sentii ridicolo e indifeso, ma cosa potevo farci? Persi i sensi, ma lo considerai un sollievo, i miei muscoli si rilassarono.

Sperai di svegliarmi completamente, difatti al mio risveglio il carillon aveva cessato di suonare, sentendo ora i passi di persone che scansavano il mio corpo inerme, ancora paralizzato per terra. La luce del sole era inesistente, ma il buio non era più lo scenario maestro.                                            
Rivolsi lo sguardo al cielo cinereo, alzandomi con difficoltà e barcollando verso quella che appariva essere una tenda da campeggio, la vista ancora offuscata. Ad accogliermi fu un maestoso corvo accompagnato da una cupa figura, il volto ed il corpo esile completamente avvolti da un nero mantello. Il buio regnava nuovamente, solo della foca luminosità proveniva dagli occhi della misteriosa figura al mio cospetto, come se pretendesse l’incontro dei nostri sguardi. Lo accontentai, non volevo sprofondare nell’oscurità ancora una volta.

“Dimmi, sperduto agnello”, pronunciò con tono freddo e costante, quasi stesse recitando, “cosa brami con tanta impotenza? Speranza, o forse desideri abbandonarti alla genuina pace? Quest’ultima è la scelta più richiesta, perciò afferra pure la luce più luminosa che vedi”.

Le sue parole riecheggiavano nella mia testa, ed il carillon riprese a suonare con tenacia. Volevo andare via, il buio mi spaventava e quell’individuo non stava migliorando la situazione. Mi voltai cercando l’uscita, ma più camminavo e più mi inoltrai nell’oscurità più profonda. Con affanno accelerai il passo, la mia paura era il nutrimento del buio. Smarrii la cognizione del tempo, così come i miei obbiettivi, i miei ideali, me stesso. Mi dissi che forse, se avessi risposto a quello strano individuo, sarei finito in un posto migliore. Volevo solo tornare a casa, ciò accecò i miei pensieri. Con mia sorpresa l’oscura figura si presentò nuovamente al mio cospetto – lo riconobbi dai suoi occhi luminosi. Lo guardai provando quasi invidia, anch’io avrei voluto un po’ di quella luce. Sì, la bramavo, la desideravo con tutto me stesso. Oh, se solo avessi potuto prenderne un po’ in prestito. Giusto un po’, e tutto sarebbe andato bene. 
Le mie mani sudate si gettarono sull’oscuro volto, prendendo possesso dei suoi occhi tanto scintillanti. Li estirpai con forza all’unisono, adesso non c’era tempo da perdere, avevo già vinto. Il mio trofeo non aspettava altro se non di essere esposto. In fretta spinsi i bulbi luminosi nella mia gola, inghiottendo con impazienza.

“Ti ho offerto tranquillità e speranza, ma hai rifiutato. Sperduto agnello, che tu sia maledetto! La scelta corretta non esiste, ma da oggi esisterà la risposta errata. Il buio da oggi sarà la tua dimora, e lo sarà per sempre.”
Con intensità le fiamme crepitavano, avvolgendo il mio corpo. Un urlo disperato, la pelle bruciava. Bruciava, bruciava da matti. Con ferocia aggrappai ogni parte del mio corpo e lo graffiai, fino a strappare dei tasselli di pelle rimasta. Tirai con forza, la carne bruciata ai miei piedi; niente rimase di me se non cenere.
Mi abbandonai a me stesso, chiudendo gli occhi ancora una volta al buio.

Al mio risveglio sentii nuovamente il malinconico suono del carillon bensì più lentamente, quasi si stesse scaricando; il buio attorno a me prese il sopravvento.
La paura si presentò senza indugiare, e caddi nuovamente nell’abisso più profondo.
E d’un tratto ero all’interno di quella tenda, il corvo e la figura dagli occhi scintillanti dinanzi a me.

“Dimmi, sperduto agnello”, pronunciò ancora una volta la medesima frase del primo incontro, “cosa brami con tanta impotenza? Speranza, o forse desideri abbandonarti alla genuina pace? Quest’ultima è la scelta più richiesta, perciò afferra pure la luce più luminosa che vedi”.

Rimasi fermo, quasi volessi mettere in pausa quel momento per pensare, ma la mia mente risiedeva ancora all’interno dell’oscurità, e intendeva rimanerci.

“Non esiste luce più luminosa dei vostri occhi”, annunciai con determinazione. Era vero, il buio regnava da quando ne avevo memoria. Non volevo pace, non volevo speranza: bramavo ciò che non possedevo, ciò che invidiavo. D’un tratto, come se il vento avesse smesso di soffiare, aprii il palmo della mia mano: il carillon rotto al tocco rovente delle mie dita, fin troppo potente per custodire un oggetto tanto delicato.

“È troppo tardi per recuperare la vostra luce”, fu l’ultima frase che mi rivolse, prima di svanire nell’oscurità. Il corvo volò in mia direzione, donandomi gli occhi luminosi che scatenarono tutto ciò. Li desiderai all’istante, ne presi possesso e li inghiottii. Il fuoco si presentò nuovamente in me, ma il dolore non mi apparteneva più. La tenda prese fuoco, tutto prese fuoco – bensì non riuscii a vedere esattamente cosa. Attorno a me solo fiamme roventi, il calore di casa. Finalmente avevo trovato la luce, la mia luce.
   
 
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