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Autore: Luna95    09/08/2009    5 recensioni
In una stanzetta con le pareti viola una ragazza piuttosto particolare riflette sulla situazione altrettanto particolare in cui si trova. Ambientazione generale, in una notte non descritta nel libro (non si fanno accenni particolari al secondo libro). Piccola One-shot senza pretese. || I pensieri di Melissa in un giorno come tanti.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suono della chitarra elettrica risuonava potente nelle orecchie di Melissa, talmente forte da essere percepito persino da Dess e Rex, seduti nel suo stesso tavolo, in mensa. Tamburellava le dita sul tavolo a ritmo di musica; l’heavy metal s’intonava perfettamente con il frastuono delle menti della mensa scolastica e del suo attuale umore.

“ Solo un’ora, Melissa. Solo un’ora.”, cercava di convincersi, sperando addirittura di riuscirci. Ancora pochi minuti e l’insopportabile rumore sarebbe lentamente scemato con i ragazzi, portando con sé il sapore aspro e sgradevole del senso di costrizione e quello liscio e vagamente dolciastro della noia: uno schifoso mix tra un limone non maturo premuto sulla sua lingua con un retrogusto di bibita sgasata.

La batteria detonò nuovamente e timpani di Melissa, distraendola dall’insopportabile rumore della sua stessa, affollata mente.

Un pensiero arrivò da Rex, chiaro e cristallino: “Forza Cowgirl, sei forte, puoi farcela ”.

Quante volte si era sentita spronata a essere forte?

Lei aveva sopportato per sedici maledetti anni migliaia di voci nella sua testa, credendosi pazza, impazzendo davvero per sopportarle tutte. Si logorava dentro, corrodendo tutto ciò che era, distruggendosi poco alla volta.

Quante volte era scappata dalle lezioni, correndo in bagno a rigettare tutto ciò che nemmeno mangiava, sopraffatta dalla nausea causata del rivoltante miscuglio di sapori?

Quante volte aveva aspettato con impazienza l’arrivo dell’ora blu, il suo maestoso silenzio, la possibilità di avere la propria mente tutta per sé, senza doverla condividere con nessuno?

Quante volte si era rifugiata dietro un paio di cuffie, heavy metal e una maschera fredda e impassibile per nascondere la sofferenza?

Quante volte, per l’esattezza?

“Troppe”.

L’aveva forse resa forte? No, solo più debole e vulnerabile.

Sopraffatta da se stessa e dagli altri.

Tutto questo non la stava uccidendo, distruggendola pezzo per pezzo?

Una violenta ondata di nausea la percosse scuotendola, sino alle fondamenta.

Si portò una mano inguantata allo stomaco e l’altra alla bocca. 

Rex la guardò chiaramente preoccupato; Dess si limitò a un’occhiata nella sua direzione, semi-nascosta dagli occhiali scuri, impossibile da decifrare.

Melissa sentiva maledettamente bene il sapore della forte ansia degli studenti, acida come il latte scaduto e nauseabondo come del formaggio andato a male: durante la prossima ora ci sarebbe stato un compito di storia mostruosamente difficile. 

Allontanò il vassoio del pranzo, disgustata.

Odiava la Bixby High School ogni secondo di più.

Melissa si strappò le cuffie dalle orecchie, con un gesto profondamente irritato, spense il lettore CD e lo ficcò con ferocia nella borsa.

I due midnighter vicino a lei la seguirono con lo sguardo, sgomenti. Lei gli scoccò un’occhiata fredda, che andava a coprire quella di profondo dolore.

Mancava poco al suono della campanella. Avrebbe resistito.

Si concentrò sui pensieri dei suoi due amici. Da Rex percepiva, come al solito, un senso di pacatezza e serenità, mischiato alla preoccupazione per lei. Sapeva di legno e muschio, con un retrogusto leggermente salato.

Dalla piccola Dess, invece, percepiva pura euforia: aveva lavorato tutta la notte a nuove armi, passando ore a scoprire nuovi paradigmi e a fare calcoli, sussurrando nuovi nomi ai suoi amati pezzi di metallo. A volte sembrava che Dess si nutrisse di cifre e numeri. Contemporaneamente un sapore metallico le punse la  lingua, insieme a un nuovo sapore, secco e acidulo insieme.

Ghignò, sondando attentamente la mente di Dess.

La Regina delle stronze”.

Sì, era un titolo che le si addiceva.

   
 
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