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Autore: bosky    09/08/2009    1 recensioni
Buon pomeriggio a tutti..allora questa ff mi è venuta fuori per caso ascoltando la musica e l'ho già postata su altri forum, perciò ho pensato di inserirla anche qui.. Praticamente è ambientata dopo una decina d'anni da BD...Bella è scomparsa e Nessie sta per sposarsi con Jake... Non è una storia d'azione, è principalmente introspettiva, è focalizzata più che altro sul personaggio di Edward e sulle sue emozioni..Spero vi piaccia!!Mi raccomando commentate..baci!
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Renesmee Cullen
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

La musica cominciò a riempire il salone gremito di gente impaziente del nostro arrivo. Rose, ancora una volta, era al pianoforte, intenta a suonare la marcia nuziale di Wagner, abbellita dalle sue doti per rendere quel momento il più perfetto possibile. L’adorazione per sua nipote era indescrivibile e ciò mi fece sorridere. Bella ne sarebbe stata felice. Era strano come ora riuscissi a pensare quel nome, l’avevo liberato dalle catena in cui l’avevo imprigionato ed ora fluiva spontaneo. Nessie mi aveva scosso e, anche se per me era fonte sia d’amore che di sofferenza, le ero grato per questo. Era stato sciocco reprimerlo quando tutto me stesso gli era legato indissolubilmente. Avevo cominciato a vivere nel momento in cui l’avevo sentito.
Ascoltavo emozionato le dolci note mentre Renesmee mi stava ancorata al braccio, guardandosi intorno estasiata. Esme ed Alice si erano lasciate prendere la mano come al solito, ma avevano reso l’atmosfera perfetta. Avevano riempito la stanza di ghirlande raffinate da cui pendevano centinaia di nastri color pastello e adornato lo scarso mobilio di decorazioni floreali.
“Ci siamo” le sussurrai per incoraggiare i suoi passi.
Attraversammo la navata sotto lo sguardo incantato dei presenti, di certo non era uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni, anche se ad assistergli erano prevalentemente vampiri e licantropi.
Arrivati al cospetto dello sposo Nessie si perse nei suoi occhi, lasciandomi tra le grinfie di emozioni strazianti. Sapevo cosa stavano provando, ci ero già passato e al pensiero che tutto per me si fosse concluso così amaramente sentii una morsa al petto. L’istinto di sopravvivenza mi suggeriva di scappare via il più veloce possibile, ma lo repressi con veemenza incrociando implorante gli occhi di Alice.
-Forza Edward, sii forte per lei- mi incitò silenziosamente.
La mia sorellina! Lei sapeva sempre ripescarmi dal buco in cui puntualmente mi cacciavo. Se non fosse stato per lei, non so dove sarei stato in quel momento, probabilmente sarei morto.
Sospirai e posai elegantemente la mano della mia bambina su quella del suo consorte, incrociando i suoi occhi scuri e profondi ancora una volta. Come poco prima mi sentii vulnerabile, come se tutte le barriere e le maschere che avevo eretto minuziosamente cadessero a pezzi.
“Grazie” sussurrò emozionato Jacob.
Accennai una risposta con la testa e mi congedai. Non riuscivo proprio a parlare, il groppo in gola non era sparito.
-Ti voglio bene papà- pensò Renesmee alzando delicatamente gli angoli della bocca all’insù.
Presi posto vicino ai nonni degli sposi e mentre mia madre mi rivolse un sorriso pieno di comprensione, Carlisle pensò un -forza figliolo- malinconico che mi atterrò ancora di più.
Oh no vi prego! Avrei voluto rispondere. La loro pietà, anche se sincera e colma d’amore, era l’ultima cosa di cui avevo bisogno. Cercai di escludere dalla mia testa i loro pensieri e mi concentrai per distrarmi sull’aspetto maturato di Charlie. Forse non era una mossa molto furba, la sua presenza accentuava il mio tormento, d’altronde era suo padre, ma non potei farne a meno. In quel momento mi sentii immensamente solo.
Non riuscivo a cogliere la sua presenza neanche stando vicino al suo sangue, alla persona che le aveva dato vita. Perché non avere almeno dolci illusioni? Perché, anche se false, non mi erano concesse? Ricordai quando Bella mi aveva raccontato di sentire la mia voce durante la nostra disastrosa separazione. Perché il mio subconscio non alleviava il mio fardello? Era forse chiedere troppo crogiolarsi per un po’ nella follia?
Scrutai ogni piccolo particolare dell’uomo accanto a me, cercando di carpire una qualche somiglianza con il mio angelo, ma tutto ciò che notai furono i suoi cambiamenti fisici. Era invecchiato notevolmente, i capelli da nero erano diventati di un bianco candido, quasi trasparente , le rughe gli solcavano pressappoco tutto il viso mentre gli occhi erano infossati e inondati di lacrime silenziose. Anche lui, come me, era spezzato. -Se la mia bambina fosse qui…- continuava a pensare instancabilmente.
Non potevo proprio sopportarlo. Vedevamo la stessa cosa in Renesmee: Bella.
Ero già abbastanza sofferente per caricarmi anche del suo dolore, così abbandonai i suoi pensieri e, con la testa lontana anni, osservai il giorno più bello della mia vita, recitato dalla mia Nessie e dal suo Jake.

Dopo lo scambio degli anelli e delle promesse tutto confluì nel migliore dei modi, ancora merito di mia madre e delle mie sorelle. Ci spostammo tutti nel grande giardino addobbato a festa e ornato per accogliere il ballo che seguiva la cerimonia. Ancora una volta era stato allestito un gazebo floreale, sotto al quale gli sposi e le coppie degli invitati danzavano felici. Ero decisamente fuori luogo, tuttavia ballai con la mia piccola donna, facendola volteggiare sulla pista, cercando di godermi il presente e di non rivivere il passato. Facile a dirsi. Come potevo non pensare a ciò che era stato se tutto, ogni minimo particolare, me lo suggeriva? Almeno provai a non farlo pesare a Nessie, era il minimo che potessi fare per lei.
Una volta ceduto il posto a mio genero, che parola strana anche solo da pensare, mi acquattai su una sedia all’angolo più nascosto del giardino, martoriando una povera e indifesa margherita. Più la rigiravo tra le mani e più mi sentivo turbato. Era così fragile nella mia stretta marmorea che provai pena per lei. Non aveva scelta, né possibilità di scampo, l’avevo colta di prepotenza e la stavo lentamente torturando, finché non le avrei dato il colpo di grazia, distruggendola.
Un sorriso amaro mi solcò il volto. Stavo veramente soffrendo per aver rubato la vita ad un fiore? Ovviamente No, l’analogia col mio angelo era più che evidente. In fondo con lei avevo fatto la stessa cosa.
Troppo preso dalle mie folli congetture non mi accorsi nemmeno che qualcuno si era avvicinato e stava occupando il posto vuoto accanto al mio.
-Nessuno riempirà mai quel vuoto- pensai amaramente.
Non alzai neanche lo sguardo verso l’intruso, sapevo chi era. Ancora lui, Charlie. Era venuto a torturarmi ulteriormente?
Posò una mano sulla mia spalla osservando oltre la mia figura.
“E’ bellissima non trovi?” sussurrò emozionato.
“Già” grugnii. Perché non mi lasciavano in pace?
“Ogni giorno che passa mi ricorda sempre di più Bella” disse con voce spezzata dal pianto.
Chiusi con violenza la mano attorno al fiore, sbriciolandolo.
“Lo so. E’ terribilmente somigliante” risposi cercando di nascondere tutto il dolore che impregnava le mie parole.
Non volevo intrattenere quella conversazione con nessuno, tanto meno con il padre addolorato.
E in più invidiavo il modo in cui aveva affrontato la situazione, invidiavo la forza che aveva avuto nell’andare avanti. Solo io regredivo?
E le sue lacrime! Avrei dato qualsiasi cosa pur di liberare i miei occhi ghiacciati dal quel perenne punzecchiare!
Poi qualcosa fece precipitare la situazione. Uno stupido errore umano. Neanche un errore, perché Charlie non aveva aperto bocca, un pensiero sbagliato. Un pensiero che mi colpì come un pugno al centro dello stomaco, che mi fece scattare come una molla.
-Non ha versato nemmeno una lacrima…- aveva osato pensare rivolgendosi a me.
Come se potessi farlo! Cosa pensava? Credeva forse che non me ne importava niente se la mia ragione di vita era sparita? Come osava solo pensare un insulto del genere? Un insulto al mio amore, alla mia sofferenza, alla mia dedizione per lei!
Probabilmente non aveva avuto cattive intenzioni, la sua era stata solo una considerazione amara di un padre privato della sua unica figlia, ma ciò non placò la mia insensata ed improvvisa ira.
Digrignai i denti e mi alzai di scatto serrando i pugni. Il mio movimento fulmineo lo aveva evidentemente colto di sorpresa perché sollevò il viso allarmato.
“Perché non posso” sibilai scandendo le parole in preda alla pazzia. Lo vedi ritrarsi dalla paura, vidi nei suoi occhi il mostro dagli occhi fiammeggianti che lo sovrastava, ma non mi fermai. Stavo scoppiando, tutto il dolore che avevo represso lo stavo rovesciando addosso a lui, ingiustamente.
“Io n-o-n posso piangere!” sputai tra i denti scintillanti.
Avevo quasi urlato, scorsi con la coda dell’occhio Alice e Jasper che si avvicinavano irrequieti. Non avrei mai fatto del male a Charlie, di questo ero certo, ma in balia degli istinti mi voltai verso di loro ringhiando come un animale infuriato per l’intrusione. Poi scattai alla massima velocità nella foresta, scomparendo tra i folti alberi.
Correvo e basta, non volevo pensare alla stupidaggine appena fatta, alla cattiveria con cui avevo trattato Charlie, all’espressione della mia Nessie, sbalordita e ferita dal mio comportamento.
Continuavo a correre, non evitavo neanche gli ostacoli, polverizzavo qualsiasi cosa si frapponesse tra me e la mia ignota meta.
Poi, ansante, non per lo sforzo ma per le ferite che mi martoriavano il cuore, mi bloccai e mi lasciai cadere agonizzante.
Eccomi tornato ai vecchi tempi, tutto il lavoro fatto per controllarmi andato in fumo.
Mi presi il volto fra le mani e cominciai a singhiozzare, mentre il crepuscolo dava inizio alla fine di un altro giorno.

  
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