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Autore: Rota    27/04/2020    7 recensioni
Sentì i muscoli della schiena dolere. Si allontanò dal fascio di luce della lampada sul tavolo, così da avvicinarsi alla grande finestra che poco prima stava ammirando Mika, godendo dei colori della notte.
Si appoggiò al legno dello stipite con una spalla, incrociando le braccia al petto.
Che bella luna. Che belle stelle.
Tracciò le linee di un tatuaggio straordinario tra le costellazioni senza nome, profili di qualcosa che nessun uomo aveva inventato. Magari, nel loro futuro, potevano essere utili.
Fu in quel modo che vide i primi bagliori – gli sembrò fossero delle stelle cadenti. Una, due, tre, dieci, cento.
La prima cadde a terra e colpì una casa. Prima il buio, subito dopo un’esplosione di fulmini incontrollata.
Shu rimase immobile, inorridito ed esterrefatto, finché anche da quella distanza non si riuscirono a sentire le urla agonizzanti dei suoi stessi concittadini.
Quella fu chiamata, da chi sopravvisse, la prima delle Notti della Pioggia di Potere.
E segnò l’inizio di un nuovo mondo per tutti i cittadini di Yumenosaki.

[LeoxShu principalmente; Fantasy/Steampunk/Tatoo!Au; multicapitolo]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Leo Tsukinaga, Shu Itsuki
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*2. Spine – Nel ventre della notte*

 


[Melodie di vento e di pioggia: il movimento della tempesta // CherryBlossoms' Ink FanMix
Track 3: Capitolo 2]





Isolata in una teca di vetro, Mademoiselle guarda il mondo senza potersi muovere.
Giorno e notte non fanno differenza per lei: fissa con occhi inamovibili l’interno dello Studio Shi e chi ci vive, perché quello è per lei tutto l’universo. Conserva ormai un vago ricordo del fuori, registrato per lo più come luogo da cui e a cui una le sue persone compaiono e scompaiono, attraversando quel varco magico
Nessuno apre più la sua teca di vetro, ormai.
È cominciata da poco la fase di massima luce: ben lontana da lei, la stanza del suo signore prende forma, in oggetti sbrilluccicanti e mobili corposi.
Prova uno strano sentimento che non riesce a identificare. Pensa, con casualità, che se fosse uno di quegli oggetti, sarebbe in grado di guardare bene il volto del suo nuovo padrone. Loro sono fortunati, forse, o è lei che non brilla abbastanza. Però, a differenza di quegli oggetti così belli, lei può ascoltare la sua voce, e quindi la gelosia si affievolisce un poco.
-Oshi-san, ho finito di pestare i semi di girasole. Li ho macinati ben bene, questa volta!
-Bene. Accendi il forno e mettici del legno di acero rosso, dobbiamo farli essiccare.
-Certo!
-E non fare come l’altra volta! Stai attento che il calore non sia troppo forte, non devono bruciare.
-S-sì…
Mademoiselle sa che i toni delle voci dei suoi umani variano spesso. Mentre quello di Kagehira – così viene sempre chiamato – diventano spesso bassi, veloci e pieni di scatti incomprensibili; quelli di Oshi-san – così viene sempre chiamato – si alzano spesso, in una danza piena di passione che segue ritmi di tre o due scaglioni netti. Sembrano disarmonici, ma in realtà hanno una musicalità tutta loro. E i loro corpi non si toccano mai, così come non si abbandonano mai. Ogni giorno, si mostra a lei un rassicurante copione sempre uguale.
Oshi-san alza lo sguardo dal tavolo, Mademoiselle ne vede solo il profilo e la fronte corrugata. Chissà che cosa si prova, a poter muovere i muscoli della faccia e anche le mani in quel modo.
-Hai messo a colare i fiori di gelso?
-Sì, sono nel lavandino!
-Coprili con un panno, non devono prendere troppa luce.
A ogni parola di Oshi-san, Kagehira si muove come un pazzo. Anche in quel momento corre a prendere un panno asciutto in uno dei tanti cassetti della credenza, che apre con un gesto veloce; poi si dirige al lavandino, coprendo il colino appeso in modo tale che sia protetto dal sole.
Si avvicina al forno per controllare qualcosa. Sorride e odora, respirando profondamente; smuove i semi con un bastone lungo fino a essere soddisfatto.
Oshi-san invece si muove sul tavolo con eleganza, prendendo oggetti e appoggiandoli. Che belle dita, che bei polsi. Qualcosa tintinna sotto la manica lunga della sua camicia quando prende un mattarello e lo pulisce dalla polvere rossastra per poi stendere della pasta molliccia, del colore del tavolo.
Viene quindi catturato da un pensiero improvviso, quando vede una ciotola vuota.
-Dobbiamo andare a raccogliere le more.
-Non bastano quelle che abbiamo?
-Erano piccole e secche, le abbiamo finite in fretta.
Kagehira raccoglie da un secchio una manciata di ghiande nerissime, mettendole dentro un contenitore per poi schiacciarle. Cola un liquido scuro, che raccoglie in un altro contenitore di pietra.
Sbuffa a ogni passaggio.
-Quest’anno non ha piovuto molto…
-Il cattivo tempo non può essere una scusa per un calo di prestazione. Niente può esserlo.
Oshi-san esamina quello che ha appena fatto Kagehira e deve piacergli abbastanza, perché prende con un piccolo mestolo parte di quel liquido per versarlo poi sulla pasta che sta appiattendo con una certa fatica. La pasta reagisce e si restringe, indurendosi.
-Oshi-san…
-Oggi sei più disturbante del solito. Cosa devi dirmi.
Kagehira tace, guardando altrove. Non è un comportamento insolito per lui, quindi Mademoiselle non ritiene sia molto strano.
-No, niente.
Passa diverso tempo in silenzio e le mani di Kagehira continuano ad agitarsi e a fare errori.
-Oshi-san…
L’altro uomo lo guarda, interrompendosi prima di sbagliare a propria volta a causa dell’irritazione. Registrando la sua nascente furia, il ragazzo si allarma e tergiversa, cambiando argomento.
-Questi fiori di ciliegio sono molto profumati!
-Lo so benissimo.
L’uomo con i capelli rosa abbassa lo sguardo, mette altro liquido sopra la pasta che si indurisce e si restringe ulteriormente.
A quel punto, persino Mademoiselle comincia a farsi delle domande – e Oshi-san alza la voce, rosso in volto.
-Osh-
-Oh, per l’amor del cielo, Kagehira! Cosa c’è?
Kagehira gli dice qualcosa sottovoce, veloce, vergognandosi tantissimo. Il silenzio che ne segue è davvero strano, pare così vuoto di emozioni da essere gelato.
Così come è gelato, freddo e insensibile, il tono di Oshi-san quando riesce a rispondere.
-Ah, sì?
L’uomo non dice altro, torna a guardare il proprio lavoro lasciando Kagehira stranito e insoddisfatto.
Eppure, la rigidità dei suoi movimenti è evidente, come lo scatto improvviso che porta la sua mano all’altro polso sottile, stringendo le dita.
Ah sì, è tornato Leo Tsukinaga Leo. Il promesso sposo di Oshi-san.
 
 
Il primissimo pensiero di Mika è che Arashi non sarà per nulla contenta. Per quanto sia già accaduto in passato che non fosse tornato a casa per la notte e che fosse rimasto nello Studio per aiutare lo Shi Itsuki, ha sempre avvisato prima.
Ma quella sera non ha mandato nessun avviso, né tantomeno si è trattenuto per questioni legate al lavoro. È una situazione nuova e già questo gli causa molti dubbi interiori.
Cosa dirà poi a Shu. Cosa dirà ad Arashi.
Cosa dirà a Leo, tanto per cominciare. Il pensiero di dover affrontare Leo gli fa nascere una smorfia sul viso, che gli arriccia tutto il naso e gli corruga la fronte – i suoi capelli si gonfiano come se fossero pieni di piume.
Cammina pestando i propri piedi, lungo la strada che dalla collina dello Studio poi arriva fino a Yumenosaki. È un tratto che rimane per buona parte buio quando comincia a calare il sole, illuminato di tanto in tanto solo da lampioni bassi. L’odore di boscaglia si appiccica ai vestiti e alla pelle.
Mika non si gode la musica delle cicale in amore, né poi il chiacchiericcio delle strade cittadine. Si arrovella e si arrovella ancora, masticando parole senza senso e muovendo freneticamente dita e mani.
Cosa dirà a Leo. Ha una serie di accuse che gli sfilano in mente così come sfilano alla vista le vetrine dei negozi in chiusura, uno dopo l’altro. Serrande che si abbassano accanto a lui in rumori metallici, decapitando come tagliole possibilità ambivalenti: forse sarebbe troppo scortese imputargli qualcosa, dopo tutta quella solitudine.
Si ferma in mezzo alla strada, guardando fisso in basso. Pesta ancora una volta i piedi e pensa, pensa. Torna sui propri passi perché ricorda i primi giorni di abbandono, dove il suo padrone sembrava irriconoscibile, non umano, solo silenzio e tremore. Ma si ferma ancora, e pensa e pensa e pensa, che in realtà il suo padrone lo ha chiamato spesso con una voce soffice, accarezzandosi il petto, i polsi e poi il viso.
Cosa dirà a Leo, quando lo rivedrà dopo tre lunghi anni. Si volta, in mezzo a una folla che più che sbalordita è divertita – il ragazzo Kagehira è sempre stato strano, quel suo Potere dà alla testa, è più isterico di un asino – e procede verso il luogo dove lo ha lasciato quella mattina, sperando sia riverso ubriaco su uno dei tavoli.
La taverna Aoi è più animata che mai, in quel momento, perché senza il sole si risvegliano animali tutti particolari. Entrando dalla porta principale, Mika deve abbassarsi veloce prima che uno stivale volante lo colpisca in faccia. Qualcuno ride, senza neanche notare che è rimasto scalzo per una scommessa finita male e una partita a carte in cui ha perso metà di quello che ha nel portafoglio.
Sono tutti piuttosto allegri.
Mika si avvicina al bancone, cercando di attirare l’attenzione del barista, ma non troppo. Quasi salta sui propri stessi piedi quando qualcuno di sconosciuto si avvina, abbassa il capo e cerca di mimetizzarsi con l’ambiente circostante, senza riuscirci.
Yuuta lo raggiunge dopo qualche minuto e lo recupera dall’angolo in cui si è infilato pian piano, offrendogli un drink gratuito perché si riprenda dallo stress. Lo indirizza però altrove: Leo Tsukinaga è rimasto nel locale solo il tempo di fare qualche domanda e bere poco, per poi dileguarsi alla ricerca di un posto con meno gente possibile. Non sa dire dove di preciso, sa solo che passerà la notte presso uno dei loro rifugi.
Mika non può aspettare tanto.
Ringrazia, beve ed esce un poco barcollando – inciampa addosso a un tizio, che nel prenderlo al volo gli ride in faccia con quell’olezzo di alcool e sudore acido. Mika scappa, zampe veloci e uggiolii da animale.
Si ritrova di nuovo sulla strada senza sapere bene che cosa fare e dove dirigersi. Si arrotola su se stesso, cammina in tondo attorno a una fontanella dell’acqua e un bambino lo imita, divertito da quel gioco.
Cosa dirà a Leo, appena lo trova, che tra le mille opzioni non ha ancora capito se vuole semplicemente ammonirlo di stare lontano dallo Studio Shi Valkyrie o vuole portarcelo di peso. Cosa mai può fare di ancora più doloroso, la sua presenza, e cosa può fare la sua mancanza.
Per conto suo, vorrebbe solo strozzarlo, ma conosce almeno un paio di persone che non ne sarebbero completamente felici.
Lascia la fontanella e ricomincia a camminare, dopo aver salutato la fila di bimbi che si era formata dietro di lui. Pochi posti a Yumenosaki sono davvero isolati. Torri e campanili, hanno così tante guardie davanti che sarebbe stupido persino provare a entrare. Poi ecco, il vecchio palazzo del Governatore, fatiscente quanto pericolante. Tutta la zona vicino alla barriera, oltre le mura, ma a quell’ora le mura non sono aperte.
Corre come volando. Qualche piuma dai suoi capelli cade al passaggio per i vicoli stretti coperti di acciottolato, tra le persone che lente si stanno appropinquando alle loro dimore e i muri spessi di case popolari ruvidi di cemento grezzo. Odore di bucato, e poi di cenere e fumo.
Quando Mika sorpassa la zona residenziale, dall’alto di una piccola salita vede il cancello d’entrata del Parco dei Mille Boccioli. Balza in avanti e corre, segue la via costellata di pali della luce che fanno danzare le ombre del suo corpo sulla pietra – e poi il cancello vibra al suo passaggio troppo veloce.
Cosa dirà a Leo, appena lo vedrà. Forse è troppa l’ansia di guardarlo in faccia e notare che niente è cambiato, scoprire che solo sciocchezze lo hanno portato via ma allora chiedersi perché, perché non è andato dal suo padrone. Cosa gli dice quella testa vuota.
Gli fa una rabbia incredibile, a dir la verità, ed è proprio questo quello che dirà a Leo Tsukinaga. Dopo.
Perché prima ci sono cose ben più importanti, persino uno come lui lo ha capito.
Dopo aver cercato a lungo, lo trova sotto un albero pieno di fiori che si illuminano al buio, mentre suona una strana melodia con il suo flauto. Disteso per terra, tra l’erba fresca e morbida, si trova il corpo di un uomo molto alto, all’apparenza tranquillo.
Il tatuaggio sulla faccia di lui smette di brillare quando gli si piazza davanti, piuttosto innervosito.
-Signor Tsukinaga, ho saputo che stai cercando di incontrare gli Shi.
Leo fa un cenno con la testa, allucinato. Il corvo gracchia, irritato come solo un volatile può essere; la sua corsa è finita e può riprendere a respirare, a pensare come si deve.
-Io posso aiutarti!
 
 
Aspettare, ai bordi del laghetto delle rane, che tornasse entro la mezzanotte: questo gli ha detto Mika Kagehira, prima di andarsene in fretta e furia. È sempre stato uno strano ragazzo, ma Leo non poteva certo immaginare che in tre anni potesse addirittura peggiorare.
Gli venne da ridere, ma si trattenne per non spezzare quel silenzio notturno.
Tiene gli occhi incollati a Madara. Il compagno sembra stare meglio dopo aver sentito la sua musica, riesce a tenersi in piedi senza il sostegno della sua spalla. I muscoli del suo viso sono rilassati e non contratti in una smorfia di fatica, così come anche il suo respiro sembra essersi calmano.
In mezzo alle lucciole danzanti e a rumori lenti di acqua che scorre, rimangono in silenzio entrambi per diversi secondi prima che il più alto tra i due si decida a sospirare pesantemente.
-Sei sicuro di quello che stai facendo?
L’uomo con i capelli lunghi non mostra alcun segno di dubbio.
-Assolutamente sì, Mama!
-Potresti andare incontro a guai seri.
-Non sono del genere di problemi seri che mi preoccupano.
Madara rimane in silenzio dopo quelle parole, soppesandone il significato tanto che gli nasce un piccolo sorriso sulla bocca. Vorrebbe ringraziarlo, ma viene zittito da un rumore proveniente da dietro di loro.
Dal buio della notte compare di nuovo Mika Kagehira, ancora più spettinato, e con lui un ragazzetto con una strana chioma grigiastra, dello stello colore del pelo dei lupi; il suo tatuaggio su stende per tutta la mandibola, sembrano le fauci aperte di un animale selvaggio. Ha una certa aria familiare, ma li guarda talmente torvo che una qualsiasi azione amichevole pare sconsigliata.
Leo Tsukinaga però non possiede alcun buon senso, li saluta con un gesto plateale e un sorriso grande quanto il proprio viso.
-Ah, quindi sei davvero tornato! Pensavo ci avessi abbandonati qui e fossi andato a casa da Naru!
Ride, non troppo forte; il lupetto sgrana gli occhi e arriccia le labbra.
-Vedi di stare calmo, tu! Stai facendo troppo chiasso!
L’uomo con i capelli lunghi fa un gesto strano, di ilarità silenziosa, che punta solo a infastidire l’altro.
Koga si volta verso Mika, ignorando totalmente tutte le smorfie che quello gli sta rivolgendo.
-Sei sicuro che questi-
Mika fa un cenno con la testa di assenso.
-Lui è il signor Tsukinaga Leo. E lui…
Guarda Madara, senza riconoscere nei suoi tratti niente di familiare. Arrossisce quando l’altro gli sorride in modo gentile nel tentativo di toglierlo dall’imbarazzo.
-Beh, lui è con il signor Tsukinaga.
Solo il più alto dei due porge la mano in avanti, con educazione.
-Molto piacere.
È Mika che ricambia il gesto dell’uomo. Il lupetto continua a digrignare i denti, immobile.
-Io vi porterò dal vampiro bastardo, ma solo perché me lo ha chiesto Kagehira!
-Sei troppo gentile-
-Azzardatevi a urlare o a fare un qualsiasi movimento falso che vi abbandono all’istante.
Guarda Mika di sottecchi, come se la sapesse lunga.
-Anche tu!
-Eh? Io? Cosa ho fatto?
-Sei sempre troppo rumoroso!
Mika fa un’espressione un po’ afflitta e proprio in quel momento gli scappa un piccolo verso che ricorda molto il gracchiare di un pulcino. Leo interviene, canzonandolo, ed è così irritante che subito Mika ritrova la stessa espressione di prima, irritata e infastidita.
-Ah, il corvetto è sempre molto vivace!
-Non darmi confidenza!
Il gruppo finalmente si muove quando si muove Koga.
Escono presto dal Parco, consegnandosi di nuovo alle luci della strada. Il lupetto sceglie un tragitto abbastanza affollato, dove possono mescolarsi alla folla ma non così tanto da perdersi. Passano davanti ad alcune bancarelle di cibo di strada, sempre presenti dove la gente cammina anche di notte – il banchetto delle crepes sta avendo abbastanza successo, vista la fila che lo precede.
Salgono poi lungo le strade che portano ai quartieri residenziali occidentali, costeggiando per un tratto le aiuole comunali che il nuovo Governatore ha fatto piantare di recente. Fiori bassi, dai boccioli grossi e morbidi, compongono delle figure che di giorno sono colorate e suggestive.
Koga si ferma solo di fronte alla fermata della monorotaia, frugando nelle proprie tasche alla ricerca di qualche spicciolo. Non è poca la sorpresa sul viso di Leo.
-Oh, ma questa…
Koga ringhia, sulla difensiva.
-Non vorrete mica fare tutta la città a piedi!
-Pensavo che un cane fosse in grado di correre come il vento!
Sembra quasi che Loga arricci persino la chioma argentea, pronto ad azzannare.
-Io sono un lupo, non un cane! E potrei anche farlo, se non avessi voi a cui badare!
Un faro bianco annuncia l’arrivo del vagone molto prima che lo faccia la sirena¸ poi rumori di metallo e di smog arrivano alle loro orecchie.
Elegante quasi, l’involucro d’ottone decorato si ferma appena oltre la banchina della fermata, in modo tale che, anche sporgendosi con la gamba, sia possibile a tutti e quattro salire sul mezzo. Una volta che Koga paga per tutti il biglietto al conducente, il mezzo riparte e loro possono accomodarsi, come gli altri pochi viaggiatori, sui sedili dai cuscini morbidi e verdi.
È uno dei pochi mezzi di trasporto pubblico dotati della magia del movimento, col bisogno di un conducente che vigili sul suo funzionamento: entrata e uscita dei passeggeri, fermate e partenze, cambi di tragitto.
La monorotaia è stata costruita quando i Non Toccati, gli esseri umani privi di Poteri, vivevano ancora in quella parte di Yumenosaki, e i Toccati invece nella Cittadella. Dopo le Notti della Pioggia di Poteri, le cose si sono invertite, a causa dell’alzarsi improvviso del numero dei Toccati. Ma anche in questo modo, la monorotaia passa attraverso palazzi graziosi, in origine destinati alla più alta borghesia e alla nobiltà che abitava la città. Grandi edifici e splendide infrastrutture, spazi aperti molto curati e persino fontane, qualche monumento qua e là.
Quella è l’ultima corsa della giornata: c’è un silenzio sonnacchioso, nell’abitacolo poco illuminato.
Madara sospira, seguendo con lo sguardo tutto questo.
-È diventata ancora più grande, e bella.
Due fermate, tre fermate.
Alla quarta, l’atmosfera cambia sensibilmente quando sale una signorina abbastanza appariscente, capelli lunghi e dorati tutti arrangiati in una capigliatura molto elaborata. La prima occhiata che rivolge alla carrozza, dopo aver pagato il biglietto, è proprio rivolta ai quattro – il sorriso, però, solo ai due stranieri.
-Oh, dei viaggiatori venuti da poco in città!
Mika e Leo guardano il suo avvicinarsi con incredula meraviglia. Koga arriccia di nuovo il naso, volgendo di nuovo lo sguardo verso l’esterno quando la donna si siede, più o meno casualmente, proprio tra Leo e Madara. L’uomo più alto è l’unico che reagisce veramente alla sua presenza.
-Buonasera…
Capendo ben presto che avrebbe ricevuto risposte solo da lui, la giovane si volta nella sua direzione.
-Piuttosto riservati, nevvero? Siete stanchi? È stato un lungo viaggio? Da dove venite?
-Ci perdoni, signora. Lei ha ragione, siamo veramente stanchi per il lungo viaggio.
-Oh, ma certo! Mi scusi, non capitano molte cose interessanti in questa città!
-Lieto di essere interessante.
-Oh, mi sta simpatico! Come si chiama?
Interviene Leo, perché gli è impossibile rimanere in silenzio troppo a lungo, e anche perché seriamente preoccupato per la stanchezza sul volto dell’amico.
-Lui è Mama!
La ragazza ride a bassa voce, proteggendosi la bocca con la mano.
-Mama? Che nome bizzarro!
Le chiacchiere continuano per altre due fermate.
Poco prima che la monorotaia si fermi, Koga riconosce una strada ben nota e allora si alza al proprio posto, così come poi fanno tutti. Persino la ragazza bionda.
-Oh, anche voi scendete qui? Beh, allora… posso chiedervi di accompagnarmi per un pezzo? Sapete, sono sola…
Leo sbuffa, piuttosto incuriosito dall’insistenza della ragazza. Vede Mika e Koga confabulare e non fare nulla, tiene i sospetti per sé.
-Non mi ricordavo che Yumenosaki fosse un posto pericoloso.
La ragazza si illumina, ma per sicurezza si aggrappa al braccio lungo di Madara.
-Ha ragione, ma è sempre meglio avere compagnia! Certe volte qui le ombre sono molto più spesse che in altre zone della città.
I due viaggiatori possono solo che intuire quello che lei intende. D’altra parte, era risaputo anche prima che loro se ne andassero che vicino allo Studio Shi Undead non circolasse sempre brava gente. Sono quartieri poco abitati, mezzi abbandonati – solo i resti di uno splendore che fu.
La strada, infatti, è molto meno illuminata del resto della città, abitata da animali randagi come cani e gatti. Quando sente rumori strani provenire da un tombino, Mika balza vicino al proprio amico.
Proseguono in cinque, a passo spedito.
-Oh, andate a trovare il signor Sakuma? Che coincidenza-
-Vedi di piantarla! Sei irritante!
Koga interrompe all’improvviso la giovane donna, destando non poca sorpresa. Ma a quel punto ogni dubbio cala, e così l’espressione della ragazza cambia. Sorride in modo diverso da come ha fatto fino a quel momento, quasi sghignazza
Leo la fissa a lungo, cercando di riconoscere quel viso – e forse intravede un tatuaggio sotto la lunga frangia dorata, ma è troppo tardi perché il lupetto li trascina di nuovo via.
-Forza, andiamo!
 
 
Lasciano la strada ben presto e si immergono in un vicolo laterale, stretto abbastanza da far passare soltanto una persona alla volta.
Davanti Koga, in fondo la ragazza bionda – è lei che strilla quando striscia ai loro piedi più di un sudicio topo, velocissimo e peloso; Koga tenta di zittire il gruppo con un’occhiataccia, e si innervosisce quando dalla bocca di Leo esce comunque uno sghignazzo.
Uno di quei roditori apre l’anta di una porta malridotta, che lascia intravedere uno spiraglio nerissimo all’interno di un edificio quasi fatiscente, sui cui lati si arrampicano edere velenose dalle foglie lucide. Koga vi si infila dentro, così anche gli altri sono costretti a fare lo stesso. Mika si lascia scappare un verso non molto contento, mentre Madara barcolla avanzando pian piano.
Odore di muffa e di muschio tutt’attorno. Qualche raggio di luce bianca filtra dagli infissi bucherellati, illuminando poco la via. Scricchiola qualsiasi cosa a ogni passo.
Dopo che il ragazzo li fa scendere in una botola dall’odore di polvere, Leo mostra segni di impazienza.
-Stiamo andando da qualche parte o giriamo a vuoto?
Koga ringhia nell’ombra mostrando i canini appuntiti, bianchissimi.
-Mi prendi in giro? Certo che stiamo andando da qualche parte! Siete voi che avete camminato lento! A quest’ora io sarei arrivato già tre volte!
Nel mentre, la testa di Mika urta qualcosa di molto duro, e questo provoca tre suoni.
Il primo, quello di collisione tra i due oggetti. Il secondo, quello della di lui lamentela.
Il terzo, la risposta pronta del lupetto.
-Ahia!
-Attento dove vai, Kagehira! E non urlare!
-Ma mi sono fatto male!
Apre un’altra porta scricchiolante dopo qualche minuto di tragitto. Leo sogghigna, inserendosi nella conversazione con un tono alludente, che irrita ancora di più il lupo davanti a loro.
-Si vede un gran poco in effetti! Solo un cane riuscirebbe a vedere!
-Sono un lupo, non un cane!
-Chi ha detto che sei un cane? Ti sei sentito preso in causa, forse? Quindi pensi di essere un cane per davvero?
Schiocca a questo punto una luce in alto, che li zittisce tutti nel medesimo istante.
Proviene da un punto imprecisato davanti a loro una voce all’apparenza surreale, quasi appartenesse a un sogno.
-Siete piuttosto vivaci, per essere un gruppo di persone che cerca di muoversi in incognito.
Altro schiocco, una serie di luci si accendono mostrando una stanza che sembra l’interno di una grotta. Un tavolo nel centro, alcune sedie e alcuni sgabelli sparsi, un paio di carrelli pieni di strani strumenti macchiati di inchiostro. E su un fuoco dalle lingue porpora, la pentola bolle ripiena di liquido nero.
Lo Studio Shi Undead, in tutto il suo tetro splendore.
Sakuma Rei, lo Shi più importante di Yumenosaki poiché l’unico in grado di disegnare l’Origine dei tatuaggi, li guarda accanto al caminetto, con in mano l’attizzatoio per la legna, e la sua figura si rilassa visivamente quando riconosce l’identità degli intrusi.
Il suo lupetto saluta il proprio maestro ringhiando appena, lui ricambia.
-Vampiro bastardo!
-Ah, mi chiedevo chi stesse arrivando alla mia dimora a quest’ora-
Si ferma all’improvviso, notando qualcosa di strano. Il suo sorriso serafico, in quel viso pallido quanto un cadavere, diviene di duro cristallo: splendido, ma rigido e freddo.
-Kaoru. Ancora con quell’aspetto. Ultimamente non fai altro.
La maggior parte dei presenti si ritrova a guardare la ragazza; lei sbuffa, fa un sorriso un poco tirato e si allontana abbastanza velocemente dal fianco di Madara, come se scottasse. Si rassetta il vestito dai colori vivaci mentre va ad appoggiarsi al tavolo, muovendosi in uno spazio conosciuto.
Lei e il lupetto, si scambiano finalmente frasi poco cordiali, molto intime.
-Hai divertimenti strani, tu!
-Parli proprio te, cane randagio.
Rei sfiora appena un mobile di legno accanto al caminetto, avvicinandosi agli ospiti e rivolgendo loro uno sguardo carminio. L’attizzatoio che ha tra le dita sparge cenere sul pavimento e un odore molto particolare di legno bruciato.
All’apparenza, quello Shi non sembra appartenere a quel mondo.
-Perdonateli. Hanno entrambi il compito di proteggere questo luogo, e proteggersi l’un l’altro, da estranei indesiderati. Non erano mossi da malizia.
Due sbuffi, uno dal lupo e uno dalla ragazza.
Madara coglie l’opportunità di fare una battuta, guarda la ragazza bionda e agita le mani.
-Oh, quindi sono stato ingannato! Tutto quell’interesse solo una menzogna!
Lei sorride amichevole e si copre la bocca con una mano, per finto imbarazzo.
-Non è stato tutto una menzogna, Mama-
Ma basta ancora meno, a quel punto, per zittirla.
-Kaoru.
Lo Shi e lei si scambiano un’occhiata piena di parole non dette. Poi Kaoru ride davvero, con una voce molto diversa – maschile. Nell’istante in cui il tatuaggio sulla sua fronte si illumina, i bellissimi capelli si accorciano e cambiano i lineamenti morbidi del suo viso, le misure dei suoi arti, le forme del suo busto.
Ma anche quando ha il suo aspetto vero, da uomo, quel vestito elegante comunque gli calza proprio bene.
Una volta appurato questo, il padrone di casa può salutare anche Mika velocemente, scambiare con lui qualche frase di circostanza. Infine, farsi avvicinare da Leo e salutarlo con un sorriso.
-Sakuma!
-Tsukinaga, è un piacere vedere che sei tornato a Yumenosaki.
Guarda per un attimo Madara dietro di lui, ancora alle prese con la scoperta del reale aspetto di Kaoru.
-Lo stesso non si può dire per te, temo. Hai una brutta faccia.
L’uomo alto non può certo mascherare la stanchezza del viso, e tenta un sorriso di circostanza prima che Rei parli ancora.
-Siete giunti da me per questo motivo?
Madara e Leo si guardano un solo istante, mettendosi d’accordo sul da farsi.
-Ti faremo vedere il problema, signor Sakuma.
Rei rimane in silenzio, osservando le mosse di Madara che si spoglia pian piano.
Ha già avvertito qualcosa di strano nel suo qi, quando vede la condizione della sua pelle vanifica ogni dubbio. Le vene in rilievo, violacee, e quei segni rossi su tutto il busto, così come le piaghe sul braccio destro, sono i segni di un qi irregolare.
Rei guarda il tatuaggio già esistente, si avvicina per esaminarlo meglio. Non presenta irregolarità, quindi il problema può essere soltanto uno: un secondo Potere si è attaccato a Madara Mikejima.
Lo Shi prende un profondissimo respiro.
-Mi chiedevo infatti come mai qualcuno cercasse il mio aiuto e non volesse passare dalla porta principale del mio Studio, davanti alle guardie comunali che la presidiano. Un segreto del genere costa molto.
-In che termini?
Leo è preoccupato davvero e lo sguardo di Rei non lo rassicura affatto.
Lo Shi parla in modo chiaro, inequivocabile, conoscendo tutti i rischi.
-Innanzitutto, in termini di qi, e questo lo puoi vedere tu stesso sul suo volto. In termini di denaro no, non lucro sulle disgrazie altrui, benché qualcuno al governo di questa città dica il contrario. Tuttavia, la situazione è estremamente delicata e la mia posizione molto difficile, grazie a entrambi voi.
Guarda ancora il corpo di Madara e nota altri segni di disfacimento. Capisce che è da diverso tempo che l’uomo sta lottando contro quel nuovo Potere, dev’essere stata una lotta dolorosa – probabilmente i due Poteri sono in contrasto l’uno con l’altro e questo va a tutto alle spese dell’uomo.
È un miracolo che non sia già morto, o non sia impazzito.
-Voi siete registrati come possessori di un singolo potere ognuno. Leo Tsukinaga, Suono Magico; Madara Mikejima, Forza Maggiore. Oltrepassando la barriera e i confini fisici di Yumenosaki con queste registrazioni, all’atto del secondo Potere avete già infranto numerose norme che vincolano la vita in questi luoghi. Ora come ora quindi mi sarebbe impossibile registrare un secondo tatuaggio per Madara Mikejima sui miei registri, a norma di legge. E vi aggiorno che la legge, da noi, oggigiorno è molto più vigile su tutto ciò che concerne l’arte dell’inchiostro e chi la professa.
Leo capisce cosa intende e per un istante abbassa gli occhi, l’istante dopo recupera il sorriso.
Quando gli risponde, guardandolo dritto in viso.
-Non sarebbe nel nostro interesse tradirti.
-Certo che no, il mio era solo un affettuoso avviso.
-Sei sempre stato molto apprensivo, signor Sakuma.
Quindi, l’accordo è stato preso.
Rei guarda prima Koga e poi Kaoru, fa loro un cenno con la testa e subito, tutti e tre, si muovono in direzioni diverse dello Studio Shi. Si sgranchisce le mani e fa scrocchiare le dita – il tatuaggio sul dorso della sua mano quasi brilla, alla luce fioca della stanza, come se capisse cosa accadrà e ne sia particolarmente felice: è il tempo di usare di nuovo la spina.













Note Autrice: Eccoci di nuovo qui, dunque.
In questo capitolo succedono e non succedono cose. Innanzitutto MADEMOISELLE io amo parlare di Mademoiselle, anche perché mi permette sempre di partire da un punto di vista "diverso" rispetto a quello di Shu, la considero un personaggio a sé. 
Poi, Mika. Il paragrafo dedicato a lui è un poco diverso dagli altri, perché parte da un POV più interno - "claustofobico" quasi, che a differenza di tutti gli altri mira proprio a far sentire tutta la preoccupazione e tutti i sentimenti del personaggio in modo ancora più intimo. Spero di esserci riuscita in qualche modo, a voi la parola su questo xD Le sue azioni e i suoi pensieri sono incoerenti? Può essere, ma credo pure che l'incoerenza sia un tratto distintivo di ogni essere umano, e penso pure che solo chi è molto noioso è coerente a un singolo pensiero, più che a se stesso *zanzan*
Poi gli UNDEAD! Koga, Kaoru e Rei. SPERO TRA LE ALTRE COSE che abbiate apprezzato Kaoru e il suo potere, ci ho pensato molto e in sè lo ritengo un sacco affascinante - prima o poi scriverò pure tutto il passato degli Undead e di come Rei e Kaoru si sono incontrati ma insomma, è davvero un'altra storia.
Rei è figo, nel senso di "ultraterreno", che per me è sinonimo di bellezza e fascino. Rei è l'unico Shi capace fondamentalmente di tracciare "la prima linea" dei tatuaggio, quindi capite bene come mai è così importante nell'insieme del tutto.
La traccia legata a questo capitolo è Following the Leader, dei Karmina. Penso abbia la giusta melanconia e la giusta dolcezza per seguire il flusso della storia nel suo completo ma anche questo specifico capitolo, non ha altri significati più particolari. Spero vi sia piaciuta!
Quindi, grazie di aver letto fino a qui e al prossimo capitolo (L)
   
 
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