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Autore: Marco1989    27/04/2020    1 recensioni
Da un momento all'altro, la tua vita cambia all'improvviso: un istante, uno schianto, e ti trovi in un mondo che hai soltanto sognato. Ti trovi di nuovo ragazzo, e coinvolto in una avventura che mai avresti sognato di vivere. Matteo Simoncini si troverà improvvisamente catapultato ad Hogwarts, e dovrà decidere cosa fare in quel nuovo mondo, mentre una oscura minaccia si avvicina, e lui potrebbe essere il solo ad avere il potere per fermarla.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'A strange, new world'
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CAPITOLO CINQUE

 

Se la morte di Crosta rimase per me una sorta di richiamo in fondo alla mente, una remoto segnale d'allarme al quale non riuscivo a trovare una spiegazione, per Ron fu un colpo durissimo, e sembrò certificare la fine dell'amicizia tra lui ed Hermione: Ron la accusava di aver sottovalutato i tentativi del suo gatto di divorare il topo, lei era infuriata per la sua scelta di accusarlo a suo dire senza prove. Harry, dal canto suo, si trovava in mezzo al fuoco incrociato: un pomeriggio, dopo un allenamento, mi disse chiaramente di essere convinto che Crosta fosse ormai stato digerito da tempo, ma Hermione, nella sua testardaggine, non sembrava affatto intenzionata ad ammetterlo, a costo di allontanarsi da tutto e tutti.

Io, però, ero più testardo di lei, ed avevo tutte le intenzioni di provare a farla ragionare. La intercettai un pomeriggio di fine febbraio, dopo le lezioni, mentre usciva dalla biblioteca, con sulla schiena la sua solita cartella strapiena di libri. Aveva l'aria stremata: sapevo che quell'anno stava seguendo più lezioni di chiunque altro, e sembravano starle costando care, almeno a giudicare dalle occhiaie. La lite con i suoi migliori amici, poi, non sembrava aver migliorato di molto la situazione.

"Hermione!" la chiamai mentre svoltava l'angolo in un corridoio.

Lei alzò gli occhi mentre mi avvicinavo: "Josh...".

Non so esattamente come accadde: due secondi dopo, la ragazza riccia mi aveva abbracciato e stava piangendo a dirotto con la testa sprofondata nel mio petto. Una situazione tra le più imbarazzanti della mia vita. In ogni caso non potevo non provare pena per lei: nonostante cercasse di dimostrarsi molto più matura della sua età, rimaneva una ragazzina con seri problemi a relazionarsi con gli altri, che aveva appena troncato i rapporti con le sole due persone che considerava veramente degli amici. Ricambiai con un certo sforzo il suo abbraccio: "Ssssth...Hermione, tranquilla...- le sussurrai - Forse è meglio toglierci di qui, andiamo a parlare in un posto più tranquillo".

Alla fine scegliemmo la Torre di Astronomia: lassù nessuno sarebbe venuto a disturbarci. Non appena arrivammo, Hermione lasciò cadere la borsa, si sedette con la schiena appoggiata al muro e ricominciò a piangere. Istintivamente, decisi di lasciarla sfogare: era probabilmente la cosa migliore da fare, avrebbe parlato solo quando se la sarebbe sentita. Rimasi in piedi al suo fianco, in attesa.

Ci vollero quasi dieci minuti prima che smettesse di singhiozzare. Solo a quel punto mi sedetti accanto a lei: "Ne avevi bisogno, vero?".

"Non immagini quanto -  mi rispose, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano - Ho provato ad essere forte, a ignorare le frecciate di Ron sul suo topo, ma non ne potevo veramente più".

Avevo un certo timore di quello che sarebbe successo, ma dovevo provare: "Hermione... - le dissi - Tu sei probabilmente la persona più intelligente che conosco...sai quello che è successo, vero?".

Per un momento, quando la vidi mettersi le mani sulla faccia, temetti che sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime, poi sospirò, con voce comunque rotta: "Sì, lo so. Grattastinchi ha mangiato Crosta - solita piccola scossa elettrica nella mia testa, ma cercai di passarci sopra, non era proprio il momento - Lo so bene che è andata così, Josh...ma non so cosa fare! Hai visto Ron come si comporta con me... ora non accetterebbe una sola parola da parte mia. Crede di aver ragione, sente di aver ragione, non accetterebbe neanche se andassi a presentargli le mie scuse". Le lacrime ricominciarono a scendere lungo le sue guance.

Mentalmente sospirai: adolescenti! Banda di lunatici convinti di avere tutte le risposte! E mi ritrovavo per la seconda volta ad essere uno di loro! Che Merlino avesse pietà di ciò che restava della mia sanità mentale! Quasi sobbalzai: Merlino?! Porca... avevo addirittura iniziato a pensare come loro! Probabilmente era già tardi per la sanità mentale...

Dovevo comunque rispondere, avevo davanti una ragazza che sembrava molto vicina al collasso nervoso, ed aveva un disperato bisogno di consigli. Devo dire che in quel momento mi faceva tenerezza, non era la studentessa geniale e puntigliosa di tutti i giorni, era semplicemente una tredicenne in grave crisi. Purtroppo la saggezza non era mai stata la migliore delle mie caratteristiche, ma riuscii a venirmene fuori con qualcosa di decente: "Il tempo è un grande medico, Hermione - le dissi, stringendole delicatamente la spalla con comprensione - Ron lo supererà, lo sai. Forse non lo ammetterà mai, ma presto sentirà la mancanza della tua amicizia, e tornerà a parlarti. Dovrai solo tenere duro, e aspettare quel momento".

Hermione sorrise mestamente, si asciugò le lacrime con il dorso della mano e si alzò, seguita da me. Un attimo dopo mi stringeva in un abbraccio spezzacostole. Accidenti, ne aveva di forza nelle braccia quella ragazza! Immagino che portarsi sempre in giro una borsa piena di libri aiutasse i muscoli.

"Grazie, Josh - mi disse dopo essersi staccata da me - Sei veramente gentile, e anche molto maturo. Sono contenta di essermi potuta sfogare con te, fino a questo momento il solo ad ascoltarmi è stato Hagrid".

Mentre raccoglievamo le nostre borse e iniziavamo a scendere dalla torre, decisi di cambiare discorso: "A proposito, hai continuato a fare ricerche per il processo di Fierobecco?". Subito dopo il ritorno dalle vacanze natalizie avevo realmente fatto firmare ai miei compagni del terzo anno una testimonianza nella quale erano riportati gli errori di Malfoy che avevano provocato la sua aggressione, e l'avevo consegnata ad Hagrid affinché la portasse il giorno del processo, ma sfortunatamente, come previsto da Hermione, la voce era arrivata ai Serpeverde, che a loro volta avevano preparato un documento da inviare al Comitato Soppressione delle Creature Magiche Pericolose, nel quale, naturalmente, sostenevano che le cose fossero andate in maniera completamente opposta. Ammesso che si degnassero di leggere le testimonianze di un mucchio di tredicenni, le cose sarebbero finite in pareggio. Per il resto, ero stato talmente impegnato con gli allenamenti e le lezioni che avevo lasciato da parte lo studio dei vecchi casi di aggressioni di animali. A quanto pareva, dopo il litigio con Ron e con Harry preso più di me, essendo nella squadra titolare, Hermione si era interamente accollata il problema: "Abbastanza bene, credo - mi spiegò scendendo le scale - Ho raccolto un sacco di precedenti favorevoli a Fierobecco, se pensano di attenersi alle loro stesse leggi devono per forza assolverlo".

Avrei tanto voluto avere la sua stessa sicurezza, ma purtroppo, anche se dall'altra parte ero poco più di un aspirante giornalista, sapevo abbastanza di politica corrotta da avere dei seri dubbi sulle possibilità di salvezza dell'Ippogrifo.

"Volevo chiederti...- aggiunse voltandosi verso di me - ti andrebbe di ricontrollare insieme la relazione prima di portarla ad Hagrid?".

La fissai stupefatto: "Hermione Granger che chiede aiuto a qualcuno per terminare una relazione? Ti senti molto peggio di quanto credessi!".

La battuta mi costò un pugno sulla spalla: "Scemo! Non mi costa niente ammettere che hai una certa abilità con le parole. Sai essere tagliente senza offendere, arrivi al cuore del problema in poche battute, e oltretutto, da quello che ho visto nei tuoi temi, parli e scrivi in maniera semplice, e visto che sarà Hagrid a presentare il tutto, di certo non guasterà. Ti va di darmi una mano o no?".

Non avevo bisogno di una spinta all'ego, ma me la presi più che volentieri. Hermione iniziava decisamente ad essermi più simpatica, c'era molto dietro l'aria da ragazzina un po' secchiona.

"Mi pare ovvio che mi va!" le risposi con un sorriso.

 

Avevo sempre amato assistere agli eventi sportivi dagli spalti: adoravo vedere le partite di calcio in mezzo ai tifosi, ma niente poteva essere paragonabile allo spettacolo di assistere ad una partita di Quidditch: guardare dalle tribune sopra lo stadio lo scontro tra Grifondoro e Corvonero fu senza dubbio una delle esperienze più esaltanti della mia vita, e vedere Harry strappare il Boccino d'Oro da sotto il naso di Cho Chang, la bella Cercatrice di Corvonero, fu anche meglio. Improvvisamente, Grifondoro era secondo in classifica, e nuovamente in gara per la vittoria finale della Coppa. Certo, avremmo dovuto battere Serpeverde nell'ultima partita, e con un forte scarto per riuscire a superarli ai punti, ma per lo meno avevamo una possibilità, e tutti, me compreso, sembravamo ben decisi a giocarcela fino all'ultimo. La ciliegina sulla torta fu vedere quella piccola carogna di Malfoy, che con i suoi tirapiedi aveva tentato di impersonare due Dissennatori per danneggiare Harry, venire abbattuto dal suo Patronus e pubblicamente umiliato dalla Mc Grannitt. Mi dispiacque soltanto che con loro non ci fosse Nott!

Anche la successiva festa nella Sala Comune di Grifondoro fu notevole: i Gemelli, non saprei esattamente in quale modo, erano riusciti a procurarsi Burrobirre e sacchi di dolci di Zonko, e qualcuno aveva procurato una radio magica, quindi la baldoria andò avanti per tutta la giornata, fino a tarda sera. Ero euforico: non potevo allontanare completamente la sensazione di essere nel posto sbagliato, ma erano anni che non mi sentivo così libero...così felice...così giovane! Passai gran parte del pomeriggio a bere Burrobirra e a ridere e scherzare con Ginny, Sean e Seamus, e ad un certo punto finii addirittura a ballare al centro della stanza con una raggiante Mary. Pensare che dall'altra parte non avevo mai amato ballare! Neanche Ron, che ad un certo punto decise di rivangare la questione della morte di Crosta, facendo fuggire Hermione in lacrime, riuscì a farmi passare il buonumore. Alla fine, quando era ormai l'una di notte passata, fu la Mc Grannitt a porre fine alla festa, entrando nella Sala Comune in vestaglia scozzese e spedendoci a letto. Mary, dopo avermi salutato, mi schioccò un bacio sulla guancia prima di andare nel suo dormitorio.

Devo ammettere che la cosa mi lasciò basito: Mary era sempre molto dolce, ma non aveva mai fatto nulla di simile. In effetti, negli ultimi tempi, la ragazzina era diventata sempre più carina e affettuosa nei miei confronti, e cercava la mia compagnia con maggiore insistenza. Iniziavo seriamente a pensare che si stesse prendendo una cotta, e temevo le conseguenze di una simile situazione: il mio corpo avrà pure avuto tredici anni, ma la mia mente ne aveva ancora venticinque, la cosa continuava a sembrarmi sbagliata sotto diversi punti di vista.

Questi pensieri non mi aiutarono certamente a rilassare la mente. Per di più, pur non essendo quasi per niente alcolica, la Burrobirra mi aveva fatto venire un leggero giramento di testa, e infine avevo scoperto che sulla vescica aveva lo stesso effetto della birra normale, quindi dovetti fare un paio di viaggi in bagno. Probabilmente fu per questo insieme di ragioni che alla fine mi addormentai di un sonno estremamente leggero, al contrario di quello di piombo che mi contraddistingueva di solito, senza neanche chiudere il baldacchino.

Proprio per questa ragione, fu sufficiente un piccolo rumore di passi sul pavimento di pietra per svegliarmi. Non avrei saputo dire che ore fossero, ma dalla pesantezza delle mie palpebre non doveva essere passato molto tempo da quando le avevo abbassate. Aprii faticosamente gli occhi: attraverso il baldacchino aperto, vidi che l'ambiente era ancora scuro, ma la luce della luna entrava dalle tende aperte, tagliando la stanza come una lama. E andando a disegnare una sagoma china sul letto di Ron.

Per un istante rimasi sorpreso, pensando di essere nel bel mezzo di un sogno. Poi compresi che le mie sensazioni erano troppo ben delineate per trattarsi solo di immaginazione: c'era veramente un uomo accanto al letto di Ron, intento, apparentemente, a studiare il ragazzo attraverso le tende scostate del baldacchino. Nella pallida luce argentata, mi era possibile distinguere i suoi tratti con sorprendente facilità, e quello che vidi mi fece gelare il sangue: il volto scavato di un uomo che sembrava aver attraversato l'Inferno, un corpo alto ed estremamente magro, un cespuglio di capelli neri, lunghi e sporchi, un vestito consunto, sudicio e strappato, una mano che stringeva un pugnale. Mi sembrava impossibile, eppure Sirius Black era in piedi nel bel mezzo del nostro dormitorio, armato, e stava scrutando Ron a meno di un metro di distanza.

Sospettai che non fosse un buon momento per farmi prendere dal panico: se avessi urlato, Ron si sarebbe ritrovato con una seconda apertura pochi centimetri sotto la bocca, e io con ogni probabilità lo avrei seguito pochi secondi dopo. Rimasi praticamente immobile, studiando con attenzione i movimenti di Black, mentre allo stesso tempo iniziavo a muovere con estrema lentezza la mano. L'obiettivo era il comodino, sopra il quale era poggiata la mia bacchetta.

L'atteggiamento di Black mi sorprese: per quanto ne sapevo, lui dava la caccia ad Harry. Perché indugiava così tanto vicino al letto di Ron? Non poteva averlo scambiato per lui. Maledizione, non era quello il problema! Dovevo darmi una mossa, Ron stava rischiando la vita!

Impiegando un tempo che a me sembrò infinito, anche se in realtà non occorse più di mezzo minuto, riuscii ad afferrare la bacchetta. Non sapevo esattamente cosa fare: a lezione gli incantesimi mi riuscivano piuttosto bene, anzi, avevo la sensazione di essere piuttosto potente, ma non avevo mai provato a colpire un altro essere umano. In linea teorica, conoscevo qualche magia offensiva, in grado di rendere inoffensivo Black, ma non avevo la minima certezza che avrebbero funzionato. E se avessi sbagliato mira? Black non aveva una bacchetta, e sembrava decisamente male in arnese, ma era comunque un uomo adulto, ed aveva in mano una lama di una ventina di centimetri. Dal mio arrivo, non avevo mai desiderato così tanto di riavere il mio corpo da venticinquenne. Comunque, non potevo perdere troppo tempo a riflettere sulle conseguenze, altrimenti non mi sarei più mosso. Cosa dovevo provare a lanciare, comunque? Dovevo provare a pietrificarlo o solo dargli una bella legnata con un incantesimo d'urto? E se si fosse rialzato? Non mi sembrava di avere qualcosa di più pesante nel mio repertorio...

"AAAAAAAAAAAAARRRRRRRRGGGHHH! NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!".

Poco mancò che cadessi dal letto, tanto l'urlo di Ron mi sorprese: doveva essersi svegliato di colpo e la vista di Black lo aveva terrorizzato. Black saltò indietro come un animale ferito, uscendo dalla zona illuminata, ma riuscii comunque a vedere la sua sagoma schizzare verso la porta del dormitorio.

Smisi di pensare. Saltai giù dal letto, piombando pesantemente sul pavimento con la bacchetta puntata. Black mi sentì, si voltò per un istante, poi ripartì a capofitto verso la porta.

"Impedimenta!" urlai. L'Incantesimo d'Inciampo mancò il bersaglio di poco, andando a schiantarsi contro lo stipite della porta. Black si catapultò giù dalle scale come una palla di cannone. In quel momento, il mio cervello doveva essere completamente andato, visto che mi lanciai dietro di lui. Anche gli altri ragazzi si erano svegliati: Harry aveva spalancato le tende del letto, e un istante dopo Dean accese la lanterna: "Che diavolo...?" cercò di chiedere.

"Black! - urlò Ron - Sirius Black! Con un pugnale!".

"Sta scappando!" ribattei io, buttandomi a mia volta giù per le scale. Non stavo ragionando molto bene: mi ero gettato all'inseguimento di uno dei maghi più pericolosi del mondo. Il fatto che non avesse una bacchetta era secondario, difficilmente sarei stato una grande sfida per lui. Eppure, come improvvisamente invasato, correvo a capofitto giù per la scala.

Intanto le porte degli altri dormitori si stavano spalancando, e diversi studenti assonnati stavano uscendo a causa della confusione: "Che succede?" sbadigliò Katie Bell.

"Magnifico, ricomincia la festa?" sghignazzò uno dei fratelli Weasley.

"Tornate a letto, immediatamente! - ordinò il loro rigido fratello Percy, agganciandosi il distintivo da Caposcuola sul pigiama - La Mc Grannitt ci ha detto di andare a letto! Cosa pensate di...".

"BLACK! - urlai, spostandolo con una spallata tutt'altro che delicata e saltando sul successivo pianerottolo - E' nel dormitorio! Sta scappando!".

Con la coda dell'occhio vidi diversi ragazzi fissarmi con gli occhi sgranati, come se fossi pazzo, ma qualcuno doveva aver recepito, perché vidi alcune bacchette spuntare e sentii i passi di persone che mi seguivano.

Piombai in Sala Comune come una valanga, facendo saettare lo sguardo da una parte all'altra. Ed eccolo: era dietro al ritratto, lo aveva già spostato, stava per imboccare l'uscita! I nostri occhi si incatenarono per un secondo, e in quei pozzi grigi lessi qualcosa che non mi sarei aspettato: apprensione, quasi paura. Di che cosa? Non ebbi però tempo di farmi domande, perché Black si lanciò fuori dalla stanza, mentre il ritratto iniziava a chiudersi dietro di lui.

"Everte Statim!".

"Petrificus Totalus!".

"Immobilus!".

"Impedimenta!"       

"Incarceramus"

Avevo colpito, e come me avevano fatto alcuni altri, ma arrivammo tutti troppo tardi: gli incantesimi centrarono il retro della porta mascherata dal ritratto, lasciandovi delle macchie scure, mentre Black spariva nel corridoio. Mi mossi come per inseguirlo, senza riflettere sulle possibili conseguenze, ma una mano forte mi afferrò il braccio: "No, non farlo".

Mi voltai: Oliver Baston mi aveva fermato. Nell'altra mano aveva la bacchetta magica. Insieme a lui, in Sala Grande, tutti armati, c'erano i Gemelli e il loro amico Lee Jordan. Erano stati loro a lanciare gli incantesimi insieme a me.

"Potrebbe essere dietro il ritratto, pronto a pugnalare il primo che esce per inseguirlo - disse il capitano con saggezza - Meglio lasciar perdere, ci è sfuggito".

Rimasi immobile per alcuni secondi, poi annuii stancamente. Intanto altri ragazzi erano scesi dai dormitori, la maggior parte con facce assonnate o sorprese. Ron, d'altro canto, era stravolto. Percy Weasley, invece, era furibondo: "Si può sapere che diavolo vi è preso? Tornate di sopra, immediatamente!".

"Perce, Sirius Black era qui! - squittì Ron - Nel nostro dormitorio, con un pugnale!".

Sulla sala calò il silenzio.

"Non dire sciocchezze, Ron! - esclamò Percy - Hai mangiato troppo e hai avuto un incubo!".

"Piantala, Percy! - sbottò Fred - Lo abbiamo visto anche noi, abbiamo anche provato a fermarlo. Pensi che abbiamo avuto un incubo collettivo?".

Prima che il Caposcuola potesse rispondere, il ritratto tornò ad aprirsi. D'istinto, sollevai la bacchetta, imitato da molti degli altri. Per fortuna non attaccammo immediatamente, perché dal buco, anziché i capelli neri e cespugliosi di Black entrò la severa crocchia della Mc Grannitt.

"Insomma, quando è troppo è troppo! - sbottò la professoressa - Sono anch'io felice che Grifondoro abbia vinto, ma questa cosa sta diventando rid... - si bloccò quando si rese conto di avere una ventina di bacchette puntate contro: "Avete tutti perso il lume della ragione nello stesso istante?" ringhiò.

Abbassammo le bacchette in contemporanea, come se fossimo stati colti a commettere una marachella particolarmente grave.

"Spiegatevi!".

"Professoressa, mi dispiace molto..." balbettò Percy, con l'aria di chi sta vedendo crollare il proprio mondo; nonostante tutto, anche lui aveva sollevato la sua bacchetta contro la Mc Grannitt, e sembrava vergognarsene da morire: "Ho provato a farli tornare a letto... mio fratello Ron... lui ha avuto un incubo...".

"NON HO AVUTO UN INCUBO! - urlò Ron con voce isterica - PROFESSORESSA, QUANDO MI SONO SVEGLIATO SIRIUS BLACK ERA ACCANTO AL MIO LETTO, CON UN PUGNALE IN MANO!".

La Mc Grannitt lo fissò con gli occhi sgranati: "Non dire sciocchezze, Weasley. Questo è assurdo...".

"Dice la verità, professoressa! - intervenni io - L'ho visto anche io, ho perfino cercato di fermarlo. Era Black, ne sono certo".

I Gemelli, Baston e Jordan iniziarono a parlare in contemporanea, nel tentativo di sostenere la mia posizione.

"Andiamo, ragazzi... - disse la professoressa, quasi con tono di compatimento -  Dovete aver avuto una sorta di allucinazione collettiva... come avrebbe fatto Black a superare il ritratto?".

"Glielo chieda - disse Ron, indicando il retro del quadro, in quel momento occupato dal cavaliere Sir Cadogan, che sostituiva temporaneamente la Signora Grassa, danneggiata durante la precedente incursione di Black - Gli chieda se lo ha visto".

Pur sospettosa, la professoressa uscì dalla Sala Comune ed interrogò il pomposo cavaliere. La faccia della professoressa divenne prima terrea, poi stupefatta, infine furibonda, quando Sir Cadogan le ebbe spiegato che aveva fatto entrare un uomo nella Sala Comune perché aveva tutte le parole d'ordine della settimana scritte su un foglietto. Quando tornò nella stanza era livida: "Chi di voi è stato di una stupidità tanto abissale da scrivere le parole d'ordine su un foglio e da lasciarlo in giro?" ringhiò.

Calò un silenzio fragoroso. Sapevo fin troppo bene chi era stato, pochi giorni prima Harry e Ron avevano dovuto far entrare un certo studente smemorato nella Sala Comune perché aveva perso le parole d'ordine...

Tremando come una foglia, Neville Paciock alzò lentamente la mano.

  
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