CAPITOLO
CINQUE
Se
la morte di Crosta rimase per me una sorta di
richiamo in fondo alla mente, una remoto segnale d'allarme al quale non
riuscivo a trovare una spiegazione, per Ron fu un colpo durissimo, e
sembrò
certificare la fine dell'amicizia tra lui ed Hermione: Ron la accusava
di aver
sottovalutato i tentativi del suo gatto di divorare il topo, lei era
infuriata
per la sua scelta di accusarlo a suo dire senza prove. Harry, dal canto
suo, si
trovava in mezzo al fuoco incrociato: un pomeriggio, dopo un
allenamento, mi
disse chiaramente di essere convinto che Crosta fosse ormai stato
digerito da
tempo, ma Hermione, nella sua testardaggine, non sembrava affatto
intenzionata
ad ammetterlo, a costo di allontanarsi da tutto e tutti.
Io,
però, ero più testardo di lei, ed avevo tutte le
intenzioni di provare a farla ragionare. La intercettai un pomeriggio
di fine
febbraio, dopo le lezioni, mentre usciva dalla biblioteca, con sulla
schiena la
sua solita cartella strapiena di libri. Aveva l'aria stremata: sapevo
che
quell'anno stava seguendo più lezioni di chiunque altro, e
sembravano starle
costando care, almeno a giudicare dalle occhiaie. La lite con i suoi
migliori
amici, poi, non sembrava aver migliorato di molto la situazione.
"Hermione!"
la chiamai mentre svoltava
l'angolo in un corridoio.
Lei
alzò gli occhi mentre mi avvicinavo:
"Josh...".
Non
so esattamente come accadde: due secondi dopo,
la ragazza riccia mi aveva abbracciato e stava piangendo a dirotto con
la testa
sprofondata nel mio petto. Una situazione tra le più
imbarazzanti della mia
vita. In ogni caso non potevo non provare pena per lei: nonostante
cercasse di
dimostrarsi molto più matura della sua età,
rimaneva una ragazzina con seri
problemi a relazionarsi con gli altri, che aveva appena troncato i
rapporti con
le sole due persone che considerava veramente degli amici. Ricambiai
con un
certo sforzo il suo abbraccio: "Ssssth...Hermione, tranquilla...- le
sussurrai - Forse è meglio toglierci di qui, andiamo a
parlare in un posto più
tranquillo".
Alla
fine scegliemmo la Torre di Astronomia: lassù
nessuno sarebbe venuto a disturbarci. Non appena arrivammo, Hermione
lasciò
cadere la borsa, si sedette con la schiena appoggiata al muro e
ricominciò a
piangere. Istintivamente, decisi di lasciarla sfogare: era
probabilmente la
cosa migliore da fare, avrebbe parlato solo quando se la sarebbe
sentita.
Rimasi in piedi al suo fianco, in attesa.
Ci
vollero quasi dieci minuti prima che smettesse di
singhiozzare. Solo a quel punto mi sedetti accanto a lei: "Ne avevi
bisogno, vero?".
"Non
immagini quanto - mi
rispose, asciugandosi gli occhi con il
dorso della mano - Ho provato ad essere forte, a ignorare le frecciate
di Ron
sul suo topo, ma non ne potevo veramente più".
Avevo
un certo timore di quello che sarebbe
successo, ma dovevo provare: "Hermione... - le dissi - Tu sei
probabilmente la persona più intelligente che conosco...sai
quello che è
successo, vero?".
Per
un momento, quando la vidi mettersi le mani
sulla faccia, temetti che sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime, poi
sospirò,
con voce comunque rotta: "Sì, lo so. Grattastinchi ha
mangiato Crosta -
solita piccola scossa elettrica nella mia testa, ma cercai di passarci
sopra,
non era proprio il momento - Lo so bene che è andata
così, Josh...ma non so
cosa fare! Hai visto Ron come si comporta con me... ora non
accetterebbe una
sola parola da parte mia. Crede di aver ragione, sente di aver ragione,
non
accetterebbe neanche se andassi a presentargli le mie scuse". Le
lacrime
ricominciarono a scendere lungo le sue guance.
Mentalmente
sospirai: adolescenti! Banda di lunatici
convinti di avere tutte le risposte! E mi ritrovavo per la seconda
volta ad
essere uno di loro! Che Merlino avesse pietà di
ciò che restava della mia
sanità mentale! Quasi sobbalzai: Merlino?! Porca... avevo
addirittura iniziato
a pensare come loro! Probabilmente era già tardi per la
sanità mentale...
Dovevo
comunque rispondere, avevo davanti una
ragazza che sembrava molto vicina al collasso nervoso, ed aveva un
disperato
bisogno di consigli. Devo dire che in quel momento mi faceva tenerezza,
non era
la studentessa geniale e puntigliosa di tutti i giorni, era
semplicemente una
tredicenne in grave crisi. Purtroppo la saggezza non era mai stata la
migliore
delle mie caratteristiche, ma riuscii a venirmene fuori con qualcosa di
decente: "Il tempo è un grande medico, Hermione - le dissi,
stringendole
delicatamente la spalla con comprensione - Ron lo supererà,
lo sai. Forse non
lo ammetterà mai, ma presto sentirà la mancanza
della tua amicizia, e tornerà a
parlarti. Dovrai solo tenere duro, e aspettare quel momento".
Hermione
sorrise mestamente, si asciugò le lacrime con
il dorso della mano e si alzò, seguita da me. Un attimo dopo mi stringeva
in un abbraccio
spezzacostole. Accidenti, ne aveva di forza nelle braccia quella
ragazza!
Immagino che portarsi sempre in giro una borsa piena di libri aiutasse
i
muscoli.
"Grazie,
Josh - mi disse dopo essersi staccata
da me - Sei veramente gentile, e anche molto maturo. Sono contenta di
essermi
potuta sfogare con te, fino a questo momento il solo ad ascoltarmi
è stato
Hagrid".
Mentre
raccoglievamo le nostre borse e iniziavamo a
scendere dalla torre, decisi di cambiare discorso: "A proposito, hai
continuato a fare ricerche per il processo di Fierobecco?". Subito dopo
il
ritorno dalle vacanze natalizie avevo realmente fatto firmare ai miei
compagni
del terzo anno una testimonianza nella quale erano riportati gli errori
di
Malfoy che avevano provocato la sua aggressione, e l'avevo consegnata
ad Hagrid
affinché la portasse il giorno del processo, ma
sfortunatamente, come previsto
da Hermione, la voce era arrivata ai Serpeverde, che a loro volta
avevano
preparato un documento da inviare al Comitato
Soppressione delle Creature
Magiche Pericolose, nel quale, naturalmente, sostenevano che le cose
fossero
andate in maniera completamente opposta. Ammesso che si degnassero di
leggere le
testimonianze di un mucchio di tredicenni, le cose sarebbero finite in
pareggio. Per il resto, ero stato talmente impegnato con gli
allenamenti e le
lezioni che avevo lasciato da parte lo studio dei vecchi casi di
aggressioni di
animali. A quanto pareva, dopo il litigio con Ron e con Harry preso
più di me,
essendo nella squadra titolare, Hermione si era interamente accollata
il
problema: "Abbastanza bene, credo - mi spiegò scendendo le
scale - Ho
raccolto un sacco di precedenti favorevoli a Fierobecco, se pensano di
attenersi alle loro stesse leggi devono per forza assolverlo".
Avrei
tanto voluto avere la sua stessa sicurezza, ma purtroppo, anche se
dall'altra parte ero poco più di un aspirante giornalista,
sapevo abbastanza di
politica corrotta da avere dei seri dubbi sulle possibilità
di salvezza
dell'Ippogrifo.
"Volevo
chiederti...- aggiunse voltandosi verso di me - ti andrebbe di
ricontrollare insieme la relazione prima di portarla ad Hagrid?".
La
fissai stupefatto: "Hermione Granger che chiede aiuto a qualcuno
per terminare una relazione? Ti senti molto peggio di quanto credessi!".
La
battuta mi costò un pugno sulla spalla: "Scemo! Non mi costa
niente
ammettere che hai una certa abilità con le parole. Sai
essere tagliente senza
offendere, arrivi al cuore del problema in poche battute, e oltretutto,
da
quello che ho visto nei tuoi temi, parli e scrivi in maniera semplice,
e visto
che sarà Hagrid a presentare il tutto, di certo non
guasterà. Ti va di darmi
una mano o no?".
Non
avevo bisogno di una spinta all'ego, ma me la presi più che
volentieri.
Hermione iniziava decisamente ad essermi più simpatica,
c'era molto dietro
l'aria da ragazzina un po' secchiona.
"Mi
pare ovvio che mi va!" le risposi con un sorriso.
Avevo
sempre amato assistere agli eventi sportivi dagli spalti: adoravo
vedere le partite di calcio in mezzo ai tifosi, ma niente poteva essere
paragonabile allo spettacolo di assistere ad una partita di Quidditch:
guardare
dalle tribune sopra lo stadio lo scontro tra Grifondoro e Corvonero fu
senza
dubbio una delle esperienze più esaltanti della mia vita, e
vedere Harry
strappare il Boccino d'Oro da sotto il naso di Cho Chang, la bella
Cercatrice
di Corvonero, fu anche meglio. Improvvisamente, Grifondoro era secondo
in
classifica, e nuovamente in gara per la vittoria finale della Coppa.
Certo,
avremmo dovuto battere Serpeverde nell'ultima partita, e con un forte
scarto
per riuscire a superarli ai punti, ma per lo meno avevamo una
possibilità, e
tutti, me compreso, sembravamo ben decisi a giocarcela fino all'ultimo. La ciliegina sulla torta fu vedere quella piccola carogna di Malfoy, che con i suoi tirapiedi aveva tentato di impersonare due Dissennatori per danneggiare Harry, venire abbattuto dal suo Patronus e pubblicamente umiliato dalla Mc Grannitt. Mi dispiacque soltanto che con loro non ci fosse Nott!
Anche
la successiva festa nella Sala Comune di Grifondoro fu notevole: i
Gemelli, non saprei esattamente in quale modo, erano riusciti a
procurarsi
Burrobirre e sacchi di dolci di Zonko, e qualcuno aveva procurato una
radio
magica, quindi la baldoria andò avanti per tutta la
giornata, fino a tarda
sera. Ero euforico: non potevo allontanare completamente la sensazione
di
essere nel posto sbagliato, ma erano anni che non mi sentivo
così libero...così
felice...così giovane! Passai gran parte del pomeriggio a
bere Burrobirra e a
ridere e scherzare con Ginny, Sean e Seamus, e ad un certo punto finii
addirittura a ballare al centro della stanza con una raggiante Mary.
Pensare
che dall'altra parte non avevo mai amato ballare! Neanche Ron, che ad
un certo
punto decise di rivangare la questione della morte di Crosta, facendo
fuggire
Hermione in lacrime, riuscì a farmi passare il buonumore.
Alla fine, quando era
ormai l'una di notte passata, fu la Mc Grannitt a porre fine alla
festa,
entrando nella Sala Comune in vestaglia scozzese e spedendoci a letto.
Mary,
dopo avermi salutato, mi schioccò un bacio sulla guancia
prima di andare nel suo dormitorio.
Devo
ammettere che la cosa mi lasciò basito: Mary era sempre
molto dolce,
ma non aveva mai fatto nulla di simile. In effetti, negli ultimi tempi,
la
ragazzina era diventata sempre più carina e affettuosa nei
miei confronti, e
cercava la mia compagnia con maggiore insistenza. Iniziavo seriamente a
pensare
che si stesse prendendo una cotta, e temevo le conseguenze di una
simile
situazione: il mio corpo avrà pure avuto tredici anni, ma la
mia mente ne aveva
ancora venticinque, la cosa continuava a sembrarmi sbagliata sotto
diversi
punti di vista.
Questi
pensieri non mi aiutarono certamente a rilassare la mente. Per di
più, pur non essendo quasi per niente alcolica, la
Burrobirra mi aveva fatto
venire un leggero giramento di testa, e infine avevo
scoperto che sulla
vescica aveva lo stesso effetto della birra normale, quindi dovetti
fare un
paio di viaggi in bagno. Probabilmente fu per questo insieme di ragioni
che
alla fine mi addormentai di un sonno estremamente leggero, al contrario
di
quello di piombo che mi contraddistingueva di solito, senza neanche chiudere il baldacchino.
Proprio
per questa ragione, fu sufficiente un piccolo rumore di passi sul
pavimento di pietra per svegliarmi. Non avrei saputo dire che ore
fossero, ma
dalla pesantezza delle mie palpebre non doveva essere passato molto
tempo da
quando le avevo abbassate. Aprii faticosamente gli occhi: attraverso il
baldacchino aperto, vidi che l'ambiente era ancora scuro, ma la luce
della luna
entrava dalle tende aperte, tagliando la stanza come una lama. E
andando a
disegnare una sagoma china sul letto di Ron.
Per
un istante rimasi sorpreso, pensando di essere nel bel mezzo di un
sogno. Poi compresi che le mie sensazioni erano troppo ben delineate
per
trattarsi solo di immaginazione: c'era veramente un uomo accanto al
letto di
Ron, intento, apparentemente, a studiare il ragazzo attraverso le tende scostate del baldacchino. Nella pallida luce
argentata, mi era possibile distinguere i suoi tratti con sorprendente
facilità, e quello che vidi mi fece gelare il sangue: il
volto scavato di un
uomo che sembrava aver attraversato l'Inferno, un corpo alto ed
estremamente
magro, un cespuglio di capelli neri, lunghi e sporchi, un vestito
consunto, sudicio
e strappato, una mano che stringeva un pugnale. Mi sembrava
impossibile, eppure
Sirius Black era in piedi nel bel mezzo del nostro dormitorio, armato,
e stava
scrutando Ron a meno di un metro di distanza.
Sospettai
che non fosse un buon momento per farmi prendere dal panico: se
avessi urlato, Ron si sarebbe ritrovato con una seconda apertura pochi
centimetri sotto la bocca, e io con ogni probabilità lo
avrei seguito pochi
secondi dopo. Rimasi praticamente immobile, studiando con attenzione i
movimenti
di Black, mentre allo stesso tempo iniziavo a muovere con estrema
lentezza la
mano. L'obiettivo era il comodino, sopra il quale era poggiata la mia
bacchetta.
L'atteggiamento
di Black mi sorprese: per quanto ne sapevo, lui dava la
caccia ad Harry. Perché indugiava così tanto
vicino al letto di Ron? Non poteva
averlo scambiato per lui. Maledizione, non era quello il problema!
Dovevo darmi
una mossa, Ron stava rischiando la vita!
Impiegando
un tempo che a me sembrò infinito, anche se in
realtà non occorse
più di mezzo minuto, riuscii ad afferrare la bacchetta. Non
sapevo esattamente
cosa fare: a lezione gli incantesimi mi riuscivano piuttosto bene,
anzi, avevo
la sensazione di essere piuttosto potente, ma non avevo mai provato a
colpire
un altro essere umano. In linea teorica, conoscevo qualche magia
offensiva, in
grado di rendere inoffensivo Black, ma non avevo la minima certezza che
avrebbero funzionato. E se avessi sbagliato mira? Black non aveva una
bacchetta, e sembrava decisamente male in arnese, ma era comunque un
uomo
adulto, ed aveva in mano una lama di una ventina di centimetri. Dal mio
arrivo,
non avevo mai desiderato così tanto di riavere il mio corpo
da venticinquenne.
Comunque, non potevo perdere troppo tempo a riflettere sulle
conseguenze, altrimenti
non mi sarei più mosso. Cosa dovevo provare a lanciare,
comunque? Dovevo
provare a pietrificarlo o solo dargli una bella legnata con un
incantesimo
d'urto? E se si fosse rialzato? Non mi sembrava di avere qualcosa di
più
pesante nel mio repertorio...
"AAAAAAAAAAAAARRRRRRRRGGGHHH!
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!".
Poco
mancò che cadessi dal letto, tanto l'urlo di Ron mi
sorprese: doveva
essersi svegliato di colpo e la vista di Black lo aveva terrorizzato.
Black
saltò indietro come un animale ferito, uscendo dalla zona
illuminata, ma
riuscii comunque a vedere la sua sagoma schizzare verso la porta del
dormitorio.
Smisi
di pensare. Saltai giù dal letto, piombando pesantemente sul
pavimento con la bacchetta puntata. Black mi sentì, si
voltò per un istante,
poi ripartì a capofitto verso la porta.
"Impedimenta!" urlai.
L'Incantesimo d'Inciampo mancò il bersaglio di poco, andando
a schiantarsi
contro lo stipite della porta. Black si catapultò
giù dalle scale come una
palla di cannone. In quel momento, il mio cervello doveva essere
completamente
andato, visto che mi lanciai dietro di lui. Anche gli altri ragazzi si
erano
svegliati: Harry aveva spalancato le tende del letto, e un istante dopo
Dean
accese la lanterna: "Che diavolo...?" cercò di chiedere.
"Black!
- urlò Ron - Sirius Black! Con un pugnale!".
"Sta
scappando!" ribattei io, buttandomi a mia volta giù per le
scale. Non stavo ragionando molto bene: mi ero gettato all'inseguimento
di uno
dei maghi più pericolosi del mondo. Il fatto che non avesse
una bacchetta era
secondario, difficilmente sarei stato una grande sfida per lui. Eppure,
come
improvvisamente invasato, correvo a capofitto giù per la
scala.
Intanto
le porte degli altri dormitori si stavano spalancando, e diversi
studenti assonnati stavano uscendo a causa della confusione: "Che
succede?" sbadigliò Katie Bell.
"Magnifico,
ricomincia la festa?" sghignazzò uno dei fratelli
Weasley.
"Tornate
a letto, immediatamente! - ordinò il loro rigido fratello
Percy, agganciandosi il distintivo da Caposcuola sul pigiama - La Mc
Grannitt
ci ha detto di andare a letto! Cosa pensate di...".
"BLACK!
- urlai, spostandolo con una spallata tutt'altro che delicata
e saltando sul successivo pianerottolo - E' nel dormitorio! Sta
scappando!".
Con
la coda dell'occhio vidi diversi ragazzi fissarmi con gli occhi
sgranati, come se fossi pazzo, ma qualcuno doveva aver recepito,
perché vidi
alcune bacchette spuntare e sentii i passi di persone che mi seguivano.
Piombai
in Sala Comune come una valanga, facendo saettare lo sguardo da una
parte all'altra. Ed eccolo: era dietro al ritratto, lo aveva
già spostato,
stava per imboccare l'uscita! I nostri occhi si incatenarono per un
secondo, e
in quei pozzi grigi lessi qualcosa che non mi sarei aspettato:
apprensione,
quasi paura. Di che cosa? Non ebbi però tempo di farmi
domande, perché Black si
lanciò fuori dalla stanza, mentre il ritratto iniziava a
chiudersi dietro di
lui.
"Everte Statim!".
"Petrificus Totalus!".
"Immobilus!".
"Impedimenta!"
"Incarceramus"
Avevo
colpito, e come me avevano fatto alcuni altri, ma arrivammo tutti
troppo tardi: gli incantesimi centrarono il retro della porta
mascherata dal
ritratto, lasciandovi delle macchie scure, mentre Black spariva nel
corridoio.
Mi mossi come per inseguirlo, senza riflettere sulle possibili
conseguenze, ma
una mano forte mi afferrò il braccio: "No, non farlo".
Mi
voltai: Oliver Baston mi aveva fermato. Nell'altra mano aveva la
bacchetta magica. Insieme a lui, in Sala Grande, tutti armati, c'erano
i
Gemelli e il loro amico Lee Jordan. Erano stati loro a lanciare gli
incantesimi
insieme a me.
"Potrebbe
essere dietro il ritratto, pronto a pugnalare il primo che
esce per inseguirlo - disse il capitano con saggezza - Meglio lasciar
perdere,
ci è sfuggito".
Rimasi
immobile per alcuni secondi, poi annuii stancamente. Intanto altri
ragazzi erano scesi dai dormitori, la maggior parte con facce assonnate
o
sorprese. Ron, d'altro canto, era stravolto. Percy Weasley, invece, era
furibondo: "Si può sapere che diavolo vi è preso?
Tornate di sopra,
immediatamente!".
"Perce,
Sirius Black era qui! - squittì Ron - Nel nostro dormitorio,
con un pugnale!".
Sulla
sala calò il silenzio.
"Non
dire sciocchezze, Ron! - esclamò Percy - Hai mangiato troppo
e
hai avuto un incubo!".
"Piantala,
Percy! - sbottò Fred - Lo abbiamo visto anche noi, abbiamo
anche provato a fermarlo. Pensi che abbiamo avuto un incubo
collettivo?".
Prima
che il Caposcuola potesse rispondere, il ritratto tornò ad
aprirsi.
D'istinto, sollevai la bacchetta, imitato da molti degli altri. Per
fortuna non
attaccammo immediatamente, perché dal buco,
anziché i capelli neri e
cespugliosi di Black entrò la severa crocchia della Mc
Grannitt.
"Insomma,
quando è troppo è troppo! - sbottò la
professoressa - Sono
anch'io felice che Grifondoro abbia vinto, ma questa cosa sta
diventando rid...
- si bloccò quando si rese conto di avere una ventina di
bacchette puntate
contro: "Avete tutti perso il lume della ragione nello stesso
istante?" ringhiò.
Abbassammo
le bacchette in contemporanea, come se fossimo stati colti a
commettere una marachella particolarmente grave.
"Spiegatevi!".
"Professoressa,
mi dispiace molto..." balbettò Percy, con l'aria
di chi sta vedendo crollare il proprio mondo; nonostante tutto, anche
lui aveva
sollevato la sua bacchetta contro la Mc Grannitt, e sembrava
vergognarsene da
morire: "Ho provato a farli tornare a letto... mio fratello Ron... lui
ha
avuto un incubo...".
"NON
HO AVUTO UN INCUBO! - urlò Ron con voce isterica -
PROFESSORESSA,
QUANDO MI SONO SVEGLIATO SIRIUS BLACK ERA ACCANTO AL MIO LETTO, CON UN
PUGNALE
IN MANO!".
La
Mc Grannitt lo fissò con gli occhi sgranati: "Non dire
sciocchezze,
Weasley. Questo è assurdo...".
"Dice
la verità, professoressa! - intervenni io - L'ho visto anche
io,
ho perfino cercato di fermarlo. Era Black, ne sono certo".
I
Gemelli, Baston e Jordan iniziarono a parlare in contemporanea, nel
tentativo di sostenere la mia posizione.
"Andiamo,
ragazzi... - disse la professoressa, quasi con tono di
compatimento - Dovete
aver avuto una
sorta di allucinazione collettiva... come avrebbe fatto Black a
superare il
ritratto?".
"Glielo
chieda - disse Ron, indicando il retro del quadro, in quel
momento occupato dal cavaliere Sir Cadogan, che sostituiva
temporaneamente la
Signora Grassa, danneggiata durante la precedente incursione di Black -
Gli
chieda se lo ha visto".
Pur
sospettosa, la professoressa uscì dalla Sala Comune ed
interrogò il
pomposo cavaliere. La faccia della professoressa divenne prima terrea,
poi
stupefatta, infine furibonda, quando Sir Cadogan le ebbe spiegato che
aveva
fatto entrare un uomo nella Sala Comune perché aveva tutte
le parole d'ordine
della settimana scritte su un foglietto. Quando tornò nella
stanza era livida:
"Chi di voi è stato di una stupidità tanto
abissale da scrivere le parole
d'ordine su un foglio e da lasciarlo in giro?" ringhiò.
Calò
un silenzio fragoroso. Sapevo fin troppo bene chi era stato, pochi
giorni prima Harry e Ron avevano dovuto far entrare un certo studente
smemorato
nella Sala Comune perché aveva perso le parole d'ordine...
Tremando
come una foglia, Neville Paciock alzò lentamente la mano.