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Autore: Enchalott    28/04/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le armi del male.
 
Dare Yoon socchiuse le palpebre, ancora intontito dalla sostanza soporifera che la guaritrice aveva abilmente mescolato al chae.
Si mosse sotto la pelliccia, avvertendo subito l’indolenzimento del polso steccato, sebbene si stesse palesando con un fastidio meno invasivo di prima.
Fece mente locale, mettendo a fuoco l’ambiente scarsamente illuminato dal fioco rosseggiare delle braci del focolare posto al centro della tenda.
Rei…!
Il pensiero dell’amico lo trafisse come una stilettata incandescente. Balzò a sedere, gettando a lato le coltri che lo avevano protetto dal freddo pungente, con una fretta che gli causò un giramento di testa inaspettato. Lo ignorò caparbiamente e si diresse barcollando al giaciglio dove riposava il capitano della Guardia.
Il giovane non si era mosso dalla posizione in cui lo ricordava, ma il suo viso pareva aver recuperato parte del colorito caldo tipico delle genti del Sud. Gli sembrò di scorgere anche un lieve movimento del suo petto, come se il respiro fosse tornato a manifestare la presenza di una vita ormai fuori pericolo.
Si avvicinò, pregando che non fosse solo l’effetto della penombra e dei tizzoni arancio scuro ormai languenti, che proiettavano ombre incerte e ondeggianti sulle pelli tirate. Gli pose le dita sulla carotide e avvertì il battito. Espirò, lasciando fluire insieme con la tensione il fiato, immerso in un senso di sollievo che gli mancava da giorni. Pose la destra sul cuore, riconoscente e speranzoso.
Siano ringraziati gli dei…
Un movimento all’ingresso del padiglione lo fece scattare sulla difensiva. Portò la mano alla spada, rammentando con un secondo di ritardo di esserne privo. Imprecò silenziosamente e strisciò nella direzione opposta, protetto dall’oscurità, sfoderando la lama celata nel bracciale di cuoio, ancora incrostata del sangue del beathir.
Una figura snella avanzò al centro dell’ambiente, guardandosi intorno con evidente stupore nello scorgere soltanto uno dei due uomini lì alloggiati.
Il soldato si rilassò e abbassò l’arma, palesando poi la propria presenza.
Dessri sussultò visibilmente quando lo percepì alle spalle: il cesto che portava tra le braccia cadde a terra, rovesciandosi.
Dare Yoon sogghignò, accosciandosi per aiutarla a recuperarne il contenuto.
“Avermi spaventata vi diverte?” brontolò lei, riponendo le cibarie sparse nella gerla.
“No. Ho appurato le vostre buone intenzioni. Chi vanta pessimi propositi, solitamente si insinua nelle tende buie già sul chi vive”.
“Oh!” sbuffò la donna “Dubitate di me adesso?”.
“Beh…” fece lui, sollevando gli occhi blu mezzanotte “In fondo mi avete drogato…”.
“E non me ne pento! Non dovreste essere in piedi, pensavo che l’effetto del sedativo avesse maggiore durata. Siete resistente. Sono semplicemente andata a cercare qualcosa da mettere sotto i denti… per voi e per il capitano…”.
L’ufficiale si raddrizzò e le porse il canestro di vimini con gentilezza.
“Lo cedo volentieri a Rei e alle persone che ho scorto al mio arrivo” disse “Io non ne ho bisogno, non ho fame”.
La guaritrice gli lanciò un’occhiata di piena disapprovazione.
“Siete pallido, Dare Yoon” affermò con scrupolo “Avete perso molto sangue e necessitate di rinvigorirvi in vista del cammino che vi attende. Non siate ostinato. Dovreste sdraiarvi, intanto io preparerò qualcosa di caldo”.
“Non insistete, non…”.
Avvertì nuovamente un capogiro e le gambe gli cedettero all’improvviso, come se fossero composte di gelatina. La vista gli si appannò in una sensazione bianca di stordimento e di debolezza.
“Dare Yoon!”
Dessri fece del suo meglio per sorreggerlo e lo condusse accanto al focolare. Non aggiunse ulteriori commenti ai risultati della sua cocciutaggine, limitandosi a versare dell’acqua in un modesto paiolo e ponendolo sulla fiamma viva.
Il soldato osservò i suoi movimenti, notando che nel contempo aveva lanciato più di uno sguardo inquieto in direzione di Rei.
“Ho parlato con Tarlach” affermò lei, senza voltarsi “La strada per Neirstrin è interrotta da uno smottamento e per raggiungere il porto sarà necessario aggirarla. Si tratta di almeno una settimana di cammino, forse dieci giorni considerando le condizioni precarie dei rifugiati. Inoltre, non abbiamo più notizie dei nostri compagni che hanno trovato riparo nelle grotte del Sirideain. Spero che ciò non significhi…”.
“Rei ed io andremo in avanscoperta. Devo sapere quanti siete per calcolare il numero corretto delle navi utili al trasporto. Non potreste inviare uno strik laggiù?”.
“Ne siamo sprovvisti. Attendiamo il rientro di uno dei nostri, ma evidentemente ha incontrato qualche difficoltà. Siamo non più di duecentocinquanta anime qui. Un centinaio sulle montagne, credo”.
Dare Yoon annuì, pensieroso. Sebbene fossero in pochi, non era affatto sicuro di trovare in Tsambika un alleato gratuito e disposto a collaborare per buon cuore.
Dessri gli porse un piatto colmo di zuppa calda e lui lo accettò senza discutere, apprezzando il fatto che non l’avesse rampognato a dovere per il mancamento di poco prima. Quella donna sapeva evidentemente il fatto suo. Quando pareva impuntarsi su una decisione, essa si rivelava invece essere un saggio consiglio, che comunque non rinfacciava. Neppure a un uomo renitente come lui.
“È davvero buona” le disse con sincerità.
“Vi ringrazio. Era da molto tempo che non cucinavo per qualcuno. Sempre che si possa definire cucina il buttare nell’acqua insipida erbe e radici a caso…” rise lei.
“Sono le combinazioni impreviste a sortire le scoperte geniali” ribatté lui, sagace.
La guaritrice sollevò gli occhi chiari, ammirata dalla sua prontezza. Dare Yoon distolse i suoi, imbarazzato da quello sguardo schietto, e continuò a gustare con calma la minestra estemporanea.
“Vi starete domandando perché non ho marito…” riprese lei dopo un po’.
“Non mi riguarda. A spanne direi che le vostre ragioni ricalcano le mie”.
“Sarebbero?”
L’ufficiale si portò l’indice al petto, indicando il sole tatuato nascosto sotto gli abiti.
“Non ho scelto nessuna donna, poiché non ho ancora incontrato colei per la quale ho inciso sulla mia pelle questa promessa eterna”.
“Vale a dire” sorrise lei, arginando la perifrasi “Che non vi siete mai innamorato”.
“Banale, sì…” commentò lui, posando il piatto.
“Raro” corresse Dessri con cortesia “Ma giusto e ammirevole”.
“È così anche per voi?”.
“Sarebbe comodo replicare in modo affermativo, ma non vi meritate una scusa puerile come risposta” sospirò lei “La verità è che ho sempre avuto paura di legarmi a qualcuno. Vedete anche voi che cosa sta accadendo a Iomhar… non è il momento o il luogo o l’animo... perdere oppure essere persa, non scorgo un altro epilogo. No, non riuscirei a sopportarlo una seconda volta. Non dopo Kaelen”.
Dare Yoon sollevò un sopracciglio, adombrandosi.
“Ah… Siete sconfitta in partenza, dunque” sentenziò senza mitigare l’affermazione.
“Come?”.
“Il mio migliore amico” riprese il soldato, indicando Aska Rei “Ha sposato una donna senza sapere se l’avrebbe mai rivista e lei, che si sta spegnendo indipendentemente dalla Profezia che precipita, ha accettato di unirsi a lui perché non farlo sarebbe stato come anticipare la morte, rendendola mille volte più dolorosa”.
“Oh… Non sapevo che il comandante fosse…”.
“Mentre il guerriero Aethalas di cui vi ho già parlato, che per me è un fratello, ha deciso di rinunciare alla ragazza di cui è perdutamente innamorato per la ragione opposta” la interruppe lui “All’inizio non ne avevo compreso il senso…”.
“Quindi vedete bene che non sono l’unica a pensarla così!”.
“Avete frainteso, Dessri” sorrise Dare Yoon “Non è l’esito differente che sto sottolineando, poiché alla fine esso non conta. Il punto è che né Narsas né Aska Rei hanno rinunciato ad amare. Si sono dati per intero, indipendentemente dal momento, dal luogo e dall’animo con cui lo hanno deciso. Non esiste previa resa in questo, mentre la vostra lo è”.
La guaritrice spalancò gli occhi, sorpresa. Le sue labbra ebbero un tremito.
“Perdonate la sgarbata sincerità” concluse lui, scorgendo le sue lacrime trattenute “Sono un combattente, non un filosofo”.
“Oh, no… no, non scusatevi. Avete pienamente ragione. Ma veder vacillare le proprie ferree convinzioni nel giro di una frase che viene da lontano fa un certo effetto…”.
“Non avevo il diritto di giudicarvi, mi dispiace”.
“Non lo avete fatto, credetemi” ammise lei con un sospiro “È molto fortunata…”.
“Chi?”.
“La persona che amerete”.
Dare Yoon avvampò, aggiustandosi il mantello sulle spalle con la mano sana.
“Non so neppure come siamo giunti a discorrere di questo” bofonchiò “Avrei semplicemente voluto ringraziarvi per il cibo”.
Dessri sorrise, scostandosi una ciocca rossa dal viso e ritirando in piatto vuoto.
Un clamore inconsueto proveniente dal campo mise entrambi sul chi vive. L’ufficiale elestoryano si alzò, aggrottando la fronte e dirigendosi speditamente all’uscita. La donna lo seguì in preda a un pessimo presentimento.
Le grida che si levarono poco dopo non fecero altro che confermarlo.
 
Uno dei soldati di Iomhar afferrò prontamente la guaritrice per il braccio, intenzionato a non lasciarla proseguire. La spada sguainata era macchiata di sangue scuro.
“Mettetevi al riparo, Dessri!” enfatizzò, livido “Ci stanno attaccando!”.
“Cosa?!” esclamò lei “Qui non c’è nulla da rubare! Chi può giungere a tanto?”
“Le anime…” ribatté l’uomo in un singulto strozzato “Le anime si possono razziare!”.
“Che diavolo state farneticando!?” intervenne Dare Yoon, cupo.
“Se non li avessi visti…” sbottò quello in risposta “Avrei anch’io la vostra espressione incredula! Sono sorti dall’ombra… i deamhan sono venuti per divorarci!”.
La guaritrice inorridì, rimanendo come intontita dall’affermazione.
“È sangue quello sulla vostra lama!” ringhiò Dare Yoon “L’ombra non si può ferire!”.
Il soldato lo fissò come se non stesse realizzando i fatti e poi scosse il capo, abbacinato da quanto doveva aver visto.
“Non… voi non capite” balbettò, incapace di dare corpo all’orrore che portava impresso sul volto “Questo non è… non può essere…”.
“All’inferno!” sbottò l’elestoryano “Parlate! Dove sono quei maledetti!?”.
L’uomo indicò un punto imprecisato tra le tende, recuperando tuttavia la presenza.
“Tarlach e gli altri stanno cercando di contenerli! Se siete in grado di combattere, raggiungeteli!” gridò “Voi no, Dessri! Venite con me, ci sono dei feriti!”.
La donna si riprese dallo shock e annuì, preparandosi a seguire l’interlocutore. Gettò un’occhiata preoccupata al polso steccato del suo paziente, ma non obiettò.
“Datemi una spada!” sbraitò questi “Ombra o meno non posso gettarmi nella mischia a mani nude! Che aspettate!?”.
Il soldato fece cenno di non possedere che la propria, fremendo per condurre la guaritrice da chi ne aveva bisogno per poi tornare a dare man forte al suo capitano.
“Aspettate!” esclamò lei, rientrando rapidamente nella tenda.
Ne uscì poco dopo, recando l’arma appartenuta al fratello.
“Prendete questa!” disse, porgendola all’ufficiale straniero “È di ottima fattura!”.
Dare Yoon spalancò gli occhi, schermendosi e rifiutando sentitamente l’offerta.
“Io non posso usarla!” proseguì Dessri “E Kaelen non se ne avrà certo a male, se la adoperate per difendere me e la nostra gente!”.
“Mi impegnerò a non disonorarla” asserì l’elestoryano, inchinandosi e accettando finalmente il dono “E a restituirvela”.
“È la polvere che la disonora!” ribatté lei, decisa, prima di voltarsi per seguire rapidamente il soldato in attesa “Restate vivo, Dare Yoon!”.
 
L’elestoryano corse a rotta di collo nel punto indicato, evitando agilmente le persone terrorizzate che fuggivano nella direzione opposta, sciamando tra le tende.
Distinse le uniformi a tre colori dei soldati della Guardia, che stavano tenendo testa ad altrettante figure ammantate in abiti scuri, e sfrecciò da quella parte senza esitare.
Tarlach brandiva la spada con due mani, fronteggiando il proprio avversario senza arretrare e impartendo allo stesso tempo ordini ai suoi, sparsi per lo spiazzo.
L’essere oscuro lo scrutava dall’ombra del cappuccio: i suoi occhi ardevano come tizzoni e parevano fagocitare tutta la luce residua in quel brillio sinistro.
“Non fissatelo!” gridò Dare Yoon, intervenendo nello scontro e rifilando una spallata al combattente a lui più vicino, che appariva come ipnotizzato.
Questi si riscosse e lo guardò con sgomento, riprendendosi poi rapidamente e riservandogli un cenno grato del capo.
Non ci fu tempo per ulteriori comunicazioni.
Un altro deamhan si fece avanti, attaccando il nuovo arrivato con impetuosa enfasi. Impugnava una sciabola di metallo nero con l’elsa bruna, che sembrava intrisa di veleno e prometteva una morte atroce a ogni affondo.
Dare Yoon bilanciò con la destra l’arma non familiare ricevuta in prestito, diversa da quella che era abituato a usare, ma gli furono sufficienti pochi istanti per prendere confidenza con essa. Si sottrasse un paio di volte al fendente letale dell’avversario, poi iniziò a rispondere ai colpi con maestria, padroneggiando in breve lo scontro. La lama nordica si abbatté sul nemico non appena questi osò abbassare imprudentemente la guardia, squarciandogli i vestiti e il petto in un’unica mossa. La creatura crollò a terra senza un lamento, tuttavia sprizzando sangue come se si trattasse di un semplice essere umano e non di un demone delle tenebre.
Dare Yoon scostò con la punta della spada il mantello che celava le fattezze del rivale, scoprendone il volto: i suoi occhi erano spenti e inespressivi, ma ciò non era dovuto alla sopraggiunta morte, piuttosto pareva una sua caratteristica pregressa. Il soldato aggrottò la fronte e osservò per un secondo il triangolo rovesciato e bluastro tatuato sul suo mento, in merito al significato del quale le mitologie della sua terra erano particolarmente esaustive. Ma pur sempre leggende.
Puntò lo sguardo verso l’infuriare dello scontro, pensando a un’autosuggestione, tuttavia constatò che non era così. Si lanciò verso Tarlach per dargli man forte, ma una figura tetra si interpose sul cammino, ostacolandolo: le sue iridi erano accese come i fuochi del deserto e la sua sembianza aveva qualcosa di diverso rispetto all’avversario appena sconfitto, di corrotto, di inumano, sebbene fosse occultato dalla spessa stoffa scura ed esibisse lo stesso simbolo sul volto. Irradiava un male palpabile, un’oppressione schiacciante e invasiva.
L’ufficiale si rese direttamente conto della differenza, senza bisogno di ulteriori indagini, quando nella mente gli si delineò il chiaro desiderio di uccidere. Era qualcosa che non gli era mai appartenuto. Aveva intrapreso la carriera militare per difendere Elestorya, non per attaccare briga e si era sempre considerato come un’ultima risorsa, non come la smaniosa fonte della battaglia.
Si aggrappò a quella consapevolezza per affrontare a mente sgombra ciò che gli stava davanti, senza possedere la certezza di riuscirci. Si disse che anche quel deamhan stava stringendo una sciabola e che con quella avrebbe combattuto, che l’acciaio era solo una lega ferrosa e perfettamente contrastabile.
“Leggo la tua sete di sangue” sibilò il demone in un crepitio appagato “Seguimi e verrai ristorato ogni volta che ne avvertirai il bisogno”.
“Leggi male, Daimar! Torna a scuola!”.
Le lame si incrociarono in un bacio di scintille, stridendo, metallo contro metallo. La creatura oscura, ben lungi dal rinunciare, avanzò decisa nel fango scivoloso.
“Lontana e radicata, incisa nella pelle e nell’anima” continuò imperterrita, mentre mulinava l’arma in una serie di movimenti ariosi “Non puoi ingannare Karse, che da sempre esiste, non puoi negare la tua vera natura!”.
Dare Yoon ignorò la provocazione, pareggiando il duello, concentrandosi sui movimenti che aveva eseguito sin da quando aveva imparato a combattere, in una sequenza affidabile e consueta.
“Se hai tempo per presentarti, mi stai sottovalutando!” ribatté.
Il demone emise un brontolio sordo, come una risata gorgogliante e non rifiutò lo scontro. Era veloce e preciso, i suoi colpi non perdevano d’intensità.
“Rabbia che cova da anni, ecco che cosa scorre nelle tue vene” soffiò come vento rapace “Un oltraggio che brami vendicare, che vorresti soffocare in una stretta fatale fatta di carne e morte… sì, percepisco in te quel fantasma…”.
L’elestoryano riuscì a sfiorare la manica del nemico, scoprendone la pelle vizza e bruna, sotto la quale si intravedevano misteriosi simboli arcaici. L’ombra ruggì di disappunto, sollevando la lama e balzando all’indietro con un salto di qualche metro.
Rise, passando il dito sul filo tagliente, accarezzando quello strumento di morte che tuttavia non era la sua risorsa principale. Tornò ad avvicinarsi, suadente.
“Aylike…” disse con gelido tripudio “Ricordi, vero? È la tua incapacità di perdonare che ti avvicina a me, che mi richiama e non mi respinge, che ti lega al sangue che vorresti ardentemente versare per lavare l’onta subita…”.
Dare Yoon sbarrò gli occhi. Quel nome! Quel maledetto nome che aveva smesso di pronunciare un giorno lontano e che aveva sperato di cancellare dalla memoria, gli saettò nell’anima con l’effetto di una nerbata.
Il Daimar produsse un ghigno simile a una tagliola appena scattata, conscio di aver trovato il varco nell’anima che voleva carpire.
“Aylike ha avuto senza dare, ha preso senza ricambiare, ha mentito senza pentirsene… e tu la rivorresti ancora per una notte, per strapparle la vita e regalarle lo stesso scempio che lei ha inflitto a te per due volte… due!” infierì “Potrai farlo, lo farò io per te, avrai questo dono sacrificato sull’altare del potente Nulla. Cedi!”.
Il soldato arretrò con la vista offuscata da quelle parole fatte di profondo buio e di passato indimenticato, si oppose strenuamente alle sensazioni di collera e di impotenza che lo stavano insidiando dall’interno del sé. Abbassò impercettibilmente la spada quando l’attacco invisibile andò a segno, avviluppandogli il cuore in spire maligne, stritolandolo con viva sofferenza, scoperchiando una vulnerabilità segreta.
Karse, nera essenza di Yfrenn-ammri, si leccò le labbra crudeli pregustando l’energia vitale cui avrebbe attinto, quella che sporcava con le proprie facoltà demoniache e soggiogava al proprio volere, ligio alla volontà del Superiore che guidava quelli della sua stessa stirpe maledetta. Calò la lama, certo di colpire anche il corpo dell’avversario… valoroso sì, ma terribilmente umano, per mietere quella vita indifesa che era riuscito a sconvolgere tanto facilmente.
L’arma si schiantò inaspettatamente sull’acciaio di un’altra spada. Ringhiò, frustrato.
Due iridi implacabili e parimenti brunite scintillarono fiere mentre bloccavano il colpo.
“Che ti prende, Dare Yoon! Non ti ho insegnato a non ascoltate le provocazioni?”.
Il soldato si riscosse come da un incubo composto d’ovatta grigiastra e strinse la presa sull’arma, in un rapido istinto di difesa.
“Rei!!”.
Il capitano della Guardia sogghignò, continuando a fissare sfrontatamente lo sguardo scarlatto e furente dell’avversario.
“E così sono questi i Daimar che ci sono venuti tra i piedi! Pensavo fossero meno brutti… o è solo questo qui ad essere tanto ripugnante?”.
La creatura d’ombra digrignò i denti, astiosa e infastidita da tanta sfacciataggine.
“Tu sei…” borbottò Dare Yoon, avvampando per la vergogna di essersi lasciato irretire come un principiante “Tu… grazie…”.
“Vivo, vegeto e soprattutto puntuale” rimbeccò il giovane, senza distogliere l’attenzione dal deamhan ancora presente “Rimandiamo i salamelecchi a dopo, questa mostruosità pare piuttosto aggressiva”.
“Non sai quanto” replicò il soldato “Il problema non è la spada e neppure la lingua fallace che si ritrova… le sue parole riescono a intaccarti lo spirito. Rei… anche se tenti di non ascoltare, usa te stesso contro di te, è atroce come sfrutta i punti deboli e i ricordi sepolti nell’inconscio di ciascuno!”.
“Fantastico!” rispose il comandante, deciso “Se è come dici, facciamo in modo che non ci riesca. Io difenderò te e tu farai lo stesso con me. Come sempre!”.
I due uomini si affiancarono, più minacciosi che mai.
Il demone li studiò sottilmente, tutt’altro che intimorito dalla risolutezza di quei patetici esseri mortali, dei quali uno era sfuggito al suo controllo per pura fortuna. Non sarebbe stato complicato riprenderselo, in fondo il cammino dentro di lui attraverso la sua privata fragilità era già tracciato. Si focalizzò sul secondo, quello che aveva osato interromperlo e offenderlo impunemente. Avvertì la sua spossatezza fisica e se ne compiacque, tuttavia ad essa non corrispondeva affatto una pari debolezza mentale. L’uomo era limpido e coraggioso. Poco male, anche il primo era stato arduo da piegare, eppure lui c’era riuscito. Era stato molto appagante. Sogghignò alla nuova sfida.
“Non sarà certo un pezzente in uniforme come te a ostacolarmi” sputò, avido di sofferenza “Uno che per dimenticare il buco squallido da cui è venuto ha scelto di pascersi tra le braccia di una fanciulla proibita, disonorandola… non è stato ciò che chiamate amore a spingerti, ma solo lussuria sostenuta dalla cieca rivalsa, dalla fredda volontà di cambiare la tua sorte miserabile. La percepisco anche ora”.
Aska Rei strinse gli occhi, accusando il colpo, ma non cedette. Menò un fendente, allontanando di un passo il nemico. Si sentì invadere dal suo gelo.
“Oh, sì… lo avverto chiaramente in te. Hai provato un piacere doppio fatto di gloria personale e soddisfazione carnale” ricominciò Karse, imperterrito “Lei lo sa, la tua Dionissa morirà per questa tragica certezza e non per la malattia che ha contratto. Ne sei consapevole e ti senti tardivamente, inutilmente in colpa… Ma io posso aiutarti. Lei vivrà, se tu seguirai me… uccidi quell’uomo e lei sarà tua per sempre in anima e corpo”.
“Maledetto!!” gridò il giovane, avvertendo il morso dell’ombra, feroce e velenoso come gli era stato anticipato dall’amico.
Prima che potesse reagire, Dare Yoon scattò in avanti e colpì l’avversario, che con eccessiva sicurezza provava a infierire sul compagno. La lama incontrò qualcosa di solido, tuttavia non poté averne ragione definitiva. Il demone grugnì, ma non risentì concretamente del colpo subito.
“È ripugnante!” sbottò Rei, tergendosi il sudore dalla fronte “Ciò che afferma appare così… reale! Addirittura tangibile! Ora capisco…”.
“Già, ma affrontandolo insieme lo mettiamo in difficoltà! Quello che coinvolge me non ha la stessa presa su di te e gli risulta difficile irretire entrambi”.
“Dobbiamo dirlo agli altri!” esclamò il capitano, osservando la situazione di netto svantaggio dei soldati di Iomhar “Prima che sia troppo tardi!”.
“Allora liberiamocene alla svelta!”.
Si guardarono e ripartirono all’attacco all’unisono, vibrando i fendenti con forza alternata e precisa. Come se non avessero mai smesso di combattere in coppia, come se si muovessero spinti da un’unica mente divisa in due cuori e in quattro mani.
Il deamhan fremette di disappunto quando realizzò che le sue parole melliflue e ingannevoli non ottenevano più di trascinare il bersaglio prescelto nella sua morsa letale, poiché questi veniva protetto dal compagno e allontanato dalla voragine di desideri e rimorsi in cui avrebbe dovuto precipitare.
A meno che non avesse scoperto qualcosa che li accomunava… o che li avrebbe inevitabilmente divisi. Nessun mortale è invulnerabile, neppure con il supporto dei suoi simili. Perse tempo e continuò a mulinare la sciabola nera, scandagliando nel profondo l’interiorità degli avversari, finché non trovò cosa cercava.
L’immagine della giovane donna che entrambi avevano giurato di servire, quella che ogni abominio sorto da Yfrenn-ammri aveva ricevuto ordine di uccidere.
Forse, poco lontano, stava già accadendo.
Si raccolse, un groppo di energia negativa pronto a sferrare l’assalto decisivo.
“Eppure siete così distanti da colei che avreste dovuto proteggere” soffiò tetro “Lei vi ritiene indegni, stolti, inutili e vi ha allontanati di proposito, per non avere ostacoli nella sua alleanza con il Nulla. In fondo, il corpo nel quale il nostro celeste signore si è incarnato è quello di suo fratello…”.
“Bastardo…” ringhiò Aska Rei, senza tuttavia abbassare la guardia.
“Lo scopo ultimo della vostra principessa è quello di regnare incontrastata sul nuovo ordine. Voi non siete altro che pedine destinate al sacrificio… minutaglia senza importanza!”.
Dare Yoon calò la lama, mancandolo di pochi centimetri. Il tempo era tiranno.
“Altrimenti perché condividerebbe le sue notti con il sovrano del Nord? Desidera perpetrare la riverita stirpe dei deamhan, nient’altro! Dentro di voi lo sapete!”.
“Facciamola finita…” mormorò il capitano, avvertendo le difese di ambedue intaccarsi pericolosamente a quelle parole “Ti ricordi la mossa che ci ha insegnato Eisen?”.
“E chi se la dimentica…” borbottò l’altro.
Aska Rei passò la spada nella sinistra e la angolò, inclinandola secondo un preciso calcolo mentale. Dare Yoon mantenne la propria nella destra, ma imitò la posizione del compagno senza perderlo di vista.
Scattarono in sincrono, facendo saettare le lame come se fossero ali di strik, lanciandosi all’attacco da due direzioni opposte, che si congiunsero sul nemico quando per lui era ormai troppo tardi per reagire.
Le armi affondarono nella tunica scura di Karse, si raggiunsero e ridussero in pezzi ciò che incontrarono sulla loro via, uscendo poi in concomitanza con un suono raccapricciante.
Il Daimar sibilò come un orchya delle sabbie, emanando la propria essenza rabbiosa e corrotta. Si afflosciò, come svuotato, mentre dalla stoffa bruna fuoriusciva una sostanza impalpabile, sporca e fluttuante. Fu risucchiata all’interno dell’ombra stessa, richiamata forse da un ordine di colui che tirava le fila della tenebra.
Il manto nero che aveva avvolto la creatura oscura si sfilacciò come nebbia al sole, dissolvendosi in striature fumose. La spada evaporò con un fischio assordante, disperdendosi nell’aria circostante.
I due uomini si scambiarono un cenno e abbassarono le armi con circospezione.
“L’abbiamo fatto fuori?” domandò Rei, lievemente sorpreso.
“No di certo” replicò Dare Yoon con lo sguardo rivolto al cielo “Ha semplicemente rinunciato allo scontro. Non è sufficiente il metallo per sconfiggere il male”.
“Era ciò che temevo” annuì il capitano “Ne giungeremo mai a capo?”.
“La nostra missione è un’altra” sospirò l’amico, indirizzando gli occhi al centro del campo dei rifugiati “Salvare questa gente. Dividiamoci! Dobbiamo condividere la nostra scoperta con gli altri!”.
 
Tarlach strinse vigorosamente la mano di Aska Rei, ringraziandolo ancora una volta per l’aiuto indispensabile, senza il quale non sarebbero mai scampati al pericolo.
Alcuni demoni giacevano a terra apparentemente privi di vita, altri – quelli con le iridi scarlatte – si erano disgregati all’improvviso, quando i soldati avevano iniziato ad affrontarli in coppie così come era stato loro suggerito.
“Quanto a voi, mi devo scusare rispettosamente” disse poi, rivolgendosi a Dare Yoon “Vi ho tacciato di essere un deamhan, invece vi debbo ogni singola vita risparmiata in questo accampamento”.
“Non formalizziamoci” replicò questi, alzando le spalle “Avete solo svolto il vostro dovere, come noi stiamo eseguendo il nostro”.
Il comandante della Guardia di Iomhar annuì, riconoscente.
“Pensate che torneranno?” mormorò, preoccupato.
I cadaveri di alcuni dei suoi, distinguibili dalle uniformi con i colori del Nord, venivano pietosamente raccolti e composti poco distante. Anche alcuni civili non ce l’avevano fatta e il pianto disperato dei loro cari riempiva il cielo surreale del tramonto. Negli occhi grigioverdi di Tarlach passò un lampo addolorato e incollerito.
“È probabile” asserì Aska Rei, fissando con somma pena la scena “Una ragione in più per lasciare questo luogo inospitale. Non siete d’accordo?”.
L’uomo annuì, convinto tanto dagli ultimi eventi quanto dalla prospettiva offerta dai due valorosi stranieri.
“Noi partiremo domattina” spiegò Dare Yoon “Vi attenderemo a Neirstrin”.
“Che cosa succederà se non troverete le navi di cui avete parlato?”.
“Una sarà quasi certamente alla fonda. Sono ordini del reggente”.
“In caso contrario” intervenne il capitano elestoryano “Noi, voi e i vostri soldati torneremo a Jarlath. Neppure la capitale del Regno sarebbe in grado di resistere a lungo a un eventuale attacco dei Daimar… avremmo almeno occasione di morire con onore. Per quanto riguarda gli altri, invece, non trovo le parole adatte per dirvelo…”.
“Dovremo tirare a sorte” intuì Tarlach con sgomento “O stabilire i criteri per scegliere chi potrà imbarcarsi e chi no…”.
“Dolente” sospirò Dare Yoon, avvilito “Ma considerate che si tratterebbe dell’ultima chance. Faremo di tutto per reperire le imbarcazioni necessarie. Avete la mia parola”.
“Ne conosco il valore” ammise calorosamente il primo “Confido in voi”.
“Avete modo di avvisare il principe Anthos dell’attacco?” domandò Rei, pensieroso.
“No” ammise Tarlach, sconsolato “E se anche avessi un messaggero da inviare alla fortezza, credo che al reggente non importerebbe affatto. Ma comprendo che cosa intendete. È vostra premura allertare la principessa. Penserò a un sistema”.
   
 
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