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Autore: Padme Undomiel    28/04/2020    2 recensioni
[Soulmate!AU]
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Against the rules



 
4.
 


 
21.15
Da: Inoue Miyako
A: Ichijouji Ken
 
Mi sa che non ti capisco proprio per niente.
Per esempio, a me terrorizzerebbe molto di più scrivere una mail a una ragazza potenzialmente offesa a morte dopo un silenzio stampa inquietante e una lunghissima giornata senza tentare di rimediare, piuttosto che cercare di parlare quando mi viene fatta una domanda.
Ma sono davvero così terrificante? Se hai paura di un tono normale come quello di ieri, ti assicuro, non hai visto proprio nulla!
Però … Ichijouji-kun, se vuoi davvero conoscermi, non c’è proprio niente che ti trattenga. Lo so che magari pensi ancora al passato, e ti dirò che spesso capita anche a me (siamo solo umani, è normale rimuginare!), ma io preferirei di gran lunga andare avanti e costruire nuovi ricordi più belli.
Cosa ti impedisce di farlo?
P.S. Non so se lo sai, ma avercela con Hikari-chan è impossibile … almeno per me. Non dirmi che tu ci riesci!
 
 
21.45
Da: Ichijouji Ken
A: Inoue Miyako
 
Credevo non mi avresti risposto nemmeno … grazie di averlo fatto.
‘Una ragazza potenzialmente offesa a morte’ … lo sei?
Avresti ogni diritto di esserlo. Non sai quanto io mi senta stupido, e spero potrai perdonarmi.
Mi fai una domanda difficile e non so bene come risponderti … spero di riuscire a farlo un giorno. E’ il mio obiettivo, e ci sto lavorando. Ma per quello che vale ti prometto che non si ripeteranno episodi come quello di ieri sera.
Per quanto riguarda Yagami-san, non ho mai avuto nessun motivo per avercela con lei. Speravo solo che neanche tu avessi voglia di farlo … se devi prendertela con qualcuno, fallo con quel pesce rosso che ieri non è stato in grado di spiccicare una sillaba.
 
 
21.48
Da: Inoue Miyako
A: Ichijouji Ken
 
Pesce rosso? Ma allora mi stavi ascoltando ieri!
Scherzo, scherzo, non ti agitare!
Ieri ero molto offesa con te, però mi hai scritto, ti sei scusato … pace fatta, per quanto mi riguarda. Portare rancore a lungo non è il mio forte. Però se lo rifai mi arrabbierò tantissimo, quindi ATTENTO A TE!
Non ho ben capito che tipo di preparazione tu debba fare, onestamente, ma ti do un modo semplice per provare a rimediare. Ti va di rispondermi alla domanda che ti ho fatto ieri? Sai, quella sul non rivelarsi alla propria anima gemella, quella cosa che mi aveva sconvolto tanto.
Sono alla ricerca di più informazioni che posso sulle anime gemelle in questo momento … in realtà sono abbastanza aggiornata sull’argomento, ho letto un sacco di cose a riguardo (ma non ascoltare quello scemo di Daisuke!! Non sono affatto una fanatica delle anime gemelle, è solo un argomento che mi appassiona, tutto qui!), ma sto per iniziare una ricerca approfondita su un aspetto che non avevo mai considerato.
Che ne dici? Si può fare? Poi bandiera bianca, giuro!
 
08.30
Da: Ichijouji Ken
A: Inoue Miyako
 
 
In realtà credo che la risposta alla tua domanda potrebbe deluderti, perché è molto semplice.
Non tutti sono pronti per l’amore.
Io credo che se non avessimo le Parole incise sulla pelle fin da quando siamo piccoli, l’impatto emotivo della scoperta sarebbe meno sconvolgente. Prova a immaginare per assurdo un mondo in cui non esista un modo di sapere che la persona che abbiamo appena incontrato sia la nostra anima gemella … magari esistono segnali che potrebbero aprirci gli occhi anche in quel caso, ma suppongo sarebbero molto più ambigui. Ne deriva che avremmo molti modi per non accorgerci della cosa, per non venirci a patti, per temporeggiare e non essere sopraffatti dalla portata della rivelazione.
Chi non è pronto per l’amore e tutto ciò che ne consegue, quindi, avrebbe tempo e occasioni per affrontare se stesso e l’altro.
Con le Parole non abbiamo questo lusso, e non abbiamo tempo. Possiamo solo decidere su due piedi: rispondere a quello che ci viene detto o no. E come puoi rispondere a cuor leggero a una cosa così grande e incomprensibile? E che succede se in quel momento sei preso da altro, sei troppo immaturo, hai troppa paura?
Non so se sia una cosa corretta non rispondere all’altro, o decidere di non parlare mai con il genere che ti interessa, o aspettare di essere pronto per farlo. Però capisco perché si possa decidere una cosa simile. Lo hai detto tu: siamo solo umani.
Spero di essermi spiegato in modo comprensibile.
Daisuke non mi aveva detto di questa passione per l’argomento, se può rassicurarti. Tempo fa ho letto anche io un po’ di fonti. Cosa ti interessava approfondire, se posso chiedere?   
Non voglio sembrarti invadente, ma se posso darti una mano sono a disposizione.
Ti auguro una buona domenica e spero di non averti svegliata.
 
***
 
 
Miyako accoglie quella domenica insolitamente soleggiata con grande determinazione.
Si sveglia di buon’ora, si veste in tutta fretta, fa una colazione veloce che finisce di sbocconcellare mentre prepara il suo zaino, e dichiara vivacemente a suo padre che andrà in biblioteca, che probabilmente si fermerà a studiare lì fino a tardi.
Suo padre non ha nulla in contrario: probabilmente pensa si tratti di studio per la scuola, ed è ben felice di concederglielo.
Peccato che si tratti di qualcosa di completamente diverso.
E’ tanto tempo che non va ad aggiornarsi sulle anime gemelle, ora che ci pensa. Ha iniziato a frequentare la biblioteca del quartiere dopo la Faccenda Satoshi, non sa neanche bene per quale motivo. Probabilmente è stato per cercare di capire se era stato così sbagliato andare in giro senza polsino con le Parole bene in vista … molto più probabilmente, in effetti, è stato per capire se ci fossero altre persone che vivevano il suo stesso dolore. Voleva sentirsi meno sola, e così cercava verità e conforto nei libri quando nella vita reale non aveva il coraggio di cercare aiuto. Voleva sentirsi meno sola, perché a furia di convincere Iori che era tutta acqua passata, e di convincere i suoi che non aveva più provato emozioni così devastanti nei confronti di una cosa troppo grande per te, per cui avrai tutto il tempo che vuoi tra qualche anno, aveva sentito una parte di sé staccarsi dal resto e diventare pesante e nera come un macigno, e aveva avuto paura che, se non le avesse dato retta, avrebbe potuto caderle per terra come un tonfo, richiamando l’attenzione di tutti e lasciando lei vuota e incompleta.
Ci fa caso solo adesso, stranamente. Lei non va in biblioteca quando si sente tranquilla.
Quando aveva incontrato Koushiro non c’era andata, per esempio.
Adesso, invece, sente di nuovo voglia di cercare, cercare qualsiasi cosa possa aiutarla. Qualsiasi cosa possa darle lenti giuste per guardarsi attorno.
Chissà se anche Ichijouji ha cercato informazioni sulle anime gemelle perché si sentiva confuso, o triste. O solo.
Entra in biblioteca, saluta allegramente le bibliotecarie che ormai la conoscono, si fa zittire da loro come di consueto, dopodiché si mette subito a lavoro. Conosce il reparto Anime Gemelle come le sue tasche, ormai, ma è felice di sapere che sono arrivati tanti nuovi libri che non aveva mai letto.
Ne prende una montagna, ne scarta parecchi dopo averli sfogliati seduta al tavolo di fronte a quegli scaffali, trova per caso un libriccino di narrativa decisamente poco utile ma dalla trama così romantica e commovente che non può che iniziare a leggerlo, e poi esserne rapita, e poi rendersi conto, con le lacrime agli occhi alla fine del romanzo, che ha trascorso la mattinata in modo tutto sommato infruttuoso, che non ha trovato nulla che risolvesse il mistero Koushiro o che le svelasse qualcosa di ignoto. Però di sognare vale sempre la pena, soprattutto in momenti come questi, quando si sente così confusa.
Così, alle 12.30, sconfitta, decide che è meglio tentare di studiare a casa, con meno distrazioni, e sceglie quattro libri interessanti –rigorosamente di divulgazione scientifica, non di narrativa- da prendere in prestito e consultare con calma più tardi.
Ma la giornata persiste col giocarle strani scherzi.
Dall’ascensore occupato che lei stava aspettando esce fuori, a sorpresa, Takeru.
“Ehi”, la saluta interdetto.
Miyako si fa da parte per farlo uscire, e permettere all’ascensore di richiudersi senza occupanti.
“Dove te ne vai a quest’ora?” Gli domanda sbalordita.
Takeru sorride, aggiustandosi il berretto verde smeraldo che indossa. “Mamma non torna a pranzo”, le spiega. “E’ rimasta bloccata in redazione, così mi ha lasciato indicazioni su cosa trovare in frigo. E io ho pensato bene di racimolare i suddetti ritrovamenti e portarli a qualcuno che sicuramente vorrà cucinarli per me.”
Tra le mani, in effetti, stringe una busta alimentare all’apparenza bella piena.
“Hai uno schiavo?” Replica interdetta Miyako. Non si sa mai, meglio chiedere, con persone come lui.
Il sorriso di Takeru si amplia. “Ho un fratello maggiore.”
Miyako sospira, alzando gli occhi al cielo. “E non potevi dirmelo in modo normale? Stavo per chiamare la polizia …”
Takeru ride. “Addirittura?”
“Aspetta un attimo.” Miyako lo guarda, di colpo seria. “Hai detto che stai andando da Yamato-san?”
“Esatto.” Il sorriso del ragazzo vacilla appena. “Anche papà sta lavorando stamattina – sorpresa delle sorprese. Così ho pensato di fare compagnia a Yamato, anche perché non si fa vedere in giro da un po’.”
“Anche con te? A me non risponde alle mail”, esclama di rimando Miyako. “Pensavo che almeno con te avrebbe voluto parlare …”
“Ogni tanto parliamo per telefono.” Takeru sospira. “Forse si illude che così facendo non capirò che per lui è un momentaccio.”
Miyako fa una smorfia. Non conosce Yamato da tempo sufficiente per sapere come gestisca i momenti stressanti, ma non ci vuole un genio a immaginare che non se la stia passando per nulla bene.
Non le piace per niente che abbia tagliato tutti fuori, però. Soprattutto se si tratta di qualcosa che, fosse capitato a lei, l’avrebbe distrutta.
“Posso venire con te? Ti prego!” Gli chiede d’impulso. “Passo al konbini e compro qualcos’altro da mangiare, così non mi sento come se mi stessi autoinvitando in modo così sfacciato!”
Takeru ride.
“Mi stavo giusto chiedendo quando me l’avresti chiesto”, risponde sereno.
Miyako si illumina.
E’ in casi come questi che si ricorda perché gli vuole bene.
 
***
 
12.40
Da: Inoue Miyako
A: Ichijouji Ken
 
Sembra che tu ci abbia pensato molto, eh?
Ho capito cosa intendi, però io non starei zitta comunque. Dici che una persona può avere troppa paura di affrontare l’amore … ma non fa più paura non sapere mai chi è la tua altra metà? O ancora, saperlo senza dirlo mai? Secondo me è più terrificante la solitudine. Oltre al fatto che uno dovrebbe star sempre zitto, e io penso che si finirebbe con l’esplodere, prima o poi!
E se anche l’altro avesse paura? Non si può essere terrorizzati in due, così da essere forti insieme?
Non farci caso, sono un’inguaribile romantica! Anche quando le cose non vanno come dovrebbero.
Tipo riguardo Yamato-san. Su di lui non ho proprio idea di cosa pensare.
E neanche sulla mia anima gemella.
Il motivo per cui sto facendo ricerca è perché mi interessa sapere se gli esseri umani possano bloccare o sbloccare a piacimento il meccanismo dell’innamoramento nei confronti delle anime gemelle … tu sai niente? Hai detto che hai studiato qualcosa, di cosa si tratta?
Voglio sapere se Koushiro-san potrebbe riuscire ad amarmi, visto che ora non è così e neanche sembra volerlo.
E voglio anche sapere se per Yamato-san possa esserci una soluzione …
Boh. Ora ti saluto, mi sono accodata per puro caso a Takeru-kun e sto andando a casa di Yamato-san senza invito. Così impara a non farmi sapere come sta!
 
***
 
“Non vedo proprio perché dovresti prendertela, fratellone. Avresti dovuto aspettartelo.”
Yamato non ha esattamente uno sguardo amichevole quando affetta porri sul tagliere. O forse è solo colpa della loro visita a sorpresa, e i porri non c’entrano niente.
“Non mi aspettavo che la vostra fosse un’associazione a delinquere”, brontola, lanciando loro l’ennesima occhiataccia da sopra la spalla.
“Cominci ad assomigliare a papà”, commenta Takeru, intento ad apparecchiare la tavola. “E comunque non c’è stata premeditazione, ti assicuro. I nostri intenti criminali sono perfettamente allineati senza doverci mettere d’accordo.”
“Eravamo preoccupati per te!” Protesta Miyako, passando a Takeru un bicchiere. “Tu la prossima volta non sparire, e vedrai che non ci autoinviteremo a casa tua!”
Curioso come all’improvviso Yamato non abbia alcuna voglia di guardarli. “Preoccupati per cosa? Sto benissimo.”
Dal modo secco in cui getta il porro sminuzzato nella pentola non si direbbe.
Miyako vede chiaramente Takeru fare una smorfia, la testa china sul tavolo di cui si sta occupando.
“Senti, Yamato-san.” Miyako si raddrizza, e punta gli occhi sulla schiena di Yamato. “Lo so che non sono il massimo del tatto, e a questo punto sappiamo entrambi che combino più danni se fingo di averne. Sono qui perché penso che al tuo posto starei uno schifo, e voglio sapere se è così anche per te. Spero che non lo sia, non sai quanto … ma se lo fosse, non sei da solo.”
Yamato posa il coltello da cucina sul tagliere un po’ troppo forte.
“Cosa ti aspetti che ti dica?” Sbotta.
“Solo che tu mi dica come stai!”
“Che cos’è, una specie di interrogatorio? Devo per forza star male, così sarai contenta?”
Miyako sbatte le palpebre. “Ma no, ti ho detto che spero-”
“E’ una specie di missione di soccorso, la tua? Non ho bisogno di nulla!” Yamato si volta di scatto, e dalla sua espressione sembra fuori di sé. “Voglio solo che mi lasciate tutti in pace!”
“Yamato”, dice semplicemente Takeru.
E Yamato si ferma, respirando affannosamente, gli occhi che vagano ovunque come se cercassero qualcosa senza trovarla, che non osano fermarsi su nessuno di loro due. E si sgonfia.
Apre la bocca, la richiude, scuote la testa in preda all’angoscia, si lascia cadere sulla sedia, si prende la testa tra le mani.
E rimane fermo.
Riesce a parlare solo dopo quello che sembra un tempo interminabile.
“Non … non intendevo, io-”
“Tu sei arrabbiato. Lo capisco.” Miyako si avvicina lentamente, ed esitando gli dà una piccola pacca sulla spalla. “E io forse dovrei davvero imparare un po’ di tatto.”
Yamato fa uno strano sbuffo, uno di quelli che fai quando ti viene da ridere sull’orlo di una crisi di nervi. “Forse.”
Takeru non dice una parola, e va a occuparsi della pentola borbottante sul fuoco.
“Non me l’ero mai immaginato così”, sussurra Yamato.
Miyako prende la sedia più vicina, e si siede di fronte a lui in quella che spera sia una modalità discretamente supportiva e non invadente.
“Beh, certo, nessuno si immagina …” Inizia, ma Yamato la interrompe.
“No. Io in particolar modo non me l’immaginavo così.” Il ragazzo solleva la testa, e Miyako non ricorda di averlo mai visto così disperato. “Non doveva essere così. Non dopo-”
Per un attimo l’unico rumore che si sente in quella cucina è il ticchettio dell’orologio.
“Lo sai che i miei sono anime gemelle?” Dice poi bruscamente.
Miyako trasecola.
“Come? Ma io credevo che i tuoi genitori fossero divorziati!”
Yamato fa una smorfia. “Appunto.”
Per un attimo la cosa non ha senso; un attimo dopo Miyako crede che Yamato la stia prendendo in giro.
Ma la realtà colpisce a tradimento, e al terzo secondo dopo le parole del suo amico Miyako sente che ha la nausea.
“Ma …” Balbetta, cerca lo sguardo di Takeru. “Ma io credevo …”
Takeru sorride, un’espressione di scusa per non averglielo detto prima. Quel sorriso rende inutile qualsiasi io credevo.
“Neanche io credevo che le anime gemelle potessero divorziare”, conclude Yamato. “Eppure li ho visti amarsi, e li ho visti litigare a morte, finché non hanno intrapreso vie legali. Finché mamma non è andata a vivere in un altro quartiere insieme a Takeru.”
Takeru si appoggia con la schiena al frigorifero, e incrocia le braccia. “Io ricordo solo i litigi”, dice.
Miyako non sa cosa dire.
“Ero furibondo”, mormora Yamato, osservando il pugno stretto posato sul tavolo. “Non ricordo molto di quel periodo, se non un gran senso di impotenza e di ingiustizia. Avevano distrutto la nostra famiglia, pensavo. Avevano diviso me e Takeru. E per tanto tempo ho pensato che fosse stata colpa loro … non erano stati bravi ad essere anime gemelle. Io non sarei stato così. Avrei fatto di tutto per far sentire la mia anima gemella sempre amata e rispettata … le avrei dato una famiglia, una famiglia che non si sarebbe mai divisa. Le avrei dato tutto.”
Takeru guarda a terra. Miyako non l’ha mai visto così triste.
“Pensieri sciocchi, ovviamente, ma ero poco più di un ragazzino.” Yamato scuote la testa, come se si vergognasse rabbiosamente di essere stato deluso da piccolo. “Sono cresciuto e ho capito come stavano le cose. Papà era sempre a lavoro, mamma deve essersi accorta che quella non era la vita che cercava. Tutto qui. Eppure non sono mai riuscito a smettere di lavorare su di me … aspettando di incontrare lei.”
Yamato si china, si afferra la caviglia sinistra, si toglie il calzino. Sotto la pianta del piede, ben visibile, si legge: La vostra musica è meravigliosa.
E Miyako riesce a vedere il sorriso di Sora e i suoi occhi brillanti come se fosse lì davanti a loro.
“Non avevo mai pensato seriamente alla musica”, sorride storto Yamato, rimettendosi il calzino. “Suonavo l’armonica per Takeru quando eravamo piccoli, ma era un gioco, nient’altro. Però lei parlava di nostra musica … avrei suonato in un’orchestra, forse? Improbabile, non era nelle mie corde. Ma forse, una band … Ho iniziato quasi per scherzo, vergognandomi come un ladro, a comprare libri di musica, e ho comprato un basso mettendo da parte dei soldi da lavoretti part-time estivi. E ho scoperto che mi piaceva, e anche parecchio. Suppongo fosse destino, non so …”
Si ferma, sembra imbarazzato – sembra molto solo.
“Stavo cercando di essere bravo anche per lei, per creare una musica meravigliosa. Cercavo di essere quello che lei potesse …”
Tace.
Miyako sa di che sta parlando. Sa cosa lo abbia spinto a provare così tanto, così disperatamente.
Si sente gli occhi lucidi.
“E ora cosa faccio?” Sussurra Yamato al tavolo.
“Cosa vuoi fare?” Chiede Miyako a bassa voce.
Yamato la guarda come se la vedesse per la prima volta.
“Vuoi-” La voce di Miyako vacilla; la ragazza è costretta a schiarirsela prima di riprendere. “Vuoi parlare con Sora-san?”
La risposta è palese nel lampo che balena negli occhi di Yamato, ma lui la reprime con forza.
“Per dirle cosa? Scegli me?” Quasi ringhia, e non ce l’ha con nessuno se con se stesso. “Taichi ha sempre parlato di lei come se non si potesse avere ragazza più speciale. Io non posso portargliela via. E neanche voglio, io-!”
Si perde, il respiro affannoso e l’espressione di chi chiede aiuto.
“Ma … e se … parlando con lei scoprissi che non ti piace neanche un po’?”
Takeru, immobile fino a quel momento, si volta a guardarla.
Yamato aggrotta le sopracciglia. “Cosa?”
La gola di Miyako sembra piena di sabbia. “Cioè … quello che voglio dire è … magari succede come con me e Koushiro-san. Magari vi incontrate, vi parlate e … e lei non ti piace. Magari … se tu lo vuoi … puoi bloccare la cosa e non innamorarti di lei.”
Si accorge di star per piangere: sorpresa, chiude la bocca e tenta un poco credibile sorriso incoraggiante.
“In fondo le anime gemelle sembrano essere meno importanti di quello che credevo io, eh?”
Takeru sembra stupefatto, ma non fiata.
Yamato la guarda, e Miyako non vede altro che un profondo senso di impotenza.
“Non credo che funzioni così”, risponde amaro. “Non voglio neanche rischiare di avvicinarmi a lei. E poi ...”
Si passa una mano sugli occhi, e Miyako ha l’impressione che stia cercando di nascondersi.
“Non credo che riuscirei chissà quanto a impedirmi di provare sentimenti, neanche se lo volessi.”
Cala il silenzio, di nuovo. Nessuno si muove.
E poi il timer suona, e Takeru si volta, e con un colpo deciso spegne il fornello. La zuppa nella pentola borbotta pigramente per qualche altro secondo, prima di acquietarsi.
Takeru afferra il mestolo, li guarda, fa un mezzo sorriso.
“Forse è il caso che ci pranziamo su”, dice.
 
***
 
Sulla strada di casa Miyako e Takeru camminano distanti, silenziosi, ognuno perso nel suo mondo pieno di domande e di risposte insoddisfacenti.
“Una volta papà stava cercando le chiavi, e dalla tasca è caduta una foto di famiglia un po’ rovinata”, dice Takeru davanti a lei.
Miyako solleva lo sguardo dall’asfalto.
“C’era lui, mamma attaccata al suo braccio, e poi io e Yamato da piccoli”, continua il ragazzo, e c’è una tenerezza malinconica nelle sue parole. “La foto era spiegazzata, come se fosse stata tenuta in tasca, o nel portafogli, per un sacco di tempo. Ho capito che papà la porta sempre con sé.”
No dai, ti prego, pensa disperatamente Miyako, ed è quasi tentata dal mettersi le mani sulle orecchie per non sentire più nulla. Ti prego, basta. E’ troppo triste così.
“Papà è diventato bordeaux quando l’ha raccolta. Ha balbettato per un po’, guardandomi di sottecchi, e così ho capito che in casi come questi devi far finta di non aver visto, e cambiare argomento. Devi salvarlo … sì, davvero, a volte papà e Yamato si somigliano un sacco.”
“Mi stai dicendo che tuo padre ama ancora tua madre?” Si trova suo malgrado a chiedere Miyako.
Takeru la guarda da sopra la spalla. Sorride, e nient’altro.
“Ma che senso ha tutto questo?” Geme Miyako, e si stringe le braccia al petto come per difendersi. “Che senso ha essere anime gemelle allora? E’ straziante!”
“Lo so.” Takeru torna a camminare, a guardare qualcosa che lei non può vedere. “E’ una bella fregatura, vero? Essere anime gemelle non ti garantisce la felicità. Ti lega solo a qualcun altro, in modi strani, assurdi … è spaventoso.”
Miyako si è sforzata tanto di capire Takeru, fin da quando l’ha conosciuto: si è arrovellata per giorni, ne ha parlato all’infinito con Iori, se ne è lamentata con Yamato. Ma non aveva capito nulla di lui.
Nulla, fino a questo esatto momento.
Forse il sorriso di Takeru è una maschera, o forse esistono due Takeru – quello segreto, sofferente, spaventato, e quello che riesce a sorridere perché ha imparato a vivere a discapito della sua controparte più fragile, lasciandola a marcire in silenzio.
Miyako non sa dirlo. Ma si sente così sciocca a non aver capito, ora.
Takeru si ferma, e d’un tratto sono davanti al portone di casa. Le sorride, e per la prima volta quel sorriso gioviale le sembra tristissimo.
“Ci vediamo domani a scuola”, la saluta.
E poi la precede, lasciandole il portone aperto e dirigendosi fermamente verso le scale.
 
***
 
16.15
Da: Ichijouji Ken
A: Inoue Miyako
 
Miyako-san, ho letto più volte il tuo messaggio.
Mi dispiace dirtelo, so che ci speri. Ma non è mai stato inventato un modo per avere controllo sul meccanismo di innamoramento tra anime gemelle.
Di solito le anime gemelle si innamorano tra loro, a meno che non succeda altro che lo impedisca (ad esempio, non incontrare mai la propria, oppure non riuscire a frequentarsi abbastanza per innamorarsi, ma anche su questo gli studi non sono concordi. A volte basta solo uno sguardo per innamorarsi). Si ha controllo su cosa fare di quel sentimento, ma non sul sentimento.
Quando questo non avviene, c’è qualcosa che non va.
Ti allego qualche ricerca che ho consultato recentemente.
Scusa.
 
 
 
Qualcosa che non va, dice lui.
Miyako avrebbe detto che non c’è niente che vada.
Perché non capisce più cosa stia succedendo alla sua vita, e a quella dei suoi cari, e a tutto ciò in cui credeva.
Non c’è modo di controllare il sentimento, dice Ichijouji. Eppure Koushiro non la ama.
Le anime gemelle si innamorano tra loro, dice, eppure Sora sta con Taichi e non con Yamato.
A volte basta un solo sguardo per innamorarsi, aggiunge. Ma i genitori di Yamato e Takeru hanno deciso di vivere lontani l’uno dall’altra.
Nonostante il signor Ishida ami ancora la signora Takaishi.
Forse Miyako non ha capito nulla finora, e ha sempre sperato in qualcosa che, per citare Takeru, è una bella fregatura. Forse l’umanità intera è stata ingannata, e ha creduto di ricevere un dono quando invece si trattava di una condanna all’infelicità.
Miyako non apre l’allegato di quella mail, e non cerca di sfogliare i libri che ha preso in biblioteca.
Se ne resta immobile distesa sul letto, supina, a fissare la testiera senza vederla davvero.
Ha paura.
Se smette di credere nelle anime gemelle …
Se smette di desiderarne una …
Per cosa ha lottato per tutti questi anni?
Cosa ne sarà del mondo in cui credeva di vivere?
 
***
 
Le lezioni di oggi potrebbero idealmente essere le più interessanti della sua vita, ma Miyako non ci fa caso. Non c’è verso che riesca a concentrarsi sui professori questa mattina.
Se ne resta china sul banco, la penna in mano e il quaderno che usa per scarabocchiare o appuntare idee ogni volta che ne sente il bisogno aperto sul libro di giapponese, e senza pensarci un attimo scrive la bozza della mail che vorrebbe spedire a Mimi appena tornata a casa.
Non sa perché lo stia facendo ora: ne sente il bisogno. E all’improvviso è un fiume in piena.
Le racconta tutto quello che è successo al concerto, quello che ha scoperto su Yamato, la distanza improvvisa tra Takeru e Hikari, i problemi con Koushiro e la confusione che Miyako non fa che sentire da giorni. Non rilegge, non si ferma un attimo, e mentre scrive sente il cuore batterle forte.
Così forte che non si accorge che il professore l’ha sorpresa a distrarsi, e la guarda accigliato a poca distanza dal banco.
E’ la risatina della sua vicina di banco, Aoko, a distoglierla dalla bozza della sua mail. Miyako solleva il capo, sussulta, si scusa a gran voce, si becca il rimprovero del professore e mette via il quaderno con le guance rosse e i capelli davanti al viso.
“Sei sempre la solita, Miyako-chan”, le sussurra Aoko con un sorriso complice. Miyako ride, imbarazzata, e sta al gioco, ma non può che pensare che sia curioso sentirselo dire. Perché non si è mai sentita più diversa di ora.
Ad esempio è insolito che lei se ne stia da sola quando suona la campanella dell’intervallo, mentre il resto della sua classe sciama verso il cortile o verso la mensa. E’ insolito che si senta così distratta e abbattuta, e un po’ la spaventa non riconoscersi. Probabilmente se si guardasse allo specchio si sentirebbe come se guardasse un’estranea.
Così riprende il quaderno, rilegge la bozza, e quasi non riesce a credere che tutto questo sia successo nel giro di poche settimane.
Afferra la penna, e non sa se spedirà mai la mail, ma continua a scrivere.
Non sai quanto vorrei che fossi qui, Mimi-neechan. Non sai quanto io mi senta persa in questo momento. Lo so che staresti malissimo anche tu a vedere i tuoi amici soffrire così senza poterci far nulla. Ho sempre pensato che io e te siamo simili. Eppure tu sei diversa da me… tu sapresti cosa fare. Io non so più nulla.
Che cosa significa essere anime gemelle?
Cosa hai provato quando hai incontrato Michael e ti sei innamorata di lui?
Come si fa ad essere innamorati e felici con la propria anima gemella?
Che differenza c’è tra amore per l’anima gemella e quello per qualcun altro?
E se poi va male?
 
Miyako si ferma, fissa quelle parole, sente il petto farle male.
Non ha mai formulato questo pensiero finora.
E se poi va male?
“Sembri triste”.
Per la seconda volta in poco tempo, Miyako sussulta violentemente, questa volta tanto forte da far cadere la penna. “Cosa? No, sto bene!” Si china a raccogliere la penna, ma poi a mezz’aria ci ripensa, e si solleva verso il suo interlocutore. “Ero solo sovrappensier- oh! Hikari-chan.”
Ma certo, non poteva che essere lei. E’ sempre stata silenziosa, Hikari.
Preferisce di gran lunga pensare sia stata la silenziosità di Hikari, e non la distrazione cronica di Miyako, ad averle quasi fatto venire un infarto, comunque.
Hikari ha un’espressione di scusa e un sorriso esitante sulle labbra mentre la guarda, e come sempre sembra volerle leggere dentro. Fa un po’ paura qualche volta. “Scusami, non volevo spaventarti. Va tutto bene?”
No.
“Come sempre!” Risponde energicamente, e all’espressione sospettosa di Hikari risponde alzandosi di colpo in piedi. “E’ solo stata una giornata lunga e stancante, tutto qui.”
Hikari ha in mano due bento, curiosamente, uno più grosso dell’altro.
“Ehm … Hai molta fame, per caso?” Chiede Miyako molto perplessa.
Hikari si guarda le mani, e per qualche motivo il suo sorriso si spegne.
“Questo è per Taichi”, dice, sollevando appena il più grosso.
Il nome è sufficiente a far avvertire una stretta allo stomaco a Miyako.
“Si è svegliato presto stamattina, non so perché, ed è uscito prima di me. Credo avesse qualcosa da fare”, continua Hikari, e il suo sguardo è di colpo così addolorato da risultare insopportabile. “Ma ha scordato il bento sul tavolo della cucina. L’ho preso io. Sto andando a riportarglielo.”
“Ah”, dice stupidamente Miyako.
Che Taichi si svegli presto e dimentichi il pranzo è strano, decisamente strano.
Forse doveva vedere qualcuno …
“Le cose con Sora-san non stanno andando bene, vero?” Non può fare a meno di chiedere, e nonostante conosca già la risposta darebbe chissà cosa per averne una diversa.
Hikari abbassa la testa, il viso incupito, e non dice nulla. Non serve.
E Miyako vorrebbe chiedere di più, vorrebbe saperne di più, ma se Hikari ha quell’espressione come può insistere? Le sembra così fragile, tanto da poter scomparire da un momento all’altro, silenziosa com’è arrivata.
“Hikari-chan …” Tenta, ma Hikari la zittisce con un sorriso dolce.
“Vuoi pranzare con me, Miyako-san? Se non hai da fare con i tuoi compagni di classe ovviamente”, le propone. “Se vuoi possiamo vederci in cortile appena ho finito con mio fratello. Non ci metterò molto, promesso!”
Miyako apre la bocca, la richiude. “Ma certo che voglio pranzare con te!” Esclama. “Però tu-”
“Oh, bene.” Hikari si illumina, e per un attimo appoggia i bento sul tavolo, si china e le stringe piano le mani.
“Non restare sola, ok?”
Ecco. L’ha fatto di nuovo.
Miyako resta a fissarla inebetita mentre le lascia le mani, si china a raccogliere i bento, si allontana con un sorriso d’intesa e sparisce da qualche parte fuori dalla porta. E si chiede come mai Yagami Hikari riesca sempre a lasciarla senza parole.
Come fa ad essere così?
Aveva tanti pensieri per la testa, si vedeva. Era anche pallida, a dirla tutta, e con gli occhi spenti.
Eppure ha trovato il tempo di notare le sue piccole tristezze, di farsene carico e persino di consolarla.
Non restare sola, ok?
Che assurdità.
E’ Hikari a non dover restare sola, non lei.
Miyako si precipita fuori dall’aula, il pranzo in mano, e guardandosi rapidamente intorno si rende conto che di Hikari non c’è già più traccia. Figurarsi se non si metteva praticamente a correre, pur di raggiungere in fretta suo fratello prima della fine della pausa pranzo.
Non le resta che improvvisare, allora.
Miyako ricorda che le aule delle terze sono al piano superiore, così si affretta per le scale, quasi finendo addosso a un gruppetto di ritardatari studenti di terza diretti verso il cortile. Già che c’è, non contenta, chiede anche loro indicazioni per la 3-C, e i ragazzi sono disponibili abbastanza da risponderle giusto un po’ seccati, senza mandarla al diavolo. Miyako li ringrazia ad alta voce senza fermarsi ulteriormente, e non resta a sentire i loro borbottii increduli.
Sa dove andare, è questo che conta.
Certo, se riuscisse anche a vedere Hikari …
Finalmente, con un po’ di fiato corto, Miyako arriva in cima alle scale. Svolta a destra e poi prosegue dritta, osservando i cartellini identificativi affissi sulle aule.
E poi, da lontano, scorge Hikari.
E’ ferma davanti all’aula con su scritto 3-F.
Miyako sorride, e la chiama da lontano. “Ehi, eccoti qua! Volevo -”
Hikari di colpo solleva la testa, la guarda allarmata, scuote la testa rapidamente.
Miyako tace, e rallenta il passo, confusa. Solo allora si rende conto che Hikari ha ancora i bento in mano, ed è appoggiata con la schiena contro il muro con uno strano atteggiamento di abbandono.
C’è qualcosa che non va.
Si avvicina a lei, si guarda intorno, e non capisce. Non sa perché, ma sussurra. “Hikari-chan, tutto ok? Cosa stai-”
E poi la sente.
“Non dovresti essere qui.”
La voce di Yamato.
Miyako trattiene il fiato, e improvvisamente sa che non dovrebbe essere qui neanche lei.
Perché sa con chi sta parlando Yamato.
“Davvero ti sorprende?” Risponde la voce di Sora, e le viscere di Miyako le sprofondano ancora un po’. “Non sapevi che sarei venuta a cercarti, prima o poi?”
“Non dovevi. Questo non è giusto nei confronti di Taichi.”
Sente Sora fare una risata tagliente e molto amara. “Tu non sai niente di quello che è giusto o no.”
Yamato resta in silenzio.
“Taichi sa che sarei venuta a parlarti.” Continua Sora, e nella sua voce c’è una ferita aperta.
Miyako vede Hikari farsi piccola contro il muro.
“Ed è d’accordo?”
“Lascia stare Taichi!” Sbotta Sora. “Voglio che tu mi dica perché non volevi parlare con me.”
“Come faccio a lasciar stare Taichi, se è il motivo per cui non volevo parlarti?” Yamato alza la voce, frustrato, e il rumore di una sedia smossa le rivela che deve essersi alzato in piedi. Se lo conosce bene sta camminando nervosamente per l’aula, in un tentativo di non mostrarle la sua espressione. “Sora, non possiamo. Taichi è mio amico, e-”
“Taichi è la persona che più ho amato in tutta la mia vita!” Esplode Sora, e la sua voce si rompe. “Perciò non parlarmi come se per me fosse facile, perché in questo momento vorrei strapparmi il cuore dal petto.”
Il suono di un singhiozzo, e Sora piange, sommessa e disperata. Miyako sente una stretta al cuore.
Ha parlato al passato.
Hikari resta immobile, la testa bassa, le mani che stringono forte i bento. Non incontra il suo sguardo, ma in fondo è un bene, perché Miyako non riuscirebbe a sostenere un’espressione del genere.
Così desiste e si avvicina alla porta dell’aula, il più silenziosamente possibile. Sbircia.
Sora piange, il viso rivolto verso la finestra, il corpo scosso da singhiozzi silenziosi. Yamato la guarda, sorpreso e rattristato, e Miyako non gli ha mai visto addosso quell’espressione. Sembra che la stia abbracciando con gli occhi, senza osare muoversi.
Poi lo vede frugarsi nelle tasche, tirar fuori un fazzoletto di stoffa ben piegato, guardarla esitando, e poi fare due passi verso di lei. Sora sembra irrigidirsi, ma non toglie le mani dal viso, e continua a singhiozzare piano.
“Tieni”, le dice Yamato, porgendole il fazzoletto.
Sora solleva il capo. Confusa, guarda il fazzoletto, e poi lui.
“Non voglio farti piangere. Ti prego.” Continua lui.
Sora non può non aver letto nella sua espressione che è sincero.
Sussurra un “Grazie” e prende il fazzoletto, con mani tremanti. Ne tasta la consistenza con i pollici, come se non sapesse che farsene, e poi si asciuga gli occhi.
Yamato continua a guardarla, serio.
“Non sono mai riuscita ad accontentarmi”, sussurra Sora, gli occhi bassi.
Per un attimo nessuno dice nulla.
“Taichi non ha mai capito”, continua poi. “Per lui è sempre stato molto semplice: le anime gemelle sono importanti, ma fino a un certo punto. Non fondano la tua personalità. Non importa se cresci osservando quelle Parole iscritte sulla pelle: sono solo un segno, come un tatuaggio. E se va bene allora meglio così, altrimenti si può vivere bene ugualmente.
“Avrei voluto che fosse così anche per me.”
Sora si ferma, guarda Yamato, poi torna a giocherellare col fazzoletto che lui le ha dato.
“Io sono cresciuta pensando di non meritare amore.”
“Per colpa di quello che ti ho detto?” Chiede incredulo lui. Sul suo viso passa un lampo di orrore.
Le labbra di Sora si piegano in una smorfia amara.
“Mio padre non c’era mai, sempre fuori città per lavoro. Mia madre e io non avevamo un bel rapporto, e non riuscivamo a comunicare. E la mia anima gemella non avrebbe neanche voluto parlarmi. Cosa avrei dovuto pensare?”
Dev’essere devastante pensare di aver minato l’autostima della tua anima gemella prima ancora di conoscerla, pensa Miyako. Lei ci starebbe malissimo, ne è sicura.
A giudicare dall’espressione di Yamato, comunque, non è l’unica a pensarla così.
“Ho pensato che iniziare a comportarmi come un maschiaccio, nascondere le Parole dietro jeans e indumenti sportivi, e dire a me stessa che non avrei mai avuto bisogno di nessuno mi avrebbe protetto dal dolore. Con Taichi, poi, l’ho creduto intensamente. Lui … mi rendeva felice, ma non ha mai capito. Voleva convincermi che avrei dovuto dimenticare la mia anima gemella, che non avrei mai dovuto considerarla importante. Abbiamo litigato tante volte, così tante che neanche immagini. Non capiva che c’era molto altro dietro.”
Sora guarda Yamato, gli occhi lucidi e tutto il cuore in mano.
“Ogni volta che ero felice con Taichi, io pensavo a te.” Confessa. “Senza volerlo. Continuamente. Perché non eri una persona qualunque, anche se non ti conoscevo: eri la persona che sarebbe stata per sempre legata a me. Quella che forse avrebbe parlato con cognizione di causa, quando avrebbe pronunciato quelle Parole. E se non riuscivi ad amarmi tu … forse non ero degna d’amore. E questo pensiero ha rovinato tutto …”
“Io non volevo farti questo”, bisbiglia Yamato angosciato. “Stavo solo cercando di proteggermi.”
Negli occhi di Sora c’è una supplica.
“Da cosa?” Gli chiede.
Il viso di Yamato è una maschera di dolore.
“Dal desiderio di renderti felice.”
Sora crolla su se stessa.
Piange, e si scusa, e piange ancora. “Non riesco a capire cosa mi prende”, singhiozza.
Miyako lo sa. E’ sollievo.
Un sollievo crudele, che fa soffrire più del dolore. Perché è arrivato a caro prezzo.
Yamato è sporto verso di lei, e la guarda, e sembra che capisca.
“Sfogati”, le dice. “Ne hai bisogno.”
Sora, paradossalmente, si calma proprio dopo aver sentito quelle parole. Si asciuga le lacrime con la mano, e non osa guardarlo.
“Tu … mi stavi cercando?”
“Sì”, risponde lui.
Sora esita. “Io non so se sono pronta a prendere delle decisioni. Non so neanche cosa voglio.”
“Io aspetterò”, risponde Yamato serio. “E se vorrai ci sarò.”
Lei lo guarda, timida, e gli scruta nell’anima. E’ un discorso silenzioso così intimo che Miyako si sente del tutto fuori posto.
Dovrebbe andarsene.
E poi, all’improvviso, Sora allunga una mano verso di lui.
Yamato sgrana gli occhi, si irrigidisce, la guarda.
Sora si ferma, gli occhi lucidi, la mano a mezz’aria. Gli chiede il permesso.
Yamato avvicina il viso impercettibilmente, e freme.
Le dita di Sora tremano quando gli sfiorano la guancia, e poi trema anche lei, e di colpo altre lacrime scivolano lungo le sue guance.
Si guardano, come se avessero capito solo in questo momento di essersi trovati.
“Lo senti anche tu?” Chiede Sora con voce tremante.
Miyako cade dalle nuvole.
Sentire cosa?
Guarda rapidamente Yamato, ma lui non sembra affatto confuso. Sembra possedere una consapevolezza indicibile.
Yamato si porta una mano alla guancia, dove si trovano le dita di Sora. Le stringe, e chiude gli occhi. “Sì.”
E poi più nulla.
Miyako sente il cuore scoppiarle in petto, e il silenzio ferirle le orecchie.
Li guarda uno ad uno e li interroga, frenetica, disperata.
Sentire cosa?
Nessuno può risponderle.
Non Yamato e Sora, custodi gelosi di un segreto solo loro.
E nemmeno Hikari, che nel silenzio si stacca dal muro e si allontana, a passi lenti, sulle spalle un peso insopportabile.
Miyako è di colpo sola, e il mondo le si spacca in due.
 
***
 
“Mi dispiace di averti dato poco preavviso, Koushiro-san. Non stavi già per cenare, vero?”
“No, tranquilla, studiavo.” Koushiro la guarda, nel suo cappotto aperto che ha indossato alla bell’e meglio per raggiungerla in fretta fuori dal suo appartamento. “Va tutto bene, Miyako-kun? Che succede?”
“Ti ho spaventato con quella mail, eh?” Miyako si sforza di ridere, ma ha l’impressione che la sua risata sia breve e affrettata come il suo respiro corto. “Stai tranquillo, è tutto ok. Volevo solo chiederti un favore, sarà questione di poco.”
Koushiro aggrotta le sopracciglia. Non la capisce, si rende conto Miyako. Non è mai riuscito a inquadrarla.
“Dimmi tutto.”
“Potresti abbracciarmi?” Gli chiede di getto.
Koushiro resta a bocca aperta.
“Non mi dire che fa parte delle tue ricerche”, tenta, esitante. “Che libri stai consul-”
“Ti prego”, lo interrompe Miyako. “Ti prego, fammi solo questo favore. E’ l’ultimo favore che ti chiedo.”
Koushiro tace, e la osserva. Non sembra per nulla convinto.
“Miyako-kun …” Tenta ancora.
“Ti prego”, ripete ancora lei.
E Koushiro, dopo un interminabile momento di silenzio, annuisce piano.
Miyako si avvicina, tira un respiro profondo, chiude gli occhi e gli butta le braccia al collo.
Sente Koushiro irrigidirsi, deglutire, allungare le mani e metterle il più leggermente possibile sulla parte alta della sua schiena, tra le scapole. Lo sente respirare nervosamente, sente il profumo della sua pelle e la morbidezza della camicia stirata che porta abbottonata al collo. Sente il calore che si propaga dalla sua guancia, posta accanto alla sua.
Si ascolta respirare.
Tutto qui.
Miyako strizza le palpebre, si concentra, si impegna.
E’ tutto qui per davvero.
Allora si stacca, nettamente, come quando ci si toglie un cerotto.
Gli occhi neri di Koushiro sembrano spaesati.
Miyako fa un sorriso gigantesco che le tira fastidiosamente le labbra. “Ehi, grazie mille”, dice, leggera, e non riconosce la sua voce. “Dovresti fare un po’ più di pratica, eri teso come una corda di violino, ma sei sicuramente sulla buona strada!”
“Miyako-kun, mi spieghi cosa c’è?” Insiste Koushiro, ed è bello che sembri preoccupato per lei.
E’ bello davvero che lo sembri proprio ora.
“Grazie”, gli dice. “Vado a casa ora.”
E, sollevando una mano a mo’ di saluto, si gira e si allontana prima che lui possa finire di pronunciare il suo nome.
 
***
 
 
20.18
Da: Inoue Miyako
A: Ichijouji Ken
 
Credimi, non so perché ti scrivo.
Forse perché mi illudo che tu possa capire. Non ho mai incontrato nessuno che capisse le mie ricerche sulle anime gemelle, e da quello che mi dici anche tu hai passato una parte della tua vita immerso nella ricerca. E nella Ricerca, forse?
Non lo so. Forse mi serve solo dirlo a qualcuno. E’ qualcosa che non so dire neanche a me stessa.
La verità è che mi vergogno tanto, Ichijouji-kun.
Non sono stupida. In fondo ho sempre saputo che il mondo non fosse rose e fiori come volevo vederlo. Eppure ho paraocchi spessi come gli occhiali che porto, e la cosa più assurda è che li ho indossati di mia spontanea volontà.
Iori-kun dice che io ho il brutto vizio di crearmi un universo intero nella testa e di convincermi a crederci a dispetto di tutto, contro tutti. Io protesto sempre, ma in realtà credo abbia ragione.
A volte mi agito così tanto che non posso che farlo, vedi. Mi aiuta a non sentirmi preda della marea. E’ una cosa stupida fare il collegamento con la mia paura dei terremoti? Odio sentire il terreno cedermi sotto i piedi … Oh, sto esagerando adesso. Davvero non ho mezze misure tra mentire a me stessa e a tutti e analizzarmi troppo?
Devi credere che io sia matta. Non so se lo sono, ma so che non ce la faccio più.
E quindi lo dico.
Io ho bisogno di credere nelle anime gemelle.
Ne ho bisogno più di molti miei coetanei, più di molti adulti, e per tanto tempo ho pensato fossero strani gli altri. E invece ero solo io che non vedevo il quadro completo.
Sai, io mi sono sempre sentita diversa, da chiunque.
Io vivo le emozioni troppo forte, sono chiassosa e disordinata, sono impulsiva e ragiono in modo comprensibile solo per me, a volte. Non sono elegante, non sono riflessiva, non sono paziente …
Non sono come Hikari-chan, buona e gentile e carina a livelli estremi.
Non sono come Sora-san, forte e determinata.
Non sono come la mia amica d’America che mi tratta come una sorellina, sempre sincera con se stessa e gli altri, sempre allegra ed energica.
Non sono, non sono, non sono.
Sembra un discorso deprimente, mi dispiace. Ma credo di sentirmi così.
Ho sempre cercato qualcuno che mi vedesse. Qualcuno che vivesse quello che vivo io. Qualcuno che capisse cosa provavo.
Qualcuno che venisse a prendermi.
Come faccio ad accettare un pensiero del genere? A me non manca nulla. Ho tanti amici, una famiglia unita, una situazione economica accettabile. Io sono felice della mia vita.
Ma mi sento sola, tante volte.
E vorrei essere come gli altri, perché così forse non dovrei cercare di spiegare perché a volte le emozioni mi sovrastino, perché io non sappia mai controllarmi, perché io non potrò mai essere considerata carina.
Però io sono io, e sarò sempre io.
E così mi sono aggrappata al pensiero delle anime gemelle. Perché che diamine, l’anima gemella deve amarmi per forza, no? All’anima gemella basterò. L’anima gemella capirà, mi vedrà e accetterà i miei difetti.
Ora suono decisamente egoista.
Ma sono stanca di amare più il concetto di anima gemella che l’anima gemella stessa.
Io voglio innamorarmi in modo giusto di lei, al momento giusto, senza fretta o costrizioni. E non voglio essere difettosa e malgrado ciò essere amata … io voglio cambiare, migliorare, essere la brava persona che cerco sempre di essere.
Tutto qui.
Credi che sia tardi iniziare a crescere a sedici anni?
Credi che sia un’impresa possibile?
Credi che potrò ricominciare a credere nelle anime gemelle in modo felice, in modo giusto, nonostante tutto il dolore che possono provocare?
Ma soprattutto, credi che dopo questo fiume di parole vorrai ancora conoscermi?
 
 
22.20
Da: Ichijouji Ken
A: Inoue Miyako
 
 
Vorrei avere tutte le risposte che mi chiedi.
Non so quasi nulla della vita e delle cose importanti, ma alcune cose le so. Se non hai cercato di fare del male a qualcuno, non sei egoista. Se la tua priorità è quello di migliorarti e diventare una persona che ti piaccia di più, non sei egoista.
E voglio ancora conoscerti. Anche più di prima, se me lo permetterai.
Tutti noi ci aggrappiamo a qualcosa, pur di non vedere le parti peggiori del nostro carattere. Alcuni sarebbero disposti a fare di tutto, anche le cose più orribili, pur di non scenderci mai a patti. Fortunatamente tu non sei come me. Non hai dovuto diventare un mostro prima di scegliere di cambiare rotta.
Tu parli di non poter mai essere come Yagami-san, ma ti dirò una cosa sorprendente: lei ti ammira per la tua schiettezza e la tua forza vitale prorompente. A volte vorrebbe essere come te, e parla spesso di te.
Non conosco bene Takenouchi-san, né la tua amica americana, ma almeno questo lo so.
E so anche che ci vuole coraggio per essere onesti con se stessi come hai fatto tu poco fa, anche se in pratica non ci conosciamo.
Grazie per esserti aperta con me.
Per quanto riguarda le anime gemelle, io non credo che portino la felicità, o il dolore. Io credo che quello che facciano, in realtà, sia costringerti a cambiare.
Amplificano ogni cosa. Gioie, tristezze, tutto.
Ti mettono di fronte agli occhi te stesso, quello che cerchi, quello che vuoi, e ti dicono: Ecco. E ora?
Il resto sta a te.
E fa male, è difficile, è una crisi vera e propria. E può esserci tanto dolore, troppo dolore, perché come puoi sopportare di guardarti e vederti davvero?
Ma le crisi non sono necessariamente negative.
Forse potrebbe valerne persino la pena, e si potrebbe riscattare ogni lacrima per una gioia che è il doppio.
Io la penso così. Non so se possa esserti d’aiuto.
Ma non mollare.
Con la forza che hai, credo potresti muovere le rocce.
 
 
Seduta sul letto della sua stanza, Miyako scoppia in lacrime.
Chissà perché piange.
Perché un capitolo della sua vita è finito?
Perché ne sta iniziando uno diverso?
Perché si sente vista, per la prima volta?
Non ha senso saperlo. L’unica cosa che ha senso è quella sensazione di calore tremolante che le scioglie il nodo stretto in gola, le frantuma il macigno che porta nel petto.
E’ sicuramente una cosa positiva, ma per oggi Miyako piange.
Piange finché non è troppo stanca per continuare.
Piange, perché per rinascere devi prima un po’ morire, e portare il lutto di quello che sei stato.
Per tutto il tempo in cui piange, il cellulare rimane stretto fermamente contro il petto, come uno scudo e una medicina.
 
***
 
 
23.30
Da: Inoue Miyako
A: Ichijouji Ken
 
 
Grazie.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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