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Autore: EleAB98    28/04/2020    6 recensioni
(SERIE 1*) Hollywood U è una delle università più prestigiose della California.
Jane McMiller, ragazza ambiziosa dotata di grande talento, ha un sogno: diventare un'affermata regista. C'è solamente un ostacolo che s’interpone tra lei e il suo sogno. Thomas Hunt, infatti, il professore più in gamba dell'università, non le darà certo vita facile.
E come se non bastasse, la giovane ragazza si ritroverà, ancora una volta, a scegliere tra l'amore e la carriera.
Due mondi apparentemente inconciliabili, uniti da un filo sottile. Due mondi destinati a scontrarsi con la forza più misteriosa e allo stesso tempo più potente. La forza dell'amore.
Di un amore proibito che li sconvolgerà totalmente...
NOTA: Sono presenti delle citazioni tratte dal romanzo Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Alunna e Il Professore'
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Jane giurò di non aver mai visto quel sorriso. Quel sorriso impresso sul suo volto e che egli cercò inutilmente di nascondere alla sua vista.

“Allora...” domandò di nuovo la studentessa. “Che cosa mi risponde?

Prima ancora che Hunt potesse proferire parola, il suo telefono squillò.

“Mi scusi un attimo...”

“Certo, stia tranquillo.”

“Pronto? Oh sì... Certo che mi ricordo” disse lui lentamente, guardando Jane con la coda dell’occhio. “Senti Beverly, ti dispiace se ti chiamo in un altro momento?”

Nel sentire pronunciare quel nome, il cuore di Jane perse un battito. Si trattava forse di quella B che lei aveva letto sul suo biglietto quando Hunt si era recato a casa sua per convincerla a tornare alla Hollywood U?
La studentessa tentò di mantenere la calma, ma questa volta non le riuscì. Uno strano senso di malessere la investì all’improvviso, proprio come un fulmine che si manifesta inaspettatamente in una giornata assolata e senza nemmeno una nuvola.

No, questa volta non poteva proprio resistere.

Non appena Hunt riagganciò, il professore si accorse immediatamente del repentino cambio di attitudine di Jane, ma non ebbe nemmeno il tempo di indagare sulla questione che la ragazza si era già apprestata a uscire da casa sua.

“Mi scusi professor Hunt, ma adesso devo proprio andare. Continui pure la sua telefonata... Arrivederci” gli disse infatti, forzando un sorriso.

Senza parole, Hunt la guardò andare via, con un’espressione di sconcerto e meraviglia. E in un attimo, l’uomo si ritrovò nuovamente da solo, in quell’ampio e vuoto soggiorno, proprio come la prima volta che lui l’aveva baciata, provocando in lei la medesima reazione di quel momento: la fuga.
In effetti, benché egli non se ne fosse reso conto nell’immediato, si trattava esattamente dello stesso scenario.

 
***

 
In un attimo, Jane tornò a casa dei suoi genitori e, nel frattempo, ripesò a quanto accaduto poco prima a casa di Hunt. Perché aveva reagito in quel modo? Non aveva forse esagerato? Queste domande la tartassarono per tutto il tragitto. Eppure, in quel momento non aveva resistito nel volersene andare via. Sentirgli pronunciare il nome di Beverly aveva provocato in lei una sensazione che, sul momento, non avrebbe saputo nemmeno spiegare a parole.

Ma l’emozione che aveva provato nell’istante in cui Hunt aveva sorriso alla sua proposta non l’abbandonò, lasciandole per lo meno la minima speranza che il professore potesse accettarla. Ma un vuoto improvviso rimase impresso in fondo al suo cuore. Ricordava fin troppo bene quelle frasi scritte in quel biglietto che Hunt aveva perduto. E dentro di sé, Jane credeva che quella B iniziale si riferisse proprio a Beverly, la donna che gli aveva telefonato quella mattina.

Ma in fondo, a lei cosa poteva importarle?
 
Soltanto dopo qualche minuto, la giovane riuscì effettivamente a spiegarsi – o meglio, ad ammettere a se stessa - cosa avesse davvero provato poco prima di congedarsi dalla casa del professore.
Lei non aveva affatto dimenticato quei baci, quelle accese discussioni, il giorno di S. Valentino... Lei non avrebbe mai potuto dimenticare quanto aveva vissuto con lui o, almeno, non con un semplice schiocco di dita, benché stesse facendo di tutto pur di non pensarci e di concentrarsi in modo assoluto sul suo lavoro... poiché in definitiva, sarebbe stata soltanto questa la sua unica prerogativa.
 
 
***

 
“In virtù del potere a me conferitomi, io vi dichiaro marito e moglie!”
 
“No, no... NO!!!!”
 
In quell’istante, dopo aver urlato nel sonno per l’ennesima volta, Wilson si svegliò nel suo letto, madido di sudore e completamente spettinato. Quell’incubo lo perseguitava ormai da giorni. No, non poteva essere. Per quale stupido scherzo del destino continuava a sognare Priya vestita da sposa? Per quale assurda motivazione continuava a rimuginare su quanto gli aveva detto quella donna se, come egli aveva già asserito a se stesso e davanti a Malcom, non gliene importava un fico secco di lei?
 
Ancora scosso da quell’abominevole incubo, Wilson si recò immediatamente in cucina. Magari prendere una tazza di thé lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio, nonché a schiarirsi un poco le idee. Cosa avrebbe dovuto fare per risolvere la spinosa questione? Tagliare tutti i ponti con lei, oppure rinnegare quanto le aveva detto, dandogli nuovamente la possibilità di rapportarsi con Hunt? La seconda opzione sarebbe stata la più conveniente, sotto tutti punto di vista. Ma allora perché si rifiutava di chiamarla al telefono? Ancora una volta, Wilson visionò il registro delle chiamate ricevute.

Nessuna chiamata da parte di Priya. Sembrava che nemmeno lei intendesse fare la prima mossa. Entrambi erano forse accecati dall’orgoglio; quell’orgoglio che, molto spesso, si rivela il più grande distruttore delle coppie. Ma loro due non formavano affatto una vera coppia, e Wilson lo sapeva molto bene. Sarebbe stato tremendamente semplice telefonarle, scusarsi con lei per il suo gesto esagerato e tornare a vedersi come se nulla fosse accaduto. Ma qualche cosa, in realtà, era già successo, e lui non riusciva proprio a comprendere cosa.

Era da ormai molto tempo che il regista non si tuffava in una nuova relazione con una donna, per quanto reale o fittizia che fosse. E tutt’a un tratto, ritrovarsi lì, nella sua casa, completamente immerso nell’oscurità della notte che non lasciava intravedere il benché minimo spiraglio di luce, provocò in lui una profonda – quanto strana – agitazione. Ma non doveva cedere all’impulso di chiamarla. Avrebbe dovuto passare nuovamente quella notte da solo cercando di evitare quella sensazione che, suo malgrado, aveva preso pieno possesso del suo corpo, nonché del suo cuore.
 
 
***

 
Nel cuore della notte, Thomas continuò a riflettere riguardo la proposta della sua studentessa non mancando, però, di domandarsi perché improvvisamente avesse reagito in quel modo nel momento in cui aveva risposto a quella telefonata. Chissà, magari aveva visto in lui un’espressione particolare riflessa sul suo volto non appena aveva dichiarato che avrebbe richiamato Beverly più tardi, cosa che, in realtà, non aveva più fatto. In quel momento, si era sentito impotente nel vederla andare via ma, allo stesso tempo, perfettamente tranquillo, anche se...
 
Thomas si rigirò per l’ennesima volta nel letto, cercando di giustificare il suo (finto) distacco.
 
Diamine, si era soltanto trattato di una semplice telefonata, che cosa avrei dovuto dirle?! continuava a ripetersi, come fosse un mantra.
 
Cosa poteva averla sconvolta? si chiese poi, incrociando le braccia.
 
L’uomo sospirò per l’ennesima volta. Doveva rassegnarsi: quella notte non avrebbe chiuso occhio.
 
Una parte di sé avrebbe voluto inviare a Jane un messaggio con su scritto che stava seriamente riflettendo sulla sua proposta – soddisfando così l’intrinseca voglia di sentire la sua voce - se non considerando l’idea di accettarla all’istante. Ma l’altra parte di sé considerò quanto la cosa potesse apparire inappropriata, nonostante si trattasse solamente di questioni professionali. Insomma, doveva forse cedere all’istinto di chiamarla, oppure doveva fingere che non fosse accaduto nulla e che i due avessero concluso l’incontro con la solita stretta di mano? Con incertezza, Thomas prese in mano il telefono e compose il numero di Jane. Dopodiché, controllò l’orario.
 
Le 3:03. Scuotendo la testa, l’uomo spense il telefono. Non avrebbe certo potuto chiamarla a quell’ora. Per dirle cosa, poi? In realtà, non lo sapeva nemmeno lui. Se proprio avesse accettato la sua proposta, avrebbe semplicemente potuto mandargli una mail.

Perché mai avrebbe dovuto chiamarla?

 
***

 
La mattina dopo, non appena si svegliò, Jane visionò il telefonino, con la vana speranza di aver ricevuto un messaggio da parte di Hunt. Non si sbagliava: un nuovo messaggio le comparve sulla barra delle notifiche. Ma come forse c’era da aspettarsi, non si trattava del suo professore, bensì della sua migliore amica, forse preoccupata perché Jane non era rientrata nel suo dormitorio, quella notte. Senza perdere altro tempo, le telefonò.
 
“Pronto, amica mia? Sì scusami... Mi dispiace non avertelo detto.”

“Ultimamente non ti confidi più con me e la cosa mi preoccupa. Ti è forse successo qualcosa?”

Jane rimase in silenzio per un istante.

“No Addison, perché mai dovrebbe essere accaduto qualcosa? In questo momento mi trovo a casa della mia famiglia, se vuoi puoi venire a trovarmi.”

Addison sorrise, sollevata.

“Certamente. Sai che non aspetto altro... mezz’ora e sono da te. A tra poco.”

“Perfetto. A tra poco.”

Jane scese dal letto, e con fare propositivo si preparò per accogliere Addison in casa sua. I suoi genitori erano già svegli e Jeremy si trovava già in cucina a preparare la colazione.

“Ben svegliata, figlia mia.” esordì suo padre, vedendola entrare.

“Oh, buongiorno papà. Ben svegliato anche tu! Cosa c’è di buono per colazione?”

“Waffles alla marmellata e spremuta d’arancia.”

“Mmm... Ho già l’acquolina in bocca” rispose Jane, sedendosi immediatamente a tavola. “Dov’è la mamma?”

“È uscita un attimo in giardino. Credo che sarà qui a momenti... Tu piuttosto, cosa mi racconti? Dove sei stata ieri mattina?”

“Ve l’ho detto... Sono stata con Addison al centro commerciale.”

“Mmm... Interessante. Peccato che abbia visto la tua amica aggirarsi proprio da queste parti ieri mattina. E non mi è sembrato che ci fossi anche tu. Inoltre, ieri era domenica... Sbaglio o di domenica i centri commerciali sono tutti chiusi?”

Jane spalancò gli occhi.

E adesso, quale scusa avrebbe trovato per giustificare la cosa?

“Dici sul serio? Oh già, adesso ricordo... Addi era venuta nei pressi di Saint Lake Street per poter fare una piccola passeggiata nel bosco prima di recarsi con me al centro commerciale... Il negozio del centro è sempre aperto, papà... Dovresti saperlo.”

In effetti, quella del centro commerciale non era una bugia. Non chiudeva i battenti persino di domenica.

“Ho capito, ho capito...” rispose suo padre. “Quindi, se non ho capito male... La tua amica sarebbe venuta qui per farsi una passeggiata da queste parti in perfetta solitudine e poi vi siete recate in questo centro commerciale.”

“Esatto” rispose Jane, tirando un sospiro di sollievo. “E a proposito di Addison, vi avviso che sarà qui a momenti.”

“Benissimo. Oggi niente università?”

“Questo pomeriggio” rispose Jane, addentando finalmente un waffle.

“Verifiche in vista?”

“Papà, dimmi una cosa... Da quando in qua ti preoccupi del mio rendimento accademico?”

“Non dovrei?” rispose lui, alzando un sopracciglio. “Mi sembra il minimo, dopo l’ultima volta.”

“Si è soltanto trattato di un incidente di percorso, potete stare tranquilli.” si limitò a rispondere Jane, addentando un altro waffle.

“Lo spero bene... Ma non mi hai ancora detto per quale motivo ti sei assentata per quasi una settimana dalla Hollywood U. Insomma, se quel professore... com’è che si chiama?”

“Il professor Hunt.”

“Ecco, sì... proprio lui. Insomma,” riprese suo padre “se lui non fosse venuto qui...”

“Se lui non fosse venuto qui,” lo interruppe la giovane, alzando la voce “avrei comunque fatto ritorno all’università.”

“Se lo dici tu...”

“Papà! Cosa vorresti insinuare? Che sia forse stato merito suo?”

“Beh, di chi sennò?” replicò lui, facendo spallucce. “Abbiamo passato giorni interi a pregarti di tornare all’università. Ci hai forse ascoltato?”

“No, ma non per questo...”

“Appunto.”

“Avevo bisogno di stare da sola per un po’” precisò Jane, concentrando il suo sguardo sulla spremuta d’arancia che aveva davanti.

“D’accordo, ho capito, non ti assillerò mai più con questa storia... Ma ricordati che io rimango sempre il tuo papà, benché mi stia facendo vecchio e...”

“Papà! Quante volte ti ho detto di non definirti in questo modo?” lo ammonì Jane, alzandosi da tavola e andando ad abbracciarlo.

Suo padre ricambiò quel gesto, sollevato. Sua figlia non era affatto cambiata e le loro piccole quanto accese discussioni terminavano sempre con un abbraccio.

In quell’istante, sua madre rientrò dal giardino.

“Ma che carini, i miei piccioncini!” scherzò lei, mostrando un sorriso.

“Buongiorno mamma. Come stai?”

“Bene, figlia mia. Tu piuttosto?”

“Tu che ne dici?”

“Beh, credo proprio che siano stati quei waffles a metterti così di buonumore.” rispose lei, indicando il piatto ormai vuoto.

“Già, erano davvero squisiti. Sapete...” disse poi, guardando con affetto i suoi genitori. “Mi mancava tutto questo.”

Jeremy e Kelly sorrisero.

“Mi dispiace avervi fatto preoccupare quella volta in cui...”

“Stai tranquilla,” rispose la madre “non devi affatto scusarti. L’importante è che tutto sia tornato alla normalità.”

“Avete ragione” rispose lei, avviandosi in camera. “E adesso, se non vi dispiace, io andrei in...”
In quel preciso istante, qualcuno suonò alla porta.

“Deve essere Addison. Vado io!”

Jane aprì la porta e, in men che non si dica, invitò Addison a entrare.

“Salve a tutti.”

“Salve Addison, come va? Come è andata ieri al centro commerciale?” domandò immediatamente Jeremy, con un sorriso sornione.

Addison fece uno sguardo strano.

“Al centro comm...”

“Sì, al centro commerciale! Non ti ricordi?” intervenne Jane, cercando di farle capire di stare al gioco. “Hai comprato quel bellissimo vestito rosso, e poi...”

“Oh sì, ma che sbadata!” rispose Addison, comprendendo nell’immediato la situazione. “Sapete, non ho dormito molto questa notte, dunque mi sento ancora un po’ intorpidita.”

“Tranquilla Addison” rispose l’uomo, nascondendo un mezzo sorriso.

“Beh, adesso noi due andiamo in camera. A più tardi.”

Non appena Jane chiuse la porta del salone, suo padre scosse la testa.

“Mmm... Quelle due non me la raccontano giusta” disse poi a mezza voce.

Sua moglie Kelly sentì il suo mormorio dall’interno della cucina.

“Amore, hai detto qualcosa?”

“No, cara,” si affrettò a rispondere lui “non ho detto niente. Assolutamente niente.”

 
***

 
“Amica mia, adesso tu mi racconterai tutto! E non voglio scuse!” enunciò Addison, non appena Jane chiuse la porta. “Perché hai detto ai tuoi che siamo state al centro commerciale?”

“Tranquilla Addi, ti racconterò ogni cosa... ma mantieni la calma.”

Jane fece un bel respiro.

“Io e il professor Hunt...”

“Tu e lui cosa? Vi siete baciati? Di nuovo?” disse lei, non riuscendo a trattenere l’entusiasmo.

“Addi, ma cosa vai a pensare!” l’ammonì Jane. “Non è accaduto nulla di tutto questo.”

“E allora?” domandò lei, col fiato sospeso.

“Lui mi ha fatto una proposta. Ma devi promettermi solennemente che non ne farai mai parola con nessuno, nemmeno con Ethan. Per nessuna ragione al mondo.”

“Devo forse preoccuparmi? Comunque sta tranquilla, non lo rivelerò a nessuno. Puoi fidarti di me.”

“Benissimo. Ecco, vedi Addi... io e lui stiamo lavorando insieme a un suo nuovo progetto.”

“Lavorando insieme? A un nuovo progetto? Wow, suona davvero molto romantico.” mormorò l’amica, palesando la sua delusione.

“Sono seria” disse Jane, scuotendo la testa. “Mi ha offerto di collaborare con lui alla redazione della sceneggiatura che presenterà al prossimo Festival del Cinema.”

Addison spalancò gli occhi.

“Non ci credo! Ma questa è un’occasione davvero unica per te!”

“Esatto.” rispose lei.

“Non ne sei entusiasta? È stato o non è stato sempre il tuo sogno lavorare a stretto contatto con un regista competente che ti insegnasse tutti i segreti afferenti al mondo del cinema? E poi, ammettilo... ti è capitato davvero un bel tipo!”

“Certo che sono contenta, Addi! Ma...”

“Ma il fatto che quel regista sia proprio Thomas Hunt non facilita le cose, non è vero?”

“Vedo che hai capito senza che accennassi minimamente all’argomento.”

“Beh, non ci vuole certo un genio per capirlo.”

“Addi, ti giuro che ci ho provato in tutti i modi... Lavorare con lui è stimolante ed è sempre stato il mio sogno di bambina... Ricordo ancora la prima volta che lo vidi in televisione...” Jane sorrise per un istante. “Dissi a mio padre che mi sarebbe tanto piaciuto lavorare con quel regista, un bel giorno... E non sapevo ancora che si trattasse di Thomas Hunt... Pensa quanti anni dopo l’ho scoperto! Insomma, non avrei mai creduto che l’occasione mi si sarebbe presentata su un piatto d’argento. È davvero un sogno a occhi aperti.”

“Ma non riesci a dimenticare ciò che c’è stato prima che voi cominciaste questa stretta collaborazione professionale” concluse Addison, con leggera amarezza.

“Esattamente. Io non riesco proprio a dimenticare quei dolci baci che ci siamo scambiati prima che tutto ciò avesse inizio.”

“Aspetta un momento... Hai detto ‘baci’? Ce n’è stato più di uno?”

“Cosa?” domandò Jane, accortasi poi del ‘suo errore’. “No, intendevo dire...”

“Intendevi dire baci, ti ho sentita molto bene” replicò Addison, gesticolando. “E non provare a negarlo.”

“Addison, io...”

“Ti ha baciato un’altra volta, non è vero?” la interruppe nuovamente l’amica, desiderosa di saperne di più.

“Sì” rispose Jane, emettendo un sospiro. “È successo di nuovo... Ma non ultimamente e soprattutto non nel mondo in cui credi tu.”

“E allora come?”

In quell’istante, Jane udì un suono provenire dal cellulare. Nella barra delle notifiche le apparve un nuovo messaggio. Cliccò sull’icona e, in men che non si dica, ne scoprì il mittente. Non poteva crederci.
“Senti Addison, adesso scusami, ma devo andare. Ci vediamo più tardi!”

“Dove...”

Jane sbatté la porta della sua camera e, in men che non si dica, uscì di casa.

“vai?”

Addison non era nemmeno riuscita a concludere la sua domanda. Jane doveva aver veramente perduto il senno. Non a caso, era la prima volta da quando si conoscevano che lei la mollava così, su due piedi e senza ricevere la benché minima spiegazione.

 
***

 
Buongiorno Jane, ho riflettuto a lungo riguardo la sua proposta, e le confesso che l’idea di ricominciare quella sceneggiatura mi alletta non poco, sebbene in minima parte mi ‘spaventi’. Ma ho preso una decisione e spero di poterne al più presto discutere con lei. Ci vediamo questo martedì, al solito posto, alle ore 16:00.
A presto,
Thomas Hunt
 
Proprio quando Jane stava per rispondere al messaggio di Thomas, la giovane ricevette una sua telefonata. Con sua somma sorpresa e altrettanta emozione, gli rispose.

“Buongiorno, professor Hunt, non mi aspettavo una sua chiamata... Le occorre qualcosa?”

“Ecco, volevo sapere come stava...” esordì lui, con una dolcezza che di solito non gli apparteneva. “Sa, ieri è letteralmente scappata via da me senza alcuna spiegazione per cui... Insomma, volevo sapere se tutto procede al meglio, perché ieri sera mi è sembrata... preoccupata.”

O forse doveva dire dispiaciuta?
 
Jane rimase in silenzio per qualche istante. Mica poteva fargli una scenata e domandargli chi fosse quella Beverly!
 
“Professor Hunt, la ringrazio per l’interessamento, ma non deve preoccuparsi. In famiglia va tutto a meraviglia... Quanto a me, mi ero soltanto ricordata di dover rendere un favore a un’amica e non potevo assolutamente rimandare...” gli rispose, cercando di suonare convincente.

“Sono felice di sentirlo” rispose Hunt, fingendo di essere soddisfatto della sua risposta. “Ma l’ho chiamata anche per un'altra ragione. Non so se ha già letto il messaggio che le ho mandato poco fa, ma avrei bisogno discutere con lei della proposta che mi ha fatto ieri. Sarebbe disponibile?”

 
***

 
“Che cosa, ma sei impazzito! Vuoi veramente ricominciare tutto da capo?” gli domandò Jonas, recatosi insieme a Hunt nella caffetteria dell’università.

“Perché no?” ribatté lui. “In fondo, le lezioni del semestre sono finite da un pezzo e ho molto tempo libero da dedicare alla mia vecchia sceneggiatura.”

Jonas lo guardò dall’alto in basso. Stentava davvero a riconoscerlo.

“Ma sono passati anni! Ne sei sicuro? Poi, dimmi una cosa... Che cosa o chi ti ha fatto cambiare idea? Fino a due settimane fa sembravi super convinto di voler portare avanti la tua nuova sceneggiatura.”
“Sì, questo lo so bene” rispose Hunt, bevendo un altro sorso di caffè. “Ma si può anche cambiare idea, di tanto in tanto.”

“E io so benissimo quanto sia difficile che ciò accada” rispose lui di rimando. “Chiunque sia stato a convincerti deve proprio aver fatto breccia nel tuo cuore, sennò non si spiega.”

“Non posso essermene convinto da solo?” replicò Hunt, piccato. “In fondo, non è mai troppo tardi per ricominciare un qualcosa che si è lasciato indietro.”

“Su questo ti do ragione. Ma non te la prendere, la mia era solo una battuta... anche se gira voce che...”

“Che? Avanti, concludi la frase. Non tenermi sulle spine.” lo incalzò il regista, scrutandolo con sospetto.

“Gira voce che tu abbia un flirt con un donna molto più giovane di te” disse lui, tutto d’un fiato.

Hunt strabuzzò gli occhi e smise di bere il suo caffè.

“Che cosa? Non crederai davvero a quest’assurda storia? Inoltre, dove lo avresti sentito?”

“Sta tranquillo! Sono soltanto voci di corridoio... Sai come sono gli studenti.”

“Gli studenti, oppure quell’inaffidabile del signor Wilson? È sempre il solito...”

L’espressione di Hunt si tinse di un lieve disprezzo.

“Non sarai un po’ paranoico nei suoi confronti?”

“Chi, io? Assolutamente no. A ogni modo, non è affatto vero quello che si dice in giro. Io non ho nessun tipo di relazione amorosa e tu lo sai bene.”

“Certo che lo so, amico mio. Ne stavo discutendo con Priya l’altro giorno.”

“Vedi? Cosa ti dicevo?”

Jonas lo ignorò e riprese il suo discorso.

“Inoltre, se fosse stato vero, me lo avresti certamente detto. Ma ammetto che, in questi ultimi tempi, ti vedo assai cambiato. Mi sembri più determinato, più...?”

“Soddisfatto di me stesso? Sì, può essere” rispose lui, mostrando un sorriso. “È sempre entusiasmante tornare a dedicarsi a tempo pieno alle proprie passioni.”

“Un’emozione che avevi in parte perduto, però.”

“Hai ragione” disse lui, scuotendo la testa. “Non so come sia possibile, ma ultimamente mi sento vivo. Più vivo che mai... Eppure, non è accaduto nulla di particolare.”

“Lo vedo amico, lo vedo...” sorrise Jonas. “E non posso che essere felice per te. Sono sicuro che sbalordirai tutti quanti al Festival.”

“Beh, adesso non ti allargare. Non dimenticare che anche tu ci vai giù pesante eh!”

I due scoppiarono a ridere e Jonas non poté fare a meno di palesare la sua espressione meravigliata. Da quanto tempo il suo amico non rideva così?

“Comunque, con noi due in gioco, sono sicuro che il signor Wilson non avrà scampo.”

“Tu dici? “Mi sembra che quell’uomo sia invece molto determinato.”

“Mai tanto quanto la signorina McMiller...” ribatté Jonas, con fare tranquillo.  

“Scusami, cosa hai detto?” domandò Thomas, dopo essersi quasi strozzato con il caffè.

“Ma come, non la conosci? È stata la migliore studentessa del corso che abbiamo tenuto io e te lo scorso semestre. Avanti, non puoi non ricordarla... Al mio esame si è presentata questa mattina e indovina che voto ha preso? Un bellissimo trenta e lode. E tu sai che io ben di rado assegno agli studenti una simile votazione.”

A quelle parole, Hunt rimase di stucco. La sua studentessa era stata veramente così in gamba?

“Ma stai dicendo sul serio?”

“Certo che sì, perché dovrei mentirti? Ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Ti ricordi di quella studentessa?”

“Sì, ne ho sentito parlare.” rispose lui con indifferenza.


‘Ne ho sentito parlare?’ Perché diavolo gli aveva risposto in quel modo? pensò poi Hunt, ancora scosso da quanto Jonas gli aveva appena detto.


“Ma è stata davvero così brava?” domandò, non sapendo cos'altro dirgli.

“Eccellente, superlativa” rispose lui. “Credimi, non sono solito parlare in questo modo dei miei discenti ma, in tutti gli anni della mia carriera di insegnante, credo di non aver mai assistito a un colloquio del genere. Aveva un’eccellente padronanza del lessico e del linguaggio specifico della cinematografia, nonché una sicurezza da far invidia a chiunque.”

Hunt annuì. Nel suo cuore, era perfettamente consapevole che il suo amico stava dicendo ciò che lui, in realtà, aveva già da tempo appurato. La sua studentessa gli aveva mostrato più e più volte la sua preparazione, nonché quel lato ribelle ed entusiasta del suo carattere. Un lato che si era a lui rivelato soprattutto negli ultimi tempi e, in particolare, durante le loro accese discussioni.

“Insomma,” continuò Jonas “è stato tutto inutile cercare di metterla in difficoltà per comprendere fin dove il suo senso di sicurezza potesse arrivare. E alla fine, mi ha convinto. Spero sarà in grado di persuadere anche te, uno dei professori più severi e inflessibili della Hollywood U...” disse poi Jonas, facendo la voce grossa.

Thomas rise per un istante e scosse la testa.


Oh, ma lei lo ha già fatto, in verità... dichiarò poi, nelle viscere più profonde del suo cuore.


Ma come di consueto, la sua razionalità gli fece dire ben altro.

“Difficile che ciò accada, amico mio. In fondo, per quanto quella studentessa possa essere brava, rimane pur sempre e soltanto una studentessa, appunto.”

“Una studentessa veramente talentuosa” precisò Jonas.

Hunt annuì, e per l’ennesima volta cercò di coprire la propria espressione dipinta sul viso terminando di bere il suo caffè, ormai raffreddatosi. Il suo collega aveva pienamente ragione e sperava tanto che i suoi occhi non ‘fossero in grado di parlare’ più del dovuto, lasciando trapelare quanto fosse d’accordo con lui.
   
 
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