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Autore: MauraLCohen    28/04/2020    1 recensioni
Raccolta di missing moments su Sandy e Kirsten per raccontare del loro passato a Berkeley, di qualche breve frammento della loro vita quotidiana a Newport e non solo... Il tutto condito da una buona dose di hurt/comfort.
[Alcuni prompt sono presi dal gruppo Facebook “Hurt/Comfort Italia - Fanfiction e fanart”]
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: insogna
Parole: 818


Era notte fonda e fuori dalle finestre di casa Cohen si respirava una piacevole aria di tranquillità. La casetta in piscina riposava, il giardino interno era avvolto nel silenzio e le luci delle stanze erano tutte spente, o quasi. Lo studio di Sandy era ancora sveglio e operativo. L’avvocato, infatti, si stava immergendo nella lettura di svariati fascicoli inerenti al nuovo caso su cui da qualche giorno lavorava. Una famiglia rischiava di prendere il proprio figlio perché l’assicurazione sanitaria non copriva un intervento, ritenendolo troppo sperimentale. Sandy voleva disperatamente trovare un modo per risolvere la situazione e permettere ad una madre di non dover guardare morire il proprio bambino per uno stupido cavillo burocratico. Si stava impegnando a tal punto da averci perso il sonno. 

Kirsten, intanto, dormiva al piano di sopra, avvolta dal buio della camera da letto e dal piacevole tepore delle lenzuola. Si girò su se stessa, finendo sul cuscino vuoto del marito. Istintivamente gli occhi di Kirsten si aprirono, ma non riuscirono a vedere nulla a causa dell’oscurità; mosse lentamente le mani sulla superficie del materasso, percependo la stoffa sgualcita delle lenzuola. Cercava Sandy, ma lui non c’era. Anche quella notte doveva essere rimasto in piedi, pensò, mettendosi a sedere con la schiena contro la spalliera. L'incessante smania di aiutare gli altri era una caratteristica di Sandy che Kirsten amava profondamente, ma si rendeva conto che il marito, spesso, si lasciava trascinare eccessivamente dalla cause che seguiva. Era come se quelle famiglie e i loro problemi, gli entrassero sotto pelle. Andava avanti così già dai tempi di Berkeley; Kirsten, ormai, aveva perso il conto delle notti in cui lo aveva trovato addormentato sul pavimento, tra il tavolino e il divano, circondato da mille scartoffie. Quell’immagine le dipinse sul viso un sorriso nostalgico; gli anni a Berkeley erano stati i più belli della loro vita: avevano vissuto lì la maggior parte dei momenti più importanti della loro storia: dal primo incontro, fino alla nascita di Seth. Era strano pensare a come il tempo fosse volato veloce e a quanto entrambi fossero cambiati. Kirsten allungò la mano sul comodino per accedente l’abat jour e rischiarare gli ambienti della stanza. Si mise in piedi per cercare l'accappatoio bianco, non ricordandosi dove lo avesse lasciato la sera precedente. Quando lo ebbe trovato, ci si avvolse dentro mentre scendeva le scale per andare al piano di sotto. Com’era prevedibile, l’unica luce accesa era quella dello studio di Sandy. Kirsten si avvicinò alla stanza senza fare troppo rumore: non voleva disturbarlo. Lo trovò con il capo reclinato sulla poltrona ed entrambe le mani a coprirgli la faccia, mentre sulla scrivania vi erano decine di fogli e cartelle. Rimase a guardarlo per un po’ senza dire niente: anche con l’aria così stanca, con i capelli spettinati e il viso crucciato, Sandy appariva agli occhi della moglie terribilmente attraente. Sorrisero entrambi quando i loro sguardi si incrociarono. 

« Che fai in piedi? » chiese l’uomo con fare premuroso. Kirsten fece spallucce, camminando verso di lui. « Ti stavo cercando. Non sei venuto a letto. » 

Sandy scosse la testa, esausto. « Scusami, ma questo caso mi sta uccidendo. Non so davvero come aiutare gli Hughes ad uscire da questa storia. È incredibile… » fece una pausa mentre Kirsten si sedeva su di lui, portandogli le braccia al collo. « È incredibile quanto sia ingiusta tutta questa situazione. Il figlio ha appena dodici anni. » Un sospiro sommesso gli scappò dalle labbra e gli occhi gli si incupirono al pensiero di tutta la sofferenza che i suoi clienti dovevano star patendo in quel momento. « Ho le mani legate » proseguì, guardando la moglie. A Kirsten si spezzava il cuore nel vedere Sandy così turbato; sapeva che la sua preoccupazione era sincera: a lui non importava dei soldi né della carriera, l’unica cosa che voleva era aiutare gli altri. E lei voleva davvero poter alleviare le sue pene in quel momento, ma non sapeva come. Gli accarezzò i capelli con le dita, liberando la fronte dalle ciocche ribelli che lo stavano infastidendo. Lui le sorrise, stringendola a sé. 

« Vedrai che troverai un modo per aiutarli » lo rassicurò Kirsten, sorridendo di rimando. « Nessuno meglio di Sandy Cohen sa come affossare il sistema. » 

Sandy sospirò. « Stavolta credo proprio che sarà il sistema ad affossare me. » E a giudicare dalla rassegnazione nel suo sguardo, ci credeva davvero. Kirsten gli prese il viso tra le mani e gli baciò dolcemente le labbra. « Io ho piena fiducia in te e anche tu dovresti averne. E comunque vada, qualsiasi cosa succeda, io sarò lo stesso orgogliosa di te, perché so che avrai fatto l’impossibile per cercare di aiutare quella famiglia. » 

« Ti amo, lo sai, vero? » le rispose Sandy, accarezzandole il braccio. Kirsten annuì, ridacchiando. « Lo sospettavo » scherzò, riavvicinandosi al viso del marito per baciarlo ancora. 

   
 
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