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Autore: _ A r i a    29/04/2020    2 recensioni
{ wizard!au | questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it }
«Negromanzia, eh?»
Reiji aveva finito per strozzarsi con il suo stesso respiro. Nell’aria risuonava ancora il trillo della campanella.
«C-che…?»
«Il libro. L’ho riconosciuto, so leggere il runico» aveva replicato il ragazzo, come se stesse constatando qualcosa di ovvio.
«Tutti… tutti i maghi sanno farlo» gli aveva fatto notare Reiji.
«Già» il ragazzo aveva sospirato, uscendo finalmente dalla bottega. Un momento dopo, era già sparito nel nulla.
Il tempo, che era parso fermarsi nell’attimo in cui quel giovane misterioso aveva messo piede all’interno del negozio, sembrò riprendere a scorrere solo in quel momento.
Kageyama non ne comprendeva ancora il motivo, ma aveva come l’impressione che avrebbe rivisto molto presto quel ragazzo.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le giornate d’autunno trascorrevano con estrema lentezza.
Kageyama, dalla vetrina della bottega, passava il tempo ad osservare le foglie degli aceri giapponesi cadere dai loro alberi e affollare i cigli del viale e a prepararsi tazze su tazze di tè. Il momento più esaltante della giornata era quando si ritrovava ad imbustare semi per i rari clienti che passavano in locale, ma negli ultimi dieci giorni solo un paio di maghi avevano avuto l’ardire di addentrarsi nel nugolo di vicoli secondari di Akihabara dove si trovava la bottega.
In effetti, il tempo non era stato dei migliori: il cielo era sempre grigio e un vento gelido soffiava di continuo, come se un’enorme tempesta fosse in procinto di abbattersi sulla zona da un momento all’altro.
Era un clima strano, innaturale. Il modo in cui le nubi erano condensate nel cielo faceva sospettare che ci fosse un incantesimo dietro a tutto ciò. Inoltre, Lok continuava ad essere irrequieto da giorni, come se anche lui percepisse che qualcosa non stava funzionando nel modo corretto.
O forse, semplicemente, aveva avvertito nell’aria il malumore del suo padrone.
Kageyama, infatti, non era riuscito a togliersi dalla testa l’ultimo incontro tra lui e Yuuto. Si sentiva un mostro, non avrebbe dovuto rispondere in un modo tanto sgarbato al mago più potente in circolazione. Perché, poi? Reiji conosceva bene la risposta a quella domanda, sebbene continuasse a negarla a se stesso.
Detestava parlare di suo padre. L’idea di riportare a galla ricordi che credeva ormai sepolti da tempo lo urtava oltremodo.
Stava mentendo a se stesso ancora una volta, però, lo sapeva bene. Avrebbe voluto davvero essersi lasciato alle spalle quei ricordi, eppure non c’era giorno in cui non lo tormentassero. La visita di Yuuto non aveva fatto altro che riaprire una ferita mai sanata, e se l’aveva allontanato dalla bottega era stato solo per cercare di non pensarci, salvo poi ottenere l’effetto opposto.
Non aveva proprio modo di sfuggire al proprio passato, eh?
Non avrebbe dovuto cacciare il ragazzo. Per qualche buffa ragione, la compagnia che quel giovane era riuscito ad offrirgli nei pochi momenti che avevano trascorso insieme l’aveva rinfrancato. Forse trascorrere tutti quegli anni in completa solitudine non era stata poi una scelta così brillante.
Dopo l’incidente, Kageyama non ricordava d’aver avuto accanto mai nessuno, se non le sporadiche visite dei suoi clienti e il petulante gracchiare di Lok. Incontrare Yuuto, invece, era stato come scoprire un mondo nuovo, o tornare a vedere i colori dopo molto tempo in cui la realtà era stata solo in bianco e nero. Era venuto a conoscenza di sensazioni che non avrebbe mai immaginato esistere, aveva scoperto che il peso di un vuoto o di un silenzio era più facile da colmare se si era in due.
Adesso, però, era tutto finito.
Era calata la sera, e Kageyama stava aggiornando il suo vecchio inventario. Avrebbe dovuto ordinare delle nuove piume di corvo dal fornitore di Tel Aviv da cui era solito approvvigionarsi, e apparentemente intuendo i suoi pensieri Lok si lasciò sfuggire un verso più stridulo del solito.
Pennuto malefico.
La campanella sopra la porta del negozio trillò. Reiji non ci diede troppo peso, ritrovandosi a sbuffare. Strano, eppure era certo d’aver già esposto il cartello di chiusura anche quella sera.
«Siamo chiusi» borbottò, senza staccare gli occhi dall’inventario.
«Lo so.»
Per un momento credette di esserselo sognato. Eppure era impossibile, non avrebbe mai confuso quella voce così melliflua e cristallina con nessun’altra al mondo.
Gli occhi di Kageyama schizzarono verso l’alto. Mentre la porta si chiudeva, Kidou Yuuto era lì, immobile sulla soglia d’ingresso del locale, perfettamente in ordine come al solito.
Camicia di seta verde giada, jeans neri, scarpe da ginnastica dalle stesse sfumature della cenere. Sembrava così irreale, eppure era lì, vero, in carne ed ossa. Senza l’imponente mantello pareva mancargli qualcosa, tuttavia sarebbe stato impossibile non adorarlo anche in quella versione più sobria.
«Yuuto…» si era ritrovato a mormorare Kageyama, forse con fin troppa enfasi nella voce.
Il ragazzo aveva sorriso nella penombra della sera, prendendo a scendere giù dai gradini lignei dell’ingresso.
«Kageyama» aveva replicato, senza distogliere le iridi cremisi da quelle nere d’inchiostro di Reiji, ormai reciprocamente incatenate in maniera irrimediabile. «Sembra che abbia sofferto la mia mancanza.»
Reiji aveva deglutito a vuoto. «È così, a dir la verità» s’era ritrovato ad ammettere. «Dopo l’ultima volta temevo che non volessi più avere niente a che fare con me…»
Yuuto sorrise di nuovo ed espirò, quasi come trovando del sarcasmo nelle parole di Kageyama. Aveva ormai raggiunto il bancone. «Perché avrei dovuto?» gli domandò. Sembrava non riuscire sul serio a comprendere le ragioni di Reiji.
«Non sono stato cortese con te la volta scorsa» Kageyama abbassò lo sguardo in fretta – perché non riusciva a non sentirsi colpevole, sotto lgli occhi attenti e rubizzi di Yuuto? «Perdonami, non avrei dovuto rivolgerti quel tono…»
«Non fa niente» lo interruppe Yuuto, perentorio. Pareva aver già rimosso quella mezza discussione con cui avevano terminato la loro ultima discussione. «È acqua passata, sul serio. Non mi sarei neppure dovuto permettere di tirare fuori un argomento del genere, dopotutto ci conosciamo da fin troppo poco tempo.»
Reiji tornò ad osservare il ragazzo, questa volta con espressione confusa.
«Allora… perché sei qui?» gli chiese, senza veramente riuscire a vedere dove Yuuto volesse arrivare.
A quella domanda, il sorriso sul volto di Yuuto parve ampliarsi.
«È vero, lei è un mago erborista» aveva replicato, facendo riferimento alla frase con cui Reiji aveva chiuso il discorso, durante la loro ultima conversazione. «Però ho come l’impressione che abbia conservato da qualche parte alcuni libri di negromanzia. Ci ho visto giusto?»
Dannazione.
Avrebbe dovuto saperlo. Si sarebbe dovuto liberare di quei manuali molto tempo prima, quando ne aveva avuto la possibilità. Invece no, li aveva tenuti, considerandoli un ricordo caro che non era pronto a lasciare andare. Stupidi sentimentalismi.
Reiji eluse la domanda, e per Yuuto quella fu una risposta fin troppo eloquente.
«La negromanzia è una strada pericolosa, Yuuto» lo redarguì. «È meglio lasciar riposare chi non c’è più. Nessuno scende a patti con la morte senza rischiare qualcosa di grosso.»
«E se il rischio fosse minore del previsto?»
Quelle parole fecero voltare Kageyama di scatto verso il ragazzo.
«Se non si dovessero andare necessariamente a scomodare i morti… se ci fosse il modo di richiamare qualcuno che è rimasto bloccato tra due mondi…»
Kageyama non riusciva a comprendere. Qualcuno bloccato tra il mondo dei vivi e quello dei morti? Come poteva essere possibile?
«Che… che condizione sarebbe mai questa?» chiese Reiji, incredulo.
Yuuto puntellò un gomito sul bancone. «Un’esplosione di magia pura è diversa da un incantesimo, no? La prima è energia latente, allo stato più primordiale e incontaminato della sua forma. La seconda è veicolata, una pietra non più grezza, ma raffinata. In questo caso non hai vie d’uscita, perché la magia sgorga fuori attraverso una modulazione, della voce o delle mani che sia. Ma una magia incontrollata… no, è tutt’altra cosa. A questo punto… se non c’è stato un vero e proprio incantesimo, se dietro la magia non c’era un’intenzione… allora, in teoria, è possibile che non abbia avuto un effetto vero e proprio, giusto?»
Follia. Quella era una follia vera e propria, senza ombra di dubbio. Kageyama iniziava a comprendere cosa Yuuto desiderasse davvero, e questo lo spaventava tremendamente. Perché rivedeva in lui la stessa disperazione di suo padre, e sapeva bene a cosa avesse portato quest’ultima. Certi desideri sembrano ricoperti da una patina dorata, poi, però, se li si osserva da una distanza ravvicinata, scopri che in realtà sono marci, e che ti stanno logorando dall’interno. Rischiano di farti impazzire, di portarti a compiere gesti insensati.
Era quello che era successo a suo padre. Era quello che, probabilmente, stava capitando anche a Yuuto.
«Yuuto…»
«La prego» l’aveva supplicato il ragazzo. «Tecnicamente ho ragione, non è vero?»
Reiji sospirò pesantemente. Sì, probabilmente c’era la possibilità di aggirare la morte. L’aura di Yuuto era la più potente che conoscesse, non aveva mai incontrato uno stregone forte quanto lui. Inoltre, se l’avesse tenuto d’occhio probabilmente avrebbe potuto impedire che quel desiderio lo divorasse. Avrebbe potuto salvarlo, sarebbe riuscito in ciò in cui aveva fallito con suo padre.
E poi era anche una buona occasione per averlo al suo fianco. Gli era mancato terribilmente, non aveva mai mentito a se stesso in merito.
Reiji chiude gli occhi. Sarebbe stato difficile, sarebbe stato pericoloso. Sapeva che, in buona parte, la risposta che stava per dargli conteneva un’abbondante dose di egoismo, ma non poteva farci niente.
«E va bene» cedette infine. «Che cosa vuoi da me, ragazzo?»
Yuuto aveva sogghignato, vittorioso. «Potrei cominciare dando uno sguardo a quei famosi libri?»


Il fuoco avvolse le torce dello scantinato, che illuminarono il pelo lustro e nero di Aëir.
Erano quattro fiaccole, piazzate ai rispettivi angoli della stanza principale. Ampia, calda, accogliente. Le fiamme conferivano una sfumatura simile a quella d’un tramonto infuocato alle pareti violacce, mentre ogni mobile era rimasto esattamente nella posizione in cui Kageyama ricordava di averlo lasciato l’ultima volta in cui era sceso lì. Le poltrone e il divano in pelle dello stesso colore della terracotta al centro della stanza, resi morbidi e lisi dal tempo e dall’usura, il grande tappeto verde e ovale sotto di essi, infeltrito e pieno di polvere. Le librerie erano cinque, una lunga appoggiata alla parete davanti a loro, due poste ciascuna sul rispettivo lato corto di quel locale dalla pianta rettangolare, e le ultime due premevano proprio contro il muro a cui erano più vicini in quel momento, divise solamente dalla fenditura dell’ingresso. Reiji andava particolarmente fiero del suo assortimento di manuali, curato nel corso degli anni.
Alla loro sinistra c’era anche una piccola scrivania, anch’essa ricolma di volumi e sulla quale compariva perfino un mappamondo dalle sembianze antichissime. Nell’angolo più lontano rispetto a dove si trovavano adesso, invece, spiccava la presenza di un leggio dorato, all’estrema destra. Lok volò a posarcisi sopra.
«Non me la immaginavo così grande» ammise Yuuto, muovendo qualche passo in avanti all’interno della stanza. Reiji rimase immobile sulla soglia, intento ad osservarlo attentamente.
Kidou sembrava perfettamente a suo agio all’interno di quello scenario. Aëir, come al solito, lo seguiva come un’ombra, incapace di allontanarsi più del dovuto da lui. Il suo padrone l’aveva portato in braccio giù per le scale che conducevano allo scantinato, e lui s’era lasciato trasportare con compiacenza, in una profusione di fusa. Le scale, in effetti, non erano ridotte meglio della stanza in cui si trovavano ora: l’umidità aveva invaso entrambi gli ambienti e, nel caso specifico della scalinata, i gradini erano diventati umidi e scivolosi, pressoché impercorribili. Alcuni rischiavano perfino di cedere da un momento all’altro… era un miracolo che fossero arrivati lì tutti interi.
Il famiglio di Yuuto si lasciò cadere sul tappeto, rotolandosi su di esso. Inevitabilmente, una nuvola di polvere s’alzò nell’aria.
«Dovrei dare una risistemata…» constatò Reiji, sconsolato.
Yuuto, dal canto suo, non sembrava altrettanto preoccupato. Si voltò verso Kageyama con un’espressione interrogativa e, un secondo dopo, schioccò le dita.
In un istante, una forte folata di vento si alzò nella stanza. Reiji chiuse gli occhi, Aëir conficcò gli artigli nel tappeto per non farsi spazzare via e Lok cercò di dominare in volo quella corrente improvvisa come meglio poteva. Non appena la raffica sembrò essersi placata, Reiji provò a sollevare cautamente le palpebre.
Come immaginava, buona parte della polvere sembrava essersi volatilizzata nel nulla.
«Bene» commentò Yuuto, facendo per prendere posto su una delle poltrone. «E anche questa l’abbiamo sistemata.»
Kageyama avrebbe voluto borbottare qualcosa sul fatto che se ne sarebbe potuto occupare benissimo da solo, tuttavia decise di trattenersi: aveva appena avuto la conferma di quanto i poteri di Yuuto fossero straordinari, e gli aveva dato una mano non indifferente. E oh, andiamo, meglio non rischiare per una volta di venire fulminati, no?
Yuuto stava giusto per sedersi, quando finì per urtare una sfera di cristallo poggiata sul basso tavolino. Il ragazzo l’afferrò appena in tempo, un momento prima che potesse infrangersi a terra, restando per qualche secondo incantato ad osservare le sfumature violette del cristallo.
Kageyama evitò di farglielo notare.
«Dunque» Reiji mosse un dito in direzione di una delle librerie, e subito alcuni tomi s’alzarono in volo, dirigendosi verso il tavolino posto in mezzo alle poltrone. «Come saprai, la negromanzia fa parte di quell’area della magia che viene identificata con il termine di magia nera…»
«Oh, ho un professore tutto per me?» commentò Yuuto, malizioso.
Reiji si voltò nella direzione del ragazzo. C’era qualcosa di strano nel suo tono di voce. Stava forse… flirtando con lui?
Reiji decise di non darci troppo peso. Mosse di nuovo la mano, facendo aprire uno dei volumi accanto a Yuuto. Una porta in fondo alla stanza, inoltre, si spalancò, e una lavagna corse nella loro direzione.
«Ci sono un mare di incantesimi che si possono pronunciare» continuò Kageyama. «Per il tipo di rituale che ci interessa, sarà anzitutto fondamentale studiare il tipo di cerchio di sale che dovremo disegnare…»
Reiji iniziò ad abbozzare sulla lavagna alcune linee accennate con un gessetto, studiando un possibile progetto per il cerchio. La voce di Yuuto, tuttavia, lo interruppe nuovamente.
«Professore, dove posso prendere qualche appunto?» chiese, la voce di nuovo leziosa.
Kageyama inclinò la testa nella sua direzione. «I libri di mio padre sono pieni di appunti» ammise. «Era solito segnarsi formule, annotazioni sulle migliorie per i rituali praticamente in qualunque angolo di quel manuale… puoi farlo anche tu, se vuoi.»
Era strano parlare di Tougo così spontaneamente. Reiji non ricordava neppure più l’ultima volta in cui l’aveva fatto.
Yuuto gli rivolse un nuovo sorriso, questa volta di una dolcezza sorprendente.
«Grazie» mormorò.
Kageyama non sapeva quanto tempo fosse passato da quando aveva sentito il cuore riempirsi di un tale calore.
Tornò a voltarsi verso la lavagna, cercando di annegare quei sentimenti che tentavano di riemergere.
«La negromanzia è, notoriamente, la branca più oscura e pericolosa della magia nera. Qualche anno fa la comunità magica l’ha praticamente messa al bando, redarguendo tutti i maghi più deboli dal praticarla. Le anime hanno una forte avvenenza, riescono a convincerti di cose per cui, da solo, non opteresti mai. Resistere a quelle tentazioni è quasi impossibile, ecco perché è bene che chi non ha abbastanza potere se ne tenga a distanza» spiegò Reiji. Finì di scrivere la parola “pericolo”, marcandola con particolare enfasi, e lasciò cadere la mano con il gessetto verso il basso. «Uno dei tanti motivi per cui ho sempre cercato di tenermene a distanza.»
«Sul serio?» mormorò Yuuto alle sue spalle.
Reiji si voltò nella sua direzione. «Perché la cosa ti stupisce tanto, ragazzo?» chiese, incapace di trovare da solo una risposta a quella domanda.
«Beh» Yuuto si strinse nelle spalle. «Ha detto che la mia aura è molto forte… però secondo me sottovaluta la sua. È più potente di quello che crede, sa?»
Reiji roteò gli occhi, una risposta più che eloquente. No, non ci credeva, e forse non c’avrebbe mai creduto. Fece per voltarsi nuovamente verso la lavagna, tuttavia la voce di Yuuto, quel canto di sirena a cui finiva per cedere ogni volta, lo attirò nuovamente.
«Comunque se la cava meglio di quanto voglia ammettere con la magia nera» gli fece notare infatti, questa volta senza alcun tipo di malizia nella voce, come se si stesse limitando a constatare un dato di fatto.
Ormai Kageyama era totalmente abituato alla sua quotidianità che quasi se n’era dimenticato. Aveva studiato per diventare un mago erborista proprio perché gli sembrava la cosa quanto più lontana possibile dalla negromanzia. Voleva tenersi alla larga da ciò che era stata la causa di tutti i suoi mali.
Yuuto, però, ce lo stava facendo riavvicinare. E la cosa spaventava Reiji, non tanto per se stesso quanto per il ragazzo: ormai temeva di avere una specie di maledizione addosso, della serie che ogni volta in cui s’avvicinava – suo malgrado – alla magia che suo padre aveva praticato, finiva per perdere qualcuno a cui teneva.
Era per questo che non avrebbe voluto far conoscere a Yuuto quei rituali. La magia nera esige sempre un pegno, ma Kageyama non era pronto ad offrirne uno, né voleva che una cosa del genere accadesse a Yuuto. Tuttavia, se aveva intuito almeno un poco come quel ragazzo era fatto, Kageyama avrebbe scommesso tutte le scarse ricchezze di cui era in possesso sul fatto che avrebbe girato per l’intero globo terrestre pur di trovare un altro negromante che l’aiutasse nel suo proposito. E avrebbe potuto trovare qualcuno che non nutriva alcun interesse per lui, che l’avrebbe buttato in mezzo a un cerchio di sale senza provare minimamente ad aiutarlo davvero, lasciandolo da solo e impreparato in pasto alle anime.
Per il bene del ragazzo non poteva permettere che una cosa del genere accadesse. Reiji cercava di convincersene, che quello fosse solo un atto di buon cuore e nulla di più, ma i suoi sforzi non producevano molti effetti.
«La verità è che per un periodo della mia vita ho avuto una buona familiarità con la negromanzia» ammise, tornando ad osservare Yuuto. «Finché mio padre era ancora in vita avevo perfino cominciato a studiarla, nonostante la disapprovazione di mia madre. Poi, dopo l’incidente, non ho più voluto averne a che fare.»
E invece eccoti di nuovo qui, si prese beffa di lui la vocina subdola nella sua testa.
Solo per il ragazzo, ribatté Reiji, sebbene senza troppa convinzione.
Kageyama si lasciò sfuggire un colpo di tosse, cercando di ricacciare i ricordi che prepotenti cercavano ora di risalirgli alla mente, e di concentrarsi piuttosto su quanto aveva segnato alla lavagna.
Aveva pur sempre una lezione da portare avanti.
«L’incantesimo, come al solito, viene formulato in latino e varia di caso in caso…»




▬ note

Okay, oggi ci ho messo un po' di più perché ho deciso di controllare in maniera più scrupolosa il testo. Ieri stavo rileggendo il testo dei due aggiornamenti che avevo già caricato online e m'è presa una sincope notando che c'erano diversi errori sparsi qua e là. Ho già provveduto a correggere quelli più evidenti, però ammetto che sono tipo alla terza o quarta rilettura e vedere che continua sempre a skpparmi qualcosa mi secca un po'. Rip me e il mio essere fallibile.
Parliamo di questo capitolo, che finora credo sia il più lungo di quelli già postati e, tra l'altro, al suo interno succedono un sacco di cose importanti. Reiji ha deciso di aiutare Yuuto, plot twist! Oddio, diciamo che lo è parzialmente, un plot twist, perché comunque immagino che si potesse prevedere che sarebbe andata così voglio dire, altrimenti non ci sarebbe stato modo di far procedere la trama, no? O almeno, io non lo vedo--
In ogni caso! Oggi la scelta dei prompt era tra magia bianca e magia nera, e penso sia evidente che abbia optato per quest'ultima. Uh, è così bello vedere Kageyama calato in questa dimensione, paradossalmente ce lo trovo molto a suo agio.
Come dicevo, questo è stato un capitolo alquanto denso. Il prossimo sarà un po' più di passaggio, ma i successivi... oh, aspettatevi delle vere e proprie montagne russe di emozioni!
Bene, credo di essere a posto anche con le note di oggi. Ci vediamo domani, e grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite ♡


Aria
   
 
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