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Autore: Exentia_dream2    29/04/2020    1 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Bagnati dalla pioggia pt. 1



Riusciva a sentire le urla di giubilo fino allo spogliatoio: il suo nome urlato in coro gli faceva tremare le gambe. L'adrenalina liquida che gli scorreva in corpo lo emozionava al punto che sentiva gli occhi riempirsi di lacrime e le mani tremare leggermente. 

Pensando a quanto fosse importante per lui quello che faceva nel campo, diede un'occhiata veloce alla maglia scarlatta, poi la indossò e, insieme agli altri componenti della squadra, si mise in fila di fronte all'uscita, in attesa che lo speaker li presentasse. 

In quei minuti che sembravano sempre scorrere a rilento, tutti i giocatori si muovevano, saltavano sul posto o semplicemente guardavano la loro scopa, ma quello che catturò la sua attenzione fu il capitano della squadra avversaria: teneva lo sguardo dritto davanti a sé, in un punto imprecisato del cielo e sul suo viso non era dipinto il solito ghigno di sfida perché gli angoli della bocca erano rivolti verso il basso. 

-Signooori e signoooreee, studenti, studentesse e professori di Hogwarts, benvenuti al più bel campo di Quidditch del Mondo Magico. Sono Anthony Goldstein e loro sono la squadra di Grifondoro, capitanata da Harry Potteeeerr!!- partì uno scroscio di applausi -Contro la squadra dei Serpeverde, capitana da Dracoooo Malfoy!! -e nonostante le urla fossero aumentate, i loro nomi si udivano indistintamente tra i battiti di mani e i fischi. 

Le squadre fecero il loro ingresso in campo ed ogni giocatore prese posto sulla propria scopa. 

-Pluffa al centro eeee FISCHIO DI INIZIO!! 

Così entrambi i capitani volarono parecchi metri più su rispetto agli altri: il Boccino d'Oro non si era ancora mostrato, perciò Harry decise di guardare la sua squadra giocare, evitare abilmente i bolidi e tenere stretta la Pluffa. 

Ron parò abilmente il primo tiro dei Serpeverde e, nel rilanciare la Pluffa, non si accorse che Ginny era stata puntata da un bolide. 

Zabini approfittò immediatamente della distrazione per segnare. 

-Primi punti della partita: Serpeverde dieci, Grifondoro zero.- e mentre Anthony raccontava ad uno ad uno i movimenti dei giocatori, il Boccino cominciò a volare davanti agli occhi dei due capitani che, prontamente, cominciarono a rincorrerlo. 

Dietro le torri, fino ad un millimetro dal suolo e di nuovo in alto verso il cielo, in una corsa sfrenata che non fu interrotta nemmeno dalla pioggia potente che aveva cominciato a scendere e che aveva caratterizzato il mese di febbraio dal primo giorno. 

Quando il Boccino prese a volare verso gli spalti, Harry vide Draco andargli dietro e poi bloccarsi di fronte alla tifoseria Grifondoro: fermo a mezz'aria, gli occhi puntati nel punto in cui, se si fosse presentata, sarebbe stata seduta Hermione e gli arrivò alla mente il ricordo della partita in cui, a seguito della scommessa lanciata dal biondo, si era giocato la sua migliore amica come premio. 

-Hai perso, Malfoy… Mi sei secondo. 

-Me l'ha chiesto lei, Potter.- e, come un incantesimo scagliato in pieno petto, gli arrivarono le parole che Ginny gli aveva rivolto uscendo dall'infermeria, dopo aver fatto visita a suo fratello. Scosse la testa. 

Un attimo dopo, si sentì scaraventare lontano, con le mani strette al manico della sua scopa, i piedi nel vuoto: il bolide lo aveva centrato in pieno, disarcionandolo, e, subito dopo essersene reso conto sentì la voce di qualcuno incitarlo. 

-Potter, il Boccino. Ma cosa fai? Prendi il Boccino, maledizione. 

Risalì sulla Firebold con immensa fatica, mentre l'altro cercatore aveva ripreso la sua corsa: lo vide allungarsi, tendere il braccio, a poca distanza dalla sfera dorata. 

La pioggia continuava insistente e rendeva difficile anche respirare. 

Con la mano sempre più vicina, Draco riuscì ad evitare un bolide, mentre Goldstein continuava a parlare attraverso il microfono. -Sono in vantaggio i Serpeverde con un punteggio di ottanta a sessanta, contro i Grifondoro. Una partita combattuta a suon Pluffe, mentre i due cercatori rincorrono il Boccino d'Oro. 

Pochi centimetri, tutti i muscoli tesi a lottare contro il vento. Harry continuava a guardare il suo avversario, prestando poca attenzione al suo ruolo di capitano e cercatore: gli parve quasi di sentire sulle spalle tutto il peso del mondo, mentre leggeva nei movimenti di Malfoy tutta l'indecisione e il dolore di stringere le mani attorno a ciò che avrebbe portato la sua squadra alla vittoria. 

Fu solo un attimo, però, perché qualche secondo dopo, sentì esplodere un boato di gioia da una delle due tifoserie. -Eeee signori e signore, vince la squadra di Serpeverde: Draco Malfoy ha catturato il Boccino d'Oro e, con questo, si conclude questa partita. Con i saluti del vostro speaker preferito, Anthony Goldstein, che vi aspetta per la prossima partita tra Tassorosso e Corvonero. 

Tutti i giocatori tornarono sull'erba e si diressero lentamente verso gli spogliatoi in cui, subito dopo, i due capitani furono circondati da tutta la squadra. Intorno a lui c'era chi gli inveiva contro, chi di dava una pacca sulla spalla, chi invece si complimentava, però, ancora una volta, l'attenzione di Harry fu catturata da altre voci, che non erano quelle dei suoi compagni. 

-Che cazzo ti è preso, eh? 

-Ma che vuoi? 

-Mi chiedi cosa voglio? Voglio che ti riprendi, che la smetti di vivere nel tuo mondo: abbiamo rischiato di perdere. Che cazzo stavi guardando su quegli spalti, eh? 

-Ehi,- si intromise in quella discussione che non gli riguardava. -alla fine avete vinto, no? 

Vide Blaise Zabini e Draco Malfoy alzare gli occhi su di lui: il primo fece un gesto nervoso con la mano, segno che non aveva gradito quell'interruzione; il secondo, invece, abbassò lo sguardo e si allontanò piano, dopo aver sussurrato un grazie che sconvolse Harry più di ogni altra cosa al mondo: Draco che lo ringraziava era stato come uno schiaffo in pieno viso. 

Sentì una mano poggiarsi sulla spalla e si girò, trovando Ginny dietro di lui. -Siamo messi molto, molto male… 

-Quindi avevo ragione, eh? 

-Già.. - e si grattò la testa imbarazzato, poi cominciò a spogliarsi. 

L'acqua sul corpo sembrò portare via la tensione che aveva accumulato nei muscoli: sentiva che perdere quella partita era stata la cosa più giusta da fare e non sapeva spiegarsi il perché, poi Ginny lo abbracciò da dietro e gli diede un bacio al centro delle scapole. -Ehi… 

-Ehi. 

-Sono andati via tutti.- e lo raggiunse sotto il getto della doccia. 

Harry cominciò a baciarla, tirandole su le gambe. -Buonasera.- il sorriso malizioso sul viso, a poca distanza dalla bocca di Ginny. 

-Buonasera a te, Harry Potter. 

Fu l'acqua calda a fare il resto, mentre loro non le davano più importanza: dentro di lei, Harry sentiva di poter morire e rinascere, ogni volta, sempre. Con una mano incollata alla parete per non perdere l'equilibrio, mentre con l'    altra teneva la schiena bagnata della ragazza, sentiva i suoi gemiti riempire gli spogliatoi e il suo cuore. 

Quando poi si appoggiò al suo seno, Harry avvertì le ultime forze scivolargli ai piedi. -Mi distruggerai una di queste volte…

-Almeno ti distruggerai con piacere.- e gli sorrise. 

Avevano passato l'ultima settimana in una preoccupazione perenne e costante e, neanche volendo erano riusciti a ritagliare un po' di tempo per loro, perciò fare l'amore, in quel momento, fu come impossessarsi di nuovo dei propri giorni e della propria vita. 





Quando bussò alla porta, si sentiva pronta per affrontare l'interrogazione di Trasfigurazione: aveva studiato l'incantesimo con una meticolosità tale che l'aveva portata ad informarsi anche sull'inventore sulla data in cui era stato reso noto al mondo, i limiti, i pro e i contro a cui questo era soggetto e decise che avrebbe chiarito in quella stanza i dubbi che le erano sorti a riguardo. 

Quando la porta si aprí, Hermione si trovò in uno studio rettangolare, con due poltrone rosso e ore sistemate di fronte al camino, su cui erano sistemati alcuni libri, notò dei quadri alle pareti, diverse candele ad illuminare l'ambiente e la professoressa intenta a scrivere su una pergamena poggiata su un piccolo scrittoio posto proprio davanti alla finestra. 

-Signorina Granger, prego… si accomodi su una poltrona: fa molto freddo oggi. 

Obbedì e attese, beandosi del calore del fuoco che bruciava. Un attimo dopo essere arrivata, sparì anche la sensazione di freddo e vuoto che l'aveva attanaglia nei giorni precedenti: avvertiva il crepitio del fuoco sulla legna come un rumore familiare, che le fece immediatamente tornare alla mente casa sua. 

Sentì aprire e poi richiudere un cassetto e spostò gli occhi dal camino, poi Minerva McGranitt si sedette sull'altra poltrona. 

-Professoressa, prima di cominciare, volevo chiarire con lei… 

-Hermione- si allungò verso di lei e prese le mani della ragazza tra le sue. Si lasciò avvolgere da quella sensazione di affabilità e affetto che aveva sempre provato verso la donna e viceversa. -Come stai? 

Restò per un po' in silenzio, meravigliata da quella domanda. Pensò che la sua storia con Draco non doveva essere poi del tutto passata inosservata, ma avrebbe provato a dirottare ogni discussione, cambiando argomento, ponendo ogni sorta di domanda. -Bene. 

-Sono contenta della tua risposta, ma da te non mi aspetto altro, se non la verità. 

-Questo incantesi…

-Lascia perdere per un attimo lo studio. 

Hermione abbassò lo sguardo: era pronta per quell'incantesimo, aveva provato fino allo stremo i movimenti da fare con la bacchetta, la precisa pronuncia. 

Minerva stette zitta per qualche minuto, senza mai spostare gli occhi, poi si avvicinò a lei per accarezzarle i capelli. -Dovresti tornare a studiare insieme agli altri studenti, pranzare e cenare insieme a loro. La solitudine non ti aiuterà a combattere questo dolore. Lo senti amplificarsi, quando sei da sola? Senti come preme per essere vissuto fino in fondo? Hai bisogno di compagnia. 

Scosse la testa, mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi. -Io sto bene, davvero. 

-D'accordo: allora questo è un ottimo motivo per tornare a far realmente parte della scuola. Non serve isolarsi. Allontanarsi non fa altro che accrescere la possibilità di soffrire di più nel momento in cui ci troviamo di fronte alla causa del nostro male. Non puoi far finta di niente. Il dolore deve essere vissuto, attraversato e, quando sarà passato, quando avrai pianto tutte le tue lacrime, ad un certo punto, arriverà una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla.*

Hermione annuì, con la gola chiusa, le parole incastrate nelle testa in una fitta ragnatela di paure e pensieri. Si rese conto che il suo inutile tentativo di non parlare di lui era fallito prima ancora di essere messo in atto. 

-Oggi la partita di Quidditch è stata vinta dai Serpeverde: era davvero impossibile vedere il Boccino con quella pioggia. 

Serrò la mascella, mentre il ricordo di quella settimana di esilio, l'obbligo e verità e la sua richiesta fuori dagli spogliatoi prendevano vita davanti ai suoi occhi. -Ti prego, perdi. Fallo per me. 

E Draco era arrivato quasi a stringere il Boccino, poi aveva ritirato la mano ed era sceso sull'erba: aveva deliberatamente perso, nonostante la tifoseria lo incitasse a vincere e a stringere la presa, incurante di quello che avrebbero detto i suoi compagni di squadra. Si era fermato a guardarla ed aveva deciso di perdere. Per lei. 

-È stato davvero emozionante, devo ammetterlo.- intanto, la voce della professoressa tornava ad affacciarsi al suo udito. -Una gara davvero interessante. Beh, certo, se avessimo vinto, sarebbe stato molto meglio, ma pazienza. 

-Io… É meglio che vada… 

-Pensa a quello che ti ho detto. Noi Grifondoro ci distinguiamo per il coraggio che abbiamo nell'animo. E tu, di coraggio, ne hai sempre avuto da vendere. Non sminuirlo. 

Uscí dall'ufficio a passo pesante, trascinando i piedi come se ad essi fossero legate le catene a cui erano annodati gli strascichi di quello che era rimasto del suo cuore, delle notti con Draco e di ogni suo singolo sorriso. 

Aveva gli occhi bagnati di mancanze, la scale davanti a sé e la voglia di tornare bambina. 

Ricordò il senso di benessere che aveva sentito quando aveva creduto di aver finalmente raggiunto quella sorta di tranquilla malinconia di cui le aveva parlato la professoressa. Si chiese quante lacrime ancora aveva da piangere se era ancora lontana dal desiderio di stare meglio e poi, subito dopo, si sentì sprofondare nell'oblio della disperazione che l'aveva colta nei corridoi appena qualche giorno prima. Si chiese cosa sarebbe successo se non ci fosse stata Daphne a sorreggerla. 

Si incamminò per raggiungerla al Lago Nero: tra loro era nato un legame silenzioso, fatto di pensieri muti tradotti in abbracci e dita che le asciugavano le lacrime. 

Lungo i corridoi, sentiva la pioggia battere sui vetri, le voci degli studenti dietro la porta della Sala Grande. 

Daphne l'aspettava al riparo, dietro le colonne. Le sorrise dolce. -Come stai? 

-Sono stata meglio.- alzò gli occhi e guardò lontano, come a voler mostrare la sua voglia di guardare l'acqua del lago. 

-Se io fossi una persona che ti ama, vorrei che tornassi… 

-Non è così facile.- sospirò rumorosamente, nascondendo le mani nel mantello. -Ho soltanto voglia di scappare, di andare via. 

-In quel caso ti direi soltanto che se te ne devi andartene, vorrei che te ne andassi e basta. 

-Non è facile nemmeno questo…- ancora una volta sentì il vuoto esploderle dentro ed occupare tutto lo spazio che aveva in corpo. Decise di cambiare argomento. -Quindi oggi avete vinto, eh? 

-Sì. 

Il suo pensiero, però, era incollato al viso di Draco e non riusciva a mandarlo via: aveva bisogno di sapere che lui sapeva restare in piedi, che non si era lasciato piegare. -In giro ho sentito dire che sta meglio. 

-Sì dicono tante cose, Hermione, non sempre vere, dovresti saperlo. 

-Sì, beh… Le ultime volte in cui l'ho visto sembrava non fosse successo niente, come se lui ed io non fossimo mai esistiti insieme… 

-Ci vuole coraggio anche a far finta di niente. 






Ad ora di cena, tutti i professori sedevano al lungo tavolo sulle scale che permetteva loro di guardare tutto da un'altra visuale e la Sala Grande era piena di studenti. 

A lui, però, sembrò desolatamente vuota: Hermione, ancora una volta, non si era presentata, aveva preferito non lasciargli nemmeno vedere la sua schiena. 

Si sedette al solito posto, riempí il piatto di carote e pasticcio di manzo, ma non mangiò nulla. Non prese nemmeno la forchetta nel tentativo di provarci. 

Aveva visto Daphne raggiungere il tavolo poco più tardi, l'aveva guardata e gli parve di sentire ancora le sue urla nella Sala Comune di Serpeverde: sentiva i suoi occhi addosso e ringraziò le sue ottime doti di occlumante, perché era sicuro che la bionda stesse facendo di tutto pur di entrare nella sua mente. 

La teneva chiusa, sbarrata a chiunque, tranne che a se stesso, anche se avrebbe voluto avere la capacità di chiudersi fuori dai suoi pensieri e sentirsi di nuovo al sicuro nei suoi vestiti: in quel dormitorio e durante le ripetizione con Hermione si era sentito nudo, si era chiesto quando aveva cominciato a spogliarsi senza nemmeno rendersene conto e, poi, puntuale, gli era arrivata l'ipotesi prima e la certezza poi che fosse stata lei a togliergli il primo strato di sporco che gli copriva l'anima. 

Si alzò dal tavolo, lasciando il suo posto vuoto e il piatto pieno. 

Sentiva lo stomaco accartocciarsi al solo evocare quello che aveva detto Pansy e la mano che l'aveva colpita riempirsi di sdegno: si fermò nel primo bagno che aveva trovato lungo il corridoio, aprì l'acqua e sfregò entrambe le mani con la speranza di lavare via quelle parole, quel tocco e il ricordo di quando aveva provato a fare l'amore con lei che lo avevano portato a sentirsi nauseato fino all'inverosimile. Si chiese come avesse fatto a toccare un'altra persona, come avesse fatto a pensare di poter andare oltre quello che Hermione gli aveva fatto provare. 

Quando aveva ammesso che non riusciva a staccarsi da lei, si era chiesto tante volte perché. 

Ed erano passati i giorni, le settimane e non aveva trovato nessuna risposta a tutte le altre domande che lo avevano torturato durante la loro lontananza: era lei a riempirgli i giorni o erano i giorni a riempirsi di lei? E sentiva quel flebile barlume di speranza che aveva dentro spegnersi piano piano,ogni volta che riscopriva la sua assenza: in Sala Grande, alla partita di Quidditch, durante le lezioni che avrebbero avuto in comune, nei corridoi, in biblioteca. Ovunque. 

Trovò Blaise steso sul divano, le mani dietro la testa e Draco lo guardò appena. 

-Allora?

-Allora cosa?- non aveva voglia di parlare con nessuno. Voleva solo chiudersi in camera e lasciare il resto del mondo fuori. 

-Hai giocato da schifo. 

-Alla fine abbiamo vinto, no? Lo hanno detto sia Goldstein che Potter. 

-Non mi interessa chi ha detto cosa. Spiegami cos'è successo. 

Mosse le spalle, colpevole. -Non lo so. 

-Non è così che la troverai di nuovo al tuo fianco: guardare il suo posto vuoto non ti serve. 

-Non mi serve nemmeno avvicinarla. 

-Non ci hai ancora provato. 

-Non c'è bisogno che ci provi: sta facendo di tutto per evitarmi e lo sai, lo vedi anche tu.

-È vero. 

-Mi sta ignorando… Ed io non riesco a ignorare il fatto che lei mi ignori. 

-Ed è giusto, altrimenti tutto questo non avrebbe alcun senso. 

Si prese la testa tra le mani. -Mi sta facendo impazzire. Non mi sono mai sentito così debole. Mi accontenterei anche se tornasse ad insultarmi, non m'importa. Qualunque cosa: l'importante è che io faccia parte della sua vita e lei della mia, in qualunque modo. 

-Cazzo, Drà, in tutti gli anni della mia vita credo di non averti mai visto più triste di così. 

Allentò il nodo della cravatta e reclinò la testa sullo schienale del divano. -Sai qual è stato il momento in cui mi sono davvero reso conto di aver bisogno di lei? 

-Dopo capodanno? 

Draco sorrise triste e scosse il capo per negare l'ipotesi di Blaise. -No. Quando ho cominciato a contare i suoi passi mentre si allontanava da me. Ha raggiunto una distanza che sembra incolmabile, miglia e miglia lontana da me. 

-Hai detto bene: sembra, non lo è davvero. 

Allargò un po' il sorriso, allontanandosi i capelli dalla faccia. -Non riesco a non pensare a quello che ha detto Daphne. 

-Beh, ha detto la verità: Pansy ha meritato ogni parola. Meriterebbe anche peggio. 

-Sì, è vero… ma quando le ha detto che la stava distruggendo. Non riuscivo a capire di cosa stessero parlando e tutt'ora non capisco perché abbiano litigato. 

-Non lo sai, vero? 

-Cosa? 

-Daphne non ha smesso un attimo di piangere e ha raccontato a Theo e a me che ha incontrato la Granger al Lago Nero e che le ha buttato qualche frecciatina sul vostro rapporto, indirettamente. Poi l'ha incontrata lungo i corridoi della biblioteca. Le si è avvicinata e ha cominciato a parlare, facendo giri di parole immensi, nascondendo la sua vera intenzione di parlare di te. Quando ha detto che Hermione le è crollata in faccia, è perché è crollata davvero, letteralmente. Ci ha raccontato che l'ha vista inginocchiarsi, che non riusciva a respirare né a parlare… 

La voce di Blaise cominciò ad allontanarsi, come se fosse stato in un altro posto, in un'altra ala della scuola, come se quello che stava raccontando fosse un'eco nato molto tempo prima. 

Davanti ai suoi occhi, invece immaginava la scena che Daphne aveva vissuto e che l'amico gli stava descrivendo nei minimi particolari: si sentí stanco, inutile, ancora più arrabbiato con Pansy per quello che aveva detto nei corridoi di Serpeverde, in Sala Grande e nella loro Sala Comune. 

Riviveva a rallentatore la scena in cui le si avvicinava per colpirla e in lui si deflagrava la sensazione di essere distrutto, senza forze, come se non fosse più nel suo corpo.

Vedeva la stanza stringersi intorno, le pareti franargli addosso e sentì quel peso accumularsi sul petto. Si alzò di scatto dal divano, dove aveva lasciato il mantello, e si allontanò da Blaise, deciso ad uscire dai sotterranei, correre lontano. -Dove vai? 

-Ho bisogno di respirare… 



Angolo Autrice:

Bene, eccoci qui… Un altro capitolo tutto per voi. 

Avrete notato che i giorni passano, ma questi due non si incontrano… chissà cosa succederà prossimamente… secondo le tempistiche della storia, poi, siamo prossimi a San Valentino 😏

*Già sapete che le frasi contrassegnate dall'asterisco sono adattate alla storia, ma non sono mie. Questa, infatti, appartiene a C.S. Lewis: Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da piangere fino a non avere più lacrime, sa bene che ad un certo punto si arriva a una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla.

Come avrete capito dal titolo, questo è la prima parte di un capitolo moooolto moooolto lungo, perciò ho preferito dividerlo, sia per creare un po' di suspense sia perché altrimenti sarebbe risultato davvero troppo pesante leggerlo. 

Comunque, l'aggiornamento della seconda parte avverrà domani, quindi… 

Commentate, fatemi sapere cosa ne pensate e se tutto ciò che sta partorendo il mio cervellino sfiancato dalla quarantena vi sta piacendo. 

A presto, Exentia_dream2













   
 
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