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Autore: Exentia_dream2    30/04/2020    2 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Bagnati dalla pioggia pt. 2




Aveva visto Ginny e Harry rientrare nella Sala Comune di Grifondoro, li aveva guardati e sorriso ad entrambi. 

-Come stai?- era seduta sulla poltrona davanti al camino, Ginny si era inginocchiata di fronte a lei, mentre Harry aveva preso posto sul divano. - Tu… Tu come ti sei sentita quando ti ha lasciata?

-Beh, penso che tu mi abbia vista, no? Ero devastata, mi sentivo cadere in mille pezzi, ma ci ho creduto fino alla fine… 

Hermione accennò un mezzo sorriso: una parte di lei era davvero contenta che i due fossero tornati insieme, l'altra invece provava nei loro confronti una sorta di invidia insana che l'aveva portata a chiudersi in se stessa, che l'aveva scaraventata lontana da loro. -Sì… 

-Herm. - Harry girò il viso verso di lei. -Hai bisogno di parlare con qualcuno, ma soprattutto hai bisogno di ascoltare. Ci sono cose che tu non sai, che non hai visto e… 

-Quello che so, quello che ho visto e quello che ho sentito mi basta. 

-No, no. Per favore, smettila di isolarti, smettila di essere così cocciuta. 

-Io non sono cocciu…

-SÌ, SÌ CHE LO SEI.- le urla di Harry furono come una pugnalata al cuore. -Cosa sai? Cosa hai visto? Cosa hai sentito? 

-Quello che avete sentito anche voi: Pansy Park… 

-Pansy Parkinson? E poi? Hai visto Malfoy che entra in aula o in Sala Grande con le mani nelle tasche e la testa sempre bassa? Hai visto quante volte sta tra la gente ma è come se non ci fosse? Lo hai visto mentre guarda il tuo posto vuoto? O mentre riempie il piatto ma non mangia nemmeno una briciola di pane? 

-Non mi serve tutto questo… 

-E allora cosa vuoi? Sai, Hermione, a questo punto credo che tu non saprai mai quello che vuoi dalla vita, che sei tanto intelligente ma non vedi ad un palmo dal tuo naso, che forse questa situazione ti fa comodo… 

-Io lo so. 

-Cosa? 

-Quello che voglio. 

-Quello che vuoi è lì e non fa altro che aspettare te, dannazione. 

-Non è facile. Smettila di darmi contro. 

Poi, Ginny le sollevò il viso, facendo tacere Harry soltanto guardandolo. -Hermione, credimi: Draco Malfoy non è più Draco Malfoy. È irriconoscibile, davvero. Entrambi ti stiamo parlando con il cuore in mano e tu non sei costretta a tornare con lui, ma siamo davvero stanchi di vederti così, anzi, di non vederti, perché tu sembri non esistere più. Sei diventata un fantasma, al pari di Nick-Quasi-Senza-Testa. 

-Oh, grazie. 

-Non m'importa se ti offendi: è la verità. Se ti senti ancora ferita, allora resta dove sei, curati, ridi anche per finta, ma non lasciarti andare. E se sei innamorata di lui, se davvero sei stata felice con lui, però, ti prego, non startene ferma, non lasciarlo andare. Non perderlo. 

-Ginny… 

-No, ti prego. Lo so che è difficile, che ci sono giorni in cui ti sembra di cominciare a stare meglio e l'attimo dopo senti un dolore insopportabile. So che non fai altro che ricordare e ricordare, ma non serve a niente: la soluzione a tutto questo ce l'hai a portata di mano. Anche io ho rischiato di perdere Harry, anche io ho pianto come piangi tu ogni santa notte, ma ho capito quanto lui fosse importante per me, quanto i miei sentimenti fossero più forti di tutto quello che ci ha allontanati. Ci vuole tempo anche per capire tutto questo, è vero… posso solo dirti che lo avverto quando l'amore sta finendo, quando è agli sgoccioli e, sinceramente, io non credo che tu abbia avvertito questa sensazione. 

Poi, Hermione spostò la sua attenzione su Harry. -Cosa si prova a far finta di niente? 

-Si sta da schifo: tu non lo hai mai fatto, non sei mai stata capace di fare come se niente fosse, ma credimi, ci vuole più coraggio a far finta di niente che a urlare quando stai male. 

Improvvisamente, sentì la mancanza di ossigeno nei polmoni e si spogliò del mantello e del maglione, si alzò dalla poltrona muovendo convulsamente le mani a poca distanza dalla faccia, nella speranza di riprendere aria. Continuò a camminare, allontanandosi dal camino, mentre Harry e Ginny la guardavano con occhi preoccupati, senza il coraggio di muoversi. 

-Ho bisogno di respirare… - ed uscí dalla Sala Comune, senza chiedersi se avesse parlato ad alta voce o se quelle parole avessero avuto un suono solo nella sua mente. 

Aveva aumentato il passo, fino a correre nel buio che copriva la scuola ogni notte. 

Correva, i polmoni sempre più contratti, il cuore che batteva forte, le gambe che cominciavano a tremare. 

La luce di un lampo illuminò i corridoi soltanto per un istante e, subito dopo, il boato del tuono la costrinse a coprirsi le orecchie: aveva bisogno di aria, voleva tornare a respirare. 

Nemmeno la paura della pioggia riusciva a trattenere quel bisogno che le stava scavando le viscere. 

Quando finalmente raggiunse l'esterno, si rese conto di essere a piedi nudi, senza niente con cui ripararsi, mentre la pioggia le bagnava i vestiti e il freddo le pungeva la pelle nuda. 

E alle gocce che cadevano dal cielo si mischiavano tutte le lacrime che aveva trattenuto. Era una notte senza luna, senza stelle e lei era sola, più sola che mai. 

Più sola di quanto si fosse sentita in quei giorni lontana da tutti, lontana da lui, quando aveva elaborato la fine della loro storia e quello che proprio non riusciva ad elaborare era il loro inizio, il come e il perché. Il quando tutto era cominciato. Si inginocchiò sull'erba zuppa, incurante delle ginocchia che sembravano essere punte da centinaia di aghi. 

Stare male l'aveva a portata a scoprire profondità del suo essere che le erano del tutto sconosciute e ad acquisire certezze che non avrebbe voluto conoscere: si erano amati forse dal primo istante, quando ancora si odiavano, dichiarandosi sempre e solo guerra e in quella sconfitta di entrambi non si erano nemmeno degnati di salutarsi. 

Sentì il suo pianto diventare più forte, la voglia di urlare per far arrivare il suo dolore oltre il Mondo Magico, con la speranza di allontanarlo quanto più possibile, ma quello non la lasciava, la teneva ancorata al suolo. 

Provò a mettersi in piedi, a rialzarsi, mentre la pioggia scendeva sempre più forte. 

Guardò la guglia della torre da cui era scappata, la scuola da cui voleva fuggire. 

Distante da tutti gli angoli in cui avevano riso insieme, in cui si erano baciati eppure si sentiva ancora troppo vicina, troppo, tanto da riuscire a sentire ancora il suo odore e il suo respiro addosso. 

Chiuse gli occhi, mentre tutto intorno a lei sembrava perdere consistenza e le gambe cominciavano a cedere sotto il peso di tutto quello aveva perso. Sentì una guancia poggiata su qualcosa di bagnato, un calore all'altezza delle spalle, un suono frenetico riempirle le orecchie: forse era davvero caduta con la faccia sull'erba, segno che tutta la forza che credeva di avere era stata solo un'impostura che aveva raccontato a se stessa per resistere. Provò ad allontanarsi, ad alzare la testa e, di nuovo, quel profumo la colpì forte. 

In un attimo di lucidità si rese conto di non essere più sola in quel buio immenso: le sue mani erano ancora su di lui, le mani di lui erano ancora su di lei. 

Si stavano toccando dopo giorni interi in cui non si erano nemmeno sfiorati. Non lo guardava da tempo e quando lo fece, sentì il suo sguardo penetrare perfino nelle ossa,sotto ogni strato di pelle. Gli lasciò a lungo gli occhi addosso per capire che quello che aveva di fronte non era un'illusione. -Ciao.- ed era la bugia più grande che gli avesse mai detto e tutte quelle verità che non voleva raccontarsi sembravano arrampicarsi in ogni parte di lei per essere rivelate. 

-Ci sto provando. 

-A fare cosa? 

-A starti lontano. 

Era lì. Draco era lì di fronte a lei e le parole di Ginny le riempirono la testa: se era vero che si avvertiva quando l'amore finiva, perché lei sentiva il cuore battere di nuovo, perché sentiva che essere lì era la cosa più giusta del mondo, perché averlo di fronte gli sembrava il regalo più bello? 

Poi, la rabbia e la delusione presero il sopravvento. -Mi pare che entrambi ci stiamo riuscendo abbastanza bene. Questo scontro è stato solo un caso. 

-Perchè? 

-Sto cercando di evitarti in tutti i modi, di non essere nei posti in cui ci sei anche tu, e stai facendo lo stesso, giusto? Perciò, non capisco dove sia il problema. 

-Tu sei dentro, sei con me in ogni cosa che faccio… E non averti intorno non vuol dire dimenticarti. 

-Smettila… 

-Io… Io non ce la faccio e tu stai bene anche senza di me e io non ce la faccio. 

Lei rise: davvero credeva che lei stesse bene? Che lei non sentisse la sua mancanza in ogni piccolo gesto? 





Quella risata, quel suono e quel sorriso che sembrava brillare anche nel buio più nero, ebbero l'abilità di ferirlo più di tutto ciò che fino a quel momento lo aveva ferito. 

Si trovavano lì, l'una di fronte all'altro, con gli stessi tempi di cuore e mentre lei rideva, Draco si chiese come facesse Hermione ad essere così forte. 

La pioggia non accennava a smettere e le camicie si erano incollate alla loro pelle, disegnandone ogni curva, ogni linea delle vene, ogni minimo dettaglio. 

Lei tremava, come l'ultima volta in biblioteca, come la prima volta che avevano fatto l'amore. 

E lui tremava dentro perché aveva capito che fino all'istante prima di incontrarla aveva vissuto per inerzia: era uscito dai sotterranei per sfogare la rabbia, per trovare un senso a tutto quel rumore che sentiva nel cervello. 

Aveva camminato piano, per paura di poter crollare da un momento all'altro e aveva immaginato lei crollare in uno di quei corridoi. 

Aveva sentito il suo cuore rimbombare sulle pareti, con il pensiero di lui che aveva provato a spogliare un'altra e di lei che aveva allontanato Dean. 

Il pensiero di lei che si nascondeva, che non si presentava alle lezioni, di lei che non era più sugli spalti durante le partite, di lei aveva lasciato vuoto il suo posto al tavolo di Pozioni. 

Di lei che lo accarezzava, che lo baciava, che gli faceva assaggiare la Nutella; di lei che lo lasciava, di lei che lo ringraziava per un pelo di Troll, di lei che gli dava ripetizioni, che sognava gli unicorni, di lei che arrossiva; di lei parlava senza sosta, di lei che rideva con lui, per lui. 

E i ricordi si dissolsero lentamente, lasciarono spazio alla realtà: lei era lì di fronte a lui. 

La vide muovere qualche passo per allontanarsi e gli sembrò di rivivere quella notte a casa di Blaise, mentre la vedeva rivestirsi per andare via, mentre riascoltava ogni singola parola e rivedeva ogni singolo gesto di quell'addio che lui non aveva voluto capire. 

Si avvicinò a lei, la strinse forte, mentre lei si muoveva in quell'abbraccio per allentare la presa, per lasciarlo di nuovo. -Fammi andare via. 

-Io non ti faccio da nessuna parte – disse, col mento appoggiato sui suoi capelli bagnati, le braccia sempre intorno a lei. -Ti voglio sempre qui con me. Sono stanco delle lezioni, della punizione in biblioteca, dei dormitori, del Quidditch, delle voci degli altri, delle uscite nei fine settimana a Hogsmeade e a Diagon Alley a cui non posso più partecipare. Sono stanco di tutto e di tutti, 'Miò. Tranne di te. 

-Cosa vorresti fare? 

-Vorrei vederti felice. 

Hermione riuscì allontanarsi da lui, incollando immediatamente gli occhi nei suoi e lui guardava mentre restava in silenzio, respirava a fatica e intanto intorno la pioggia cominciava a rallentare la sua corsa e le nuvole lasciavano spazio ad uno spicchio di luna. 

Capì che Lucius non aveva ragione quando affermava che doveva prendere tutto ciò che voleva, senza chiederlo, in qualsiasi modo: quelle parole gli sembravano così sbagliate, così lontane dalla realtà di quei minuti che stavano vivendo. 

Si accorse di essere cresciuto più in quei pochi mesi e non in tutti gli anni della sua vita, perché tutte le certezze che aveva avuto nel Manor si erano sgretolate di fronte a lei e lui non si sentiva più un bambino che non aveva bisogno di desiderare niente, perché era già lì. 

Non era più un Malfoy protetto dalla sua corazza di stoffa sottile, dalla sua maschera di cartapesta, dai suoi ideali di burro, dalle sue certezze di cera: in quel momento, Draco si sentì un uomo che era di fronte ad una donna e chiedeva solo di essere amato da lei.*

E capí che ogni modo possibile a lui conosciuto non sarebbe servito a riportare indietro lei e l'amore che gli aveva dato, né le notti e i giorni che avevano ancora da dedicarsi. 

S'innamorò ancora del suo viso che si illuminava lentamente di quella luce debole, fioca: non voleva leggere le parole che vedeva sospese nel suo sguardo, non voleva tradurre i suoi pugni chiusi, il respiro pesante. 

Era fermo, in attesa che lei gli dicesse che il tempo in cui erano stati lontani era stato inutile o che si accorgesse di quanto tutto di lui elemosinasse tutto di lei, nella speranza che gli confessasse quello che aveva confessato a Daphne, con la voglia di stringerla ancora, di sentire di nuovo il sapore della sua bocca. 

La guardò mentre fissava lo sguardo al suolo ed abbassava le difese in un secondo quasi fino ad abolirle. 

Draco fece un passo in avanti e lei ne fece due dietro: la distanza che c'era tra loro sembrava aumentare sempre di più e più il tempo passava più lui si sentiva come la notte di Capodanno. 

Hermione si avvicinò, tendendo la mano verso di lui per non essere toccata, provò a spostare i capelli dal viso, poi sospirò -Dammi un motivo, un solo motivo per restare qui. 

Lui restava in silenzio, le labbra serrate per impedirsi di piangere, di dirle che l'amava e che c'erano miliardi di motivi per cui lei dovesse restare lì e voleva farlo, ma non ci riusciva. 

-Non puoi giocare con me, Malfoy. 

-Non l'ho mai fatto. 

-Ho seri dubbi a riguardo. 

Le aveva preso le mani, stringendole nelle sue, aveva poggiato la fronte alla sua, una distanza quasi nulla dalle sue labbra. L'aveva sentita cedere e si era inginocchiato insieme a lei nell'erba, senza allontanarsi mai. 

Si sentì invincibile e sconfitto allo stesso tempo, un corpo vuoto, poi soffiò fuori dalla bocca un respiro a fatica, carico di consapevolezza, ferito, deluso. -Lo so.

Lei sciolse le mani e, senza dire una parola, si andò via. Uno, due, tre, quattro passi… Poi la sua immagine si perse nel buio e Draco sentì di averla persa dalla sua vita. 

La pioggia stava di nuovo cominciando a puntellare il lago, a bagnare l'erba e lui che era rimasto fermo lì. Strinse i pugni e cominciò a piangere. Per la terza volta, per lei. 

In quell'attimo, nel buio, da solo, si permise di essere di nuovo debole e in lui si fece spazio la consapevolezza che il coraggio che aveva avuto di fronte a lei, in sua assenza si stava sbriciolando. Si sentì schiacciato al suolo. 

Cominciò a camminare, con la testa bassa, le mani nelle tasche dove aveva ancora la collana che le aveva regalato a Natale. 

Superò le colonne, attraversò i corridoi.

Il buio che dentro di lui copriva ogni cosa, copriva tutto anche fuori: non c'erano angoli, alberi, orizzonti che riuscisse a distinguere. 

Sentiva le gocce di pioggia scendere dai capelli e toccare il pavimento, le lacrime scendere dagli occhi e posarsi agli angolo della bocca, in quel sorriso che sapeva solo di annientamento. Prima di scendere le scale che lo avrebbero portato al sotterraneo, si fermò a guardare il cielo che si colorava appena dei colori di un'alba pigra, che non aveva alcuna voglia di manifestarsi, né di lottare per sorgere. 

Poi guardo la parete spostarsi di lato, la Sala Comune vuota, il camino spento e si diresse al suo dormitorio. 

Portò le mani al viso, come a volersi nascondere anche da tutto ciò che era successo. Sentì l'odore dei capelli e della pelle di Hermione misto a quello della pioggia e del freddo e lo respirò fino all'ultima molecola di profumo: erano perfetti, si mescolavano insieme creando immagini dolci dei momenti in cui era stato bene con se stesso, con lei e con il mondo intero. E un ricordo bugiardo lo incatenò con le spalle al legno della porta. -Non la voglio nella mia vita. 

Quante bugie aveva raccontato a chi gli era accanto e quante altre ancora avrebbe dovuto raccontare a se stesso per dimenticarla. 




Angolo Autrice:

Eccoci qui, con la seconda e ultima parte del capitolo precedente. 

Avrete notato che questo è molto meno corposo rispetto agli altri e vi spiego il perché: ho semplicemente scelto di dare spazio soltanto a Draco e Hermione e dedicare loro una notte intera. 

*Questa frase meravigliosa è stata rubata da "Notting Hill", un bellissimo  film con Julia Robert e Hugh Grant. 

Bene. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo di commentare per farmi sapere cosa ne pensate. 

A presto, Exentia_dream2 





   
 
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