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Autore: kimikocchan    30/04/2020    5 recensioni
Sakura e Sasuke non potrebbero essere più diversi. Pur conoscendosi fin dall’infanzia non sono mai andati d’accordo.
Durante una gita scolastica, in visita al Tempio del Fuoco, i due finiscono per litigare davanti alla statua del monaco Chiriku che offesa per la poco considerazione mostratale, lancia su di loro uno strano incantesimo.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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4. L'allenamento di lui e il lavoro di lei

Sasuke non poté fare a meno di pensare che tutta quella situazione fosse un’enorme, insana quanto mastodontica scocciatura. Quasi si sentì Shikamaru nel pensarlo.
Camminava a rilento per le vie di Konoha, osservando con attenzione gli edifici alla sua sinistra.
«Buonasera Sakura» lo salutò una signora poco distante intenta a sistemare una pianta di fiori fuori dal locale.
«Buonasera…» rispose l’altro. Era ormai la terza persona che lo salutava, il che stava a significare quanto meno che era sulla strada giusta.
Assorto nei suoi pensieri quasi non si accorse che era arrivato a destinazione. Indietreggiò di due passi per osservare meglio il posto. Sembrava essere più una bottega che un negozio. Alla sua destra spiccava una vetrina semplice ma carina, dove penzolavano con fare curioso quelle che sembravano essere delle bambole.
Sasuke diede uno sguardo sulla strada. L’indirizzo era quello giusto. «Non mi resta che entrare» pensò, allungando la mano sulla porta.
Nel momento però in cui si accingeva a spingere la porta, sentì questa tirarsi verso l’interno e il suono di un campanello riempì l’aria.
Non fece in tempo a realizzare la situazione che subito incrociò un paio di occhi castani a lui conosciuti. Sbarrò gli occhi sorpreso, borbottando qualcosa di incomprensibile. Quei capelli vermigli li conosceva fin troppo bene.
«Sakura, sei arrivata» sorrise Sasori. «Giusto in tempo perché devo momentaneamente fare una consegna e non potevo lasciare il negozio incustodito».
«Va bene» rispose l’altro con una leggera smorfia. Che ci trovava Sakura in uno come quello. Non lo avrebbe mai capito.
«C’è forse qualche problema?» chiese il vermiglio, accorgendosi di quell’atteggiamento taciturno e quasi infastidito.
«No, va bene» Sasuke sorrise forzatamente, tenendo la porta mentre Sasori usciva ringraziandolo.
Se fino a quel momento aveva avuto dei dubbi, ora la sua testa sembrava essere nel pallone più totale.
Quei due lavoravano persino insieme e Sakura non gli aveva ancora rivelato un’accidenti di nulla.
Vedendo poi il rosso allontanarsi non poté fare a meno di chiedersi se lui si fosse invece accorto dei sentimenti della ragazza. Aveva visto più volte Sasori in compagnia di suo fratello Itachi e quell’altro deficiente di Deidara ma a differenza di quest’ultimo, gli era sembrato tutto tranne che stupido.
«Oh bè…» si disse «chissenefrega» e con un’alzata di spalle entrò nel negozio.
 
Sakura constatò che sarebbe stata più difficile del previsto. Anzi, diciamo pure impossibile.
Già aveva impiegato mezz’ora se non di più per indossare tutte le protezioni e non era nemmeno sicura di essersele messe nel modo corretto. Ogni tanto sentiva le ginocchiere scivolare e il paraspalle penderle da un lato. Per non parlare del casco che sembrava caderle sempre sopra la fronte, impedendole la visuale.
Quando arrivò al campo, si sentì letteralmente un pesce fuor d’acqua. Gli altri giocatori la guardavano straniti ma d’un tratto si drizzarono sull’attenti.
Non capì che stava succedendo finché una voce alle sue spalle non le perforò i timpani. «Uchiha!»
Un uomo con un ridicolo caschetto nero lucido e terrificanti sopracciglia dello stesso colore la squadrarono dalla testa ai piedi. «Ti sembra il momento di arrivare questo?» urlò di nuovo e Sakura capì che doveva trattarsi dell’allenatore di Sasuke, Gai Maito.
«Che fai? Non rispondi?» urlò di nuovo.
Sakura capì che doveva spiccicare qualcosa di convincente altrimenti non ne sarebbe più uscita. «Mi scusi ma… il casco si era rotto e ho dovuto cercarne un altro» mentì mentre un brivido freddo le attraversava la schiena. Non era tanto il suo tono di voce quanto la vicinanza di quelle sopracciglia a farla rabbrividire.
«D’accordo. Ma che non si ripeta più, intesi?» minacciò l’altro. «Raggiungi i tuoi compagni ma per punizione ti fermerai dopo l’allenamento e farai venti giri di corsa in più rispetto ai tuoi compagni».
Sakura lo guardò allucinata ma dovette solo annuire rassegnata. «Sì…»
Gai la guardò con quel raccapricciante sopracciglio alzato. «Sì, cosa
Sakura lo guardò agghiacciata per poi ricordarsi l’unico avvertimento che Sasuke si era premurato di darle prima di affrontare quell’assurdo pomeriggio.
Ricordati sempre di dire ‘sì, coach’ quando concludi un discorso con il coach Maito”.
«Sì, coach» ripeté Sakura, desiderando solo che quelle sopracciglia smettessero di fissarla.
Il coach Gai finalmente esaudì il suo desiderio distogliendo lo sguardo dalla sua figura e rivolgendosi poi al resto della squadra.
«Bè che avete da guardare? Tornate ad allenarvi!» urlò, rivolgendosi poi a Sasuke, in realtà Sakura, che scattò terrorizzata in direzione dei compagni. «Voglio vedervi sudare se non morire, branco di sfaticati!»
«Cominciamo!» urlò Rock Lee in direzione di Sakura.
Sakura lo guardò confusa ma mai quanto gli altri che la videro ferma impalata a non prendere posizione. «Sasuke, ci sei?» domandò Kiba, agitandole una mano sul viso. Sakura si mosse lentamente sotto l’occhio dei suoi compagni che la guardavano come fosse un’aliena. In effetti, si sentiva esattamente così.
Per fortuita coincidenza parve posizionarsi esattamente dove Sasuke doveva stare.
«Cominciamo!» urlò Rocke Lee, posizionatosi di spalle di fronte a Sakura insieme ad altri giocatori intenti a formare una linea di fronte a lei.
Naruto al suo fianco la guardò, sussurrandole qualcosa di incomprensibile.
«Cosa?» domandò lei confusa per poi sentire il fischio dell’arbitro. Accadde tutto nel giro di un secondo. Rock Lee prese la palla e con un gesto fulmineo la passò oltre le sue gambe nel tentativo di passarla dietro di sé. Sakura non capì di doverla afferrare finché questa non la colpì dritto nello stomaco, rimbalzando per terra e sprecando un primo tentativo di attacco.
«Sas’ke!» esclamò Naruto esterrefatto da quella mancata presa facile di palla.
«Accidenti Sasuke!» esclamò Kiba, guardandolo con rabbia. «Che diamine ti prende?»
Sakura abbassò lo sguardo colpevole, riposizionandosi dietro Rock Lee. Non aveva la benché minima idea di quello che stava facendo ma capì che doveva afferrare quella stupida palla. Poi avrebbe improvvisato.
Non appena tutti presero di nuovo posto. L’arbitro fischiò di nuovo l’inizio della partita.
Rock Lee come prima afferrò la palla e con agilità la passò indietro. Sakura s’impegnò con tutta sé stessa nel provare a prenderla ma una volta afferrata la palla le scivolò dalle mani.
L’arbitrio fischiò e tutta la squadra si fermò, guardandola tra lo sorpreso e l’arrabbiato.
«Vuoi che ti sbatta fuori?» Gai era apparso poco distante, guardandola minaccioso.
«Mi scusi, coach» scandì scocciata per poi scuotere la testa decisa.
Avrebbe preso quella palla costi quel che costi.
Per l’ennesima volta, la formazione si risistemò in campo.
Sakura si ritrovò a fissare il fondoschiena di Rock Lee in modo così concentrato che Naruto al suo fianco ridacchiò divertito. L’arbitro fischiò. Per l’ennesima volta Rock Lee afferrò la palla e con un gesto deciso e ormai meccanico passò la palla dietro di lui.
Questa volta non l’avrebbe mancata. «Presa!» esclamò difatti Sakura contenta.
Tuttavia, il suo sorriso svanì in un attimo quando una mandria di ragazzi la travolsero, tramortendola a terra.
«Ma si può sapere che ti prende? Ti ricordi o no come si gioca?» domandò Neji con un malcelato fastidio.
«Meno seghe, dammi retta» borbottò Kiba mentre Sakura non accennava a muovere un muscolo completamente schiacciata al terreno.
Più tardi in spogliatoio, nessuno osava fiatare dopo quell’allenamento ai limiti del ridicolo.
Sakura sapeva bene di essere guardata con sguardi delusi, alcuni persino derisori ma non poteva farci niente.
«Ehi, Sasuke…» lo richiamò Rock Lee, attirando l’attenzione di tutto lo spogliatoio.
«Sì che c’è?» si girò, aspettandosi l’ennesima presa in giro ma quello che vide fu uno sguardo terribilmente serio.
«Ascoltami bene perché non lo ripeterò. Forse a te non cambierà nulla ma la prossima partita sarà l’evento più importante nella vita di molti di noi. Pensa pure che con la tua eredità non ti serva vincere il campionato scolastico… ma non permetterò che tu rovini la squadra, sono stato chiaro?»
Sakura deglutì, sentendosi un mostro della peggior specie. Non capiva nemmeno a che cosa si stesse riferendo ma il senso di colpa prese comunque a divorarle lo stomaco. «Ok…» balbettò dispiaciuta.
Naruto si avvicinò a lei con un sorriso appena accennato sulle labbra. «Non preoccuparti, può capitare di prendere colpi» lo rassicurò dandogli una pacca sulla spalla.
Sakura sorrise di rimando. Ora capiva perché Hinata avesse perso la testa per lui. «Sì…» sorrise debolmente per poi cominciare a svestirsi.
«Uchiha!» la richiamò il coach Gai appena affacciatosi dal fondo dello spogliatoio. «Non ti sarai dimenticato dei venti giri di corsa, spero?»
Fu in quel momento che Sakura sentì una gran voglia di piangere. «No, coach» rispose affranta, rimettendosi il casco sulla testa.

Il lavoro di Sakura era abbastanza noioso. Le sue mansioni consistevano nel destreggiarsi tra cassa e magazzino, mettendo in ordine la merce sugli scaffali.
Aveva avuto qualche problema con la cassa e fingendo di non riuscire ad aprirla chiese alla signora Chiyo, la proprietaria del negozio, di venire a dare un’occhiata per timore di un guasto, cogliendo l’occasione per osservare come poter pagare e dare il resto.
Sasuke fissava l’orologio con preoccupazione, chiedendosi come stesse andando l’allenamento. Sperava solo che Sakura non combinasse qualche guaio ma in qualche modo sentiva che le cose non avrebbero preso una bella piega.
«Annoiata?»
La voce improvvisa di Sasori lo fece sobbalzare, costringendolo ad arretrare un poco. «No, figurati» disse, cercando di sembrare il più rilassato possibile.
Sasori lo guardò con un sorriso divertito per poi passare lo sguardo oltre di lui.
«Hai già finito le consegne, Sasori?» domandò l’anziana Chiyo comparsa da dietro la porta.
«Sì, nonna. Hai bisogno di altro?» rispose l’altro mentre Sasuke aggrottò la fronte sorpreso.
Quindi la vecchia Chiyo altri non era che la nonna di Sasori.
«Non ti preoccupare, la nostra Sakura si è occupata di tutto» disse Chiyo con un sorriso. «Anche se oggi l’ho vista più concentrata e silenziosa del solito» commentò.
Sasuke non poté fare a meno di pensare come Sakura potesse distrarsi con facilità con la figura di Sasori ronzarle intorno. Una leggera morsa gli strinse lo stomaco ma non ci fece caso.
«Eh sì, la nostra Sakura oggi pare essere un’altra persona» commentò Sasori, dandole un leggero buffetto sulla testa.
Sasuke non apprezzò per niente quella confidenza e si scostò leggermente dal tocco di Sasori. «Sono solo professionale» gli uscì con una certa acidità.
Sasori si sorprese molto di quella reazione così come la vecchia Chiyo che da sempre aveva visto le guance della ragazza tingersi di rosso alla vicinanza del nipote.
Poi Sasuke si ricordò che Sakura non avrebbe mai reagito in modo così rude e scostante in particolar modo con Sasori, e si affrettò a rimediare. «Scusa Sasori, sono… stanca» si sforzò di dire con tutta la gentilezza possibile.
Sasori lo fissò a lungo senza dire una parola dopodiché oltrepassò Sasuke nelle vesti di Sakura e s’avviò oltre la porta alle loro spalle. «Devo finire il progetto in consegna per lunedì» disse, chiudendosi la porta alle spalle.
«Progetto?» domandò Sasuke.
«Quello per l’Accademia di Belle Arti» gli ricordò Chiyo, inconsapevole che la figura di fronte a lei stesse ascoltando tutto per la prima volta. «Non eri tu che volevi vederlo più di qualsiasi altra cosa?»
Sasuke sudò freddo. «Ah sì, il progetto!» balbettò non sapendo minimamente di cosa stesse parlando.
La vecchia Chiyo lo guardò confusa ma tornò alle sue faccende mentre Sasuke appoggiava i gomiti al banco, tornando a fissare l’orologio.
E così Sasori frequentava l’Accademia di Belle Arti. Non che gli importasse granché di quello che faceva il rosso ma sicuramente la sua controparte femminile non era dello stesso avviso.
Da quello che aveva sentito, Sakura sembrava quasi venerare tutto quello che faceva Sasori e la cosa non seppe perché non poteva fare a meno di procurargli un enorme fastidio.
 
A bordo della Mercedes, Sakura riuscì per miracolo a raggiungere villa Uchiha. Sasuke l’aveva minacciata più volte di riportare a casa la macchina senza un graffio pena il qualcosa di indecente sul suo candido corpo in balia di quel demone.
Sperava con tutto il cuore che quella sera quando sarebbe andata a dormire, sarebbe tornata nel suo corpo e tanti saluti a quell’odioso snob pervertito.
Quando varcò l’ingresso di villa Uchiha, il silenzio regnava sovrano. Solo pochi istanti dopo sentì dei leggeri passi e la signora Uruchi comparve da dietro la scalinata.
«Buonasera e ben tornato signorino» lo accolse.
Sakura fece un cenno alla signora e lei riprese a parlare. «La cena è quasi pronta. Sarà affamato dopo gli allenamenti. La chiamerò quando sarà servita la cena».
A una prima occhiata la vita di Sasuke era indiscutibilmente perfetta. Chi avrebbe potuto biasimarlo?
Sasuke era bello, attraente ed estremamente popolare sia tra i ragazzi che tra le ragazze.
Come se non bastasse, era smodatamente ricco e viveva in una villa servito e riverito come un principe.
Chiunque avrebbe voluto essere al suo posto.
Tuttavia, Sakura non poteva fare a meno di percepire un’atmosfera estremamente fredda aleggiare tra quelle mura in apparenza illustre e perfette.
Poco dopo Uruchi la chiamò per la cena. Entrò nell’immensa sala da pranzo di casa Uchiha, vedendo altre tre persone già sistemate intorno ad esso con sguardi seri e imperscrutabili. Riconosceva il signore a capotavola e la signora seduta sul lato lungo alla sua sinistra. Erano Fugaku e Mikoto Uchiha, niente meno che i genitori di Sasuke. Constatò che erano leggermente invecchiati dall’ultima volta che li aveva visti, specialmente il padre che però aveva mantenuto lo sguardo austero e severo che lo aveva sempre contraddistinto. Di fronte a sua madre c’era invece un ragazzo alto dai capelli scuri e l’espressione anch’ella imperscrutabile. Era il ragazzo della foto, ma di sicuro lo aveva già visto da qualche parte. Le sembrava terribilmente familiare.
«Sasuke non è buona educazione far aspettare gli altri» cominciò Fugaku, puntandole gli occhi addosso. «Un Uchiha deve essere sempre puntuale. Prendi esempio da tuo fratello Itachi».
Sakura sgranò gli occhi, riconoscendolo. Ma certo, Itachi Uchiha, il fratello di Sasuke. Come aveva fatto a dimenticarsene?
Quando lei e Sasuke erano piccoli, Itachi aveva sempre il compito di sorvegliarli.
Inoltre, era da sempre anche uno dei migliori amici di Sasori. Ricordava di aver sentito che durante i primi anni delle superiori si era trasferito a Iwa per completare gli studi secondo il volere del padre.
Sakura lo guardò di sottecchi. Era diventato un gran bel ragazzo, non c’era che dire.
«Sasuke, rispondimi quando ti parlo» lo rimproverò il padre, attirando di nuovo la sua attenzione.
Sakura lo guardò quasi intimorita. «Sì… padre» disse, scivolando lentamente sulla sedia.
Per tutta la durata della cena Sakura si sentì un pesce fuor d’acqua. I genitori di Sasuke non facevano altro che parlare di lavoro, coinvolgendo il figlio Itachi nelle loro discussioni.
Sembrava invisibile. Se, se ne fosse andata nessuno se ne sarebbe accorto. Era certa.
Nessuno in quel tavolo si era premurato di interagire in qualche modo con lei. Va bene che data la situazione forse era meglio così ma sembrava letteralmente non esistere ai loro occhi.
Che lei ci fosse stata o meno la sua presenza non avrebbe fatto alcuna differenza.
E improvvisamente i suoi pensieri saettarono sulla figura di Sasuke mentre una profonda tristezza prendeva ad avvolgerle il cuore.
 
Sasuke camminava sulla via del ritorno, ripensando alla giornata appena trascorsa.
Sperava con tutto il cuore che finite le ventiquattro ore sarebbe tornato tutto alla normalità perché non avrebbe potuto reggere un altro pomeriggio in quel negozio in compagnia di quell’essere così vomitevolmente perfetto di Sasori.
Oltretutto l’idea di non potersi nemmeno divertire con qualche ragazza lo scocciava terribilmente.
Aveva provato a stuzzicare Sakura sull’idea di utilizzare il suo corpo in qualche modo sconcio e pervertito ma alla vista della sua faccia scandalizzata e furiosa aveva compreso una verità che non seppe perché aveva trovato stranamente piacevole.
Sakura era ancora vergine.
Certo lo aveva sospettato dai suoi modi e dai suoi atteggiamenti ma quella conferma così pura e ingenua lo aveva terribilmente divertito.
Una volta giunto davanti a casa Haruno, non poté fare a meno di lanciare uno sguardo in direzione di villa Uchiha. A differenza del suo corpo, non gli mancava per niente se non per Uruchi.
Restò lì davanti alla porta per un po’ a contemplare la staccionata che divideva la sua casa dalla casa di Sakura. Sembrava ieri quando con un gesto atletico la scavalcava per venire a giocare nel giardino di casa Haruno.
Sasuke scosse la testa. Perché diavolo gli tornavano in mente quei ricordi? Con un gesto rapido frugò nella borsa a tracolla e afferrò le chiavi.
Non sapeva bene cosa aspettarsi ma di sicuro non lo scenario che si presentava di nuovo ai suoi occhi.
La casa sembrava essere ancora vuota. Le luci erano spente e non si sentiva nemmeno una mosca volare.
Com’era possibile che nessuno fosse ancora rientrato a casa nonostante l’ora?
Guardò l’orologio con il dubbio di essersi sbagliato. No, erano le otto e mezza.
Sasuke abbandonò la borsa in ingresso e si tolse velocemente le scarpe, avviandosi in ogni parte della casa per controllare con i suoi stessi occhi se ci fosse effettivamente qualcuno.
Solo in quel momento si accorse che tutto in quella casa era impostato come se ci dovesse vivere una sola persona. A partire dalla cucina dove notò la quantità delle stoviglie utilizzate e di cibo presente nel frigo
Salì di sopra, sorpassando la stanza di Sakura ed entrò in bagno. Sul comodino accanto al lavabo vi era solo un beauty case e un contenitore al cui interno era abbandonato un solo spazzolino da denti.
Uscì di fretta dal bagno ritrovandosi davanti all'ultima porta non ancora aperta della casa.
Intuì subito di che stanza potesse trattarsi. Rimase impalato per un po’ davanti alla porta, incerto se aprirla o meno, ma la curiosità era troppo forte. Lentamente abbassò la maniglia e spinse la porta in avanti.
Quello che vide gli lasciò una terribile sensazione di vuoto mista a tristezza.
La camera era immacolata come se nessuno ci dormisse da anni. Non c’erano oggetti o arredamento, ma solo mobili ricoperti da un sottile strato di polvere. Il letto matrimoniale era ben fatto ma era evidente che nessuno ci dormisse da tempo. L’armadio alla sua destra era aperto e completamente vuoto. Le finestre erano sigillate e l’unica luce che illuminava la stanza era quella proveniente dal corridoio alle sue spalle.
«Ma che cosa significa?» sussurrò Sasuke come se qualcuno dal nulla potesse sbucare e dargli una risposta.
Cosa stava succedendo?
Ma soprattutto, dov’erano i genitori di Sakura?
  
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