Crossover
Segui la storia  |       
Autore: Registe    30/04/2020    4 recensioni
Quarta storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
La guerra tra l'Impero Galattico e la famiglia demoniaca si è conclusa, ma non senza un costo. Vi è una cicatrice profonda che attraversa mondi e persone, le cambia, rimane indelebile a marchiare i frammenti di tutti coloro che hanno la fortuna di essere ancora vivi. Qualcuno decide che è il momento giusto per partire, cercare di recuperare qualcuno che si è perso. Qualcuno decide di dimenticare tutto e lasciarsi il passato alle spalle.
Qualcun altro decide invece di raccogliere i frammenti di una vita intera e metterli di nuovo insieme, forse nella speranza che lo specchio rifletta qualcosa di diverso.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film, Libri, Videogiochi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4 - Traccia di dati







Saruman







Vexen iniziava a capire come si sentisse un droide quando troppi input sensoriali sparati contemporaneamente finivano per sovraccaricare la sua memoria di elaborazione.
Nei suoi viaggi tramite i portali oscuri del Castello dell’Oblio aveva visitato decine di mondi tecnologici e città futuristiche, ma niente di ciò che conosceva, dalle guglie frastagliate di Ravnica, percorse da cariche di energia galvanica, alle città sospese tra le nuvole di Bespin, reggeva il confronto con Coruscant.
La capitale imperiale era strabiliante anche solo ad ammirarla dallo spazio. Il primo colpo d’occhio, catturato attraverso il finestrino subito dopo l’uscita dall’iperspazio, gli aveva dato l’idea di un diadema tempestato di brillanti appoggiato sul velluto nero del cosmo. Osservando con più attenzione, si rischiava di rimanere ipnotizzati dal formicolio dei puntini luminosi sulla superficie del pianeta, che non stavano mai fermi, disegnando un reticolo di forme sempre cangianti e diverse, ogni pennellata unica e irripetibile.
E questo era soltanto prima di scendere a terra.
In effetti il concetto di “terra”, su Coruscant, era molto relativo. La vita sull’immenso pianeta-città si sviluppava prevalentemente in verticale: piattaforme e camminamenti di duracciaio congiungevano un grattacielo all’altro in una ragnatela fittissima, e un traffico inesauribile di veicoli di ogni genere e foggia scorreva senza sosta sulle corsie aeree collocate su decine e decine di livelli diversi. Vexen era pronto a scommettere che ci fossero persone nate e cresciute sul pianeta che non avevano mai messo piede sul suo vero terreno.
Il suo volo di linea era atterrato nel cuore del settore S e, mentre si sorbiva una fila epocale per il disbrigo delle formalità burocratiche, Vexen bevve avidamente con ogni senso a sua disposizione il pulsare frenetico di quell’alveare di vetro e duracciaio, il trionfo completo dell’ingegno umano su ogni forza messa in campo dalla natura. Ripensava al suo mondo in cui i preti avevano paura persino a leggere una formula chimica, e il suo cuore traboccava di invidia e ammirazione nei confronti degli ingegneri e scienziati che avevano domato ogni centimetro quadrato di quel mondo, piegando il clima alla loro volontà, neutralizzando i fenomeni naturali catastrofici, prendendosi gioco della gravità e dello spazio con le loro costruzioni sempre più ardite ed elevate.
Il documento falsificato dagli ingegneri informatici dell’Alleanza superò i controlli. Sul mondo agricolo di Nakadia, il pianeta dell’Orlo Intermedio su cui Camus lo aveva fatto sbarcare clandestinamente, gli ufficiali dello spazioporto avevano gettato solo un’occhiata distratta alle sue credenziali, ma man mano che ci si avvicinava al nucleo della Galassia la severità dei controlli aumentava progressivamente. Stavolta Vexen dovette sottoporsi a uno scan corporeo completo, e riuscì a riprendere a respirare normalmente solo quando il droide della sicurezza gli restituì il bagaglio, appena risputato da un nastro trasportatore che doveva averlo fatto passare sotto chissà quanti tipi di sensori.
“Buona permanenza a Coruscant, signor Summerwind.”
Allontanandosi nell’atrio gremito di passeggeri, non poté trattenere un sorrisetto al pensiero di aver fatto passare tre artefatti alchemici sotto il naso delle guardie spazioportuali. Ma gli oggetti di natura alchemica sono masse inerti in assenza di una volontà che li attivi, e dunque il suo prezioso bottino doveva essere apparso come semplice paccottiglia da bigiotteria ai tecnici addetti alle scansioni termiche ed energetiche. Esattamente come i cerchi, che restano un banale insieme di linee tracciate con il gesso finché l’alchimista non vi canalizza la propria energia tramite i comandi impartiti attraverso la mente.
Fuori dallo spazioporto, Vexen rischiò di venire travolto dall’onda di marea dei passanti solo per essersi fermato con il naso all’insù ad ammirare le cime dei grattacieli illuminate dal sole di mezzogiorno. Si ritrasse, inciampando a momenti sulla valigia fluttuante di un grosso alieno dalla testa a martello, e appoggiò le spalle a una colonnina che segnalava una fermata del trasporto pubblico, prendendosi un attimo per ritrovare l’orientamento. Davanti ai suoi occhi, il traffico sulle corsie aeree scorreva come un fiume in piena, e velivoli di ogni tipo accostavano rapidamente alla piattaforma per far salire o scendere passeggeri diretti da e verso lo spazioporto. I vari mezzi di trasporto, presi singolarmente, non avevano sistemi di propulsione particolarmente rumorosi, ma il traffico ininterrotto di migliaia di essi produceva una sorta di ronzio metallico che finiva per pervadere ogni livello del pianeta-città come un’onnipresente vibrazione di fondo.
Lo schermo al neon sopra la sua testa indicava che si trovava al livello 147. Vexen sapeva che, per raggiungere gli archivi anagrafici del settore, doveva salire fino al livello 62.
Il volo da Nakadia era durato quasi ventiquattro ore, e Vexen aveva sfruttato quel lungo intervallo di tempo per prepararsi al meglio a ciò che lo aspettava. Camus gli aveva mostrato come utilizzare l’olopad per effettuare ricerche sulla rete olonet galattica, e lo scienziato ne aveva approfittato per scaricare sul dispositivo tutte le indicazioni per raggiungere i luoghi del pianeta che riteneva sarebbero stati utili nella sua ricerca.
E a proposito di Camus…
Estrasse l’olopad dalla tasca della giacca di tessuto sintetico blu scuro che aveva rimpiazzato la fedele tunica dell’Organizzazione e gettò uno sguardo allo schermo.
 

3 chiamate perse
9 messaggi non letti
2 messaggi audio da ascoltare


 
Si lasciò sfuggire un lungo sospiro. Qualcosa gli diceva che Camus era venuto a sapere del suo piccolo… exploit furtivo al palazzo di Minas Tirith. Gli bastò riprodurre l’inizio del primo messaggio audio per accertarsene.
Padron Vexen, come ha potuto! Se l’avessero scoperta, come avrei potuto difenderla stavolta? I miei amici sono stati corretti con lei, non meritavano… “
Il timer sotto al messaggio segnalava ancora cinque minuti di sermone rimanenti. Vexen fermò la riproduzione con uno sbuffo di fastidio e cestinò gli altri messaggi senza leggerli. Stava per riporre l’olopad in tasca quando si fece prendere da un ultimo scrupolo, sbloccò nuovamente il dispositivo e digitò in fretta poche parole:
Inutile discuterne ora. Arrivato a Coruscant. Tutto bene.” Ci pensò un attimo, poi si decise ad aggiungere: “Tu?
Camus doveva essere attaccato al proprio dispositivo (probabilmente intento a registrare l’ennesimo messaggio piagnucolante), perché la risposta apparve immediatamente, lampeggiando minacciosa sullo schermo.
Lo saprebbe se avesse letto i miei messaggi.
Ecco, ora faceva l’offeso. Vexen resistette all’impulso di far compiere all’olopad un tuffo giù dal grattacielo, tanto per sperimentare quanti secondi ci volevano perché un corpo in caduta libera raggiungesse il suolo del pianeta. Invece ripose il dispositivo nella giacca e cercò di concentrarsi sul passo successivo da compiere.
Il volo Nakadia-Coruscant gli aveva prosciugato più crediti di quel che pensava, anche selezionando le opzioni di viaggio più economiche. Fortunatamente il pranzo era compreso anche nella tariffa più bassa, dunque al momento cercare qualcosa da mangiare non rientrava tra le priorità. In ogni caso, se i prezzi del servizio taxi erano quelli indicati nella pagina olonet che aveva consultato, poteva decisamente scordarsi quella modalità di viaggio per raggiungere il livello 62. La soluzione più accessibile per il suo portafogli disastrato era salire di livello con uno degli ascensori pubblici (fortunatamente gratuiti) e poi prendere lo speederbus S-35 per un paio di fermate fino agli archivi anagrafici. In questo modo se la sarebbe cavata con appena tre crediti.
Raggiunto l’ascensore più vicino, tuttavia, Vexen si rese conto che la parola “gratuito”, su Coruscant, era sinonimo di “fregatura colossale”. Il mezzo non trasportava più di venticinque persone alla volta, e la fila sulla piattaforma girava già oltre l’angolo del grattacielo, facendo prevedere tempi di attesa apocalittici. Senza molta scelta, lo scienziato si sfilò lo zaino dalle spalle, lo poggiò per terra ben stretto tra le gambe, si stiracchiò le braccia e la schiena e si preparò ad affrontare la lunga coda. Quasi si pentì di aver cancellato i messaggi di Camus.
La stragrande maggioranza delle persone in fila con lui appartenevano a specie a cui non avrebbe nemmeno saputo dare un nome. Alle sue spalle c’era un essere che sembrava a tutti gli effetti una grossa mosca che camminava su due zampe, con tanto di piccole chele agli angoli del muso che si agitavano producendo una serie frenetica di schiocchi e ticchettii. Collocato sul petto della creatura, un piccolo dispositivo dotato di altoparlante traduceva quel singolare linguaggio in un Basic metallico e monocorde, consentendo all’alieno di comunicare con il suo compagno di viaggio umano. Vexen si annotò mentalmente di fare qualche ricerca sulle specie più comuni della Galassia, per evitare gaffe imbarazzanti che avrebbero potuto attirare attenzioni non necessaria su di lui. Dopotutto, stava recitando il ruolo di un comunissimo cittadino imperiale, che avrebbe dovuto conoscere a menadito certe informazioni del luogo in cui era cresciuto.
E a proposito di Impero… lo scienziato non aveva potuto fare a meno di notare che, su tutti i manifesti di propaganda che aveva visto finora (metà del grattacielo alla sua destra era letteralmente occupata da uno schermo al neon che invitava ad arruolarsi nella Marina Imperiale per “proteggere la pace e la giustizia”) erano raffigurati solo e soltanto umani, malgrado Palpatine regnasse su mondi popolati da centinaia, se non migliaia, di specie diverse.
Due ore e molte bestemmie dopo, Vexen emerse a fatica dal groviglio di corpi sudati stipati sullo speederbus S-35 e mise piede sulla piattaforma di duracciaio di fronte agli archivi anagrafici del settore S. La facciata dell’edificio, tetra e dalle linee severe, emanava un’indiscutibile aria di rigore burocratico, ma Vexen sospirò di sollievo quando le porte scorrevoli di vetracciaio si richiusero alle sue spalle, isolandolo dai rumori del traffico e dalla calca del distretto amministrativo.
Dietro il bancone di accettazione nell’atrio, un droide argentato gli domandò le generalità e il motivo della visita.
“Dovrei compiere una ricerca. Su… un lontano parente” disse, dopo aver consegnato l’olopad per la scansione del documento di identità. “Ci siamo persi di vista da molti anni, ma so che risiede su Coruscant. Vorrei reperire il suo indirizzo, o almeno un contatto.”
La testa del droide si inclinò di qualche grado, facendogli assumere un’aria singolarmente umana. Gli occhi tondi, retroilluminati, e la piccola bocca a fessura, gli stampavano in faccia un’espressione perennemente perplessa che aveva un che di comico.
“Certamente, signor Summerwind. Per sette crediti può consultare uno dei nostri terminali per un’ora.”
Alla menzione del prezzo, il droide gli sembrò immediatamente meno simpatico. Anzi, avrebbe volentieri usato la sua bella corazza d’argento per una trasmutazione alchemica, ora che ci pensava. Ma dovette fare buon viso a cattivo gioco, e pagò la cifra a denti stretti, consapevole che la sua riserva di crediti andava evaporando a velocità esponenziale.
Un secondo droide, in tutto e per tutto identico al primo, lo scortò in una sala piena di terminali, alcuni dei quali già occupati, e gli indicò uno schermo davanti a cui era collocata una sedia priva di schienale, saldata al pavimento e rivestita da un cuscinetto di gommapiuma verde.
“Il timer al lato dello schermo le indicherà il tempo rimanente. Se desidera prolungare la ricerca potrà pagare il sovrapprezzo direttamente all’ingresso.”
Contaci, ferraglia argentata.
Non aveva molti elementi da cui partire. Non appena i passi del droide si furono allontanati, Vexen prese posto sul sedile e digitò nella barra di ricerca l’unico indizio a sua disposizione.
Il nome Zexion.
Gli sembrò che il sistema impiegasse una vita a caricare i dati. E in effetti, quando la risposta finalmente lampeggiò sullo schermo, gli strappò un sonoro gemito di disappunto.
 

974 corrispondenze trovate

 
Doveva restringere il campo. Una finestra si aprì sul lato destro dello schermo, chiedendo ulteriori specifiche. Vexen digitò umano nel campo “specie”, e un’ulteriore finestra apparve, invitandolo a inserire nuovi dati. Scrisse argento sotto la voce “capelli” e azzurri alla voce occhi. Aggiunse anche dei valori orientativi di altezza e peso. Poi selezionò il comando di conferma, stringendo le labbra fino quasi a trattenere il respiro.
Il sedile era leggermente alto, costringendolo a stare curvo davanti allo schermo, un gomito poggiato sul piano del terminale e il mento reclinato sul palmo della mano. L’altra mano tamburellava nervosamente sulla tastiera.
 

2 corrispondenze trovate


 
L’esultanza gli morì sulle labbra non appena selezionò i risultati per esaminarli. Uno dei due Zexion aveva cinquant’anni e gestiva una palestra di arti marziali. L’altro era un bambino di quindici mesi.
Imprecò sottovoce, sentendo la fronte imperlarsi di sudore freddo. Non poteva essere arrivato fin lì solo per fare un buco nell’acqua di quelle proporzioni. Semplicemente non poteva. Si trattenne a stento dallo sferrare un pugno sulla tastiera.
Zexion era lì, da qualche parte su quello stesso pianeta. Doveva esserci un modo per rintracciarlo, per arrivare fino a lui. Per un attimo, lo stress della fuga e la stanchezza del lungo viaggio ebbero la meglio. Incassò la testa tra le spalle, come se lo zaino fosse diventato di colpo troppo pesante, e il suo cervello fu attraversato da una scarica di idee folli a velocità vorticosa: cercare la sede dei Servizi Segreti e accamparvisi davanti, girare a caso per il pianeta nella speranza che Zexion lo rintracciasse con l’olfatto, chiedere a Camus di attivare le spie ribelli…
Poi si passò una mano sulla fronte, imponendosi di ragionare con calma. I numeri rossi sullo schermo segnalavano che aveva a disposizione ancora tre quarti d’ora. C’era tutto il tempo per venirne a capo.
Evidentemente, Zexion non era registrato con il suo vero nome. Aveva senso che, all’inizio della sua nuova vita come servitore dell’Impero, gli sgherri di Palpatine gli avessero fornito una nuova identità, anche per insabbiare legami scomodi con il Castello dell’Oblio e l’Organizzazione. Certo, se gli avevano affibbiato un nome casuale come i Ribelli avevano fatto con lui, rintracciarlo sarebbe stato impossibile. Ma se Zexion avesse avuto una minima facoltà di scelta…
Le dita di Vexen volarono sulla tastiera, guidate da un’ispirazione improvvisa. Mantenne inalterati tutti gli altri parametri di ricerca, cambiando solamente il nome.
Ienzo.
Premette invio. Attese. Nell’angolo, i numeri rossi scorrevano quietamente.
 

3 corrispondenze trovate


 
Aprì le finestre dei risultati con trepidazione.
Il primo Ienzo era una donna. Del secondo vi era addirittura un’oloproiezione, che mostrava un ragazzo muscoloso dalla mascella squadrata che non poteva essere suo nipote neanche in un universo parallelo. Del terzo l’archivio non aveva immagini disponibili, ma le poche righe apparse al centro dello schermo bastarono ad accelerare all’inverosimile il battito del cuore di Vexen.
 

Ienzo Whiteflame
Umano, maschio
Data di nascita: 2.3.0002
Luogo di nascita: Coruscant
Impiegato presso filiale Clan Bancario R-98Y6, Settore F.


 
Seguivano le coordinate di un domicilio privato.
Vexen stava quasi per abbandonarsi contro lo schienale dal sollievo, accorgendosi che la sua sedia non ne aveva uno giusto in tempo per impedirsi di capitombolare poco cerimoniosamente all’indietro. Non poteva avere la certezza matematica di aver trovato Zexion, ma la data di nascita coincideva (seppur convertita nel calendario imperiale), e “impiegato bancario” sembrava un tipo di mestiere abbastanza generico da fungere da copertura perfetta per un agente dei Servizi Segreti.
In ogni caso, era la sua sola possibilità.
Se necessario, avrebbe seguito quella traccia fin dentro un buco nero e oltre.
 
 
 




Il programma di Zexion non prevedeva di andare su Naboo. Il pianeta natale dell’Imperatore Palpatine scomparve dal finestrino dopo la sosta nello spazioporto di Theed, la capitale, dove era scesa più della metà dei passeggeri. Entrò nell’orbita di Onoam, una delle tre lune di Naboo, dopo nemmeno mezz’ora di viaggio senza l’ausilio della velocità subluce.
A dispetto di molti altri pianeti famosi per i loro giacimenti minerari, il panorama di Onoam non era dissimile da quello di Naboo, la gemma blu dell’Orlo Intermedio. Era un luogo bellissimo, tempestato di verde e di azzurro, avvolto da lievi veli di bruma che catturarono subito l’occhio del ragazzo sin dal momento in cui entrò nella sua orbita: anche da quell’altezza poteva osservare la bruma spostarsi grazie ad un vento delicato, ed abbassandosi di quota vide delle enormi praterie dall’erba alta che ricoprivano distese ondulate di altipiani protetti da montagne gentili.
Molte persone benestanti di Naboo avevano una seconda casa su Onoam, e tra questi anche Saruman, Signore Oscuro e attuale governatore del settore: la sua residenza, sebbene distante dal piccolo spazioporto, spiccava sin da lontano per le guglie bianche ed azzurre -realizzate nel più tipico stile di Naboo- che sembravano emergere da una vertiginosa cascata che attirava lo sguardo di chiunque atterrasse su quella luna la prima volta. Un esempio di bellezza mozzafiato che Zexion sapeva fin troppo bene quale prezzo avesse richiesto.
Avrebbe ben volentieri evitato di entrare a contatto con il governatore Saruman, ma nel sistema di Naboo non vi erano gli accurati sistemi di sicurezza presenti a Coruscant o nei principali pianeti del Nucleo. E di alcune cose era fondamentale parlarne di persona, anche quando il suo interlocutore non aveva alcuna reale voce in capitolo sulla missione affidatagli. Zexion purtroppo conosceva il protocollo: in quanto semplice agente avrebbe dovuto attendere un’ora o due prima di essere accolto dal governatore, specie quando il suo arrivo coincideva con una delle sue leggendarie abluzioni.
“Mi aspettavo qualcuno con un po’ di peli sul mento, ragazzo” disse l’uomo, scrutandolo da oltre una scrivania di legno massiccio. Sedeva su una sedia nera con lo schienale ben più alto della sua testa, che tagliava in due il panorama che si poteva ammirare da oltre la vetrata. Indossava una lunga tunica bianca che gli arrivava fino ai piedi, e bianchi erano anche i suoi capelli e la lunga barba. Rispetto a tutti i governatori regionali che Zexion aveva avuto la sfortuna di incontrare, il vestiario del suo ospite risaltava contro le uniformi impeccabili. Il governatore Saruman, infatti, non proveniva dai territori controllati dall’Impero.
Era un abitante della Terra II, dunque uno straniero per chiunque non fosse un contadino ignorante dell’Orlo Esterno. Ma era anche uno stregone, uno dei pochi depositari della magia tra i Signori Oscuri. Di conseguenza, qualcuno con cui era sempre problematico parlare. “Il governatore Tarkin valuta così poco il settore di mia competenza? Non che non lo sapessi, ma questa mancanza di rispetto la trovo davvero di cattivo gusto”.
“Con tutto il rispetto, governatore, i servizi segreti hanno mandato me proprio per le mie capacità” disse. Mosse leggermente la mano, e fece turbinare leggermente l’aria tra sé e lo stregone. La piccola folata voltò un paio di pagine di un tomo posto sulla scrivania, quanto bastò per abbassare leggermente il cipiglio della figura. “Capisco. Sei dell’Amn”.
“Non proprio. Ma la cosa non è importante. Sono qui per il convoglio ESPL6 che giungerà qui tra meno di due rotazioni del pianeta”.
“La cosa dovrebbe interessarmi?”
Zexion si trattenne, perché una sua sola espressione di insofferenza gli sarebbe bastata per venire rinchiuso in qualche cella mineraria senza vedere la luce del sole, immunità dei servizi segreti o meno. Aveva visto di sfuggita diverse volte il governatore Saruman nelle riunioni dei Signori Oscuri, ed era rimasto sempre spiacevolmente colpito dalla mole di profumi, unguenti ed altri prodotti che usava e che gli istillavano un forte senso di nausea, come uno spillo conficcato tra gli occhi. Odori che rendevano davvero spiacevole la lettura delle sue emozioni, per quanto elementari e prive di sostanziale interesse. Quando non si parlava di cose futili, lo stregone e la sua natura ottusa potevano diventare un noioso ostacolo.
Respirò e abbassò la testa. “Non sarebbe di norma un trasporto degno della sua attenzione, governatore, ma stavolta da Coruscant le chiedono di supervisionare il tutto. Il materiale trasportato da ESPL6 potrebbe essere di vitale importanza per portare allo scoperto una cellula ribelle su cui stiamo lavorando da qualche settimana”.
Gli occhi scuri dello stregone si fecero torvi. “Ribelli? Su Onoam? Tarkin deve essersi bevuto il cervello!”
Il ragazzo chinò ancora di più la testa, assorbendo l’odore stizzito e pungente. “Dopo la vittoria contro il Grande Satana i Ribelli si stanno facendo molto più arditi, governatore Saruman. Naboo e le sue lune sono da sempre un punto nevralgico dell’Impero, perché la fedeltà degli uomini e delle donne del sistema all’Imperatore è più forte che mai. Sarebbe per loro un vero trionfo il poter minare la sicurezza del nostro sovrano proprio nel sistema che gli ha dato i natali e che ha affidato a lei” mormorò, alzando di qualche tono la propria voce. Una piccola sfumatura, ma quanto bastava per smuovere quel complesso irrazionale di emozioni che gli sedeva davanti “Anche perché, si sa, l’efficienza ed il raziocinio di noi che dominiamo la magia servono proprio nei peggiori momenti di crisi”.
Noi?” disse lo stregone, tamburellando le dita lungo la scrivania. Anche col capo chino poteva intravedere le lunghissime unghie battere sul legno con tutta l’intenzione di farsi sentire. “Osa paragonarti ancora una volta a me, moccioso, e userò la tua lingua per quella pozione di mydir che non ho ancora terminato. Intesi?”
Zexion aveva già la lunga pletora di scuse -perfezionata da quando Mistobaan si era inserito nelle gerarchie dei servizi segreti- pronta sulla bocca, ma non ne ebbe bisogno. Sapeva cosa alcuni tasti ben toccati potevano innescare nella gente, ed il governatore Saruman aveva dei pensieri così elementari che avrebbe potuto percepirli anche in una gabbia piena di sterco di rancor. La figura anziana chiuse il volume ancora aperto, e con un rapido schiocco di dita gli fece cenno di alzarsi. “Ho capito l’antifona. Tarkin ed i suoi amici hanno un problema e vogliono che sia io a risolverlo perché quando i Ribelli richiamano i loro maghi quegli imbecilli su Coruscant non sanno mai come comportarsi e scatenano un vespaio. Tanto meglio” esclamò. “Avrò cura di stilare personalmente un rapporto all’Imperatore quando quei sediziosi verranno catturati qui su Onoam. È sottinteso a chi di noi Signori Oscuri spetterà il merito”.
Ovviamente” sussurrò il ragazzo, costringendosi a mantenere lo sguardo nascosto al di sotto del ciuffo di capelli. Da sotto la giacca da viaggio estrasse uno dei suoi pad da lettura in dotazione; sotto lo sguardo dello stregone estrasse una vibrolama a scatto ed incise la superficie laterale dell’oggetto come gli era stato comunicato. La placca di rivestimento dell’oggetto non si fuse, come avrebbe dovuto, ma i sensori delle giunture attivarono un piccolo meccanismo invisibile anche a qualcuno che fosse rimasto ad osservare il pad per ore. Ne estrasse un foglio di carta come ormai non se ne vedevano più a Coruscant, per di più con una grafia a mano in inchiostro di colo. Lo porse all’uomo, che fece un visibile sorriso di assenso.
Lo avevano avvisato che il vecchio stregone si rifiutava caparbiamente di usare qualsiasi supporto troppo … tecnologico. Era di vitale importanza che si attenesse alle istruzioni riportate su quel labile foglio.
“Eccellente” disse lui. Con un mano afferrò un lungo bastone in legno nero, decorato lungo la sommità da una pietra lattiginosa; si alzò in piedi con fare imperioso, e con quel gesto il ragazzo capì che, per sua fortuna, la conversazione era terminata.
Attraversò i lunghi saloni ad ampie falcate, felice di liberarsi di quella presenza volubile e fastidiosa, nonché dei suoi profumi impregnanti. A differenza di quanto accadeva nelle residenze degli altri Signori Oscuri, l’entourage del governatore Saruman comprendeva solo un numero ristretto di droidi, e dunque nell’enorme villa di Onoam si affastellavano gli odori dei servitori organici che Zexion cercò subito di lasciarsi alle spalle. Pensò che aveva ancora diverse ore prima che la missione avesse ufficialmente inizio, e avrebbe potuto trascorrerle prendendo uno speeder e visitando una area di laghi che poteva vedere sin da quella posizione e che i suoi sensi gli riportarono come assolutamente deserta. Aveva bisogno di rimanere solo e di annegare la mole di pensieri tristi nel profumo dell’erba e dei fiori.
Notò la comunicazione sul pad prima di accendere il velivolo. Decise di darle un’occhiata, e vide la richiesta di autorizzazione da parte dei locatori informatici automatizzati a disposizione dei servizi; si aprì una pagina net già impostata con le sue credenziali, e si aprì un modulo di controllo delle attività da confermare.
Lo aprì, incuriosito, visto che la segnalazione proveniva da Coruscant: il modulo riguardava una segnalazione emessa da un terminale degli archivi anagrafici del settore S. Qualcuno aveva digitato il nome Zexion ed aveva eseguito una ricerca dettagliata su tutti i soggetti con quel nome.
Chiunque fosse l’imbecille, era chiaro che non fosse a conoscenza delle segnalazioni automatiche che i programmi dei Servizi facevano partire ogniqualvolta qualcuno cercasse i nomi dei propri membri su qualsiasi dispositivo informatico. L’autore della ricerca, gli riportò il modulo, era un certo Arjen Summerwind di Riosa.
Il ragazzo scosse la testa.
I moduli venivano recapitati a chiunque fosse stato oggetto di ricerca. Molti dei suoi compagni, infatti, utilizzavano il sistema di ricerca telematica per comunicare con i propri contatti, soprattutto coloro che raccoglievano informazioni dai bassifondi o da altri quartieri di Coruscant. Dunque era fondamentale che fosse lui in persona a supervisionare il protocollo, ma Zexion non aveva nessun informatore, contatto o inviato che rispondesse a quel nome.
Men che mai qualcuno che potesse cercarlo sotto il nome Zexion, quando nel momento in cui era entrato ai Servizi i suoi documenti “ufficiali” presentavano ben altre generalità.
Le poche persone che si riferivano a lui con quel nome o erano Membri dell’Organizzazione che non aveva alcun desiderio di incontrare o esponenti della Ribellione che avrebbe desiderato vedere ancora meno volentieri -Auron, giusto per citarne uno. 
E l’unica persona che avrebbe voluto vedere, sospirò, ormai era morta con tutto il Baan Palace. Osservò il modulo ancora una volta, poi appose la sua firma. Il documento venne inviato, e per sicurezza accluse un messaggio vocale.
“Non conosco nessun Arjen Summerwind, non è uno dei miei contatti” disse, riscaldando i motori dello speeder. “Potrebbe essere un tentativo ribelle di arrivare al sottoscritto. Procedete con l’arresto come da prassi”.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Registe