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Autore: Gun    30/04/2020    5 recensioni
Sakura aveva sempre voluto vedere Kakashi senza maschera, anche se questo era troppo persino per lei...
Tutto inizia a causa dell'ennesimo ritardo di Kakashi, in una calda mattinata.
Tra imbarazzi, mutandine rubate, inganni ed incomprensioni, Sakura si addentra nel mondo dei piaceri fisici con l'aiuto dell'unico uomo che non avrebbe mai considerato. Ma se dall'amore può nascere il sesso, dal sesso può nascere l'amore?
KakaSaku.
Traduzione precedentemente pubblicata in parte da eveyzonk.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Tsunade
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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. 12 .

La studentessa ed il suo maestro

 

 

 


 

 

Definirla nervosa avrebbe edulcorato la situazione, ma l’ansia non arrestava il suo desiderio di proseguire.
Le sembrava di rivivere il momento in cui Sasuke era tornato al villaggio: moriva dalla voglia di rivederlo e niente al mondo l’avrebbe fermata, ma allo stesso tempo era spaventata a morte dal pensiero di constatare quanto fosse cambiato e dal doversi rendersi conto una volta per tutte che le cose tra il Team 7 non sarebbero mai più state le stesse.

Ora – anche se la vita dopo quell’esperienza restava un’enorme punto interrogativo – non aveva la forza di fermarsi, perché non voleva.

Kakashi avanzò verso il letto con fare predatorio, come se sapesse esattamente ciò che voleva e come ottenerlo. La sicurezza autoritaria che esprimeva in ogni gesto le faceva irrigidire i muscoli del ventre: Kakashi aveva intenzione di dominare e nulla glielo avrebbe impedito. Ogni cellula del corpo di Sakura avvertiva che a breve sarebbe successo qualcosa di epico, ed era proprio ciò che aspettava da tutta la vita senza rendersene conto.

La mano guantata di Kakashi afferrò le lenzuola e, senza alcuna esitazione, le tirò con forza, strappandole alla presa di Sakura e scoprendo il suo corpo nudo.
Sakura sussultò sorpresa, ma non provò alcun imbarazzo né provò a coprirsi.
Oltretutto, quando alzò gli occhi su di lui, si rese conto che Kakashi non fosse minimamente interessato al suo seno: il suo sguardo era fisso sulle mutandine che indossava.

«Molto carine» mormorò, afferrandole l’incavo delle ginocchia per attirarla sé, per poi tracciare il contorno della stampa a forma di cuore con la punta di un dito.

Sakura rise e spinse la punta del piede contro il suo petto per allontanarlo. «Sei un pervertito, Kakashi-sensei» ridacchiò. «Hai un fetish per l’intimo o qualcosa del genere?»

«Solo se riguarda te» scherzò lui, afferrando il piede puntato sul suo petto. «Indossi sempre biancheria particolare...»

Il suo pollice percorse l’arco plantare di Sakura, che sospirò rabbrividendo: chi l’avrebbe mai detto che i suoi piedi fossero così sensibili? «Ed io quando potrò vedere la tua?» sussurrò, godendosi la sensazione di formicolio che si espandeva nel suo intero corpo, con epicentro quell’apparentemente innocuo contatto.

«Ogni cosa a suo tempo» rispose lui. «Ma credo che il patto fosse che stasera fossi io a fare l’amore con te. A me ci penseremo un’altra volta, mh?»

Sakura arrossì violentemente, profondamente toccata dal suo altruismo; ma se si fossero concentrati solo su di lei, non avrebbero finito in cinque minuti al massimo? Forse doveva solamente fidarsi di Kakashi e di ciò che aveva intenzione di fare?

Con un’ultima carezza lasciva, le abbandonò dolcemente il piede e tese le mani verso di lei: Sakura le afferrò entrambe e si lasciò sollevare. Lentamente, si mise a sedere sul bordo del letto, troppo alto per permetterle di toccare il pavimento.
Kakashi si inginocchiò tra le sue gambe e le rivolse un’occhiata comprensiva. «Nervosa?»

«No» rispose rapidamente lei, lasciando trasparire involontariamente una sfumatura tesa nel tono di voce.

«Bugiarda» le disse, battendole un dito sulla punta del naso con fare affettuoso. «Sono un po’ nervoso anch’io, a dire la verità».

Sia per il tono basso e suadente, sia per la sicurezza con cui si muoveva, Sakura non riusciva a credergli. «Bugiardo» replicò, con un sorriso riluttante. «Lo dici solo per farmi stare meglio».

«Ha funzionato?» 

«Non proprio...»

«Oh. E che mi dici di questo?»

Kakashi abbassò la maschera fino al mento e si sporse per poggiare le labbra sulle sue. Sakura per poco non si sciolse, ma tenne gli occhi chiusi e sospirò per il piacere: un semplice bacio non avrebbe dovuto farle provare così tanto piacere, eppure ci riusciva; ed era addirittura meglio quando non cercava di nascondere qualche semino d’arancia sotto la lingua. Quando avvertì un morso lieve sul labbro inferiore ed il curioso colpetto della lingua di Kakashi, schiuse le labbra per permettergli di approfondire il contatto, ricambiando avidamente quel gesto così intimo. Si lasciò scappare un gemito d’approvazione contro la bocca di Kakashi e portò le mani tra i suoi capelli, sentendosi liquefare dall’interno: quel bacio era addirittura più soddisfacente del sesso come lei lo conosceva; forse, addirittura meglio del cioccolato.

Kakashi spezzò improvvisamente il contatto ed inclinò la testa di lato. «Allora?» chiese serio.

Sakura lo guardò inebriata. «No, temo che non abbia affatto funzionato» rispose, sforzandosi per apparire impassibile quanto lui.

«Capisco» sospirò, fingendosi costernato. «Allora proviamo così».

Kakashi si chinò in avanti e le ricoprì il collo di baci roventi; Sakura serrò gli occhi e trattenne a fatica un sonoro gemito. Era sempre stata eccessivamente sensibile in quella zona del corpo, ma la bocca di Kakashi era particolarmente stimolante: riusciva a portare il piacere di Sakura su di un livello del tutto nuovo. Quando la sua lingua scivolò lungo la vena per poi succhiarla lievemente, Sakura sentì il calore del sangue espandersi in tutto il corpo e l’intima umidità addensarsi tra le sue gambe.
«N-no» disse, tremolante. «Temo che non funzioni affatto».

«E se provassi così?» chiese Kakashi, spingendola lentamente fino a farla distendere di nuovo sul materasso. Con una mano a trattenerle i fianchi e l’altra a disegnare immagini astratte sulle sue costole, rivolse l’attenzione al suo seno e cominciò a succhiare un capezzolo.

Sakura sospirò avidamente ed inarcò la schiena, mentre l’eccitazione le attanagliava lo stomaco. Ad ogni bacio umido che riceveva, un tepore avvolgente le inebriava i sensi in un crescendo che sembrava non avere fine, costringendola a muoversi irrequieta sotto di lui. Tremendamente cosciente del peso che Kakashi esercitava tra le sue gambe, prese a strofinare impaziente l’interno coscia contro il fianco di lui, tentando invano di trattenersi dal dare sfogo alle intense sensazioni che le scorrevano ormai nelle vene.

 «Allora?» mormorò contro il suo seno, dando all’altro capezzolo trascurato un leggero pizzicotto.

«No, niente affatto» rispose lei, sforzandosi ad usare un tono non troppo acuto. «Temo di non s-sentire nulla».

«Ah davvero?»

La mano di Kakashi abbandonò il suo seno, ma prima che Sakura potesse chiedersi dove fosse, la sentì: il pollice strofinò lentamente l’apice del suo sesso. Sakura gemette, affondando le unghie nelle spalle di lui, mentre il dito continuava a massaggiarla, annebbiandole la vista. «Ah, okay», squittì, con voce spezzata. «Credo che ci sei quasi».

«Era ora» mormorò Kakashi, muovendosi su di lei per lasciarle qualche bacio lascivo sul mento e sulle labbra.  «Non trattenerti in alcun modo, Sakura. Rilassati e lasciati andare».

Restò su di lei per osservare le espressioni che si succedevano sul suo viso ad ogni tocco gentile, mentre continuava a stuzzicarla dolcemente al di sopra della sottile stoffa dell’intimo. Lo sguardo di Kakashi era per Sakura come un raggio di luce abbagliante e lei ne era particolarmente consapevole, ma non aveva il coraggio di aprire gli occhi per incontrare i suoi. Preferiva concentrarsi sui movimenti della mano, accogliendo le ondate di piacere senza riserve. Le sembrava incredibile il fatto che fosse già quasi prossima all’orgasmo, e Kakashi non si era nemmeno ancora sbottonato i pantaloni; nessuno, prima di lui, si era concentrato mai così tanto sul suo piacere.

«Questi sono i famosi preliminari, vero?» sospirò Sakura, ormai senza fiato.

Lo sentì ridere leggero per poi posarle un caldo bacio all’angolo della bocca, quasi a dimostrarle di aver trovato la sua domanda adorabile. «I preliminari» rispose «sono ciò che abbiamo fatto per buona parte dell’ultima settimana».

«Credo che mi piacciano i preliminari» annaspò lei, arcuando la schiena mentre l’ennesimo delizioso fremito la attraversava. «Non ho mai... Cioè, non ho davvero mai... sai...»

«Cosa?» chiese leggero Kakashi, premendo contro la stoffa bagnata che ricopriva la sua entrata, facendole tremare le gambe.

A Sakura servirono una manciata di secondi per riprendere il filo dei pensieri. «Non sono mai arrivata al punto di voler... tu sai cosa, così tanto...»

Si pentì immediatamente di averlo detto, soprattutto perché lui si fermò per la sorpresa. Il respiro le morì in gola mentre Kakashi si chinava su di lei, sfiorandole la punta del naso con la sua. «Vuoi il mio tu sai cosa, Sakura?»

Annuì senza fiato, lanciandogli un’occhiata disperata.

«Il mio caldo, duro, tu sai cosa? Proprio ora? È ciò che vuoi? Non preferiresti avere il mio cazzo?»

Sakura arrossì, alzando gli occhi al cielo. «Perché ti prendi gioco di me? Stai cercando di farmi passare la voglia?» brontolò.

«Che permalosa» le stampò un bacino di scuse sul naso. «Potrai averlo... dopo che me lo avrai chiesto».

Sakura arricciò il naso. «Non ci penso nemmeno» ribatté. «Non sono una pervertita, a differenza tua».

«Vedremo» le disse, con tono affabile.

«Non lo sono!» strillò ancora, con più convinzione.

«Sai cosa si dice di chi nega l’evidenza».

«Non c’è niente da negare» Sakura scattò, tentando di divincolarsi dalla sua presa. «Puoi andare a scoparti un gatto, per quanto mi riguarda­–»

«Preferirei scopare te, se non ti dispiace» rispose, tenendola ferma per le spalle. «Non c’è fretta. Abbiamo tutto il tempo per riscoprire il tuo lato perverso, ed io ho appena cominciato».

Sakura deglutì, quasi intimidita dall’uomo sopra di lei. Notò come il suo sguardo vagasse dal suo viso al suo seno, quasi perso nel constatare ogni movimento prodotto dal suo breve respiro. Sentì il calore delle mani premute sulle spalle spostarsi lentamente più in basso, perdendosi per un istante ad accogliere un seno nel palmo della mano prima di riprendere la discesa lungo lo stomaco, passando per i fianchi, fino a posarsi sulle sue cosce. Il cuore di Sakura sobbalzò quando vide Kakashi ritirarsi per spalancarle le gambe in modo quasi  osceno.

Si morse le labbra, ansiosa. «Cosa stai facendo?»

«Nulla» rispose innocentemente, posando una serie di lievi baci partendo suo interno coscia fino a risalire a limite del suo inguine.

A quel punto, le sue intenzioni erano piuttosto chiare. «Non l’ho mai fatto prima» ammise lei.

«C’è sempre una prima volta» le rispose, senza la minima sorpresa.

Era ormai pericolosamente vicino all’apice delle sue cosce, e Sakura sobbalzò quando la sua bocca si posò sul punto più sensibile del suo corpo, riscaldandola attraverso la stoffa delle mutandine. «Kakashi...»

 Due dita le pizzicarono una coscia abbastanza forte da farla scattare. «Kakashi–cosa

«Kakashi...» la mente ormai sgombra non riusciva a seguirlo. «...sensei?»       

«Ciò che stiamo facendo non è un valido motivo per dimenticare le buone maniere, Sakura» le disse. «Sono ancora il tuo maestro».

Sakura ridacchiò tra sé. «La verità è che ti ecciti se ti chiamo “sensei”, vero? Non è quello che fa la protagonista di Icha Icha Tactics? Passa ogni notte in un letto diverso e chiama i suoi amanti “sensei” perché le insegnano a farlo a novanta e cose del genere».

«Quindi l’hai letto?» ridacchiò lui, giocherellando con l’elastico delle sue mutandine.

«Li ho letti tutti» confessò. «Sono accettabili, quasi buoni. Specialmente gli ultimi, perché a quanto pare Jiraya-sama ha capito il significato della parola “trama”».

«Davvero?» mormorò Kakashi, prendendo a sfilarle lentamente le mutandine. «Qual è il tuo preferito, allora?»

«Credo... Credo quello in cui lei si innamora di uno dei suoi amanti» disse, cercando di smaltire il nervosismo che cominciava ad assalirla. «Ma lui crede che l’abbia tradito, e alla fine si scopre che non l’ha fatto e lui se ne rende conto solo dopo averla uccisa accidentalmente. Cioè, so che alla fine il suo destino era quello di morire a prescindere, ma quella storia è davvero molto triste e – oh – oddio – oh!»

Le parole le morirono in gola quando Kakashi cominciò a baciarla proprio nella parte più intima di sé: la sua bocca calda ed umida e la lingua abile vezzeggiavano avidamente il culmine del suo sesso. Il respiro restava bloccato nel petto e dovette premersi una mano sulla bocca per cercare di controllare i suoi stessi gemiti, mentre l’altra si aggrappava bisognosa al ciuffo di capelli che ricadeva sul suo ventre.

Ad ogni movimento della lingua di lui, Sakura si sentiva sprofondare in una spirale di desiderio: Kakashi era puro calore ed ovunque la toccasse, si sentiva scottata. Ad ogni nuova ondata di piacere che la investiva, i suoi sensi si oscuravano sempre più, fino a quando ogni sua percezione dell’universo nasceva e moriva con Kakashi.

Si sentiva stordita, ubriaca della sua stessa eccitazione, ma non era abbastanza.

«Kakashi-sensei» sussurrò, agitando irrequieta la testa tra le lenzuola. «Voglio di più. Ora.»

Non riuscì a trattenere un gemito che le fulminò il petto quando Kakashi introdusse un dito dentro di lei, facendola contorcere ad ogni centimetro di profondità che raggiungeva. Si inarcò disinibita contro la sua bocca, sopraffatta dall’improvviso bisogno di essere penetrata. Era quasi ciò di cui aveva esattamente bisogno, ma non era ancora abbastanza. Anche se il suo corpo pulsava per il piacere crescente, sentiva ancora la mancanza di qualcosa di essenziale per sentirsi completa.

«Sensei, ho bisogno di te» pregò.

Kakashi si staccò da lei torpidamente e le baciò le labbra: il suo bacio era umido e dolce e... oddio, Sakura sentiva il suo stesso sapore sulla lingua. «Sono qui» mormorò, continuando a baciarla, muovendo la lingua contro la sua con lo stesso ritmo delle dita dentro di lei.

Sakura svincolò le labbra. «No» sussurrò dura. «Ho bisogno di averti dentro di me».

«Sono già dentro di te».

«No!» sibilò, sentendo le guance scaldarsi, imbarazzata dal fatto che sebbene la stesse toccando nel modo più intimo in cui un uomo potesse toccare una donna, ancora non riusciva a chiedergli esplicitamente cosa voleva. «Non fare lo stronzo, sai cosa intendo».

«No, non lo so» disse, deciso a renderle la vita un inferno, sebbene nel bel mezzo di un’esperienza così particolare. «Dimmi cosa vuoi».

Gliel’avrebbe fatto ammettere, al costo di continuare a torturarla per il resto della notte. Un velo di sudore cominciava ad inumidirle la pelle nuda, e in quel momento si chiese se anche lui fosse nella stessa condizione; non poteva saperlo, dato che Kakashi era ancora completamente vestito.

«Perché hai ancora i vestiti addosso?» chiese distrattamente, prendendo a tirare implicitamente la sua maglietta. «Toglitela».

Senza alcuna fretta, Kakashi si ritrasse e si mise in piedi. Si sfilò agilmente i guanti e la maglietta a maniche lunghe, lasciandoli ricadere sul pavimento; dopo ciò, tolse anche la seconda maglia, restando a petto nudo. Sakura si leccò le labbra inconsciamente, osservando avidamente l’ampio petto ricoperto di cicatrici – alcune chiare e superficiali, altre più profonde e scure – che di certo non rendevano il suo corpo meno perfetto di quanto fosse. Riconobbe addirittura alcuni dei segni, di cui conosceva i retroscena; altre, invece, restavano un totale mistero.

Ma non ebbe tempo per concentrarsi sulla storia delle sue cicatrici, perché Kakashi in quel momento prese a sbottonare i pantaloni e li lasciò cadere –  insieme all’intimo –  sul pavimento, accanto al resto dei suoi abiti. Quando raddrizzò la schiena, la bocca di Sakura si seccò.

Aveva già visto un uomo nudo ed eccitato prima d’allora, ma fu solo in quel momento che si rese conto che l’uomo che aveva di fronte era il suo maestro.

E lei stava gli fissando il pene.

E per quanto fosse bello da guardare, le sembrava ancora piuttosto strano.

Kakashi si voltò per prendere qualcosa dal comodino – un preservativo, constatò – e quando tornò a guardarla sembrò notare il suo cambio d’espressione, mentre continuava ad osservare il suo impressionante membro. «Cosa c’è?» le chiese, guardandosi a sua volta, preoccupato.

Sakura piegò le labbra in un sorrisetto che nascose dietro le dita. «Nulla» rispose sincera, tendendogli poi una mano. «Vieni qui».

Aveva già immaginato la sensazione del suo corpo contro il proprio, ma non era affatto pronta alla scarica elettrica che le diede la sensazione della loro pelle nuda a contatto. Kakashi si mosse su di lei e la baciò con passione, scacciando via ogni disagio con l’abilità delle sue labbra, dandole sollievo dal logorante dolore che sentiva nel cuore, un balsamo per la sua perpetua solitudine.

Era ciò per cui era andata da lui: per essere consumata, per dimenticare, per trarre – dalla vitalità di Kakashi – un senso alla sua stessa vita.

Una coscia di lui la costrinse ad aprire le gambe, facendola fremere d’impazienza alla sensazione della sua pelle ruvida che scivolava contro la sua liscia. Lo sentì posizionarsi su di sé – incredibilmente caldo e duro proprio dove lei lo voleva – e si bloccò per lo stupore. Un leggero movimento dei fianchi aveva fatto cozzare i loro sessi nudi e Sakura sibilò alla scarica di piacere che la travolse. Si sentiva dolorosamente vuota, ed era sicura che sarebbe impazzita a breve.

«Muoviti» sussurrò, massaggiandogli irrequieta la nuca.

«A fare cosa?» le chiese innocente.

Sakura digrignò i denti. «Se non ti muovi a concludere ciò che hai iniziato ti taglio gli attributi e li lancio da questa stessa finestra» sputò velenosa.

Ma Kakashi sembrò impassibile. «E allora dimmi cosa vuoi» rispose, tranquillo. «Dimmi esattamente ciò che vuoi che faccia».

La tenne ferma per i fianchi e cominciò a muoversi lentamente contro di lei, attizzando pericolosamente il fuoco dell’eccitazione di Sakura, che prese a contorcersi sotto di lui bisognosa di essere soddisfatta e fare ciò che il suo corpo – i loro corpi – chiedevano. La bramosia che sentiva tra le gambe cominciava a diventare un’agonia che la rendeva frenetica, la faceva ansimare disperatamente mentre i gemiti sommessi sfociavano un pianto di stizza. «Per favore» supplicò, aggrappata alle sue spalle. «Ti prego».

«Cosa vuoi, Sakura?» le chiese, paziente. Come poteva restare così lucido mentre lei era allo stremo?

Ma Sakura aveva ormai smesso di dar conto alla sua dignità. «Voglio il tuo... cazzo» sussurrò.

«Prego? Puoi ripetere? Non ti ho sentita» il lento e tortuoso sfioramento di pelle contro pelle continuava, facendola rabbrividire d’insoddisfazione.

«Ho detto che sei un bastardo!» tuonò.

«No, non credo che sia ciò che hai detto» mormorò lui, abbassandosi per strofinare il viso contro il collo di lei, pizzicandole dolcemente un lobo con i denti. «Cosa vuoi?»

«Il tuo cazzo... dentro di me... ora» confessò, ansimante.

«Più forte».

Sakura ringhiò frustrata. «Voglio il tuo cazzo dentro di me!»

«Il mio cosa?»

«Cazzo!» strillò, per poi scoppiare a ridere, sentendosi ridicola. Tutti i vicini nel raggio di un chilometro l’avevano probabilmente sentita, e francamente gli stava bene. Non che Kakashi avesse la decenza di vergognarsi del fatto che la gente sapesse più del dovuto sulla sua vita sessuale – Sakura ne era fin troppo consapevole.

«Va bene» mormorò lui, spostando il peso sui gomiti. «L’hai voluto tu».

La risata di Sakura morì nell’istante in cui Kakashi, con un colpo deciso dei fianchi, entrò in lei con una sola spinta. L’aria si dissolse dai suoi polmoni per lo shock, lasciandola alle prese con la sorprendente sensazione di una tale brusca e completa penetrazione. Kakashi non si mosse, ma non ve n’era bisogno: l’ondata di calore ed il solo piacere di lui che finalmente riempiva quel vuoto doloroso erano tutto ciò di cui aveva bisogno. I muscoli di Sakura si strinsero intorno al suo sesso freneticamente, la stanza sparì in una spirale buia mentre un violento orgasmo si impossessava di lei; fu dapprima lento, quasi come se il suo corpo fosse ancora incredulo, ma presto l’ondata di calore si espanse e la trascinò al centro di una tempesta di sensazioni. Inarcò la schiena e la vista le si offuscò; spasmi e contrazioni presero il sopravvento, partendo dal punto in cui il corpo di Kakashi invadeva il suo, mentre lui le teneva le braccia ferme contro il materasso: così pacato e controllato comparato alla sua totale perdita di controllo, la tratteneva mentre Sakura veniva ancora scossa violentemente contro di lui.

Durò molto tempo, molto più di quanto avesse potuto solo immaginare, e quando la marea euforica cominciò a rifluire, ciò che ne restò fu la nuova sensazione di calda soddisfazione.

Ma non era sazia.

E nemmeno Kakashi sembrava esserlo.

Raccolse l’ultimo briciolo di energia per aprire gli occhi e gli sorrise quasi con ebbrezza. «Wow...» sussurrò.

«Stai bene?» le chiese, e per la prima volta Sakura si rese conto che nemmeno lui fosse così lucido e composto come pensava: il suo sguardo scottava e le spalle a cui si aggrappava erano così tese che sembrava poter perdere il controllo da un momento all’altro.

«Perfettamente» sospirò felice. «È stato magnifico. Ora continua – ma basta scherzare».

«Grazie a dio» gemette di sollievo e finalmente anche lui si lasciò andare.

 


 

 

Da qualche parte, in quella stanza buia, un orologio ticchettava a ritmo del respiro dell’esile corpo che gli dormiva accanto. Al di fuori di essa, qualche uccellino molto mattiniero cominciava a cinguettare il preludio del coro mattutino, mentre la pioggia che avrebbe dovuto scacciarli si era fermata ad un orario indefinito della notte appena trascorsa.

Aveva dormito per giusto un paio d’ore ed era ancora stanco, ma felice di essere sveglio per godere del calore cullante del corpo accoccolato contro il suo e della sensazione del suo respiro contro la spalla.

Era stato un errore; un orribile, grave errore per il quale avrebbe pagato per il resto della vita. Aveva sbagliato a portare a letto quella ragazza – quella vulnerabile e giovane donna dal cuore spezzato e non da un solo uomo, ma da molteplici esperienze negative.
Era qualcosa di sbagliato, immorale e profondamente perverso.

Kakashi era sveglio da ormai quasi un’ora a riflettere sulla situazione, attendendo il senso di colpa che l’avrebbe consumato completamente.

Ma sembrava non voler affatto travolgerlo, sebbene si sforzasse di sentirsi almeno minimamente in colpa.

Dopotutto, era complicato pentirsi di una meravigliosa notte di passione trascorsa con una bellissima ragazza le cui reazioni erano state così ardenti e forti: come avevano potuto definirla “frigida”? Aveva solo bisogno di qualche attenzione in più, ma il suo corpo stava al piacere come un pesce sta all’acqua. Era ormai diventato il suo diletto imparare ogni reazione di quel corpo, capire come farla tremare o gemere ed insegnarle a fare lo stesso con lui. Si era dimostrata un’apprendista capace non solo riguardo ai genjutsu...

Eppure, non capiva cosa lo attraeva di lei oltre ciò: Sakura non era affatto il tipo di donna che era solito portarsi a letto. Preferiva le donne mature – abbastanza vissute da sapere che c’è sempre un nuovo amore dietro l’angolo, per alleviare il dolore lasciato dal precedente. Le giovani donne con ancora sogni ed aspettative non facevano per lui; le vergini, poi, erano completamente off-limits.

Sakura era uno strano mix di tutto ciò: era giovane e molto inesperta sotto certi aspetti, ma stranamente competente in altri. Era sul punto di rinunciare a quel tipo di aspettative romantiche per diventare una di quelle donne stanche.

E per qualche assurdo motivo non poteva sopportarlo.

Non gli era sfuggito il fatto che Sakura sorridesse molto meno nell’ultimo periodo, ma quella notte aveva ripreso vita: aveva sorriso, aveva riso e nei suoi occhi era tornata una scintilla che Kakashi non aveva mai notato, prima che scomparisse.

Sakura si mosse contro di lui, inspirando profondamente ed espirando lentamente, mentre una mano vagava assonnata sul suo petto.
Un sorriso malizioso le incurvò le labbra.

«Sei sveglia?» sussurrò.

La mano si fermò. «Se dico di sì farai di nuovo l’amore con me?» gracchiò, lasciando trapelare nel tono della voce il sonno mancato.

«Sì» rispose semplicemente, sentendo il corpo reagire al solo pensiero.

«Bene, perché sono c-completamente...» si interruppe per sbadigliare. «Completamente sveglia».

Non era di certo la frase più convincente che avesse mai sentito, ma non aveva intenzione di discutere. Si scostò da lei per prendere un altro preservativo dal cassetto del comodino, ma tornò rapidamente a letto e la fece voltare in modo che la schiena di lei premesse contro il suo petto. «Solleva il ginocchio» mormorò tra i suoi capelli, per poi aiutarla a poggiare la gamba destra dietro la sua.

Con una lenta e cauta spinta penetrò completamente lo stretto, accogliente e caldo corpo. La sentì sussultare nuovamente ed aggrapparsi al braccio che Kakashi teneva stretto intorno alla sua vita, come se non lo avessero già fatto tre volte quella notte; quella volta, però, non c’era bisogno di affrettarsi. Sakura sembrava soddisfatta dal lento ondeggiare dei loro fianchi, il loro sangue bolliva a fuoco lento, in modo piacevole ma non impegnativo: quello era sicuramente il miglior modo di svegliarsi.

«Ti fa uno strano effetto?» le chiese dolcemente, carezzandole una spalla.

«No, è stupendo» sospirò lei, dandogli l’impressione di essere sul punto di ritornare in un bellissimo sogno.
«Sei davvero bravo».

«Carino da parte tua, ma non è ciò che intendevo» mormorò. «Ti fa uno strano effetto farlo con me?»

Gli occhi di Sakura si dischiusero lentamente ed esitò per un solo istante prima di portare una mano tra i capelli di Kakashi per accarezzarli dolcemente. «Un po’» ammise. «Ma non in cattivo senso... È solo un senso strano di strano. Strano, eh?»

«Molto strano» concordò lui, mordicchiandole un lobo.

«Sei sicuro che non sono sotto qualche tipo di genjutsu?» chiese Sakura. «Ho fatto sesso altre volte, ma non è mai stato così».

«Sakura, mi farai arrossire» scherzò, per poi dare una spinta violenta solo per il gusto di sentirla gemere tra le sue braccia. Era ovvio che quello fosse il miglior sesso che avesse mai fatto: non aveva passato venti lunghi anni a leggere Icha Icha per nulla, mentre tutti i Neanderthal con cui era stata prima erano nient’altro che shinobi narcisisti che puzzavano ancora di latte. Non gli occorreva compiere chissà quale sforzo per mettere a ridicolo qualunque uomo avesse avuto prima di lui.

Ma ciò non significa che le avrebbe dato meno del suo massimo, perché anche se si basava tutto sul dimostrarle che c’era molto di più dell’aspettare il principe azzurro, egoisticamente sapeva di voler surclassare anche chiunque avesse avuto dopo di lui.
Voleva restare per lei il traguardo da raggiungere, un sogno erotico fatto realtà.
Sperava, desiderava, pretendeva che avesse continuato a pensare a lui ogni volta che si fosse trovata nel letto di un uomo, per il resto della vita, anche se si fosse sposata ed avesse avuto dei nipoti.

«Cosa diremo agli altri?» mormorò lei, stringendo le dita intorno alle sue, poggiate sul ventre.

«Non glielo diciamo» rispose semplicemente, sperando che capisse.

Sakura restò in silenzio a lungo. «Quindi non lo diciamo a nessuno?»

«Se vuoi fallo» sospirò. «Ma credi davvero che qualcuno capirà? La gente penserà che mi sono approfittato di te, in qualche modo».

«Tu ti stai approfittando di me» scattò.

«Solo perché tu vuoi che lo faccia» le disse, muovendo i fianchi più velocemente contro di lei.

«Quindi è un segreto?» chiese, con il respiro sempre più pesante.

«È una tua scelta».

Sakura sembrò non avere più fiato per rispondere e Kakashi presto si rese conto che il bisogno di concludere era impellente. Con uno scatto rapido la portò sotto di sé ancora di schiena e la colpì con una serie di spinte violente, che costrinsero Sakura a soffocare i gemiti nel cuscino. Allungò una mano in sua direzione per cercarlo e Kakashi la strinse forte, mentre ogni muscolo di Sakura si stringeva e contraeva intorno a lui.

Lo trascinò al limite, persuadendolo con ogni violenta reazione del suo corpo; venne anche lui con un gemito rauco, spingendo ancora in lei con ritmo spezzato, stringendole i fianchi così forte da lasciarle dei segni, ma Sakura era tutt’altro che una creatura delicata: continuava a gemere incoraggiandolo, premendo i fianchi contro i suoi ed accettandolo completamente, mentre il pulsare persistente del suo orgasmo svaniva lentamente.

Si ripresero dopo molto tempo: Kakashi si staccò da lei letargicamente e si sdraiò di schiena, Sakura si poggiò su di lui per un dolce bacio riconoscente a fior di labbra, che lo portò a chiedersi da dove prendesse la forza per muoversi dopo l’ultimo amplesso. Ah, gioventù...

«Oggi ho la revisione» gli disse, strofinando una guancia contro la sua spalla.

«Mmh» non aveva ancora ripreso fiato abbastanza da dire altro.

«Se mi promuovessero, le cose sarebbero diverse, vero? Non saremmo più un’allieva e il suo maestro, saremmo entrambi jonin. Le persone lo accetterebbero, no?»

Ah, ingenuità...

«Sakura, non farti troppe illusioni» l’avvisò vago.

«Lo so... Lo so...» sospirò. «Probabilmente non mi promuoveranno nemmeno...»

Kakashi non rispose.

«Questo è il momento in cui dovresti dirmi “credo in te, Sakura, sono sicuro che ce la farai” o qualcosa del genere» disse, brusca.

«Beh, forse c’è qualcosa che dovresti sapere...»

Sakura sospirò sonoramente. «Lascia perdere».
Cambiò rapidamente argomento e si tese per pizzicargli la pancia in modo audace, un modo che lo intrigava... tra le tante cose. «Ti perdono» disse poi. «Se rifai quella cosa».

«Ci sto» concordò lui, sigillando il patto con un bacio lungo e passionale.

Da quel momento in poi non ci fu più nulla di cui discutere.

 


 

 

«Sei incinta?»

Sakura alzò lo sguardo dagli appunti di lavoro e rivolse ad Ino lo stesso sorriso sognante che aveva avuto per tutta la mattinata. «No, cosa ti salta in mente?» chiese.

Ino – che quella mattina sembrava avercela col mondo – scrutava Sakura dall’altro lato della scrivania, con la stessa espressione con cui si guarda un lebbroso. «Sei raggiante. È fastidioso, smettila».

«Scusa» rispose indifferente, per poi tornare sui fogli di carta, canticchiando.

Ino picchiettò furiosamente la penna sul piano di lavoro. «È successo qualcosa la notte scorsa, vero?»

Sakura smise di canticchiare e deglutì: doveva soppesare bene le parole con la regina del gossip di Konoha, che poteva sentire l’odore di scandalo nell’aria meglio di quanto Akamaru fiutasse l’odore dei biscotti. «Che intendi?» chiese, con nonchalance. «Sono solo di buon umore. Oggi ho la revisione ed ho un buon presentimento a riguardo».

«Stronzate» scattò Ino. «Ogni volta che hai una revisione sei sempre ipertesa, a prescindere delle chance che hai di passare. O ti sei drogata, o c’è qualcosa che ti distrae – e dev’essere qualcosa di grosso, se ti può far passare l’ansia da revisione semestrale».

«Se mi promuovono, bene – altrimenti, pace» disse Sakura, scrollando le spalle. «Non ne faccio un dramma».

«Oddio, ti sei drogata!» sibilò Ino. «Chi è il tuo spacciatore? La voglio anch’io».

L’occhiataccia che Sakura le rivolse avrebbe potuto perforare una montagna.

«Lo sapevo: è sicuramente un uomo» concluse Ino.

Sakura perse completamente le staffe. «Oh, per te gira tutto intorno agli uomini! La mia felicità non dipende dal genere maschile come la tua! Siamo kunoichi, non abbiamo bisogno di un uomo per essere soddisfatte! Se sono di buon umore non è di certo per un – smettila di guardarmi così!»

«Così come?» chiese, colpevole. «Non sono stupida, Sakura. Sei stata depressa per giorni e all’improvviso ritrovi la pace interiore nel giro di una notte? Come se non bastasse, proprio nel giorno in cui dovresti essere un fascio di nervi. È successo qualcosa, e scommetto la mia tessera di Typhoon che ha a che fare con chi ti ha regalato quell’abito di Suzuki».

Sakura serrò le labbra, determinata a non dire nulla che potesse essere usato contro di lei.

Ma ottenne l’effetto contrario: un sorriso trionfante piegò le labbra di Ino, dandole l’espressione di un gatto che ha messo all’angolo un topo. «Capisco. Non so perché tu faccia tanto la misteriosa a riguardo, Sakura, ma sono sicura che chiunque sia il tuo sugar-daddy, ti ha fatto passare una notte da sogno. E fattelo dire, era ora».

Sakura pensò seriamente di strangolarla con lo stetoscopio, ma  sarebbe stato un tantino esagerato. «Non sono affari tuoi, porcellino» tagliò corto, cercando di mantenere un tono neutro.

«Lo so, fronte spaziosa» replicò l’amica. «Ma farò di tutto per scoprire chi è quest’uomo misterioso. Fidati, non ho di meglio da fare. E poi scoprirò se ha un fratello – e in caso contrario: al diavolo, te lo ruberò».

Sakura si accigliò, ma non per la minaccia di Ino: sapeva che non c’era verso per lei di portare via Kakashi da qualunque donna; ciò che la impensieriva realmente era il fatto che – se Ino avesse scoperto davvero chi fosse il suo “sugar-daddy” –  la sua reazione sarebbe stata di disgusto e non di invidia, ed il suo primo pensiero sarebbe stato quello di andarlo a dire in giro, piuttosto che provare a portarglielo via.

Ammesso che riuscisse a scoprirlo.

Quanto sarebbe potuta durare la sua tresca con Kakashi? Per quanto ne sapeva, poteva essere già finita... E dopotutto, Sakura era un ninja sulla soglia della promozione a jonin, avrebbe potuto – eventualmente – mantenere il segreto fino ad allora.

Rivolse all’amica/rivale un altro sorriso radioso, conscia del fatto che avrebbe contribuito ad innervosirla oltre ogni limite. «Fa’ come vuoi, Ino».

Ma nemmeno quel breve battibecco le avrebbe spento l’umore: dopotutto, le risultava davvero difficile essere nervosa in un giorno cominciato in modo così piacevole: tra le braccia calde e profumate di un uomo meraviglioso; lo stesso che si era lamentato, tra veglia e sonno, quando si era alzata di fretta per rivestirsi e andare a lavoro.

A Kakashi di certo non importava del ritardo, ed aveva anche trovato il modo di far disinteressare anche lei; ragion per cui quella mattina era arrivata in ufficio con oltre un’ora di ritardo. E ci era andata anche con un sorrisetto stampato in faccia; certo, un po’ stanca, ma sicuramente di buon umore. Si sentiva come se la notte precedente avesse scoperto qualcosa di meraviglioso, che poteva tenere solo per sé.

Aveva temuto che Kakashi fosse pentito, che l’avesse svegliata per dirle che era stato un errore da non ricommettere, ma anche se non si erano organizzati per passare un’altra notte insieme, il suo atteggiamento non esprimeva affatto pentimento; dopotutto, un uomo pentito di una notte d’amore con una ragazza, non la prende contro la testata del letto appena sveglio...

Ma aveva comunque notato qualcosa di strano in lui: lo sguardo leggermente perso che le aveva rivolto mentre si vestiva per uscire, quella mattina, l’aveva portata a chiedersi se avesse qualche tipo di rimorso o preoccupazione; ma poi l’aveva baciata sulle labbra prima che uscisse, dissipando ogni dubbio. Forse i suoi pensieri erano solamente di natura lavorativa.

Quando l’orologio scoccò le tre in punto, Sakura si incamminò verso l’Accademia, dove si sarebbe tenuta la prova semestrale. Era in anticipo di dieci minuti, quindi non si affrettò a raggiungere il terzo piano, sul quale si trovò di fronte ad una fila di chūnin in ansia contro il muro del corridoio.

«Sei in ritardo!»

Sakura sobbalzò al sentire la voce tesa di Kotetsu, che la indicava con una penna. Aveva tra le mani una pila di appunti, mentre una ragazza – che poteva avere all’incirca l’età di Sakura – piangeva disperata sulla sua spalla.

«Non è vero» gli rispose, secca.

«Haruno Sakura, giusto?» le chiese, dando un’occhiata alla cartellina, cercando stoicamente di ignorare i singhiozzi della giovane poggiata a lui. «Sei stata chiamata cinque minuti fa e non eri presente».

«Ma la mia prova è alle tre e un quarto» argomentò. «Sono solo le tre e dieci».

«Già, ma gli esaminatori sono piuttosto rapidi quest’anno. Va’ a metterti in fila, per favore. Sei la prossima».

Sconcertata, Sakura seguì l’ordine scavalcando il resto dei candidati per occupare il primo posto. Poteva leggere negli occhi dei presenti l’esaurimento nervoso dal quale sembravano sopraffatti; dall’altro lato del corridoio, c’erano i chūnin già esaminati e sembravano tutti sotto shock: alcuni di loro fissavano la parete con sguardo assente, altri invece singhiozzavano silenziosamente seduti sul pavimento.

Sakura prese posizione davanti ad Hinata. «Che succede?» mormorò, col timore di alzare la voce in quello che sembrava essere “Il Corridoio dei Dannati”.

«Sono gli esaminatori» sussurrò frettolosamente l’amica. «Dicono che siano tutti ANBU quest’anno, e c’è perfino quello della squadra di tortura e interrogatorio... Credo di non sentirmi bene, voglio andare a casa».

«Non puoi sbirciare con il Byakugan?» chiese Sakura.

Hinata fissò la porta dell’ufficio e si concentrò. «So solo che sono due uomini ed una donna. È dell’uomo a sinistra che dobbiamo preoccuparci, e credo proprio sia Ibiki. Vai prima di me?»

«Sì».

«Grazie a dio...» Hinata sembrava voler svenire. «Oh, ecco che arriva».

La porta si spalancò e ne uscì un ragazzo pallido e visibilmente scosso. Alle sue spalle, Izumo fece cenno a Sakura di avvicinarsi. «Sei la prossima».

La brusca ondata di terrore che travolse Sakura rischiò di inchiodarla al suolo: stava davvero per compiere la sua prova semestrale!
Era stata serena e di buon’umore per tutto il giorno grazie a Kakashi, completamente incurante del fatto che le prove fossero tremendamente snervanti. Si sentiva come un’ubriaca che torna improvvisamente ad essere sobria per poi trovarsi sull’orlo di un precipizio e chiedersi come diavolo si trovasse lì.

Si riscosse con un profondo respiro con la pura forza di volontà e, dopo aver lanciato uno sguardo disperato ad Hinata, seguì Izumo nella stanza.

Tutti i banchi e le sedie erano impilati contro i muri; ne restava uno solo al centro della stanza, dietro al quale sedevano tre persone, con davanti ciascuno un fascicolo di appunti, un bicchiere di plastica ed una brocca d’acqua. La donna al centro era Kurenai, che sorrise gentile quando vide Sakura.
L’uomo alla sua destra era il temuto Ibiki, lo specialista delle torture, che la guardava con lo stesso disinteresse che aveva sicuramente rivolto a chiunque, quel giorno.

L’uomo a sinistra, quello dal quale Hinata l’aveva messa in guardia, quello che pareva essere il responsabile della pozzanghera di lacrime accumulata in corridoio, altri non era che Hatake Kakashi.

Lo stomaco di Sakura si accartocciò, mentre il suo intero corpo si congelava sul posto.

Stravaccato sulla seduta, la osservava con lo stesso sguardo indifferente di Ibiki. Giocherellava distrattamente con un bicchiere di plastica che aveva infilzato con una penna.
Sembrava annoiato, impaziente, come se avesse preferito essere altrove.

«Bene» esordì, apatico. «Cominciamo?»

 


 

 

«Ci scambiamo i posti?»

«No, grazie».

«Oh, ti prego!»

«Davvero, no».

Hinata prese a mordicchiare l’unghia del pollice in ansia: nessuno voleva sostituirla come prima della fila. Era in trappola, ma doveva essere coraggiosa: se Naruto fosse stato lì, di certo non si sarebbe tirato indietro; anzi, probabilmente sarebbe andato su e giù per il corridoio chiedendo di poter essere il primo per dimostrare agli esaminatori di cos’era capace.
Hinata, data la stima profonda che sentiva nei suoi confronti, non poteva essere da meno.

Sbirciando attraverso la porta, cercava di capire come se la stesse cavando Sakura: la vedeva in piedi di fronte agli esaminatori, con il cuore che batteva più forte di chiunque fosse stato lì prima di lei. Hinata si chiese se se la stesse cavando peggio degli altri esaminati, o se fosse più nervosa di quanto volesse dare a vedere.

Qualcosa, però, la impensieriva: Sakura non era l’unica con un battito cardiaco irregolare, in quella stanza. Il cuore dell’esaminatore a sinistra, che era rimasto impassibile come un sasso con ogni chūnin esaminato fino a quel momento, batteva forte quasi quanto quello di Sakura.

Dopo qualche istante, la vide avvicinarsi all’uscita; il flusso del suo chakra scorreva in modo del tutto irregolare. Hinata sobbalzò e disattivò il Byakugan giusto un attimo prima che la compagna si sbattesse alle spalle la porta con una forza tale da far zittire chiunque in quel corridoio. Poi la vide sparire oltre l’angolo con una rabbia impressionante negli occhi, lasciando dietro di sé una scia di silenzio tombale.

Anche quando fu ormai lontana, il corridoio restò muto.

Qualcuno tossì sull’uscio dell’ufficio. «Tocca a te» la informò Izumo, a bassa voce.

«Oh» Hinata arrossì e sgattaiolò nella stanza.

Presa dalla curiosità, rivolse subito lo sguardo a sinistra per scoprire chi fosse il terribile e misterioso esaminatore, per poi restare profondamente sorpresa nel constatare che fosse proprio il sensei di Sakura. Questo, forse, spiegava le palpitazioni accelerate...

Poi notò la sua stessa maestra al centro del banco e un moto di sollievo le rilassò le spalle, specialmente quando Kurenai le sorrise.

«Ah, Hinata» le si rivolse gentile. «Come stai?»

«Sto bene, grazie, sensei» rispose, leggermente intimorita dalle altre due figure. «Uhm... Posso chiedere se... S-se Sakura è stata rimandata?»

Sia Ibiki che Kurenai rivolsero un’occhiata a Kakashi, il quale sembrava troppo perso a guardare oltre la finestra per accorgersene; la penna che aveva tra le mani picchiettava su una numerosa pila di bicchieri di plastica fatti a pezzi.

Kurenai riportò lo sguardo su Hinata, rivolgendole un sorriso tirato. «Non preoccupiamoci di questo ora, mh?»

 


 

Sakura vagava senza meta, incapace di restare ferma. Non voleva andare a casa, né a lavoro, né voleva parlare con nessuno, quindi continuava a camminare.

Fece due volte il giro del mercato rionale prima di rendersi conto di quanto stupido fosse il suo comportamento e si fermò sul ponte; lo stesso ponte sul quale incontrava i suoi compagni di team per aspettare Kakashi prima di partire in missione. L’uscita est l’avrebbe portata a casa, il lato ovest invece l’avrebbe condotta di nuovo verso il centro del villaggio, ma nessuna delle due proposte l’allettava. Preferì lasciarsi cadere contro la ringhiera metallica per concentrarsi sul flusso dell’acqua sottostante.

Come aveva potuto essere così stupida?

Di tutti i lati negativi che avrebbe comportato l’andare a letto con il suo maestro, quello era l’unico che non aveva considerato. Chiunque avrebbe potuto pensare che dormire con un proprio superiore potesse portare agevolazioni lavorative, non il contrario. Ovviamente, quello non era mai stato l’obbiettivo di Sakura, ma di sicuro avrebbe preferito una piccola preferenza in confronto all’esatto opposto. Solo qualche giorno prima Kakashi le aveva insegnato nuovi jutsu e le aveva dato la speranza di poter essere promossa; ora, dopo la notte passata, i suoi standard sembravano essere completamente mutati e non bisognava essere un genio per capire perché.

«Sakura-chan...»

Sakura si affrettò a scacciare via una lacrima dalla guancia prima di voltarsi verso Naruto, che se ne stava immobile alle sue spalle. Incrociando il suo sguardo, percepì preoccupazione mista ad una vena insopportabile di compassione. Sakura, dal canto suo, fu travolta da un improvviso senso di colpa: sentiva di averlo tradito, in qualche modo.
 Le avrebbe rivolto quello sguardo carico di rammarico, se avesse saputo quello che aveva fatto con Kakashi la notte precedente?

Distolse lo sguardo, poggiando la fronte contro uno dei pilastri in legno che sorreggevano il ponte. «Va’ via, Naruto» borbottò.

«Ho saputo dell’esame, da Hinata...»

«Non voglio parlarne ora» lo ammonì.

«Non sono in molti ad essere stati promossi, non dovresti sentirti delusa».

«E tu?» chiese.

Quando non sentì la risposta arrivare, si voltò di nuovo a fronteggiarlo. « Tu sei stato promosso?»

Naruto abbassò lo sguardo, a disagio. «Anche Sasuke...»

Dalla padella alla brace: Sakura sentì il mondo precipitare per un istante e si poggiò ancora contro il pilastro per sorreggersi.

«Ma questo non significa che siamo jonin ora» le disse, per sollevarla. «Siamo solo stati raccomandati per la promozione, probabilmente non la otterremo comunque...»

Un Naruto pessimista non è un Naruto sincero: lo conosceva abbastanza da sapere che avrebbe voluto saltare di gioia e urlare al mondo che avrebbe lasciato di stucco i prossimi esaminatori; l’unica cosa che gli impediva di farlo era il fatto che fosse sensibile abbastanza da notare che Sakura fosse stata lasciata indietro.

«Non sei d’aiuto» confessò. «Lasciami sola, Naruto».

«Mi dispiace...»

Sembrò voler aggiungere altro, ma esitò e dopo poco Sakura sentì i suoi passi allontanarsi sulle travi del ponte. Ancora una volta si ritrovò sola, e si chiese se non fosse destinata ad esserlo.

Seppure qualcuno avesse notato la strana ragazza seduta in mezzo al ponte, non se ne sarebbe accorta. Dozzine di passi avevano calpestato lo spazio alle sue spalle, così tanti che Sakura aveva perso il conto insieme alla cognizione del tempo, ma nessuno di quegli estranei passanti aveva deviato il proprio percorso per avvicinarsi a lei.
Era isolata, sebbene in mezzo al caos cittadino: il corso dei suoi pensieri fluiva a ritmo delle acque del fiume, completamente estraneo allo scorrere del mondo.

Finché non arrivò Kakashi.

Era troppo assorta in sé per accorgersi che le si fosse avvicinato, né lo percepì quando si accovacciò accanto a lei.

«Hey, Sakura».

Presa alla sprovvista, drizzò la schiena in un istante e si voltò verso di lui. La colpevolezza che gli lesse in faccia fu abbastanza da convincerla che la sua rabbia fosse perfettamente giustificata, quindi non esitò a scattare in piedi per allontanarsi.

«Possiamo parlare?» le chiese, raggiungendola.

Sakura si voltò di scatto con l’intenzione di mandarlo a quel paese, ma il movimento rapido la fece sbattere contro il petto dell’uomo, ancora una volta più vicino di quanto pensasse.

«Ho bisogno di parlarti» le disse, ragionevolmente.

«Cosa c’è da dire?!» strillò. «Mi hai rimandata perché sei uno stronzo che non riesce a distinguere la vita privata da quella professionale».

Kakashi alzò un dito. «Ecco, vedi, questo è proprio quello di cui dobbiamo parlare».

«Bene» rispose lei, mantenendo lo stesso tono astioso mentre portava i pugni ai fianchi. «Spiegami perché sembravi così propenso a promuovermi ieri, per poi cambiare idea dopo  aver passato la notte insieme».

Non si era premurata di tenere bassa la voce, e con la coda dell’occhio notò una passante voltarsi verso di loro; non le importava: non conosceva quella donna né le interessava ciò che avrebbe pensato di loro.

Ma evidentemente a Kakashi importava eccome. «Che ne dici di andare in un luogo più appartato?»

«Già, non possiamo permettere che si venga a sapere che ti scopi la tua allieva».

Un altro paio di teste si voltarono e Kakashi si accigliò. «Per favore» le disse, calmo. «Voglio solo parlare».

Le porse una mano, ma Sakura roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto.
«Non ho intenzione di seguirti in un posto in cui nessuno può sentirmi se urlo».

«Bene allora».

Districò una delle sue mani e cominciò a trascinarla di peso e a Sakura non restò altra scelta se non seguirlo: la condusse verso il delimitare del ponte e poi giù per la discesa erbosa, fino a quando non si trovarono sulle sponde del fiume, proprio sotto alla struttura. Alle loro spalle, il placido andare dell’acqua; sulle loro teste, il suono ovattato del viavai dei passanti: erano praticamente isolati.

Sakura svincolò la propria mano dalla stretta di Kakashi e gli rivolse un’occhiata gelida. «Allora?» chiese, retorica. «Sarà meglio che tu abbia un’ottima motivazione per la quale dovrei continuare a rivolgerti la parola».

«Sei arrabbiata con me» notò, tristemente.

«Questo spiega perfettamente perché abbiano promosso te, a tempo debito!» scattò.

«Mi dispiace, Sakura. Mi dispiace davvero» sospirò lui.

Dannazione! Si era ripromessa di non piangere, ma un nodo le attanagliava la gola e gli occhi le pizzicavano; e quando parlò, la voce era rotta dal suo tentativo di trattenere i singhiozzi. «Perché non me l’hai detto?» chiese, a denti stretti. «Perché non mi hai detto che saresti stato uno degli esaminatori?»

«Perché non mi è permesso» le confessò. «Ed era troppo tardi per rinunciare».

«E temevi di destare sospetti promuovendomi, vero?»

«Credici o no, Sakura, ma non ho mai avuto intenzione di promuoverti: ciò che c’è stato la notte scorsa tra di noi non ha niente a che fare con questo».

Sakura sbarrò gli occhi: aveva considerato quella possibilità... ma non aveva voluto soffermarcisi; era stato più semplice convincersi del fatto che il giudizio di Kakashi fosse stato influenzato dalla loro nuova posizione, e che la sua bocciatura non dipendesse da una sua eventuale mancanza.

Perché faceva più male sapersi inadatta, che sopportare un’ingiustizia.

«Cosa?» sussurrò, più a sé che a lui. «Perché?»

Kakashi sospirò amareggiato. «Durante l’ultima missione hai dimostrato un serio problema con la catena di comando. Hai disobbedito ad un ordine, ti sei gravemente ferita e avresti potuto perdere la vita».

«Ho detto che mi dispiace–»

«Il tuo dispiacere non cambia ciò che hai fatto. Oltre ciò, hai rischiato di inciampare in un nido di vespe perché eri troppo occupata a guardarmi il culo per prestare attenzione a ciò che stavi facendo».

Sakura spalancò la bocca per lo stupore e l’affronto. «Ma– non è giusto– ho solo–»

«Sakura, che razza di maestro sarei stato se ti avessi promossa? Le responsabilità di un jonin sono tremende. L’ultima volta ti è andata bene solo perché avevi qualcuno a guardarti le spalle. Ma quando sei un jonin, hai solo te stesso. Non avrei potuto promuoverti solo per farti felice, correndo il rischio di mettere a repentaglio la tua vita o quella dei tuoi subordinati. Fidati, essere responsabile per la morte di qualcuno che dipende da te non è qualcosa che si supera facilmente. E non credere che accada difficilmente, perché non è così: può succedere a tutti. Non ho intenzione di buttarti in quell’inferno prima di essere più che sicuro che tu sia pronta.»

«Quindi credi davvero che sono inutile?»

«Non l’ho mai pensato. Hai il potenziale per diventare addirittura migliore di me, un giorno».

Sakura lo fissò. «Davvero?»

«Beh... forse. Probabilmente no. Ma sei sicuramente sopra la media».

«Ti pareva» borbottò. «E suppongo che Naruto e Sasuke siano perfetti potenziali jonin, a differenza mia, dato che hai promosso loro e non me».

Kakashi rilassò le spalle. «Non ho promosso nemmeno loro».

«E allora perché–»

«Perché gli altri due esaminatori mi hanno scavalcato. Se tu fossi stato un uomo, probabilmente Ibiki avrebbe fatto passare anche te. Io non ho promosso nessuno oggi...»

Questo di certo cambiava le cose, ma... «Se eri già deciso a rimandarmi, perché mi hai insegnato quei jutsu?»

«Perché a prescindere dal tuo grado, quei jutsu ti torneranno utili. Non ti negherei mai un favore».

Le cose non stavano affatto andando come voleva. Sakura voleva che Kakashi si sentisse colpevole e che la pregasse di perdonarlo, non che le fornisse delle spiegazioni razionali e ragionevoli che levigavano la sua rabbia.
Gli diede le spalle e prese a mordicchiare le unghie in agitazione.

Un pesante silenzio incombette su di loro, disturbato solo dallo scrosciare dell’acqua e dalle risa dei bambini che correvano sul ponte. Una calda carezza raggiunse la spalla di Sakura, mentre un dito ripercorreva le linee del suo orecchio: fu percossa da un forte tremito.

Si scostò ancora, voltandosi ad affrontarlo. «Credo che la notte scorsa abbiamo commesso un grosso errore» disse, pacata.

Kakashi la guardò sorpreso. «Lo dici solo perché sei arrabbiata».

«No, lo dico perché mi sento in colpa» mormorò, abbracciandosi. «Ho parlato con Naruto prima e... Kakashi-sensei, lo feriremmo troppo se venisse a saperlo. E Ino sospetta qualcosa ed ormai la sua missione di vita è scoprire chi sei. Forse è meglio se dimentichiamo quello che c’è stato prima che qualcuno si faccia male. Indugiare sarebbe... egoistico».

«Sono una persona molto egoista in effetti» osservò, piatto.

«Sì, l’ho notato».

Kakashi fece un passo avanti e lei ne fece uno indietro, incappando in uno dei pilastri del ponte. Sembrò divertito dalla sua reazione e si bloccò, alzando le mani. «Non voglio farti del male».

«No, lo so...»

Sakura si agitò, chiedendosi se fosse troppo palese scostarsi dal pilastro per continuare ad indietreggiare. «È solo che non credo più che sia appropriato».

«Sakura» chiamò lui persuasivo, carezzandole una guancia. «Non ti è piaciuta la notte scorsa?»

Sakura quasi si sciolse al suo tocco: aveva la bocca secca e tentava di guardare ovunque tranne che di fronte a sé, fissando lo sguardo oltre la spalla di Kakashi, verso la discesa erbosa.

«Perché vuoi rinunciare così facilmente?»

Sakura deglutì sonoramente. «Mi hai fatto davvero male, oggi...»

«Posso sistemare le cose».

Gli occhi si mossero per incrociare i suoi, e Kakashi gelò sotto la ferocia del suo sguardo. «Se credi davvero di potermi persuadere facendomi dimenticare tutto con il sesso, ritenta».

«Non mi sognerei di smussare la tua rabbia così. È comprensibile, la rispetto...» Ma le stava ancora accarezzando la guancia mentre parlava, e per quanto lei volesse schiaffeggiare la sua mano per allontanarlo, Kakashi era già riuscito a scioglierla; la sensazione che provava in quel momento era sicuramente più piacevole della rabbia.

Le si avvicinò ancora, ma Sakura scansò il viso, non volendogli concedere la sottomissione.

Le labbra di Kakashi le sfioravano l’orecchio. «Non volevo farti del male».

Sakura strinse i denti con rabbia.

«Ma non potevo proprio dirtelo prima, saresti stata squalificata...»

Ancora una volta, si trovò a serrare gli occhi per placarsi: parte di lei voleva che andasse via, che la lasciasse sola; l’altra sua metà gli chiedeva disperatamente di avvicinarsi per far combaciare i loro corpi.

«Sei ancora una delle migliori kunoichi che io abbia mai avuto il piacere di conoscere. E sicuramente la più sexy».

Sbuffò, cinica: non era di certo così ingenua da lasciarsi andare per una frase sdolcinata. «Sono abbastanza sicura che lo dici a tutte le ragazze che ti scopi. La settimana scorsa avevi una relazione clandestina con una donna sposata; qualche notte fa ti sei fatto una chūnin sul retro di un bar e tra qualche giorno sicuramente propinerai una frase del genere ad un’altra donna». 

«È possibile» concordò. «Non ho un’agenda precisa».

«Non mi sorprenderei se l’avessi» borbottò. «Lunedì: farsi la donna sposata; martedì: sedurre l’allieva; mercoledì: portare fuori i rifiuti».

«Sono abbastanza sicuro che sia stata tu a sedurre me» le fece notare.

«Riscriviamo la storia, adesso?»

«Beh, non la smettevi di parlare delle tue mutandine...»

«Solo perché mi costringevi a farlo».

«Non ho fatto nulla del genere; ma parlando di mutandine: quali hai messo oggi?»
Le mani di Kakashi si avvicinarono ai suoi fianchi, percorrendo l’orlo della sua gonna. Quel giorno indossava gli abiti da civile e non la divisa da kunoichi, quindi Kakashi avrebbe solo dovuto sollevarle l’indumento per ottenere una risposta.

«Non pensi ad altro che l’intimo. Qualcuno dovrebbe procurarti una seduta con un professionista». Seppure non lo assecondasse a parole, non stava facendo nulla per fermare le mani che si intrufolarono sotto i suoi vestiti per accarezzarle i fianchi nudi, ma Sakura restava immobile con le braccia incrociate e il viso voltato, come a volerlo ignorare.
Perché lei voleva ignorarlo e punirlo per aver infranto le sue speranze, ma d’altro canto non voleva nemmeno che smettesse di toccarla.

«Cotone» mormorò Kakashi al suo orecchio, mentre le dita scostavano l’elastico che le poggiava sul sedere, per poi palpare la pelle in un modo che le fece sentire le ginocchia tremare. «Con una stampa sul culo...»

«Probabilmente c’è scritto che puoi baciarmelo» punzecchiò, seccata.

«Proposta invitante, ma credo siano quelle con il simbolo femminile che punta al tuo–»

«Ricordami di chiudere a chiave il cassetto della biancheria. Ci stai familiarizzando troppo». Ciò nonostante, sorrise tra sé.

«Era un sorriso quello?»

«No» si accigliò.

«Credo proprio fosse un sorriso».

«Non lo era» protestò ancora. «E questa tattica noiosa funziona solo con i bambini».

«Sicura? Giurerei di averti vista sorridere».

«Smettila».
Ma le sue stesse labbra la tradirono e, contro la sua volontà, si piegarono in un accenno di un sorriso.

«Ah, eccolo di nuovo...» constatò, contento. «Mi manca il tuo sorriso, quando sparisce. Non credevo fosse possibile, mai sei addirittura dieci volte più carina quando sorridi».

E per provarle quanto irresistibile fosse quell’espressione – che era incastrata a metà tra un sorriso ed un cipiglio – insinuò un dito nella maschera per abbassarla e le rubò un bacio.

Sakura non voleva ricambiarlo, all’inizio, infelice di come quell’uomo potesse darle uno dei più grandi dispiaceri della sua vita e nonostante tutto riuscire a sottometterla in un paio d’ore; ma Kakashi era così caldo... ed aveva un profumo così buono... E Sakura era sicura che fosse molto più piacevole accettare il suo bacio piuttosto che allontanarlo ancora.

Quindi impiegò solo una manciata di attimi prima di portare le mani dietro la sua nuca e mettersi in punta di piedi per assecondarlo. Seppure fosse piacevole, però, voleva di più: voleva sentire le sue mani su di sé, a toccarla come la notte scorsa e a stuzzicarla fino allo stato di delirio in cui non c’era altro che gli istinti più primordiali ed il piacere travolgente. Gli avrebbe permesso di farlo lì, proprio sotto quel ponte sul quale passeggiavano dozzine di persone a pochi metri di distanza da loro, dove chiunque avrebbe potuto vederli in qualunque momento.

Ma dopo poco Kakashi interruppe il bacio e le sorrise: la sua espressione era gentile, fin troppo per essere l’espressione di un assassino temuto come il Copy Ninja. Forse era quello il motivo per cui indossava una maschera? Nessuno lo avrebbe preso sul serio, senza.

«Sarai una grande donna un giorno, Sakura. Non ho alcun dubbio» le sussurrò, scostandole i capelli dal viso. «Devi solo avere pazienza».

Sakura sollevò lo sguardo, con le guance arrossate. «Lo credi davvero?» chiese.

«Non devo crederlo. Lo so».

Per qualche motivo a lei sconosciuto, sentì di nuovo gli occhi pizzicare; non volendo che la vedesse in quello stato, si sporse in avanti ed allacciò le braccia al collo di Kakashi, per poi sprofondare il viso contro la sua spalla cercando di non emettere suoni, anche se il modo in cui il corpo sobbalzava ad ogni singhiozzo la tradiva.

Non erano lacrime di gioia né di tristezza: era ancora delusa dalla sua bocciatura, ma la speranza e la fiducia che Kakashi nutriva per lei la scioccavano quanto la toccavano nel profondo. Non sapendo come agire in quel potente vortice di emozioni, poteva solo piangere, perché non riusciva a trovare senso in nulla: non solo  alla prova fallita, ma anche alla paura che sentiva pensando alla loro relazione. Le sue speranze di renderla quantomeno accettabile venendo promossa ed ottenendo un grado pari al suo erano state spazzate via, ed ora si sentiva oppressa dalla consapevolezza di essere una chūnin in una relazione con il suo maestro jonin. Era il tipo di cose che rovinava le reputazioni, che distruggeva le carriere e le vite delle persone; ma Kakashi era egoista e lo era anche lei, e non sapeva perché Kakashi stesse perdendo il suo tempo in quel modo, e forse nemmeno lui conosceva la risposta, ma non voleva ancora buttare via quella strana relazione. Non quando era finalmente così vicina a...

Beh, non poteva mentire a se stessa: era finalmente così vicina all’amore.

E le sembrava assurdo, perché avevano passato solo una notte insieme e lui l’aveva già fatta soffrire. Senza dubbio, quella tresca avrebbe fatto il suo corso e sarebbe scemata da entrambi i lati, fino a quando le cose non sarebbero tornate alla normalità e quell’avventura sarebbe diventata solo un segreto che avrebbero portato nella tomba. Era così che doveva andare, non c’era assolutamente alternativa.

Kakashi continuò ad accarezzarle la schiena dolcemente fino a quando non ebbe riottenuto abbastanza calma da separarsi da lui, sebbene con una certa riluttanza.

«Stai bene?» le chiese, mentre Sakura asciugava frettolosamente le lacrime dalle guance.

«Sì» rispose, con tono artefatto.

La fissò, scrutandola così da vicino da metterla a disagio; per un attimo temette di avere qualcosa sulla faccia.

«Andrà tutto bene, Sakura» le sussurrò. «Te lo prometto».

E lei gli credette.
«Lo so» rispose, sorridendogli debolmente.

Il tintinnio di una risata spezzò l’incantesimo e Kakashi fece un passo indietro con la più totale nonchalance.

Poco lontano da loro, un gruppetto di bambini svoltò una curva e apparve nella loro visuale; nessuno di loro aveva notato il rendezvous dei due amanti all’ombra del ponte, ma la loro privacy era ormai compromessa.

«Lascerò la porta aperta, stanotte. Sei la benvenuta» le disse Kakashi gentile, salutandola.

«Ci penserò».

Ovviamente ci avrebbe pensato: non c’era altro posto in cui avrebbe preferito essere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiornamento dedicato alla dolcissima Amens Ophelia, che con la sua recensione mi ha motivata tantissimo a completare questo capitolo piuttosto impegnativo: mai sottovalutare il potere di un buon commento!
È sicuramente una parte fondamentale della storia, che vede finalmente la concretizzazione del “tira e molla” a cui abbiamo assistito fin qui, ed anche se mi è sembrato infinito, è sicuramente abbastanza scorrevole e denso di accadimenti.
Insomma, spero possa aiutarvi a trascorrere qualche minuto di distrazione, data la situazione assurda in cui ci siamo ritrovati da un momento all’altro.
Spero che voi e le vostre famiglie stiate bene e vi auguro tanta buona fortuna!
Un abbraccio forte, alla prossima.

PS.: prometto di provare ad aggiornare più frequentemente!

 

  
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