. 12 .
La studentessa ed il suo maestro
Definirla nervosa avrebbe edulcorato la
situazione, ma l’ansia non arrestava il suo desiderio di proseguire.
Le sembrava di rivivere il momento in cui Sasuke era tornato al villaggio:
moriva dalla voglia di rivederlo e niente al mondo l’avrebbe fermata, ma allo
stesso tempo era spaventata a morte dal pensiero di constatare quanto fosse
cambiato e dal doversi rendersi conto una volta per tutte che le cose tra il
Team 7 non sarebbero mai più state le stesse.
Ora – anche se la vita dopo quell’esperienza
restava un’enorme punto interrogativo – non aveva la forza di fermarsi, perché
non voleva.
Kakashi avanzò verso il letto con fare predatorio,
come se sapesse esattamente ciò che voleva e come ottenerlo. La sicurezza
autoritaria che esprimeva in ogni gesto le faceva irrigidire i muscoli del
ventre: Kakashi aveva intenzione di dominare e nulla glielo avrebbe impedito.
Ogni cellula del corpo di Sakura avvertiva che a breve sarebbe successo
qualcosa di epico, ed era proprio ciò che aspettava da tutta la vita senza rendersene
conto.
La mano guantata di
Kakashi afferrò le lenzuola e, senza alcuna esitazione, le tirò con forza,
strappandole alla presa di Sakura e scoprendo il suo corpo nudo.
Sakura sussultò sorpresa, ma non provò alcun imbarazzo né provò a coprirsi.
Oltretutto, quando alzò gli occhi su di lui, si rese conto che Kakashi non
fosse minimamente interessato al suo seno: il suo sguardo era fisso sulle
mutandine che indossava.
«Molto carine» mormorò, afferrandole l’incavo
delle ginocchia per attirarla sé, per poi tracciare il contorno della stampa a
forma di cuore con la punta di un dito.
Sakura rise e spinse la punta del piede contro il
suo petto per allontanarlo. «Sei un pervertito, Kakashi-sensei» ridacchiò. «Hai
un fetish per l’intimo o qualcosa del genere?»
«Solo se riguarda te» scherzò lui, afferrando il
piede puntato sul suo petto. «Indossi sempre biancheria particolare...»
Il suo pollice percorse l’arco plantare di Sakura,
che sospirò rabbrividendo: chi l’avrebbe mai detto che i suoi piedi fossero così
sensibili? «Ed io quando potrò vedere la tua?» sussurrò, godendosi la
sensazione di formicolio che si espandeva nel suo intero corpo, con epicentro
quell’apparentemente innocuo contatto.
«Ogni cosa a suo tempo» rispose lui. «Ma credo che
il patto fosse che stasera fossi io a
fare l’amore con te. A me ci penseremo un’altra volta, mh?»
Sakura arrossì violentemente, profondamente
toccata dal suo altruismo; ma se si fossero concentrati solo su di lei, non
avrebbero finito in cinque minuti al massimo? Forse doveva solamente fidarsi di
Kakashi e di ciò che aveva intenzione di fare?
Con un’ultima carezza lasciva, le abbandonò
dolcemente il piede e tese le mani verso di lei: Sakura le afferrò entrambe e
si lasciò sollevare. Lentamente, si mise a sedere sul bordo del letto, troppo
alto per permetterle di toccare il pavimento.
Kakashi si inginocchiò tra le sue gambe e le rivolse un’occhiata comprensiva.
«Nervosa?»
«No» rispose rapidamente lei, lasciando trasparire
involontariamente una sfumatura tesa nel tono di voce.
«Bugiarda» le disse, battendole un dito sulla
punta del naso con fare affettuoso. «Sono un po’ nervoso anch’io, a dire la
verità».
Sia per il tono basso e suadente, sia per la
sicurezza con cui si muoveva, Sakura non riusciva a credergli. «Bugiardo» replicò,
con un sorriso riluttante. «Lo dici solo per farmi stare meglio».
«Ha funzionato?»
«Non proprio...»
«Oh. E che mi dici di questo?»
Kakashi abbassò la maschera fino al mento e si
sporse per poggiare le labbra sulle sue. Sakura per poco non si sciolse, ma
tenne gli occhi chiusi e sospirò per il piacere: un semplice bacio non avrebbe
dovuto farle provare così tanto piacere, eppure ci riusciva; ed era addirittura
meglio quando non cercava di nascondere qualche semino d’arancia sotto la
lingua. Quando avvertì un morso lieve sul labbro inferiore ed il curioso
colpetto della lingua di Kakashi, schiuse le labbra per permettergli di
approfondire il contatto, ricambiando avidamente quel gesto così intimo. Si
lasciò scappare un gemito d’approvazione contro la bocca di Kakashi e portò le
mani tra i suoi capelli, sentendosi liquefare dall’interno: quel bacio era
addirittura più soddisfacente del sesso come lei lo conosceva; forse,
addirittura meglio del cioccolato.
Kakashi spezzò improvvisamente il contatto ed inclinò
la testa di lato. «Allora?» chiese serio.
Sakura lo guardò inebriata. «No, temo che non
abbia affatto funzionato» rispose, sforzandosi per apparire impassibile quanto
lui.
«Capisco» sospirò, fingendosi costernato. «Allora
proviamo così».
Kakashi si chinò in avanti e le ricoprì il collo
di baci roventi; Sakura serrò gli occhi e trattenne a fatica un sonoro gemito.
Era sempre stata eccessivamente sensibile in quella zona del corpo, ma la bocca
di Kakashi era particolarmente stimolante: riusciva a portare il piacere di
Sakura su di un livello del tutto nuovo. Quando la sua lingua scivolò lungo la
vena per poi succhiarla lievemente, Sakura sentì il calore del sangue
espandersi in tutto il corpo e l’intima umidità addensarsi tra le sue gambe.
«N-no» disse, tremolante. «Temo che non funzioni affatto».
«E se provassi così?» chiese Kakashi, spingendola
lentamente fino a farla distendere di nuovo sul materasso. Con una mano a
trattenerle i fianchi e l’altra a disegnare immagini astratte sulle sue
costole, rivolse l’attenzione al suo seno e cominciò a succhiare un capezzolo.
Sakura sospirò avidamente ed inarcò la schiena,
mentre l’eccitazione le attanagliava lo stomaco. Ad ogni bacio umido che
riceveva, un tepore avvolgente le inebriava i sensi in un crescendo che
sembrava non avere fine, costringendola a muoversi irrequieta sotto di lui.
Tremendamente cosciente del peso che Kakashi esercitava tra le sue gambe, prese
a strofinare impaziente l’interno coscia contro il fianco di lui, tentando
invano di trattenersi dal dare sfogo alle intense sensazioni che le scorrevano
ormai nelle vene.
«Allora?»
mormorò contro il suo seno, dando all’altro capezzolo trascurato un leggero
pizzicotto.
«No, niente affatto» rispose lei, sforzandosi ad
usare un tono non troppo acuto. «Temo di non s-sentire nulla».
«Ah davvero?»
La mano di Kakashi abbandonò il suo seno, ma prima
che Sakura potesse chiedersi dove fosse, la sentì: il pollice strofinò
lentamente l’apice del suo sesso. Sakura gemette, affondando le unghie nelle
spalle di lui, mentre il dito continuava a massaggiarla, annebbiandole la
vista. «Ah, okay», squittì, con voce spezzata. «Credo che ci sei quasi».
«Era ora» mormorò Kakashi, muovendosi su di lei
per lasciarle qualche bacio lascivo sul mento e sulle labbra. «Non trattenerti in alcun modo, Sakura.
Rilassati e lasciati andare».
Restò su di lei per osservare le espressioni che
si succedevano sul suo viso ad ogni tocco gentile, mentre continuava a
stuzzicarla dolcemente al di sopra della sottile stoffa dell’intimo. Lo sguardo
di Kakashi era per Sakura come un raggio di luce abbagliante e lei ne era
particolarmente consapevole, ma non aveva il coraggio di aprire gli occhi per
incontrare i suoi. Preferiva concentrarsi sui movimenti della mano, accogliendo
le ondate di piacere senza riserve. Le sembrava incredibile il fatto che fosse
già quasi prossima all’orgasmo, e Kakashi non si era nemmeno ancora sbottonato
i pantaloni; nessuno, prima di lui, si era concentrato mai così tanto sul suo
piacere.
«Questi sono i famosi preliminari, vero?» sospirò
Sakura, ormai senza fiato.
Lo sentì ridere leggero per poi posarle un caldo
bacio all’angolo della bocca, quasi a dimostrarle di aver trovato la sua
domanda adorabile. «I preliminari» rispose «sono ciò che abbiamo fatto per
buona parte dell’ultima settimana».
«Credo che mi piacciano i preliminari» annaspò
lei, arcuando la schiena mentre l’ennesimo delizioso fremito la attraversava.
«Non ho mai... Cioè, non ho davvero mai... sai...»
«Cosa?» chiese leggero Kakashi, premendo contro la
stoffa bagnata che ricopriva la sua entrata, facendole tremare le gambe.
A Sakura servirono una manciata di secondi per
riprendere il filo dei pensieri. «Non sono mai arrivata al punto di voler... tu sai cosa, così tanto...»
Si pentì immediatamente di averlo detto,
soprattutto perché lui si fermò per la sorpresa. Il respiro le morì in gola
mentre Kakashi si chinava su di lei, sfiorandole la punta del naso con la sua.
«Vuoi il mio tu sai cosa, Sakura?»
Annuì senza fiato, lanciandogli un’occhiata
disperata.
«Il mio caldo, duro, tu sai cosa? Proprio ora? È ciò che vuoi? Non preferiresti avere il
mio cazzo?»
Sakura arrossì, alzando gli occhi al cielo.
«Perché ti prendi gioco di me? Stai cercando di farmi passare la voglia?»
brontolò.
«Che permalosa» le stampò un bacino di scuse sul
naso. «Potrai averlo... dopo che me lo avrai chiesto».
Sakura arricciò il naso. «Non ci penso nemmeno»
ribatté. «Non sono una pervertita, a differenza tua».
«Vedremo» le disse, con tono affabile.
«Non lo sono!» strillò ancora, con più
convinzione.
«Sai cosa si dice di chi nega l’evidenza».
«Non c’è niente da negare» Sakura scattò, tentando
di divincolarsi dalla sua presa. «Puoi andare a scoparti un gatto, per quanto
mi riguarda–»
«Preferirei scopare te, se non ti dispiace»
rispose, tenendola ferma per le spalle. «Non c’è fretta. Abbiamo tutto il tempo
per riscoprire il tuo lato perverso, ed io ho appena cominciato».
Sakura deglutì, quasi intimidita dall’uomo sopra
di lei. Notò come il suo sguardo vagasse dal suo viso al suo seno, quasi perso
nel constatare ogni movimento prodotto dal suo breve respiro. Sentì il calore
delle mani premute sulle spalle spostarsi lentamente più in basso, perdendosi
per un istante ad accogliere un seno nel palmo della mano prima di riprendere
la discesa lungo lo stomaco, passando per i fianchi, fino a posarsi sulle sue
cosce. Il cuore di Sakura sobbalzò quando vide Kakashi ritirarsi per
spalancarle le gambe in modo quasi
osceno.
Si morse le labbra, ansiosa. «Cosa stai facendo?»
«Nulla» rispose innocentemente, posando una serie
di lievi baci partendo suo interno coscia fino a risalire a limite del suo
inguine.
A quel punto, le sue intenzioni erano piuttosto
chiare. «Non l’ho mai fatto prima» ammise lei.
«C’è sempre una prima volta» le rispose, senza la
minima sorpresa.
Era ormai pericolosamente vicino all’apice delle
sue cosce, e Sakura sobbalzò quando la sua bocca si posò sul punto più
sensibile del suo corpo, riscaldandola attraverso la stoffa delle mutandine.
«Kakashi...»
Due dita le
pizzicarono una coscia abbastanza forte da farla scattare. «Kakashi–cosa?»
«Kakashi...» la mente
ormai sgombra non riusciva a seguirlo. «...sensei?»
«Ciò che stiamo
facendo non è un valido motivo per dimenticare le buone maniere, Sakura» le
disse. «Sono ancora il tuo maestro».
Sakura ridacchiò tra
sé. «La verità è che ti ecciti se ti chiamo “sensei”, vero? Non è quello che fa
la protagonista di Icha Icha Tactics?
Passa ogni notte in un letto diverso e chiama i suoi amanti “sensei” perché le
insegnano a farlo a novanta e cose del genere».
«Quindi l’hai letto?»
ridacchiò lui, giocherellando con l’elastico delle sue mutandine.
«Li ho letti tutti»
confessò. «Sono accettabili, quasi buoni. Specialmente gli ultimi, perché a
quanto pare Jiraya-sama ha capito il significato
della parola “trama”».
«Davvero?» mormorò
Kakashi, prendendo a sfilarle lentamente le mutandine. «Qual è il tuo
preferito, allora?»
«Credo... Credo
quello in cui lei si innamora di uno dei suoi amanti» disse, cercando di
smaltire il nervosismo che cominciava ad assalirla. «Ma lui crede che l’abbia
tradito, e alla fine si scopre che non l’ha fatto e lui se ne rende conto solo
dopo averla uccisa accidentalmente. Cioè, so che alla fine il suo destino era
quello di morire a prescindere, ma quella storia è davvero molto triste e – oh
– oddio – oh!»
Le parole le morirono
in gola quando Kakashi cominciò a baciarla proprio nella parte più intima di
sé: la sua bocca calda ed umida e la lingua abile vezzeggiavano avidamente il
culmine del suo sesso. Il respiro restava bloccato nel petto e dovette premersi
una mano sulla bocca per cercare di controllare i suoi stessi gemiti, mentre
l’altra si aggrappava bisognosa al ciuffo di capelli che ricadeva sul suo
ventre.
Ad ogni movimento
della lingua di lui, Sakura si sentiva sprofondare in una spirale di desiderio:
Kakashi era puro calore ed ovunque la toccasse, si sentiva scottata. Ad ogni
nuova ondata di piacere che la investiva, i suoi sensi si oscuravano sempre
più, fino a quando ogni sua percezione dell’universo nasceva e moriva con Kakashi.
Si sentiva stordita,
ubriaca della sua stessa eccitazione, ma non era abbastanza.
«Kakashi-sensei»
sussurrò, agitando irrequieta la testa tra le lenzuola. «Voglio di più. Ora.»
Non riuscì a trattenere
un gemito che le fulminò il petto quando Kakashi introdusse un dito dentro di
lei, facendola contorcere ad ogni centimetro di profondità che raggiungeva. Si
inarcò disinibita contro la sua bocca, sopraffatta dall’improvviso bisogno di
essere penetrata. Era quasi ciò di cui aveva esattamente bisogno, ma non era
ancora abbastanza. Anche se il suo corpo pulsava per il piacere crescente,
sentiva ancora la mancanza di qualcosa di essenziale per sentirsi completa.
«Sensei, ho bisogno
di te» pregò.
Kakashi si staccò da
lei torpidamente e le baciò le labbra: il suo bacio era umido e dolce e... oddio, Sakura sentiva il suo stesso
sapore sulla lingua. «Sono qui» mormorò, continuando a baciarla, muovendo la
lingua contro la sua con lo stesso ritmo delle dita dentro di lei.
Sakura svincolò le
labbra. «No» sussurrò dura. «Ho bisogno di averti dentro di me».
«Sono già dentro di
te».
«No!» sibilò, sentendo le guance scaldarsi, imbarazzata dal fatto
che sebbene la stesse toccando nel modo più intimo in cui un uomo potesse
toccare una donna, ancora non riusciva a chiedergli esplicitamente cosa voleva.
«Non fare lo stronzo, sai cosa intendo».
«No, non lo so»
disse, deciso a renderle la vita un inferno, sebbene nel bel mezzo di
un’esperienza così particolare. «Dimmi cosa vuoi».
Gliel’avrebbe fatto
ammettere, al costo di continuare a torturarla per il resto della notte. Un
velo di sudore cominciava ad inumidirle la pelle nuda, e in quel momento si
chiese se anche lui fosse nella stessa condizione; non poteva saperlo, dato che
Kakashi era ancora completamente vestito.
«Perché hai ancora i
vestiti addosso?» chiese distrattamente, prendendo a tirare implicitamente la
sua maglietta. «Toglitela».
Senza alcuna fretta,
Kakashi si ritrasse e si mise in piedi. Si sfilò agilmente i guanti e la
maglietta a maniche lunghe, lasciandoli ricadere sul pavimento; dopo ciò, tolse
anche la seconda maglia, restando a petto nudo. Sakura si leccò le labbra
inconsciamente, osservando avidamente l’ampio petto ricoperto di cicatrici –
alcune chiare e superficiali, altre più profonde e scure – che di certo non
rendevano il suo corpo meno perfetto di quanto fosse. Riconobbe addirittura
alcuni dei segni, di cui conosceva i retroscena; altre, invece, restavano un
totale mistero.
Ma non ebbe tempo per
concentrarsi sulla storia delle sue cicatrici, perché Kakashi in quel momento
prese a sbottonare i pantaloni e li lasciò cadere – insieme all’intimo – sul pavimento, accanto al resto dei suoi
abiti. Quando raddrizzò la schiena, la bocca di Sakura si seccò.
Aveva già visto un
uomo nudo ed eccitato prima d’allora, ma fu solo in quel momento che si rese
conto che l’uomo che aveva di fronte era il suo maestro.
E lei stava gli
fissando il pene.
E per quanto fosse
bello da guardare, le sembrava ancora piuttosto strano.
Kakashi si voltò per
prendere qualcosa dal comodino – un preservativo, constatò – e quando tornò a
guardarla sembrò notare il suo cambio d’espressione, mentre continuava ad
osservare il suo impressionante membro. «Cosa c’è?» le chiese, guardandosi a
sua volta, preoccupato.
Sakura piegò le
labbra in un sorrisetto che nascose dietro le dita. «Nulla» rispose sincera,
tendendogli poi una mano. «Vieni qui».
Aveva già immaginato
la sensazione del suo corpo contro il proprio, ma non era affatto pronta alla
scarica elettrica che le diede la sensazione della loro pelle nuda a contatto.
Kakashi si mosse su di lei e la baciò con passione, scacciando via ogni disagio
con l’abilità delle sue labbra, dandole sollievo dal logorante dolore che
sentiva nel cuore, un balsamo per la sua perpetua solitudine.
Era ciò per cui era
andata da lui: per essere consumata, per dimenticare, per trarre – dalla
vitalità di Kakashi – un senso alla sua stessa vita.
Una coscia di lui la
costrinse ad aprire le gambe, facendola fremere d’impazienza alla sensazione
della sua pelle ruvida che scivolava contro la sua liscia. Lo sentì
posizionarsi su di sé – incredibilmente caldo e duro proprio dove lei lo voleva
– e si bloccò per lo stupore. Un leggero movimento dei fianchi aveva fatto cozzare
i loro sessi nudi e Sakura sibilò alla scarica di piacere che la travolse. Si
sentiva dolorosamente vuota, ed era sicura che sarebbe impazzita a breve.
«Muoviti» sussurrò,
massaggiandogli irrequieta la nuca.
«A fare cosa?» le
chiese innocente.
Sakura digrignò i
denti. «Se non ti muovi a concludere ciò che hai iniziato ti taglio gli
attributi e li lancio da questa stessa finestra» sputò velenosa.
Ma Kakashi sembrò
impassibile. «E allora dimmi cosa vuoi» rispose, tranquillo. «Dimmi esattamente ciò che vuoi che faccia».
La tenne ferma per i
fianchi e cominciò a muoversi lentamente contro di lei, attizzando
pericolosamente il fuoco dell’eccitazione di Sakura, che prese a contorcersi
sotto di lui bisognosa di essere soddisfatta e fare ciò che il suo corpo – i loro corpi – chiedevano. La bramosia che
sentiva tra le gambe cominciava a diventare un’agonia che la rendeva frenetica,
la faceva ansimare disperatamente mentre i gemiti sommessi sfociavano un pianto
di stizza. «Per favore» supplicò, aggrappata alle sue spalle. «Ti prego».
«Cosa vuoi, Sakura?»
le chiese, paziente. Come poteva restare così lucido mentre lei era allo
stremo?
Ma Sakura aveva ormai
smesso di dar conto alla sua dignità. «Voglio il tuo... cazzo» sussurrò.
«Prego? Puoi
ripetere? Non ti ho sentita» il lento e tortuoso sfioramento di pelle contro
pelle continuava, facendola rabbrividire d’insoddisfazione.
«Ho detto che sei un
bastardo!» tuonò.
«No, non credo che
sia ciò che hai detto» mormorò lui, abbassandosi per strofinare il viso contro
il collo di lei, pizzicandole dolcemente un lobo con i denti. «Cosa vuoi?»
«Il tuo cazzo...
dentro di me... ora» confessò, ansimante.
«Più forte».
Sakura ringhiò
frustrata. «Voglio il tuo cazzo dentro di me!»
«Il mio cosa?»
«Cazzo!» strillò, per poi scoppiare a ridere, sentendosi ridicola.
Tutti i vicini nel raggio di un chilometro l’avevano probabilmente sentita, e
francamente gli stava bene. Non che Kakashi avesse la decenza di vergognarsi
del fatto che la gente sapesse più del dovuto sulla sua vita sessuale – Sakura
ne era fin troppo consapevole.
«Va bene» mormorò
lui, spostando il peso sui gomiti. «L’hai voluto tu».
La risata di Sakura
morì nell’istante in cui Kakashi, con un colpo deciso dei fianchi, entrò in lei
con una sola spinta. L’aria si dissolse dai suoi polmoni per lo shock,
lasciandola alle prese con la sorprendente sensazione di una tale brusca e
completa penetrazione. Kakashi non si mosse, ma non ve n’era bisogno: l’ondata
di calore ed il solo piacere di lui che finalmente riempiva quel vuoto doloroso
erano tutto ciò di cui aveva bisogno. I muscoli di Sakura si strinsero intorno
al suo sesso freneticamente, la stanza sparì in una spirale buia mentre un
violento orgasmo si impossessava di lei; fu dapprima lento, quasi come se il
suo corpo fosse ancora incredulo, ma presto l’ondata di calore si espanse e la
trascinò al centro di una tempesta di sensazioni. Inarcò la schiena e la vista
le si offuscò; spasmi e contrazioni presero il sopravvento, partendo dal punto
in cui il corpo di Kakashi invadeva il suo, mentre lui le teneva le braccia
ferme contro il materasso: così pacato e controllato comparato alla sua totale
perdita di controllo, la tratteneva mentre Sakura veniva ancora scossa
violentemente contro di lui.
Durò molto tempo,
molto più di quanto avesse potuto solo immaginare, e quando la marea euforica
cominciò a rifluire, ciò che ne restò fu la nuova sensazione di calda
soddisfazione.
Ma non era sazia.
E nemmeno Kakashi
sembrava esserlo.
Raccolse l’ultimo
briciolo di energia per aprire gli occhi e gli sorrise quasi con ebbrezza.
«Wow...» sussurrò.
«Stai bene?» le
chiese, e per la prima volta Sakura si rese conto che nemmeno lui fosse così
lucido e composto come pensava: il suo sguardo scottava e le spalle a cui si
aggrappava erano così tese che sembrava poter perdere il controllo da un
momento all’altro.
«Perfettamente»
sospirò felice. «È stato magnifico. Ora continua – ma basta scherzare».
«Grazie a dio» gemette di sollievo e finalmente
anche lui si lasciò andare.
Da qualche parte, in
quella stanza buia, un orologio ticchettava a ritmo del respiro dell’esile
corpo che gli dormiva accanto. Al di fuori di essa, qualche uccellino molto mattiniero cominciava a
cinguettare il preludio del coro mattutino, mentre la pioggia che avrebbe
dovuto scacciarli si era fermata ad un orario indefinito della notte appena
trascorsa.
Aveva dormito per
giusto un paio d’ore ed era ancora stanco, ma felice di essere sveglio per
godere del calore cullante del corpo accoccolato contro il suo e della
sensazione del suo respiro contro la spalla.
Era stato un errore;
un orribile, grave errore per il quale avrebbe pagato per il resto della vita.
Aveva sbagliato a portare a letto quella ragazza – quella vulnerabile e giovane
donna dal cuore spezzato e non da un solo uomo, ma da molteplici esperienze
negative.
Era qualcosa di sbagliato, immorale e profondamente perverso.
Kakashi era sveglio
da ormai quasi un’ora a riflettere sulla situazione, attendendo il senso di
colpa che l’avrebbe consumato completamente.
Ma sembrava non voler
affatto travolgerlo, sebbene si sforzasse di sentirsi almeno minimamente in colpa.
Dopotutto, era
complicato pentirsi di una meravigliosa notte di passione trascorsa con una
bellissima ragazza le cui reazioni erano state così ardenti e forti: come
avevano potuto definirla “frigida”? Aveva solo bisogno di qualche attenzione in
più, ma il suo corpo stava al piacere come un pesce sta all’acqua. Era ormai
diventato il suo diletto imparare ogni reazione di quel corpo, capire come
farla tremare o gemere ed insegnarle a fare lo stesso con lui. Si era
dimostrata un’apprendista capace non solo riguardo ai genjutsu...
Eppure, non capiva
cosa lo attraeva di lei oltre ciò: Sakura non era affatto il tipo di donna che
era solito portarsi a letto. Preferiva le donne mature – abbastanza vissute da
sapere che c’è sempre un nuovo amore dietro l’angolo, per alleviare il dolore
lasciato dal precedente. Le giovani donne con ancora sogni ed aspettative non
facevano per lui; le vergini, poi, erano completamente off-limits.
Sakura era uno strano
mix di tutto ciò: era giovane e molto inesperta sotto certi aspetti, ma
stranamente competente in altri. Era sul punto di rinunciare a quel tipo di
aspettative romantiche per diventare una di quelle donne stanche.
E per qualche assurdo
motivo non poteva sopportarlo.
Non gli era sfuggito
il fatto che Sakura sorridesse molto meno nell’ultimo periodo, ma quella notte
aveva ripreso vita: aveva sorriso, aveva riso e nei suoi occhi era tornata una
scintilla che Kakashi non aveva mai notato, prima che scomparisse.
Sakura si mosse
contro di lui, inspirando profondamente ed espirando lentamente, mentre una
mano vagava assonnata sul suo petto.
Un sorriso malizioso le incurvò le labbra.
«Sei sveglia?»
sussurrò.
La mano si fermò. «Se
dico di sì farai di nuovo l’amore con me?» gracchiò, lasciando trapelare nel tono
della voce il sonno mancato.
«Sì» rispose
semplicemente, sentendo il corpo reagire al solo pensiero.
«Bene, perché sono
c-completamente...» si interruppe per sbadigliare. «Completamente sveglia».
Non era di certo la
frase più convincente che avesse mai sentito, ma non aveva intenzione di
discutere. Si scostò da lei per prendere un altro preservativo dal cassetto del
comodino, ma tornò rapidamente a letto e la fece voltare in modo che la schiena
di lei premesse contro il suo petto. «Solleva il ginocchio» mormorò tra i suoi
capelli, per poi aiutarla a poggiare la gamba destra dietro la sua.
Con una lenta e cauta
spinta penetrò completamente lo stretto, accogliente e caldo corpo. La sentì
sussultare nuovamente ed aggrapparsi al braccio che Kakashi teneva stretto
intorno alla sua vita, come se non lo avessero già fatto tre volte quella
notte; quella volta, però, non c’era bisogno di affrettarsi. Sakura sembrava
soddisfatta dal lento ondeggiare dei loro fianchi, il loro sangue bolliva a
fuoco lento, in modo piacevole ma non impegnativo: quello era sicuramente il
miglior modo di svegliarsi.
«Ti fa uno strano
effetto?» le chiese dolcemente, carezzandole una spalla.
«No, è stupendo»
sospirò lei, dandogli l’impressione di essere sul punto di ritornare in un
bellissimo sogno.
«Sei davvero bravo».
«Carino da parte tua,
ma non è ciò che intendevo» mormorò. «Ti fa uno strano effetto farlo con me?»
Gli occhi di Sakura
si dischiusero lentamente ed esitò per un solo istante prima di portare una
mano tra i capelli di Kakashi per accarezzarli dolcemente. «Un po’» ammise. «Ma
non in cattivo senso... È solo un senso strano di strano. Strano, eh?»
«Molto strano»
concordò lui, mordicchiandole un lobo.
«Sei sicuro che non
sono sotto qualche tipo di genjutsu?» chiese Sakura. «Ho fatto sesso altre
volte, ma non è mai stato così».
«Sakura, mi farai
arrossire» scherzò, per poi dare una spinta violenta solo per il gusto di
sentirla gemere tra le sue braccia. Era ovvio che quello fosse il miglior sesso
che avesse mai fatto: non aveva passato venti lunghi anni a leggere Icha Icha per nulla, mentre tutti i Neanderthal con cui era
stata prima erano nient’altro che shinobi narcisisti che puzzavano ancora di
latte. Non gli occorreva compiere chissà quale sforzo per mettere a ridicolo
qualunque uomo avesse avuto prima di lui.
Ma ciò non significa
che le avrebbe dato meno del suo massimo, perché anche se si basava tutto sul
dimostrarle che c’era molto di più dell’aspettare il principe azzurro,
egoisticamente sapeva di voler surclassare anche chiunque avesse avuto dopo di
lui.
Voleva restare per lei il traguardo da raggiungere, un sogno erotico fatto
realtà.
Sperava, desiderava, pretendeva che avesse continuato a pensare a lui ogni
volta che si fosse trovata nel letto di un uomo, per il resto della vita, anche
se si fosse sposata ed avesse avuto dei nipoti.
«Cosa diremo agli
altri?» mormorò lei, stringendo le dita intorno alle sue, poggiate sul ventre.
«Non glielo diciamo»
rispose semplicemente, sperando che capisse.
Sakura restò in
silenzio a lungo. «Quindi non lo diciamo a nessuno?»
«Se vuoi fallo»
sospirò. «Ma credi davvero che qualcuno capirà? La gente penserà che mi sono
approfittato di te, in qualche modo».
«Tu ti stai approfittando di me» scattò.
«Solo perché tu vuoi
che lo faccia» le disse, muovendo i fianchi più velocemente contro di lei.
«Quindi è un
segreto?» chiese, con il respiro sempre più pesante.
«È una tua scelta».
Sakura sembrò non
avere più fiato per rispondere e Kakashi presto si rese conto che il bisogno di
concludere era impellente. Con uno scatto rapido la portò sotto di sé ancora di
schiena e la colpì con una serie di spinte violente, che costrinsero Sakura a
soffocare i gemiti nel cuscino. Allungò una mano in sua direzione per cercarlo
e Kakashi la strinse forte, mentre ogni muscolo di Sakura si stringeva e
contraeva intorno a lui.
Lo trascinò al
limite, persuadendolo con ogni violenta reazione del suo corpo; venne anche lui
con un gemito rauco, spingendo ancora in lei con ritmo spezzato, stringendole i
fianchi così forte da lasciarle dei segni, ma Sakura era tutt’altro che una
creatura delicata: continuava a gemere incoraggiandolo, premendo i fianchi
contro i suoi ed accettandolo completamente, mentre il pulsare persistente del
suo orgasmo svaniva lentamente.
Si ripresero dopo molto
tempo: Kakashi si staccò da lei letargicamente e si sdraiò di schiena, Sakura
si poggiò su di lui per un dolce bacio riconoscente a fior di labbra, che lo
portò a chiedersi da dove prendesse la forza per muoversi dopo l’ultimo
amplesso. Ah, gioventù...
«Oggi ho la
revisione» gli disse, strofinando una guancia contro la sua spalla.
«Mmh» non aveva
ancora ripreso fiato abbastanza da dire altro.
«Se mi promuovessero,
le cose sarebbero diverse, vero? Non saremmo più un’allieva e il suo maestro,
saremmo entrambi jonin. Le persone lo accetterebbero, no?»
Ah, ingenuità...
«Sakura, non farti
troppe illusioni» l’avvisò vago.
«Lo so... Lo so...»
sospirò. «Probabilmente non mi promuoveranno nemmeno...»
Kakashi non rispose.
«Questo è il momento in
cui dovresti dirmi “credo in te, Sakura, sono sicuro che ce la farai” o
qualcosa del genere» disse, brusca.
«Beh, forse c’è
qualcosa che dovresti sapere...»
Sakura sospirò
sonoramente. «Lascia perdere».
Cambiò rapidamente argomento e si tese per pizzicargli la pancia in modo
audace, un modo che lo intrigava... tra le tante cose. «Ti perdono» disse poi.
«Se rifai quella cosa».
«Ci sto» concordò
lui, sigillando il patto con un bacio lungo e passionale.
Da quel momento in poi non ci fu più nulla di cui
discutere.
«Sei incinta?»
Sakura alzò lo
sguardo dagli appunti di lavoro e rivolse ad Ino lo stesso sorriso sognante che
aveva avuto per tutta la mattinata. «No, cosa ti salta in mente?» chiese.
Ino – che quella
mattina sembrava avercela col mondo – scrutava Sakura dall’altro lato della
scrivania, con la stessa espressione con cui si guarda un lebbroso. «Sei
raggiante. È fastidioso, smettila».
«Scusa» rispose
indifferente, per poi tornare sui fogli di carta, canticchiando.
Ino picchiettò
furiosamente la penna sul piano di lavoro. «È successo qualcosa la notte
scorsa, vero?»
Sakura smise di
canticchiare e deglutì: doveva soppesare bene le parole con la regina del
gossip di Konoha, che poteva sentire l’odore di scandalo nell’aria meglio di
quanto Akamaru fiutasse l’odore dei biscotti. «Che intendi?» chiese, con
nonchalance. «Sono solo di buon umore. Oggi ho la revisione ed ho un buon
presentimento a riguardo».
«Stronzate» scattò
Ino. «Ogni volta che hai una revisione sei sempre ipertesa, a prescindere delle
chance che hai di passare. O ti sei drogata, o c’è qualcosa che ti distrae – e
dev’essere qualcosa di grosso, se ti può far passare l’ansia da revisione
semestrale».
«Se mi promuovono,
bene – altrimenti, pace» disse Sakura, scrollando le spalle. «Non ne faccio un
dramma».
«Oddio, ti sei
drogata!» sibilò Ino. «Chi è il tuo spacciatore? La voglio anch’io».
L’occhiataccia che
Sakura le rivolse avrebbe potuto perforare una montagna.
«Lo sapevo: è
sicuramente un uomo» concluse Ino.
Sakura perse
completamente le staffe. «Oh, per te gira tutto intorno agli uomini! La mia
felicità non dipende dal genere maschile come la tua! Siamo kunoichi, non
abbiamo bisogno di un uomo per essere soddisfatte! Se sono di buon umore non è
di certo per un – smettila di guardarmi
così!»
«Così come?» chiese,
colpevole. «Non sono stupida, Sakura. Sei stata depressa per giorni e
all’improvviso ritrovi la pace interiore nel giro di una notte? Come se non
bastasse, proprio nel giorno in cui dovresti essere un fascio di nervi. È
successo qualcosa, e scommetto la mia tessera di Typhoon
che ha a che fare con chi ti ha regalato quell’abito di Suzuki».
Sakura serrò le
labbra, determinata a non dire nulla che potesse essere usato contro di lei.
Ma ottenne l’effetto
contrario: un sorriso trionfante piegò le labbra di Ino, dandole l’espressione
di un gatto che ha messo all’angolo un topo. «Capisco. Non so perché tu faccia
tanto la misteriosa a riguardo, Sakura, ma sono sicura che chiunque sia il tuo sugar-daddy, ti ha fatto passare una notte da sogno. E
fattelo dire, era ora».
Sakura pensò
seriamente di strangolarla con lo stetoscopio, ma sarebbe stato un tantino esagerato. «Non sono
affari tuoi, porcellino» tagliò corto, cercando di mantenere un tono neutro.
«Lo so, fronte
spaziosa» replicò l’amica. «Ma farò di
tutto per scoprire chi è quest’uomo misterioso. Fidati, non ho di meglio da
fare. E poi scoprirò se ha un fratello – e in caso contrario: al diavolo, te lo
ruberò».
Sakura si accigliò,
ma non per la minaccia di Ino: sapeva che non c’era verso per lei di portare via
Kakashi da qualunque donna; ciò che la impensieriva realmente era il fatto che
– se Ino avesse scoperto davvero chi fosse il suo “sugar-daddy”
– la sua reazione sarebbe stata di
disgusto e non di invidia, ed il suo primo pensiero sarebbe stato quello di
andarlo a dire in giro, piuttosto che provare a portarglielo via.
Ammesso che riuscisse
a scoprirlo.
Quanto sarebbe potuta
durare la sua tresca con Kakashi? Per quanto ne sapeva, poteva essere già
finita... E dopotutto, Sakura era un ninja sulla soglia della promozione a
jonin, avrebbe potuto – eventualmente – mantenere il segreto fino ad allora.
Rivolse
all’amica/rivale un altro sorriso radioso, conscia del fatto che avrebbe
contribuito ad innervosirla oltre ogni limite. «Fa’ come vuoi, Ino».
Ma nemmeno quel breve
battibecco le avrebbe spento l’umore: dopotutto, le risultava davvero difficile
essere nervosa in un giorno cominciato in modo così piacevole: tra le braccia
calde e profumate di un uomo meraviglioso; lo stesso che si era lamentato, tra
veglia e sonno, quando si era alzata di fretta per rivestirsi e andare a
lavoro.
A Kakashi di certo
non importava del ritardo, ed aveva anche trovato il modo di far disinteressare
anche lei; ragion per cui quella mattina era arrivata in ufficio con oltre
un’ora di ritardo. E ci era andata anche con un sorrisetto stampato in faccia;
certo, un po’ stanca, ma sicuramente di buon umore. Si sentiva come se la notte
precedente avesse scoperto qualcosa di meraviglioso, che poteva tenere solo per
sé.
Aveva temuto che Kakashi
fosse pentito, che l’avesse svegliata per dirle che era stato un errore da non
ricommettere, ma anche se non si erano organizzati per passare un’altra notte
insieme, il suo atteggiamento non esprimeva affatto pentimento; dopotutto, un
uomo pentito di una notte d’amore con una ragazza, non la prende contro la
testata del letto appena sveglio...
Ma aveva comunque
notato qualcosa di strano in lui: lo sguardo leggermente perso che le aveva
rivolto mentre si vestiva per uscire, quella mattina, l’aveva portata a
chiedersi se avesse qualche tipo di rimorso o preoccupazione; ma poi l’aveva
baciata sulle labbra prima che uscisse, dissipando ogni dubbio. Forse i suoi
pensieri erano solamente di natura lavorativa.
Quando l’orologio
scoccò le tre in punto, Sakura si incamminò verso l’Accademia, dove si sarebbe
tenuta la prova semestrale. Era in anticipo di dieci minuti, quindi non si
affrettò a raggiungere il terzo piano, sul quale si trovò di fronte ad una fila
di chūnin in ansia contro il muro del corridoio.
«Sei in ritardo!»
Sakura sobbalzò al
sentire la voce tesa di Kotetsu, che la indicava con una penna. Aveva tra le
mani una pila di appunti, mentre una ragazza – che poteva avere all’incirca
l’età di Sakura – piangeva disperata sulla sua spalla.
«Non è vero» gli rispose,
secca.
«Haruno Sakura,
giusto?» le chiese, dando un’occhiata alla cartellina, cercando stoicamente di
ignorare i singhiozzi della giovane poggiata a lui. «Sei stata chiamata cinque
minuti fa e non eri presente».
«Ma la mia prova è
alle tre e un quarto» argomentò. «Sono solo le tre e dieci».
«Già, ma gli
esaminatori sono piuttosto rapidi quest’anno. Va’ a metterti in fila, per
favore. Sei la prossima».
Sconcertata, Sakura
seguì l’ordine scavalcando il resto dei candidati per occupare il primo posto.
Poteva leggere negli occhi dei presenti l’esaurimento nervoso dal quale
sembravano sopraffatti; dall’altro lato del corridoio, c’erano i chūnin
già esaminati e sembravano tutti sotto shock: alcuni di loro fissavano la
parete con sguardo assente, altri invece singhiozzavano silenziosamente seduti
sul pavimento.
Sakura prese
posizione davanti ad Hinata. «Che succede?» mormorò, col timore di alzare la
voce in quello che sembrava essere “Il Corridoio dei Dannati”.
«Sono gli
esaminatori» sussurrò frettolosamente l’amica. «Dicono che siano tutti ANBU
quest’anno, e c’è perfino quello della squadra di tortura e interrogatorio...
Credo di non sentirmi bene, voglio andare a casa».
«Non puoi sbirciare
con il Byakugan?» chiese Sakura.
Hinata fissò la porta
dell’ufficio e si concentrò. «So solo che sono due uomini ed una donna. È dell’uomo a sinistra che dobbiamo
preoccuparci, e credo proprio sia Ibiki. Vai prima di me?»
«Sì».
«Grazie a dio...»
Hinata sembrava voler svenire. «Oh, ecco che arriva».
La porta si spalancò
e ne uscì un ragazzo pallido e visibilmente scosso. Alle sue spalle, Izumo fece
cenno a Sakura di avvicinarsi. «Sei la prossima».
La brusca ondata di
terrore che travolse Sakura rischiò di inchiodarla al suolo: stava davvero per compiere la sua prova semestrale!
Era stata serena e di buon’umore per tutto il giorno grazie a Kakashi,
completamente incurante del fatto che le prove fossero tremendamente snervanti.
Si sentiva come un’ubriaca che torna improvvisamente ad essere sobria per poi
trovarsi sull’orlo di un precipizio e chiedersi come diavolo si trovasse lì.
Si riscosse con un
profondo respiro con la pura forza di volontà e, dopo aver lanciato uno sguardo
disperato ad Hinata, seguì Izumo nella stanza.
Tutti i banchi e le
sedie erano impilati contro i muri; ne restava uno solo al centro della stanza,
dietro al quale sedevano tre persone, con davanti ciascuno un fascicolo di
appunti, un bicchiere di plastica ed una brocca d’acqua. La donna al centro era
Kurenai, che sorrise gentile quando vide Sakura.
L’uomo alla sua destra era il temuto Ibiki, lo specialista delle torture, che
la guardava con lo stesso disinteresse che aveva sicuramente rivolto a
chiunque, quel giorno.
L’uomo a sinistra,
quello dal quale Hinata l’aveva messa in guardia, quello che pareva essere il
responsabile della pozzanghera di lacrime accumulata in corridoio, altri non
era che Hatake Kakashi.
Lo stomaco di Sakura
si accartocciò, mentre il suo intero corpo si congelava sul posto.
Stravaccato sulla seduta,
la osservava con lo stesso sguardo indifferente di Ibiki. Giocherellava
distrattamente con un bicchiere di plastica che aveva infilzato con una penna.
Sembrava annoiato, impaziente, come se avesse preferito essere altrove.
«Bene» esordì, apatico. «Cominciamo?»
«Ci scambiamo i
posti?»
«No, grazie».
«Oh, ti prego!»
«Davvero, no».
Hinata prese a
mordicchiare l’unghia del pollice in ansia: nessuno voleva sostituirla come
prima della fila. Era in trappola, ma doveva essere coraggiosa: se Naruto fosse
stato lì, di certo non si sarebbe tirato indietro; anzi, probabilmente sarebbe
andato su e giù per il corridoio chiedendo di poter essere il primo per
dimostrare agli esaminatori di cos’era capace.
Hinata, data la stima profonda che sentiva nei suoi confronti, non poteva essere
da meno.
Sbirciando attraverso
la porta, cercava di capire come se la stesse cavando Sakura: la vedeva in
piedi di fronte agli esaminatori, con il cuore che batteva più forte di
chiunque fosse stato lì prima di lei. Hinata si chiese se se la stesse cavando
peggio degli altri esaminati, o se fosse più nervosa di quanto volesse dare a
vedere.
Qualcosa, però, la
impensieriva: Sakura non era l’unica con un battito cardiaco irregolare, in
quella stanza. Il cuore dell’esaminatore a sinistra, che era rimasto impassibile
come un sasso con ogni chūnin esaminato fino a quel momento, batteva forte
quasi quanto quello di Sakura.
Dopo qualche istante,
la vide avvicinarsi all’uscita; il flusso del suo chakra scorreva in modo del
tutto irregolare. Hinata sobbalzò e disattivò il Byakugan giusto un attimo
prima che la compagna si sbattesse alle spalle la porta con una forza tale da
far zittire chiunque in quel corridoio. Poi la vide sparire oltre l’angolo con
una rabbia impressionante negli occhi, lasciando dietro di sé una scia di
silenzio tombale.
Anche quando fu ormai
lontana, il corridoio restò muto.
Qualcuno tossì
sull’uscio dell’ufficio. «Tocca a te» la informò Izumo, a bassa voce.
«Oh» Hinata arrossì e
sgattaiolò nella stanza.
Presa dalla
curiosità, rivolse subito lo sguardo a sinistra per scoprire chi fosse il
terribile e misterioso esaminatore, per poi restare profondamente sorpresa nel
constatare che fosse proprio il sensei di Sakura. Questo, forse, spiegava le
palpitazioni accelerate...
Poi notò la sua
stessa maestra al centro del banco e un moto di sollievo le rilassò le spalle,
specialmente quando Kurenai le sorrise.
«Ah, Hinata» le si
rivolse gentile. «Come stai?»
«Sto bene, grazie,
sensei» rispose, leggermente intimorita dalle altre due figure. «Uhm... Posso
chiedere se... S-se Sakura è stata rimandata?»
Sia Ibiki che Kurenai
rivolsero un’occhiata a Kakashi, il quale sembrava troppo perso a guardare
oltre la finestra per accorgersene; la penna che aveva tra le mani picchiettava
su una numerosa pila di bicchieri di plastica fatti a pezzi.
Kurenai riportò lo sguardo su Hinata, rivolgendole
un sorriso tirato. «Non preoccupiamoci di questo ora, mh?»
Sakura vagava senza
meta, incapace di restare ferma. Non voleva andare a casa, né a lavoro, né
voleva parlare con nessuno, quindi continuava a camminare.
Fece due volte il
giro del mercato rionale prima di rendersi conto di quanto stupido fosse il suo
comportamento e si fermò sul ponte; lo stesso ponte sul quale incontrava i suoi
compagni di team per aspettare Kakashi prima di partire in missione. L’uscita
est l’avrebbe portata a casa, il lato ovest invece l’avrebbe condotta di nuovo
verso il centro del villaggio, ma nessuna delle due proposte l’allettava.
Preferì lasciarsi cadere contro la ringhiera metallica per concentrarsi sul
flusso dell’acqua sottostante.
Come aveva potuto
essere così stupida?
Di tutti i lati
negativi che avrebbe comportato l’andare a letto con il suo maestro, quello era
l’unico che non aveva considerato. Chiunque avrebbe potuto pensare che dormire
con un proprio superiore potesse portare agevolazioni lavorative, non il
contrario. Ovviamente, quello non era mai stato l’obbiettivo di Sakura, ma di
sicuro avrebbe preferito una piccola preferenza in confronto all’esatto
opposto. Solo qualche giorno prima Kakashi le aveva insegnato nuovi jutsu e le
aveva dato la speranza di poter essere promossa; ora, dopo la notte passata, i
suoi standard sembravano essere completamente mutati e non bisognava essere un
genio per capire perché.
«Sakura-chan...»
Sakura si affrettò a
scacciare via una lacrima dalla guancia prima di voltarsi verso Naruto, che se
ne stava immobile alle sue spalle. Incrociando il suo sguardo, percepì
preoccupazione mista ad una vena insopportabile di compassione. Sakura, dal
canto suo, fu travolta da un improvviso senso di colpa: sentiva di averlo
tradito, in qualche modo.
Le avrebbe rivolto quello sguardo carico
di rammarico, se avesse saputo quello che aveva fatto con Kakashi la notte
precedente?
Distolse lo sguardo,
poggiando la fronte contro uno dei pilastri in legno che sorreggevano il ponte.
«Va’ via, Naruto» borbottò.
«Ho saputo
dell’esame, da Hinata...»
«Non voglio parlarne
ora» lo ammonì.
«Non sono in molti ad
essere stati promossi, non dovresti sentirti delusa».
«E tu?» chiese.
Quando non sentì la
risposta arrivare, si voltò di nuovo a fronteggiarlo. « Tu sei stato promosso?»
Naruto abbassò lo
sguardo, a disagio. «Anche Sasuke...»
Dalla padella alla
brace: Sakura sentì il mondo precipitare per un istante e si poggiò ancora
contro il pilastro per sorreggersi.
«Ma questo non
significa che siamo jonin ora» le disse, per sollevarla. «Siamo solo stati
raccomandati per la promozione, probabilmente non la otterremo comunque...»
Un Naruto pessimista
non è un Naruto sincero: lo conosceva abbastanza da sapere che avrebbe voluto
saltare di gioia e urlare al mondo che avrebbe lasciato di stucco i prossimi
esaminatori; l’unica cosa che gli impediva di farlo era il fatto che fosse
sensibile abbastanza da notare che Sakura fosse stata lasciata indietro.
«Non sei d’aiuto»
confessò. «Lasciami sola, Naruto».
«Mi dispiace...»
Sembrò voler
aggiungere altro, ma esitò e dopo poco Sakura sentì i suoi passi allontanarsi
sulle travi del ponte. Ancora una volta si ritrovò sola, e si chiese se non
fosse destinata ad esserlo.
Seppure qualcuno
avesse notato la strana ragazza seduta in mezzo al ponte, non se ne sarebbe
accorta. Dozzine di passi avevano calpestato lo spazio alle sue spalle, così
tanti che Sakura aveva perso il conto insieme alla cognizione del tempo, ma
nessuno di quegli estranei passanti aveva deviato il proprio percorso per
avvicinarsi a lei.
Era isolata, sebbene in mezzo al caos cittadino: il corso dei suoi pensieri
fluiva a ritmo delle acque del fiume, completamente estraneo allo scorrere del
mondo.
Finché non arrivò
Kakashi.
Era troppo assorta in
sé per accorgersi che le si fosse avvicinato, né lo percepì quando si
accovacciò accanto a lei.
«Hey, Sakura».
Presa alla sprovvista,
drizzò la schiena in un istante e si voltò verso di lui. La colpevolezza che
gli lesse in faccia fu abbastanza da convincerla che la sua rabbia fosse
perfettamente giustificata, quindi non esitò a scattare in piedi per
allontanarsi.
«Possiamo parlare?»
le chiese, raggiungendola.
Sakura si voltò di
scatto con l’intenzione di mandarlo a quel paese, ma il movimento rapido la
fece sbattere contro il petto dell’uomo, ancora una volta più vicino di quanto
pensasse.
«Ho bisogno di
parlarti» le disse, ragionevolmente.
«Cosa c’è da dire?!»
strillò. «Mi hai rimandata perché sei uno stronzo che non riesce a distinguere
la vita privata da quella professionale».
Kakashi alzò un dito.
«Ecco, vedi, questo è proprio quello di cui dobbiamo parlare».
«Bene» rispose lei,
mantenendo lo stesso tono astioso mentre portava i pugni ai fianchi. «Spiegami
perché sembravi così propenso a promuovermi ieri, per poi cambiare idea
dopo aver passato la notte insieme».
Non si era premurata
di tenere bassa la voce, e con la coda dell’occhio notò una passante voltarsi
verso di loro; non le importava: non conosceva quella donna né le interessava
ciò che avrebbe pensato di loro.
Ma evidentemente a
Kakashi importava eccome. «Che ne dici di andare in un luogo più appartato?»
«Già, non possiamo
permettere che si venga a sapere che ti
scopi la tua allieva».
Un altro paio di
teste si voltarono e Kakashi si accigliò. «Per favore» le disse, calmo. «Voglio
solo parlare».
Le porse una mano, ma
Sakura roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto.
«Non ho intenzione di seguirti in un posto in cui nessuno può sentirmi se
urlo».
«Bene allora».
Districò una delle
sue mani e cominciò a trascinarla di peso e a Sakura non restò altra scelta se
non seguirlo: la condusse verso il delimitare del ponte e poi giù per la
discesa erbosa, fino a quando non si trovarono sulle sponde del fiume, proprio
sotto alla struttura. Alle loro spalle, il placido andare dell’acqua; sulle
loro teste, il suono ovattato del viavai dei passanti: erano praticamente
isolati.
Sakura svincolò la
propria mano dalla stretta di Kakashi e gli rivolse un’occhiata gelida.
«Allora?» chiese, retorica. «Sarà meglio che tu abbia un’ottima motivazione per
la quale dovrei continuare a rivolgerti la parola».
«Sei arrabbiata con
me» notò, tristemente.
«Questo spiega
perfettamente perché abbiano promosso te,
a tempo debito!» scattò.
«Mi dispiace, Sakura.
Mi dispiace davvero» sospirò lui.
Dannazione!
Si era ripromessa di non piangere, ma un nodo le attanagliava la gola e gli
occhi le pizzicavano; e quando parlò, la voce era rotta dal suo tentativo di
trattenere i singhiozzi. «Perché non me l’hai detto?» chiese, a denti stretti.
«Perché non mi hai detto che saresti stato uno degli esaminatori?»
«Perché non mi è
permesso» le confessò. «Ed era troppo tardi per rinunciare».
«E temevi di destare
sospetti promuovendomi, vero?»
«Credici o no,
Sakura, ma non ho mai avuto intenzione di promuoverti: ciò che c’è stato la
notte scorsa tra di noi non ha niente a che fare con questo».
Sakura sbarrò gli
occhi: aveva considerato quella possibilità... ma non aveva voluto
soffermarcisi; era stato più semplice convincersi del fatto che il giudizio di
Kakashi fosse stato influenzato dalla loro nuova posizione, e che la sua
bocciatura non dipendesse da una sua eventuale mancanza.
Perché faceva più
male sapersi inadatta, che sopportare un’ingiustizia.
«Cosa?» sussurrò, più
a sé che a lui. «Perché?»
Kakashi sospirò
amareggiato. «Durante l’ultima missione hai dimostrato un serio problema con la
catena di comando. Hai disobbedito ad un ordine, ti sei gravemente ferita e
avresti potuto perdere la vita».
«Ho detto che mi
dispiace–»
«Il tuo dispiacere
non cambia ciò che hai fatto. Oltre ciò, hai rischiato di inciampare in un nido
di vespe perché eri troppo occupata a guardarmi il culo per prestare attenzione
a ciò che stavi facendo».
Sakura spalancò la
bocca per lo stupore e l’affronto. «Ma– non è giusto– ho solo–»
«Sakura, che razza di
maestro sarei stato se ti avessi promossa? Le responsabilità di un jonin sono
tremende. L’ultima volta ti è andata bene solo perché avevi qualcuno a
guardarti le spalle. Ma quando sei un jonin, hai solo te stesso. Non avrei
potuto promuoverti solo per farti felice, correndo il rischio di mettere a
repentaglio la tua vita o quella dei tuoi subordinati. Fidati, essere
responsabile per la morte di qualcuno che dipende da te non è qualcosa che si
supera facilmente. E non credere che accada difficilmente, perché non è così:
può succedere a tutti. Non ho intenzione di buttarti in quell’inferno prima di
essere più che sicuro che tu sia pronta.»
«Quindi credi davvero
che sono inutile?»
«Non l’ho mai
pensato. Hai il potenziale per diventare addirittura migliore di me, un
giorno».
Sakura lo fissò.
«Davvero?»
«Beh... forse.
Probabilmente no. Ma sei sicuramente sopra la media».
«Ti pareva» borbottò.
«E suppongo che Naruto e Sasuke siano perfetti potenziali jonin, a differenza
mia, dato che hai promosso loro e non me».
Kakashi rilassò le
spalle. «Non ho promosso nemmeno loro».
«E allora perché–»
«Perché gli altri due
esaminatori mi hanno scavalcato. Se tu fossi stato un uomo, probabilmente Ibiki
avrebbe fatto passare anche te. Io non ho promosso nessuno oggi...»
Questo di certo
cambiava le cose, ma... «Se eri già deciso a rimandarmi, perché mi hai
insegnato quei jutsu?»
«Perché a prescindere
dal tuo grado, quei jutsu ti torneranno utili. Non ti negherei mai un favore».
Le cose non stavano
affatto andando come voleva. Sakura voleva che Kakashi si sentisse colpevole e
che la pregasse di perdonarlo, non che le fornisse delle spiegazioni razionali
e ragionevoli che levigavano la sua rabbia.
Gli diede le spalle e prese a mordicchiare le unghie in agitazione.
Un pesante silenzio
incombette su di loro, disturbato solo dallo scrosciare dell’acqua e dalle risa
dei bambini che correvano sul ponte. Una calda carezza raggiunse la spalla di
Sakura, mentre un dito ripercorreva le linee del suo orecchio: fu percossa da
un forte tremito.
Si scostò ancora,
voltandosi ad affrontarlo. «Credo che la notte scorsa abbiamo commesso un
grosso errore» disse, pacata.
Kakashi la guardò
sorpreso. «Lo dici solo perché sei arrabbiata».
«No, lo dico perché
mi sento in colpa» mormorò,
abbracciandosi. «Ho parlato con Naruto prima e... Kakashi-sensei, lo feriremmo
troppo se venisse a saperlo. E Ino sospetta qualcosa ed ormai la sua missione
di vita è scoprire chi sei. Forse è meglio se dimentichiamo quello che c’è
stato prima che qualcuno si faccia male. Indugiare sarebbe... egoistico».
«Sono una persona
molto egoista in effetti» osservò, piatto.
«Sì, l’ho notato».
Kakashi fece un passo
avanti e lei ne fece uno indietro, incappando in uno dei pilastri del ponte.
Sembrò divertito dalla sua reazione e si bloccò, alzando le mani. «Non voglio
farti del male».
«No, lo so...»
Sakura si agitò,
chiedendosi se fosse troppo palese scostarsi dal pilastro per continuare ad
indietreggiare. «È solo che non credo più che sia appropriato».
«Sakura» chiamò lui
persuasivo, carezzandole una guancia. «Non ti è piaciuta la notte scorsa?»
Sakura quasi si sciolse
al suo tocco: aveva la bocca secca e tentava di guardare ovunque tranne che di
fronte a sé, fissando lo sguardo oltre la spalla di Kakashi, verso la discesa
erbosa.
«Perché vuoi
rinunciare così facilmente?»
Sakura deglutì
sonoramente. «Mi hai fatto davvero male, oggi...»
«Posso sistemare le
cose».
Gli occhi si mossero
per incrociare i suoi, e Kakashi gelò sotto la ferocia del suo sguardo. «Se
credi davvero di potermi persuadere facendomi dimenticare tutto con il sesso,
ritenta».
«Non mi sognerei di
smussare la tua rabbia così. È comprensibile, la rispetto...» Ma le stava
ancora accarezzando la guancia mentre parlava, e per quanto lei volesse
schiaffeggiare la sua mano per allontanarlo, Kakashi era già riuscito a
scioglierla; la sensazione che provava in quel momento era sicuramente più
piacevole della rabbia.
Le si avvicinò
ancora, ma Sakura scansò il viso, non volendogli concedere la sottomissione.
Le labbra di Kakashi
le sfioravano l’orecchio. «Non volevo farti del male».
Sakura strinse i
denti con rabbia.
«Ma non potevo
proprio dirtelo prima, saresti stata squalificata...»
Ancora una volta, si
trovò a serrare gli occhi per placarsi: parte di lei voleva che andasse via,
che la lasciasse sola; l’altra sua metà gli chiedeva disperatamente di
avvicinarsi per far combaciare i loro corpi.
«Sei ancora una delle
migliori kunoichi che io abbia mai avuto il piacere di conoscere. E sicuramente
la più sexy».
Sbuffò, cinica: non
era di certo così ingenua da lasciarsi andare per una frase sdolcinata. «Sono
abbastanza sicura che lo dici a tutte le ragazze che ti scopi. La settimana
scorsa avevi una relazione clandestina con una donna sposata; qualche notte fa
ti sei fatto una chūnin sul retro di un bar e tra qualche giorno
sicuramente propinerai una frase del genere ad un’altra donna».
«È possibile»
concordò. «Non ho un’agenda precisa».
«Non mi sorprenderei
se l’avessi» borbottò. «Lunedì: farsi la donna sposata; martedì: sedurre
l’allieva; mercoledì: portare fuori i rifiuti».
«Sono abbastanza
sicuro che sia stata tu a sedurre me»
le fece notare.
«Riscriviamo la
storia, adesso?»
«Beh, non la smettevi
di parlare delle tue mutandine...»
«Solo perché mi
costringevi a farlo».
«Non ho fatto nulla
del genere; ma parlando di mutandine: quali hai messo oggi?»
Le mani di Kakashi si avvicinarono ai suoi fianchi, percorrendo l’orlo della
sua gonna. Quel giorno indossava gli abiti da civile e non la divisa da
kunoichi, quindi Kakashi avrebbe solo dovuto sollevarle l’indumento per
ottenere una risposta.
«Non pensi ad altro
che l’intimo. Qualcuno dovrebbe procurarti una seduta con un professionista».
Seppure non lo assecondasse a parole, non stava facendo nulla per fermare le
mani che si intrufolarono sotto i suoi vestiti per accarezzarle i fianchi nudi,
ma Sakura restava immobile con le braccia incrociate e il viso voltato, come a
volerlo ignorare.
Perché lei voleva ignorarlo e punirlo
per aver infranto le sue speranze, ma d’altro canto non voleva nemmeno che
smettesse di toccarla.
«Cotone» mormorò
Kakashi al suo orecchio, mentre le dita scostavano l’elastico che le poggiava
sul sedere, per poi palpare la pelle in un modo che le fece sentire le
ginocchia tremare. «Con una stampa sul culo...»
«Probabilmente c’è
scritto che puoi baciarmelo» punzecchiò, seccata.
«Proposta invitante,
ma credo siano quelle con il simbolo femminile che punta al tuo–»
«Ricordami di
chiudere a chiave il cassetto della biancheria. Ci stai familiarizzando
troppo». Ciò nonostante, sorrise tra sé.
«Era un sorriso
quello?»
«No» si accigliò.
«Credo proprio fosse
un sorriso».
«Non lo era» protestò
ancora. «E questa tattica noiosa funziona solo con i bambini».
«Sicura? Giurerei di
averti vista sorridere».
«Smettila».
Ma le sue stesse labbra la tradirono e, contro la sua volontà, si piegarono in
un accenno di un sorriso.
«Ah, eccolo di
nuovo...» constatò, contento. «Mi manca il tuo sorriso, quando sparisce. Non
credevo fosse possibile, mai sei addirittura dieci volte più carina quando
sorridi».
E per provarle quanto
irresistibile fosse quell’espressione – che era incastrata a metà tra un
sorriso ed un cipiglio – insinuò un dito nella maschera per abbassarla e le
rubò un bacio.
Sakura non voleva
ricambiarlo, all’inizio, infelice di come quell’uomo potesse darle uno dei più
grandi dispiaceri della sua vita e nonostante tutto riuscire a sottometterla in
un paio d’ore; ma Kakashi era così caldo... ed aveva un profumo così buono... E
Sakura era sicura che fosse molto più piacevole accettare il suo bacio
piuttosto che allontanarlo ancora.
Quindi impiegò solo
una manciata di attimi prima di portare le mani dietro la sua nuca e mettersi
in punta di piedi per assecondarlo. Seppure fosse piacevole, però, voleva di
più: voleva sentire le sue mani su di sé, a toccarla come la notte scorsa e a
stuzzicarla fino allo stato di delirio in cui non c’era altro che gli istinti
più primordiali ed il piacere travolgente. Gli avrebbe permesso di farlo lì,
proprio sotto quel ponte sul quale passeggiavano dozzine di persone a pochi
metri di distanza da loro, dove chiunque avrebbe potuto vederli in qualunque
momento.
Ma dopo poco Kakashi
interruppe il bacio e le sorrise: la sua espressione era gentile, fin troppo
per essere l’espressione di un assassino temuto come il Copy Ninja. Forse era
quello il motivo per cui indossava una maschera? Nessuno lo avrebbe preso sul
serio, senza.
«Sarai una grande
donna un giorno, Sakura. Non ho alcun dubbio» le sussurrò, scostandole i
capelli dal viso. «Devi solo avere pazienza».
Sakura sollevò lo
sguardo, con le guance arrossate. «Lo credi davvero?» chiese.
«Non devo crederlo. Lo so».
Per qualche motivo a
lei sconosciuto, sentì di nuovo gli occhi pizzicare; non volendo che la vedesse
in quello stato, si sporse in avanti ed allacciò le braccia al collo di
Kakashi, per poi sprofondare il viso contro la sua spalla cercando di non
emettere suoni, anche se il modo in cui il corpo sobbalzava ad ogni singhiozzo
la tradiva.
Non erano lacrime di
gioia né di tristezza: era ancora delusa dalla sua bocciatura, ma la speranza e
la fiducia che Kakashi nutriva per lei la scioccavano quanto la toccavano nel
profondo. Non sapendo come agire in quel potente vortice di emozioni, poteva
solo piangere, perché non riusciva a trovare senso in nulla: non solo alla prova fallita, ma anche alla paura che sentiva
pensando alla loro relazione. Le sue speranze di renderla quantomeno
accettabile venendo promossa ed ottenendo un grado pari al suo erano state
spazzate via, ed ora si sentiva oppressa dalla consapevolezza di essere una
chūnin in una relazione con il suo maestro jonin. Era il tipo di cose che
rovinava le reputazioni, che distruggeva le carriere e le vite delle persone;
ma Kakashi era egoista e lo era anche lei, e non sapeva perché Kakashi stesse
perdendo il suo tempo in quel modo, e forse nemmeno lui conosceva la risposta,
ma non voleva ancora buttare via quella strana relazione. Non quando era
finalmente così vicina a...
Beh, non poteva
mentire a se stessa: era finalmente così vicina all’amore.
E le sembrava
assurdo, perché avevano passato solo una notte insieme e lui l’aveva già fatta
soffrire. Senza dubbio, quella tresca avrebbe fatto il suo corso e sarebbe
scemata da entrambi i lati, fino a quando le cose non sarebbero tornate alla
normalità e quell’avventura sarebbe diventata solo un segreto che avrebbero
portato nella tomba. Era così che doveva andare,
non c’era assolutamente alternativa.
Kakashi continuò ad
accarezzarle la schiena dolcemente fino a quando non ebbe riottenuto abbastanza
calma da separarsi da lui, sebbene con una certa riluttanza.
«Stai bene?» le chiese,
mentre Sakura asciugava frettolosamente le lacrime dalle guance.
«Sì» rispose, con
tono artefatto.
La fissò, scrutandola
così da vicino da metterla a disagio; per un attimo temette di avere qualcosa
sulla faccia.
«Andrà tutto bene,
Sakura» le sussurrò. «Te lo prometto».
E lei gli credette.
«Lo so» rispose, sorridendogli debolmente.
Il tintinnio di una
risata spezzò l’incantesimo e Kakashi fece un passo indietro con la più totale
nonchalance.
Poco lontano da loro,
un gruppetto di bambini svoltò una curva e apparve nella loro visuale; nessuno
di loro aveva notato il rendezvous dei due amanti all’ombra del ponte, ma la
loro privacy era ormai compromessa.
«Lascerò la porta
aperta, stanotte. Sei la benvenuta» le disse Kakashi gentile, salutandola.
«Ci penserò».
Ovviamente ci avrebbe
pensato: non c’era altro posto in cui avrebbe preferito essere.
Aggiornamento
dedicato alla dolcissima Amens Ophelia,
che con la sua recensione mi ha motivata tantissimo a completare questo
capitolo piuttosto impegnativo: mai sottovalutare il potere di un buon
commento!
È sicuramente una parte fondamentale della storia, che vede finalmente la
concretizzazione del “tira e molla” a cui abbiamo assistito fin qui, ed anche
se mi è sembrato infinito, è sicuramente abbastanza scorrevole e denso di
accadimenti.
Insomma, spero possa aiutarvi a trascorrere qualche minuto di distrazione, data
la situazione assurda in cui ci siamo ritrovati da un momento all’altro.
Spero che voi e le vostre famiglie stiate bene e vi auguro tanta buona fortuna!
Un abbraccio forte, alla prossima. ♡
PS.: prometto di provare ad aggiornare più frequentemente!