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Autore: rekichan    01/05/2020    2 recensioni
«Non riuscirai a farmi nemmeno un graffio sul coprifronte» aveva detto a Naruto. Eppure lo stemma di Konoha giaceva nel fango, con una linea trasversale al centro. Quella battaglia, sebbene vinta, aveva un po’ troppo il sapore di sconfitta.
«Non riuscirai a farmi nemmeno un graffio sul coprifronte» gli aveva detto Sasuke. Per questo il rasengan aveva puntato al centro della placca in metallo con incisa la foglia di Konoha. E nonostante il chidori che gli trapassava il petto, sapeva che quello scontro, almeno in parte, l’aveva vinto lui.
[Per Sofia]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Per Sofia,

insegui i tuoi sogni come Naruto insegue Sasuke

(tanto loro non ti denunciano per stalking)

 

1.       Sguardo

Gli piaceva guardare Naruto mentre si spogliava. Non era magro come si poteva sospettare anzi, aveva pure qualche chilo di troppo a causa dell’alimentazione a base di ramen precotto. Però a Sasuke piaceva. Aveva delle belle spalle, una schiena dritta e, a dispetto di qualche rotolino situato in prossimità della pancia, era generalmente sodo. Ogni volta che erano nello spogliatoio maschile dell’Accademia, Sasuke si incantava a guardarlo. Gli piaceva il colorito roseo della sua pelle e si chiedeva come sarebbe stato visivamente il contrasto tra le loro epidermidi se si fossero toccate. Se quella di Naruto fosse ruvida, costellata da tutte le imperfezioni dell’adolescenza, o se era liscia, quasi serica, come quella di una ragazza.

Nella sua ingenuità Sasuke immaginava di accarezzargli la schiena, passare le dita sul torace acerbo e sentire se le sue ipotesi sarebbero state confermate o smentite. Era ancora in quell’età in cui la curiosità è lecita e non ci si rende conto delle implicazioni dei propri pensieri, e nonostante Sasuke non fosse più bambino da tempo, quell’innocenza e quel candore infantile riguardo certe questioni nessuno ancora gliel’aveva tolti.

 

Naruto osservava spesso Sasuke mentre si spogliava, naturalmente senza che Uchiha se ne accorgesse o così almeno credeva. In realtà Sasuke era ben consapevole delle occhiate di Naruto ma, colpevole di alcuni sguardi nascosti, lasciava che il compagno di squadra ricambiasse quell’invadenza con altrettanta insistenza.

Naruto d’altro canto era incuriosito dal corpo di Sasuke. Aveva l’ossatura più esile rispetto alla propria ed era magro, assai più magro di lui, tanto che Naruto ogni tanto riusciva a scorgere la linea delle costole sotto l’epidermide chiara. Questo lo preoccupava e si riprometteva di portarlo a mangiare molto ramen, così da fargli mettere su qualche chilo. Poi osservava meglio e si rendeva conto che la magrezza di Sasuke era di un tipo sano: i muscoli guizzavano sotto la pelle e sulla pancia infantile compariva un accenno di addominali. Aveva le spalle dritte, strette; un bambino esattamente come lui, ma Naruto vedeva in Sasuke il principio dell’uomo che sarebbe stato.

Avrebbe voluto toccare quel corpo e i piccoli muscoli che delineavano la sua schiena, sentire se le braccia e il torace erano davvero sodi, se la sua pelle era davvero liscia e sottile come sembrava e se ricopriva davvero le linee bluastre delle vene dei suoi polsi. Guidato da questi pensieri, allungava improvvisamente la mano per sfiorarlo, ma poi la ritraeva imbarazzato e voltava il viso dall’altra parte, vergognandosi di quell’istinto che lo portava a desiderare di toccare Sasuke, invece che una ragazza.

 

2.       Capelli

Sasuke si concentrava spesso sul colore dei capelli di Naruto. Era un colore insolito il biondo. Certo, non era strano come il rosa di Sakura, ma era… curioso. Forse perché nella sua famiglia avevano tutti i capelli neri, ma anche Ino Yamanaka aveva i capelli biondi. Tuttavia a Sasuke il biondo di Ino non piaceva. Era troppo chiaro, troppo smorto. Naruto invece aveva i capelli di un bel biondo brillante, luminoso, vivo. E li portava in quella pettinatura disordinata che controluce formava un’aureola attorno alla sua testa. A Sasuke veniva sempre voglia di accarezzarli per arruffarli meglio e renderli ancora più simili ai raggi del sole. Era una testa luminosa quella di Naruto, vuota certo, ma Sasuke – a cui il calore del sole era sempre piaciuto ma che si scottava ad un’esposizione appena più prolungata – era felice di poter godere di quell’astro in miniatura senza ustionarsi. Ogni tanto aveva l’istinto di allungare la mano e toccare quei raggi fittizi, chiedendosi se si sarebbe scottato o se il sole si sarebbe fatto sfiorare da lui. Poi si rendeva conto che stava parlando solo di una testa – una stupida testa, oltretutto. La testa di un idiota. – e la mano rimaneva immobile, il viso imbronciato e lo sguardo che rivolgeva a Naruto era carico di rabbia e rancore per averlo illuso di aver vicino il sole, mentre invece erano solo capelli.

 

Naruto si chiedeva spesso perché Sasuke portasse un taglio di capelli così ridicolo. Analizzandolo senza la sua testa sotto sembrava davvero di avere davanti una papera nera dai riflessi bluastri a cui avevano troncato la testa. C’era il culo, c’erano perfino le alucce, ma la testa no. Allora Naruto ridacchiava e si divertiva a disegnare papere con la faccia di Sasuke. Man mano, però, si rese conto che quella pettinatura su Sasuke non sembrava ridicola. Anzi, erano i suoi capelli e solo lui avrebbe potuto portarli in quel modo senza sembrare uno stupido. Erano neri, lisci e ordinati. Eppure Sasuke non sembrava curarsene più di quanto si curava del resto del mondo. Oltretutto non sembrava usare nulla per tenere su quell’insana pettinatura, che una persona normale e sana di mente non avrebbe mai adottato.

Alle volte Naruto aveva voglia di allungare la mano per sentire se i capelli di Sasuke erano davvero morbidi come decantavano le ragazze. Quando azzardò a stringere con forza i ciuffi più corti tra le dita, scoppiò la rissa, ma a Naruto non importò di vincere o perdere. Era rimasto deluso perché i capelli di Sasuke non erano morbidi, né pieni di gel: erano secchi, quasi stoppacciosi ed era per quello che sfidavano la forza di gravità tanto facilmente. Con quella consapevolezza, sorrise pensando che Sasuke, dopotutto, non era così perfetto come sembrava.

 

3.       Occhi

Erano i suoi occhi a costringerlo a guardare Naruto un po’ troppo spesso di quanto volesse la buona educazione. Avevano un colore così bello che Sasuke riusciva difficilmente a distogliere lo sguardo. Gli piaceva sapere che lo guardavano – perché per qualche strano motivo erano perennemente fissi su di lui – e allo stesso tempo si sentiva infastidito da quello sguardo costante. Allora si girava per ricambiarlo e vedeva quel bellissimo cielo mattutino specchiarsi nel suo sguardo. Sasuke amava e odiava gli occhi di Naruto: li amava perché erano del colore del cielo di giorno, li odiava perché in quegli occhi vedeva riflessa la sua stessa solitudine e il suo stesso disagio. Era un cielo nuvoloso e Sasuke, che amava il sole, la luce e l’azzurro, non poteva sopportare di vedere lo stesso temporale e la stessa oscurità che v’era nei propri. Allora osservava Naruto con ancora più insistenza, certo che tanto sarebbe stato Uzumaki il primo a distogliere lo sguardo o avrebbero finito col fare a botte. In ogni caso avrebbe avuto la scusa per non doverlo guardare negli occhi.

 

Naruto era attratto e terrorizzato dagli occhi di Sasuke. Si sentiva preso in trappola ogni volta che Uchiha lo fissava dritto in viso e il suo istinto da animale braccato lo portava a cercare di evitare quello sguardo penetrante. Allo stesso tempo spasimava per averli fissi su di sé. In essi c’era il suo stesso dolore, la stessa sofferenza e la stessa oscurità che Naruto vedeva riflessa nei propri. C’era la notte, e Naruto amava la notte perché era quieta, calma e misteriosa. Accendeva la sua curiosità e lo faceva sentire al sicuro perché le sue ombre catturavano le proprie e le nascondevano, almeno fino allo spuntare del giorno. E Sasuke aveva la notte negli occhi, la frescura della sera e quell’oscurità che Naruto bramava e agognava in maniera morbosa e spasmodica. Però Sasuke schivava le sue occhiate, era furtivo, disattento, con lo sguardo sempre rivolto altrove e questo Naruto non poteva accettarlo. La notte era sua. Doveva essere soltanto sua. Così lo provocava, lo prendeva in giro e cercava, con tutti i modi possibili ed immaginabili, a far sì che quello sguardo fosse fisso sempre su di sé.

 

4.       Bacio

Sapeva di miso. E a Sasuke il miso non piaceva. Per questo non aveva mai perdonato a Naruto l’avergli rubato il primo bacio. Non che gli importasse che fosse il primo, il terzo o chissà quale. Il miso non gli piaceva e la bocca di Naruto aveva quel sapore, tutto qui.

A sua detta Naruto aveva la bocca troppo larga a furia del tanto parlare, ma le labbra erano carnose, di una bella forma e morbide, anche se un po’ screpolate. Sasuke aveva sentito tutti quei particolari con le sue. Aveva avuto l’istinto di morderle e succhiarle, tanto per sapere come sarebbero state sotto i denti e nella sua bocca. Forse era per quello che ci aveva messo la lingua, prima di iniziare a tossire per lo sgradevole sapore di miso. Non sarebbe stato male se Naruto avesse avuto un sapore più accettabile, tipo di pomodoro. Ma no, sapeva di miso. Se tutti i baci erano al sapore di miso, Sasuke si ripromise di non darne mai più a nessun altro. Per il resto, non riusciva a capire la reazione sconvolta di chiunque lo circondasse. Era stato solo un bacio in fondo, no?

 

Si erano baciati, questo Naruto non riusciva ad accettarlo. Si erano baciati mentre il suo primo bacio (e anche il secondo, il terzo e il quarto…) avrebbe dovuto essere di Sakura-chan. E quel bastardo ci aveva anche messo la lingua! Fece una smorfia al pensiero della lingua di Sasuke nella sua bocca. L’idea non gli piaceva per niente. La lingua era una cosa che usavano gli adulti per baciarsi e loro adulti non erano. Magari quando fossero cresciuti, se fosse ricapitato avrebbe anche potuto accettare la cosa, ma loro erano due bambini e i bambini non usano la lingua quando si baciano! Storse il naso a ricordare quella presenza invadente. Sembrava quasi che Sasuke lo avesse sfidato in una lotta dentro la sua bocca e lui, come uno stupido, non aveva accettato. La prossima volta ce l’avrebbe messa lui, così non sarebbe partito svantaggiato! Avrebbe violato lui le labbra di Sasuke – che poi erano tanto sottili le sue labbra, ma morbide. Erano morbide e sottili e Naruto questo non l’avrebbe mai immaginato – e gliel’avrebbe fatta vedere a quel bastardo! Nessuno poteva battere il futuro Hokage, neanche in uno scontro tra lingue.

 

5.       Squadra

Non era felice della presenza di Naruto in squadra. Ci sarebbe stato troppo caos, troppe possibilità di distrazione che lo avrebbero distolto dal suo obiettivo: la vendetta. E poi Naruto rideva troppo, decisamente troppo. No. Naruto in squadra non ce lo voleva per niente. Però non sopportava l’idea di vederlo legato ad un palo con lo stomaco che brontolava, anche se era solo una palla al piede non poteva lasciarlo così. In fondo quel jonin mezzo matto aveva detto che il trucco per prendere i campanelli era la collaborazione no? E se proprio doveva usare quei due stramboidi che gli avevano assegnato come compagni di squadra, forse era meglio averli in forze. Oltretutto il suo stomaco era davvero troppo rumoroso.

Era felicissimo di essere in squadra con Sakura, ma decisamente la presenza di Sasuke rovinava tutto. Per questo aveva deciso di mostrare subito al maestro Kakashi cosa era in grado di fare. Il suo piano era semplice: lui avrebbe preso i campanelli, ne avrebbe dato uno a Sakura, sarebbe stato il suo eroe e Sasuke sarebbe stato rispedito in Accademia. Nulla poteva andare storto, ma ci doveva essere stato un intoppo, perché era legato al palo e gli era stato proibito di mangiare. Senza cibo non sarebbe mai riuscito a prendere quei dannati campanelli, ma non voleva abbassarsi a chiedere a nessuno dei due compagni di dargli qualcosa. L’orgoglio di non darla vinta a Sasuke, il quale sosteneva che lui fosse solo una palla al piede, lo tratteneva da qualsiasi richiesta. Certo, se Sakura-chan si fosse offerta di dividere il pranzo con lui…

Invece fu proprio Sasuke a porgergli parte del proprio cibo, mentre Sakura tentava di dissuaderlo. In quel momento Naruto si trovò a pensare che forse Uchiha non era così male come compagno di squadra. Ma solo un poco, eh!

 

6.       Nemici-amici

Non riusciva a considerarli suoi amici, piuttosto erano due persone che si trovavano sulla sua strada e con cui doveva collaborare finché non fosse stato abbastanza forte da liberarsene. Di sicuro, però, non era interessato ad intrattenere con loro alcun tipo di rapporto al di fuori di quello lavorativo. Suo malgrado, però, con Naruto si era sviluppata una sorta di rivalità che non riusciva a sopire. Certo, lui riusciva subito in ogni cosa che faceva, ma Naruto riusciva sempre e comunque a raggiungerlo. E il fatto che l’idiota del villaggio riuscisse a tallonarlo indisponeva l’orgoglio Uchiha di Sasuke. Tanto era preso dalla rabbia nei confronti di Naruto, che non si rendeva neanche conto di aver cominciato a considerarlo un rivale a tutti gli effetti.

Naruto aveva deciso da anni che Sasuke sarebbe stato il suo rivale per eccellenza e che non sarebbero mai – ma proprio mai! – potuti essere amici. Oltretutto, lui non poteva diventare Hokage se non fosse riuscito a battere quella mezza calzetta di Uchiha, no? Per questo si allenava duramente e confrontava ogni giorno i propri progressi con quelli di Sasuke. Quando vedeva che si avvicinava al suo livello, era felice, ma poi Sasuke migliorava di nuovo e Naruto doveva ricominciare tutto da capo per stare al suo passo. Non si rendeva conto – esattamente come non lo faceva Sasuke – che così facendo si spingevano a migliorarsi a vicenda e che cominciavano a preoccuparsi di ogni graffio presente sul corpo del rivale, timorosi che il giorno dopo avrebbe potuto non essere in forze per ricominciare la sfida quotidiana.

 

7.       Famiglia

Quello Sasuke proprio non se lo spiegava. Era stupido trovarsi lì, con tanti spiedi piantati sul corpo, a morire tra le braccia di un idiota. Aveva sacrificato tutto… e perché? Per salvare la vita a uno scemo! Si sentiva davvero stupido, più stupido di Naruto, ma allo stesso tempo non riusciva a non essere anche un po’ sereno. Stavolta non era stato inutile, come cinque anni prima. Stavolta aveva fatto qualcosa. Qualcosa di stupido, è vero, ma almeno… almeno quella famiglia l’aveva salvata, giusto?

Sorrise amaramente. Stava davvero morendo se cominciava a pensare certe sciocchezze sentimentali. Il Team Seven non era la sua famiglia, non lo sarebbe mai stata, ma lo aveva salvato. Almeno quello, qualunque cosa fosse.

 

Naruto vide Sasuke comparirgli davanti e prendersi i colpi destinati a lui. Ebbe la sensazione sgradevole che, se quegli spiedi avessero trapassato la sua carne, sarebbe morto e i suoi sogni con lui. In un certo senso avrebbe dovuto sentirsi sollevato: non era lui quello ferito a morte; non era lui quello che giaceva a terra col respiro corto e i battiti del cuore che rallentavano sempre di più.

Però di fronte a Sasuke esamine tra le sue braccia tutti i suoi sogni e le sue speranze sembravano offuscarsi dietro ad una nebbia rossa fatta di dolore e rabbia. Quel bastardo non poteva morire! Non così! Non in maniera così stupida! Non riusciva a spiegarsi perché vederlo così inerme gli faceva così male, ma in quel momento Naruto sentiva solo che la sua famiglia – quella che non aveva mai avuto e quella che aveva sempre desiderato – gli stava morendo tra le braccia. E quello proprio non riusciva a sopportarlo.

 

8.       Riconoscimento

«Non riuscirai a farmi nemmeno un graffio sul coprifronte» aveva detto a Naruto. Eppure lo stemma di Konoha giaceva nel fango, con una linea trasversale al centro. Quella battaglia, sebbene vinta, aveva un po’ troppo il sapore di sconfitta.

 

«Non riuscirai a farmi nemmeno un graffio sul coprifronte» gli aveva detto Sasuke. Per questo il rasengan aveva puntato al centro della placca in metallo con incisa la foglia di Konoha. E nonostante il chidori che gli trapassava il petto, sapeva che quello scontro, almeno in parte, l’aveva vinto lui.

 

9.       Lontani

Pensare che in quel momento guardavano lo stesso cielo, rendeva più sopportabile l’essere distanti.

 

10.   Ritornare (non del tutto)

Konoha non era più la stessa. Questo Sasuke lo vedeva chiaramente. Non era una questione di spazi, o di cantieri che ristrutturavano gli edifici distrutti durante la guerra. No, erano gli occhi delle persone a essere cambiati: più tristi, più cupi, più arrabbiati. E, se un tempo, in quegli sguardi aveva colto pietà e commiserazione verso un bambino orfano, sensazione che aveva sempre desiderato scacciare, ora vi scorgeva solo l’odio cocente che trafiggeva il simbolo Uchiha sulla sua schiena. Forse era per quello che non riusciva a restare a Konoha a lungo, che si rifiutava d’uscire, che voleva andarsene non appena il braccio – o quello che ne restava – non sarebbe stato più a rischio d’infezione…

Konoha gli stava stretta, e ancor più stretto gli stava il sorriso di Naruto, felice – troppo – del suo ritorno, e così carico di implicazioni che Sasuke non si sentiva di affrontare.

 

Konoha non era più la stessa. Questo Naruto lo vedeva chiaramente. Era in ricostruzione, avamposto di un nuovo mondo di pace che lui aveva, fieramente, contribuito a costruire. In più, gli occhi delle persone erano cambiati: non lo guardavano più con disprezzo e rabbia, ma con gioia, accoglienza e gratitudine. Questo lo faceva sentire giusto, retto e accettato. Eppure, c’era un solo sguardo di cui gli importasse davvero, ma Sasuke non sorrideva, se non quando lui e Sakura lo spingevano a farlo. Durava un attimo, uno stiramento di labbra, poi gli occhi scuri si rabbuiavano e con loro l’animo di Naruto. Sebbene fosse a Konoha, Sasuke non sembrava essere tornato veramente e i suoi occhi andavano lontani, verso cammini che Naruto non riusciva a seguire.

 

«Forse parto».

«Dove vai?»

«A fare un viaggio, ne ho bisogno. Konoha…»

«Non vuoi restare».

«Non è questo».

«No, è questo: non vuoi restare. Lo so, lo sai, lo sappiamo. Va bene così. Basta che torni».

«Non ho motivo».

«È casa tua».

«Non lo è da tempo».

«Ci sono i tuoi amici».

«Sono amici tuoi, non miei».

«C’è Sakura…»

«Capirà».

«…»

«…»

«…»

«Che schifo!»

«Ehi! Non era così male! Sono migliorato da…»

«Sì. Ma sai ancora di miso».

 

 

 

N/A: sentite, l’ho sputata fuori per un regalino a una persona che oggi ha fatto una cosa bella, ovvero un piccolo passo verso i suoi sogni.

E siccome le brave bambine vanno incentivate, ecco questa cosina.

   
 
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